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Autore: AlfiaH    05/07/2014    1 recensioni
« Sai, in effetti il polmone è un organo vitale ».
Gli fa notare, soffocando una risata ed inclinando la testa di lato per offrirgli il collo. Ivan coglie l’invito e lo morde, addenta la carne e i suoi denti si stringono, come si stringono quelli di Alfred per il dolore.
« In effetti non ho mai detto che ti amo ».
« E grazie a Dio! »
[Per il compleanno di Alfred. Schifosamente RusAme]
Genere: Malinconico, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Russia/Ivan Braginski
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Energy Conservation

« Gradevole il panorama? »
 
La sua voce gli giunge stranamente melliflua alle orecchie, molto più del solito, davvero, nella penombra silenziosa della camera d’albergo; le accarezza piano e vi si insinua, stanca e dolce, di una dolcezza terribilmente diversa da quella mielata e languida che fino a poche ore prima l’ha minacciato di morte e gli ha scosso le membra, scoprendole eccitate al ritmo di quel suono cadenzioso, nascoste sotto quella maschera di riluttanza.
Alfred cerca di nascondere lo stupore: sperava che l’uomo nel suo letto dormisse ancora un po’, o che quantomeno si prendesse la briga di fingere per non disturbarlo, lasciandolo ai suoi pensieri.
Che povero illuso.
Schiude le labbra e sospira una nuvola grigia, i polmoni bruciano da impazzire, soprattutto quello sinistro, così tanto da impedirgli di respirare per un attimo; può sentire le rigature della pallottola martoriargli l’organo ogni volta che il suo petto si alza e si abbassa.
C’è andato giù pesante, il bastardo.
Continua a specchiare le iridi azzurre su Washington, la sua bella, bellissima città luminosa, aldilà della grande vetrata. Gradevole è solo un mero eufemismo per definirla.
È come avere il cielo, pensa Alfred, è come avere il cielo in terra, il cuore trapuntato di stelle, calde e luminose.

« È come guardarsi allo specchio ».
 
Non riesce a scorgerlo nel riflesso del vetro, ma Alfred è sicuro che l’uomo nel suo letto abbia arricciato le labbra in un sorriso. Di scherno, ovviamente.
Sta per dire qualcosa, l’americano lo sa, ma non ha davvero voglia di sentirlo, di ascoltare quella voce carezzevole mentre gli trapassa da parte a parte il corpo, già così sfinito e dolorante.
 
« Così artificiale il tuo cuore pieno di stelle, America. Così vuoto, non trovi? Basta un click per spegnere tutte le luci. Per questo avevi bisogno di compagnia? ».
 
« Vaffanculo ».
 
Sbuffa dal naso, America, ma non può fare a meno di sentirsi compiaciuto per la sua piccola deduzione spaventosamente esatta.
Lo conosce e lo anticipa, l’ha studiato per davvero troppo tempo. Anni di vita sprecati, si dice a volte, ma non lo crede sul serio, non quanto dovrebbe.
Ha previsto anche il suo commento, in realtà, e quella domanda così malamente celata.
Per questo avevi bisogno di compagnia? Perché il tuo cuore è vuoto? Perché ti senti solo? Alfred davvero non lo sa, preferisce non chiederselo.
Forse lo sa ed è così disperato da chiedere conforto al suo nemico peggiore e prediletto pur di non fare i conti con se stesso.
Non che gliel’abbia effettivamente chiesto. È bastato un messaggio inviato una settimana prima, due parole scritte velocemente, troppo velocemente per avere rimpianti: Russian Roulette.
Ad Ivan è stato sufficiente per capire e non ha fatto domande.
Muta richiesta, muta risposta.
Da quanto, poi, abbiano preso a parlarsi in codice non lo ricordano e tantomeno importa, finché si comprendono e sono esuli dal mettere a repentaglio orgoglio e dignità.
America sa che il russo non vuole davvero delle risposte a quelle domande, almeno tanto quanto lui non desidera dargliele, ma rigirare il coltello piaga è attualmente il  passatempo preferito del suo compagno di letto, soprattutto perché il sangue ad impregnare la lama è schifosamente americano.
Istintivamente si porta una mano al taglio rosso e fresco sul fianco ed il ricordo vivo di un coltello che si rigira  più e più volte nella sua carne gli secca la gola.
 
