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Autore: Ella Rogers    04/07/2014    3 recensioni
La giovane si sporse sul corpo del biondo, in modo da proteggere il suo bel viso dalla debole pioggia incessante.
"Steve, non farmi questo, ti prego."
Gli carezzò la fronte. La pelle del ragazzo era fredda, gelida.
"Apri gli occhi, Steve, avanti" pregò con voce tremante, sotto lo sguardo indecifrabile di Stark.
Cercò di trasferire la propria forza vitale in lui, ma ormai era tardi.
"È colpa mia. È soltanto colpa mia. Se solo fossi stata più forte, invece di crollare in quel modo. Ti ho lasciato da solo, non ti ho protetto e adesso … adesso …"
Prese a scuoterlo per le spalle, disperata.
"Steve, svegliati, ti scongiuro."
Lo baciò e le labbra erano fredde, non più calde e morbide.
Posò la fronte sul suo torace e quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
"Mi assicurerò che continui a battere, te lo prometto, a qualsiasi costo."
Era stata la muta promessa fatta a lui e a sé stessa, dopo averlo amato, dopo aver sperimentato con lui cosa significasse essere una cosa sola sia nell'anima sia nella carne.
E lei lo aveva tradito. Perché quel cuore aveva smesso di battere.
Lo aveva ucciso.
Genere: Angst, Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clint Barton/Occhio di Falco, Nuovo personaggio, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: Movieverse | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Road of the Hero'
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Sogno ad occhi aperti

Settembre 2012
 
Nel momento in cui varcò la soglia della Sala Comune dei Vendicatori, fu accolto dall’odore di uova strapazzate e bacon.
Da quando vivevano tutti sotto lo stesso tetto - quello della Stark Tower -, gli eroi più potenti della Terra erano soliti consumare i pasti assieme - in realtà era stata un’idea di Pepper, per rendere il gruppo più affiatato e ciò pareva funzionare almeno un pochino.
Steve aveva una voragine nello stomaco ed il profumo invitante gli fece venire l’acquolina in bocca. Aveva passato un’intera notte a malmenare sacchi rinforzati e aveva tirato pugni talmente forti da sentire dolore alle mani, le quali avevano smesso di tremare solamente quando il Sole aveva cominciato a sorgere pigramente. Si diede dello stupido, ripensando alla sua reazione così eccessiva per un semplice incubo, anche se in cuor suo sentiva ancora che qualcosa non andava.
 
La Sala Comune era illuminata dai raggi del Sole provenienti dalla parete a vetri che dava su New York. Stranamente, non c’era tutta la confusione che ogni mattina la riempiva.
Si diresse nell’angolo dedicato alla cucina, alla destra della porta d’ingresso, dove c’era un lungo tavolo di legno scuro. Dalla parte opposta c’era il bancone-bar e l’intero arsenale degli alcolici di Stark. Nel centro della stanza stanziava una grande televisione piatta e davanti ad essa erano sistemati due divani e quattro poltrone in pelle bianca.

“Dormito male?”

Steve alzò lo sguardo, incontrando gli occhi verdi di Natasha, che lo osservava con curiosità e un sorriso leggero le piegava le labbra carnose. La donna dava le spalle alla padella sui fornelli, in cui sfrigolava il bacon assieme alle uova. Indossava una canottiera nera e dei pantaloncini del medesimo colore, mentre i piedi era nudi sul parquet marrone chiaro.
“Buongiorno Natasha” salutò Steve, occupando una delle sedie intorno al tavolo.
“Cosa ti fa pensare che non abbia dormito bene?” continuò poi, sollevando le sopracciglia con fare perplesso.
La Vedova aggrottò la fronte e scosse la testa, sospirando appena.
“Deduco che non ti sia guardato allo specchio questa mattina, giusto Capitano?”
Steve arrossì appena. Aveva fatto una veloce doccia in palestra ed era salito in camera solo per prendere una maglia pulita. No, effettivamente lo specchio quella mattina lo aveva trascurato, anche se a pensarci bene non era tipo che ne usufruiva parecchio.
Era Tony il patito degli specchi.
Si passò una mano tra i capelli biondi, che qualche giorno prima aveva fatto tagliare.
Clint lo aveva tartassato fino allo sfinimento, dicendogli che era ora si adeguasse al mondo moderno e che quel ciuffo così lungo, oltre che orribile, era anche un impiccio, visto che se non indossava la maschera, gli andava continuamente a finire davanti gli occhi. Steve all’inizio aveva fatto l’offeso, ma poi aveva effettivamente deciso di dare un taglio sia ai suoi capelli sia al suo attaccamento agli anni ‘40. Aveva anche comprato indumenti degni di essere indossati nel ventunesimo secolo. Ciò aveva sconvolto non poco Stark, che ancora chiedeva a Barton quale metodo di tortura avesse usato per convincerlo a liberarsi delle orrende camicie a quadri.

