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Autore: Stars Trail    03/07/2014    2 recensioni
Sono le due e venti, e oltre a una chiamata persa di sua madre, che probabilmente nemmeno si rende conto di che ore siano in Giappone in questo momento, ci sono quattro mail. Gli auguri di Kise, pieni di emoticon e asterischi, quelli educati di Momoi, un il tuo oggetto fortunato del giorno è una torta di compleanno da parte di Midorima e un messaggio vuoto di Aomine.
Il telefono vibra di nuovo tra le sue mani.
Scusa. Mi è partito il telefono dalle mani mentre scrivevo. Auguri, Tetsu.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Tetsuya Kuroko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Kuroko apre gli occhi nel bel mezzo della notte, quando un fulmine particolarmente vicino illumina la stanza. Il fastidio per l’interruzione del sonno diventa un gemito frustrato, mentre si rotola nel letto per dare le spalle alla finestra. È in quel momento che vede il suo cellulare illuminato. Il momento di indecisione - prenderlo e vedere chi è l’insonne che gli scrive a un’ora del genere, o cercare di tornare a dormire - sparisce nel momento in cui la stanza si riempie prima del rombo del tuono, poi del vibrare leggero del cellulare sul comodino. Sospira, allungando la mano e aprendo il telefono. Sono le due e venti, e oltre a una chiamata persa di sua madre, che probabilmente nemmeno si rende conto di che ore siano in Giappone in questo momento, ci sono quattro mail. Gli auguri di Kise, pieni di emoticon e asterischi, quelli educati di Momoi, un il tuo oggetto fortunato del giorno è una torta di compleanno da parte di Midorima e un messaggio vuoto di Aomine.
Il telefono vibra di nuovo tra le sue mani.
Scusa. Mi è partito il telefono dalle mani mentre scrivevo. Auguri, Tetsu.
Kuroko sospira ancora una volta, e affonda il viso sul cuscino. È troppo stanco per pensare, e probabilmente troppo agitato per tornare a dormire.
Magari è un buon momento per una camomilla.

Alle sei del mattino è ancora seduto sul divano, una coperta sulle gambe e la tazza fredda poggiata sul tavolino, che guarda fuori dalla finestra. Non piove più, non con la stessa intensità di qualche ora prima, e qualche primo raggio di sole fa capolino tra le nuvole, illuminando il salotto di una luce soffusa.
Non è riuscito a smettere di pensare nemmeno per un momento agli auguri di Aomine. Non che non se li aspettasse, ma è passato così poco tempo da quando hanno ripreso a parlare che, in verità, la sua mail lo ha colto alla sprovvista. Gioca coi lembi della coperta, mentre il telefono giace chiuso al suo fianco. Dovrebbe ringraziarlo, ma ha paura di svegliarlo.
È stupido che non si ponga problemi simili con gli altri ragazzi.
Alla fine, quando sente i primi uccelli cantargli il buongiorno, Kuroko decide che in fondo un semplice grazie non può essere dannoso, e che probabilmente la cosa morirà lì, e poi sarà silenzio per altri giorni, chissà quanti. Per cui prende il telefono in mano, lo apre, e guarda il nome di Aomine per qualche secondo, prima che l’oggetto vibri tra le sue mani.
Aomine.
Hai programmi?
Kuroko sbuffa, chinando la testa all’indietro finché non trova l’appoggio del divano. Guarda il soffitto come se ci fosse qualcosa di interessante nell’ombra del lampadario che si allunga man mano che il sole si solleva dall’orizzonte e sovrasta i palazzi.
In fondo, doveva già scrivergli.
Mi preoccupa vederti sveglio a quest’ora. Stai bene? Grazie per gli auguri, comunque. No, non ho nessun programma.
Non gli chiede perché. Al momento, il suo cuore tambura nel petto così forte che sente il respiro farsi affannoso. Tira su le ginocchia al petto, poggiandoci sopra la fronte, il telefono stretto in una mano e l’altra libera che affonda tra i suoi capelli. Sa che Aomine ha fatto quella domanda con cognizione di causa. Sa che non ama particolarmente festeggiare il suo compleanno - non ha detto nulla a nessuno, nella sua nuova squadra, nemmeno a Kagami.
Il telefono vibra ancora.
Apri la porta.
Gli occhi di Kuroko si incollano a quelle poche parole. Non si rende nemmeno conto di aver smesso di respirare. Lascia scivolare i piedi a terra e si alza dal divano come se fosse un automa, perché il suo cervello ha smesso di funzionare nel momento in cui ha finito di leggere quella mail. Lascia il cellulare sul mobile all’ingresso e fa girare la chiave due volte.