“Ehi Capsicle, hai fatto a pugni con Hulk recentemente?”
Il miliardario fece il suo ingresso nella sala, con la solita faccia da schiaffi ed uno dei suoi famosi sorrisetti ‘ti sto prendendo per il culo e ci godo da morire’. Indossava una canotta nera e una tuta grigia e si stava ripulendo le mani con un panno bianco, segno che era stato in laboratorio a trafficare con le sue invenzioni fino a qualche minuto prima.
Steve storse il naso e gli lanciò un’occhiataccia.
“Buongiorno anche a te, Stark. No, non ho fatto a pugni con Hulk. Non sono io quello che infastidisce Banner continuamente.”
Tony allargò il sorriso, mostrando i denti perfetti.
“Allora deduco che qualche bella signorina ti abbia intrattenuto piacevolmente tutta la notte, dal momento che hai delle occhiaie talmente scure, che nemmeno quintali del trucco della Romanoff potrebbero coprire. Cosa diavolo hai fatto Capsicle?”
Steve avvampò e strinse le labbra in una linea sottile. Stark sapeva mandarlo letteralmente in escandescenza. Provò l’irrefrenabile istinto di prenderlo a pugni, ma si limitò a fulminarlo con lo sguardo, mentre Natasha faticava a trattenere il risolino che le premeva sulle labbra.

Qualche minuto dopo, tutti i Vendicatori erano seduti a tavola per la colazione.
Tony e Clint continuavano a sogghignare in direzione del Capitano, lanciandosi sguardi di intesa di tanto in tanto. Thor era impegnato a strafogarsi con uova, bacon e pancake. Bruce sorseggiava della camomilla e ogni tanto guardava con compassione Steve, poiché sapeva che sarebbe stato il bersaglio delle frecciatine del miliardario e l’arciere per il resto della giornata - o della settimana.
Per qualche istante l’unico suono nella stanza fu quello di cucchiai e forchette che battevano contro piatti o tazze e Steve si godè quegli attimi di pace, riempiendo lo stomaco con uova e una tazza di latte con cereali.
Fu quando Thor mandò in frantumi il bicchiere da cui aveva appena bevuto del succo di frutta - il dio lo aveva fatto senza pensare e aveva sgranato gli occhi non appena si era ricordato di non essere ad Asgard, anche se ormai era alla Tower da quasi un mese -, che la piacevole atmosfera rilassante si ruppe definitivamente.
Thor scoppiò a ridere, grattandosi la nuca, mentre Tony lo informava che se avesse continuato così, sarebbero rimasti senza bicchieri.
“Dai Stark! Con tutti i soldi che hai potresti comprarti un intero camion di bicchieri di cristallo!” aveva commentato Clint, sorridendo.
“Barton, se parli ancora in difesa del biondone tutto muscoli e zero cervello, giuro che ti nascondo l’arco e le frecce!”
Tony fece la linguaccia, come un bambino offeso, e poi attaccò a parlare con Bruce sul fatto che i muscoli troppo pompati incidessero fortemente sull’intelligenza umana.
Thor nel frattempo aveva dato inizio ad uno dei suoi sermoni sulla vita e le abitudini degli asgardiani, ignorando il fatto che nessuno lo stesse ascoltando.
Le due spie, invece, avevano battuto in ritirata, piazzandosi su un divano davanti al televisore, che la rossa si premurò di accendere.