Quando apre il portoncino, Aomine è davanti a lui con il cappuccio di una felpa azzurra calata sugli occhi, una palla da basket sotto un braccio e una busta di carta unticcia nell’altra mano.
“Aomine-kun…”
“Posso?”
Si scansa, lasciandolo entrare. Lo guarda mentre poggia la palla sul pavimento e si sfila il cappuccio, i capelli corti e spettinati che sembrano tornare a posto con un colpo di mano. Kuroko chiude la porta e ci si appoggia sopra, guardando la schiena di Aomine farsi sempre più piccola mentre avanza lungo il corridoio.
“Dormivi?” chiede Aomine, quando si volta. Kuroko abbassa lo sguardo sulla sua persona, ricordandosi solo adesso che è in pigiama. “Se ti ho disturbato, posso andare e passare dopo, o… come vuoi.”
“No, resta. Ero sveglio. Non ho dormito granché, stanotte.”
“Nemmeno io.”
Silenzio. Un tempo non sarebbe stato così pesante, così denso da sembrare burro, da potersi tagliare con una lama. Kuroko stringe le labbra tra i denti e poi si sforza di non far troppo rumore, mentre l’aria scappa dai suoi polmoni contro la sua volontà. “Ho portato una pasta. Spero non ti dispiaccia.”
“No, per niente. Té? Caffé?”
“Un bicchiere d’acqua basta, grazie.”
Sparisce in cucina con la lentezza di un bradipo, mentre comincia a rendersi conto che sono a malapena le sei e mezza del mattino, i suoi genitori sono in Europa e Aomine è nel suo salotto. Apre il rubinetto e fissa l’acqua come se aspettasse chissà quale rivelazione, prima di riempire il bicchiere.
Ce la può fare. Non ha alcun motivo per andare nel pallone. Stringe il bicchiere con forza e torna in salotto, e trova Aomine seduto sul divano, nel posto che è sempre stato suo, quando, durante le scuole medie, veniva a fargli compagnie durante le notti che altrimenti avrebbe passato in solitudine.
“Tieni.”
“Grazie.”
Gli si siede affianco, prendendo la busta di carta dalla mano di Aomine. Quando la apre, l’odore dolce della pasta gli accarezza il naso, provocandogli un brontolio voglioso allo stomaco. “Buon compleanno,” mormora Aomine tra un sorso e l’altro, e Kuroko bisbiglia appena un “Grazie,” prima di dare un morso.
È il primo regalo che riceve in chissà quanto tempo, se esclude la caterva di souvenir con cui i suoi genitori lo imbottiscono per non fargli pesare la loro mancanza, o almeno così loro pensino che funzioni. Se si concentra per un momento riesce a sentire un alone di nostalgia pervadere il silenzio, che ironicamente lo rende più leggero. Guarda Aomine con la coda dell’occhio e si stupisce, nel vedere che l’altro invece lo sta guardando senza alcuna intenzione di nascondere il suo sguardo.
“Ti piace?”
“È deliziosa.” Sorride, Aomine, e per riflesso sorride anche lui. Ha lo stesso sguardo di un bambino che vince il pupazzo più grande al tiro al bersaglio. Abbassa lo sguardo, mentre il rombo di un tuono scuote i vetri del salotto. “Aomine-kun.”
“Mh?”
“Perché sei qui?”
Non avrebbe dovuto chiederglielo, ne è consapevole. Ma averlo vicino gli fa girare la testa, gli fa perdere il controllo dei suoi pensieri. Aomine si china, poggia i gomiti sulle cosce e guarda il pavimento per qualche istante, prima di dire qualcosa.
Kuroko ha paura della risposta.
“Non ho dormito. È il tuo compleanno. Ero in zona e sono voluto passare,” dice, e poi scuote la testa, ride tra sé e sé come se fosse pazzo. “La verità è che sono un idiota, Tetsu.”
“Questa non è una novità, Aomine-kun.”
“Grazie,” bofonchia, senza guardarlo. Fuori riprende a piovere. “Avrei solo voluto accorgermene per tempo.”
Oh. Oh.
Kuroko si incanta a guardare l’acqua che scorre lungo i vetri. Di nuovo, solleva le ginocchia al petto, ma stavolta ci poggia una guancia, perché ora come ora non guardare Aomine potrebbe significare non vederlo mai più, se lo lascia andare.
Non ha intenzione di farlo.
“Non importa.”
“Sì, che importa.”
“No,” ribatte, “non importa, perché sei qua adesso.”
Si rende conto di aver detto qualcosa di imbarazzante. Si rende anche conto che non gli importa, che può dare la colpa alla mancanza di sonno, alla botta di zucchero che ha appena ricevuto, a quasiasi cosa.