Questa era la routine e in fondo a Steve piaceva.
Da quando viveva con i suoi compagni, il vuoto di solitudine che si era portato dentro dal suo risveglio si era rimarginato a poco a poco, fino a diventare solo un piccolo puntino di nostalgia, che comunque non lo avrebbe mai abbandonato.
Non poteva cancellare i ricordi. Non poteva far finta di non avere mai vissuto negli anni ‘40. Non ci riusciva. Non riusciva a liberarsi dei demoni del passato, che nella notte si palesavano nei suoi incubi.
Scosse il capo, come per scacciare via i brutti pensieri, e si accorse che qualcosa non andava. I suoni giungevano ovattati alle sue orecchie. La stanza aveva cominciato a vorticare.
Le voci dei suoi compagni che discutevano - soprattutto il tono possente di Thor - e il volume alto della televisione divennero mormorii e poi sussurri, fino a scomparire del tutto. Fino a trasformarsi in silenzio.
Steve si sforzò di mantenere la calma, mentre sentiva lo stomaco contorcersi e la fronte imperlarsi di sudore freddo. La paura e l’ansia cominciarono a scorrergli nelle vene.
Sbatté le palpebre e la Sala Comune svanì.
I suoi compagni non c’erano più.
 
 
 
                                                         ***
 
 
 
Poche cose erano capaci di zittire Tony Stark, soprattutto mentre parlava di tecnologia o scienza.
Stava spiegando al dottor Banner la sua teoria secondo la quale il cuore, costretto a inviare quantità eccesive di sangue a muscoli troppo pompati, ne facesse arrivare troppo poco al cervello, causandone il malfunzionamento e quella da lui denominata Sindrome della Stupidità.
Bruce annuiva di tanto in tanto, tenendo le mani intrecciate sotto il mento ed i gomiti appoggiati sul tavolo, e faceva vagare il suo sguardo per la stanza in cerca di una scappatoia - quando Tony ci si metteva, poteva essere più stressante di Thor - e notò che c’era qualcosa che non andava. Si aggiustò meglio gli occhiali sul naso e strinse le labbra.

“Il Capitano Rogers.”

“Si Bruce, Cap è affetto da questa sindrome e non credo che esistano delle cure per aiutarlo. Lui è un caso disperato e-”

“Stark” lo interruppe Banner, alzando un po’ troppo il tono della voce, così da guadagnarsi l’attenzione di tutti.
“Steve è …”
Gli occhi di tutti si posarono sul posto occupato dal Capitano.
“Crollato” terminò Clint.

Steve aveva la fronte poggiata sul tavolo e le braccia penzoloni lungo i fianchi.
Tony scoppiò a ridere e gli altri lo seguirono a ruota, ma Bruce rimase serio, poiché aveva notato che il Capitano tremava appena.
Natasha, che aveva visto il dottore rimanere teso, scivolò al suo fianco.
“Bruce, tutto okay?” gli chiese, ma Banner non rispose, limitandosi a raggiungere Steve.
 
Bruce poggiò le mani sulle spalle del Capitano, sentendone i muscoli tesi e contratti. Lo scosse con delicatezza.
Tutt’intorno era tornato il silenzio e Clint aveva addirittura spento la televisione, avendo capito che qualsiasi cosa fosse successa, non era per niente buona.
Tony affiancò Bruce e notò anche lui la schiena tesa del soldato e i tremiti che gli scuotevano il corpo. Non stava dormendo e non poteva nemmeno essere svenuto, perché in quei casi i muscoli del corpo si sarebbero rilassati completamente.
Bruce, intanto, aveva preso a scuoterlo più forte, ma Steve non reagiva. Fu quando iniziò ad ansimare e a gemere, che il dottore gli fece riversare il capo all’indietro con un violento strattone.
I Vendicatori rimasero impietriti.
Steve teneva gli occhi sbarrati ed erano completamente bianchi.

“In laboratorio. Adesso.”
Tony aveva assunto un’espressione imperscrutabile e il suo suonò come un ordine, che nessuno osò contestare.
Thor sollevò Steve, mettendoselo in spalla e tutti seguirono il miliardario alla volta del laboratorio.
Intanto, Steve aveva cominciato a gridare sempre più forte.
 