“Tetsu, non-”
“Aomine-kun, non importa. Te lo ripeterò finché vorrai, ma non importa davvero. Perché è stata colpa tua almeno quanto lo è stata mia, e se sei qui vuol dire che ho riparato al mio errore, e tu stai riparando al tuo, no?”
“Come fai a rendere tutto così semplice?” sospira, e Kuroko non sa se la domanda sia rivolta a lui o se sia soltanto retorica.
“Non è che lo renda semplice,” risponde comunque, sollevando appena le spalle, “è così e basta. Tu ti stavi allontanando e io non l’ho impedito. Adesso sei qui e mi sembra di essere tornato indietro nel tempo. E sinceramente è il regalo più grande che potessi farmi, in questo momento.”
Aomine aggancia il suo sguardo, e Kuroko sente che non potrà più distogliere lo sguardo. Il viso di Aomine è contratto in qualcosa che, stranamente, non riesce a leggere. “Tetsu,” mormora, dischudendo a malapena le labbra. Lui si raddrizza, senza smettere di abbracciare le ginocchia, sforzandosi di mantenere un’espressione impassibile.
“Non ho dormito, stanotte. Ho aspettato la mezzanotte chiedendomi con quale diritto avrei dovuto scriverti dopo quello che ti ho fatto passare. Non importa che tu abbia deciso di accantonare tutto, perché a me pesa, quello che ho fatto, pesa e mi sento come se stessi per esplodere da un momento all’altro perché sono stato un idiota, a non accorgermi che te ne stavi andando da me.”
Lo guarda mentre affonda il viso tra le mani.
E dire che lui lo ha perdonato tanto tempo fa.
“Se ti può consolare, nemmeno io ho dormito. Ma non per il tuo motivo;” sorride appena, riuscendo finalmente ad abbassare lo sguardo. “Mi spiace crearti tormento, Aomine-kun, ma io sono stato felice, del tuo messaggio. Sono felice che tu sia qui. Sono felice che tu sia la prima persona che vedo oggi, perché adesso questo giorno ha un senso.”
Ha la testa pesante, il sonno che reclama il letto. Resiste solo perché Aomine è lì, ma non è sicuro che ci riuscirà ancora per molto.
“Meriteresti molto di più.”
“Merito quello che ho. E mi va più che bene.”
Sorride. E Aomine con lui. Di nuovo.
Si lascia scivolare di lato finché la sua testa non poggia sulla spalla dell’altro. È questione di un attimo, e sente il naso di Aomine sfregare contro i suoi capelli disfatti, sente la sua mano muoversi sul divano per raggiungerlo. La sua stretta è piacevole, contro il braccio. “Sei un idiota,” sospira Aomine contro i suoi capelli.
“La miseria ama la compagnia.”
Alza lo sguardo, quando Aomine si allontana appena. Lo alza quel tanto per ritrovarsi a sfiorare la punta del naso col suo, a guardare quegli gli occhi blu così da vicino che, prima che sbatta le palpebre, si incrociano diventando qualcosa di inquietante. Chiude gli occhi per il fastidio.
Aomine lo prende come un invito.
In realtà, Kuroko ha desiderato per anni di poter sentire il sapore delle labbra di Aomine. Quando ha visto Aomine fiorire, lui ha passato giorni e giorni a chiedersi come potesse fare a raggiungerlo, perché era consapevole del fatto che non sarebbe mai riuscito a stargli dietro, che prima o poi sarebbe diventato un peso, e l’altro avrebbe perso tutto l’interesse nei suoi confronti. A sapere che sarebbe bastato chiudere gli occhi, per farsi baciare, lo avrebbe fatto molto prima.
Smette di abbracciare le ginocchia per rilassarsi contro lo schienale del divano, e Aomine ne approfitta per poggiargli le mani sulle spalle e cercare un contatto più profondo, le labbra che si dischiudono, la lingua che si fa spazio nella sua bocca. Per la prima volta, Kuroko sente il suo stomaco sottosopra, lo sente stringersi in spasmi di calore che risalgono fino alla testa, il cui effetto si ripercuote su tutto il suo corpo.
Si aggrappa a lui come se fosse il suo unico appiglio.
“Aomine-kun…” sospira, quando si separano. Non sa come riesca a guardarlo ancora negli occhi.
Lui non risponde, sedici anni e grande come un armadio, ma col il viso reso più scuro dal rossore che, intanto, ha invaso le sue guance. Lo vede, Kuroko, che non sa cosa fare, se ritrarsi o restare com’è, se fare qualcos’altro.
“Tetsu-”
Gli poggia un dito sulle labbra e scuote la testa. “Non dire nulla. Va bene. Lo avevo già capito,” mormora, prima di baciarlo di nuovo.
Non crede di aver mai passato compleanno migliore.

   
 
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