 
 
                                                     ***
 
 
 
Era in un bosco.
La vegetazione era fitta e gli alti alberi impedivano alla luce di penetrare all’interno, immergendo tutto nella penombra.
Steve si guardò intorno più volte, cercando di capire dove diavolo si trovasse, ma ci rinunciò quasi subito.
Un fruscio lo fece voltare di scatto. Niente. Forse era stato il vento.
Da lontano provenivano dei suoni indistinti. Rimase immobile, ascoltandoli divenire sempre più chiari, fino a quando si trasformarono in voci.
Voci che gridavano. Voci sempre più vicine.
 
“Da questa parte!”
“Non lasciatela scappare!”
“Ricordate che la vogliono viva!”

Si stavano avvicinando velocemente e Steve non sapeva se andare loro incontro o correre il più lontano possibile.

“Devo scappare o loro mi rinchiuderanno di nuovo in gabbia.”
Il biondo percepì qualcosa sfiorargli la mano e quando si voltò, le sue iridi azzurre incontrarono due occhi grandi e luminosi. Bellissimi.
“Loro mi fanno del male. Vieni a prendermi, Steve.”
Un battito di ciglia e lei non c’era più. Andata. Sparita.

Il Capitano cominciò a correre, lontano da chi si stava inesorabilmente avvicinando, anche se ignorava il motivo per cui stava scappando.
Il suo corpo era scattato e non riusciva a fermarlo. Correva e basta.
Gemeva ogni qual volta cespugli spinosi e rovi gli graffiavano la pelle. La testa gli pulsava e i muscoli delle gambe bruciavano. Correva senza meta e gli sembrava di sentire gli inseguitori sempre più vicini.
Uno sparo e cadde a terra, gridando per il forte dolore alla gamba.
Una decina di uomini con indosso divise nere gli furono subito addosso. Scalciò e si dimenò con tutta la forza che aveva, mentre veniva picchiato a sangue con una brutalità inaudita. Gridò per il dolore e la frustrazione.
Poi gli uomini si fermarono, lasciandolo a terra, steso sulla schiena e stordito. Il labbro inferiore spaccato gli bruciava.
Un uomo possente, con il viso coperto da una maschera nera avente solo due fessure per gli occhi, si sedette sul suo torace e Steve gridò quando una fitta alle costole gli fece vedere le stelle.
L’uomo lo prese per i capelli e avvicinò i loro visi, fino quasi a farli sfiorare.
“Non ti azzardare mai più a fare una cosa del genere o la prossima pallottola si conficcherà direttamente nel tuo cranio, mia cara.”
L’uomo gli sbatté violentemente la testa contro il suolo e l’ultima cosa che Steve vide fu una piccola spilla rossa raffigurante un diavolo dalle lunga corna e dai denti aguzzi, che spiccava sulla sua divisa nera.
Poi gli occhi si chiusero, ma rimase cosciente. Si sentì sollevare. Qualcuno se lo mise in spalla e cominciò a muoversi.
 
“Aiutami, ti prego. Vieni a prendermi. Vieni da me.”

Nella testa risuonava quella voce e ancora una volta lo pregava di aiutarla.

“Tu hai visto cosa mi fanno. Tu hai sentito.”
 
“Rilassati Steve. Ti sei addormentato e tutto questo è solo un sognoSolo e soltanto un sogno. Un sogno.
Se lo ripeteva come fosse un mantra, ma qualcosa dentro gli impediva di crederci davvero.
 
 
 
 
 
 
Note
Ciao!
Ecco il secondo capitolo. Spero sia di vostro gradimento.
Siamo nel periodo post-Avengers e, come avrete intuito dal testo, Fury ha costretto i Vendicatori a vivere insieme nella Tower.
Steve si è tagliato i capelli proprio come li porta nel film “The Winter Soldier”, film a cui la storia dovrebbe ricongiungersi, se tutto va bene.
Questo forse è un capitolo un poco noioso, ma dal prossimo capitolo mi impegnerò a rendere la storia più avvincente, o almeno, spero di riuscirci.
Saluti a tutti e grazie mille a chi legge questa storia <3

Ella
   
 
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