« Sei molto più accondiscendente quando scopiamo, sai? »
 
 
Ivan tira ancora di più il suo sorriso quando, allungandosi tra le lenzuola per raggiungere le Luckies* sul comodino, la sua mano finisce su una macchia rossa ed umida sul materasso. Si allarga sulla stoffa, quasi volesse divorarla, e gocciola sul pavimento, si allarga e si mischia al biancastro dell’eccitazione,  fluisce su un solo lato e diventa una scia, poi un’impronta: due, tre, quattro, fino alla grande finestra alla quale è affacciato l’americano con tanto interesse.
Segue quelle tracce con gli occhi finché non diventano nuovamente una scia sottile che risale lungo la sua coscia, diramandosi come tanti piccoli affluenti di un unico fiume lungo la gamba e sulle natiche, fino al fianco destro ancora sanguinante.
Il suo sguardo si posa su quella schiena larga, abbronzata e ferita, che trema quando l’aria viene falciata da un soffio grigio. L’odore di sporco e sesso si appiccica a quello del fumo e viene mascherato, almeno un poco, da quella spessa nuvola grigia.
È così che Ivan descriverebbe il loro rapporto: una spessa nuvola grigia.
Spessa, davvero troppo spessa, per essere scansata via dal vento, per quanto caparbio e forte esso sia. Non si dissolve, quella nuvola, aleggia nell’aria, tetra e compatta, colma d’odio, silenzio e disprezzo.
Soffocante.
Quando diventa troppo pesante per galleggiare nel vuoto, quando i limiti della sopportazione reciproca sono ampiamente superati, eccola che esplode: piove.
Piove per ore, per giorni, per mesi. Una volta ha piovuto per anni.
Piovono lacrime e lingue di fuoco.
Poi, prima che la coltre scura torni a troneggiare su di loro, solo per un attimo, quando dai loro cuori è sgorgato tutto il male che il mondo può sopportare e si stringono la mano, si può scorgere la limpidezza del cielo e tutta la sua immensità, i bei progetti, il sentito pentimento, le belle parole.
Non c’è mai stato alcun arcobaleno né pretendono che ci sia perché, mentre si scambiano sorrisi e battute, ecco che l’azzurro sparisce e torna cupo.
Nel cielo ritrova posto la loro nuvola grigia.
 
« Allora dovremmo scopare più spesso ».
 
Russia reclina la testa sui cuscini con la sigaretta tra le labbra, per niente impressionato da quel tono ironico. L’americano non sembra voler staccare gli occhi da Washington così i suoi sono liberi di correre sulla sua figura, soffermandosi nuovamente sulla schiena: nessun foro all’altezza della scapola sinistra.
Arriccia le labbra e si passa una mano tra i capelli argentei, macchiandoli di rosso.
 
« Non ci saranno prossime volte, se lasci il polmone in quello stato. Dovresti rimuovere il proiettile ».
 
 
Più che preoccupato, il suo tono è sinceramente divertito. Dio, quanto lo odia.
L’americano si limita a storcere le labbra e a fare un cenno con la mano. Lui è una nazione, la più potente tra le nazioni, certo non morirà per i proiettili che ha ancora conficcati nella carne né per quelli che lo hanno attraversato, scavandosi nel muro. Le ferite si stanno già rimarginando, il sangue si sta seccando, e lui vuole godere di quel dolore ancora un po’, solo un altro po’, per distrarsi dai pensieri, dalla solitudine.
Inghilterra non verrà.
Nessun regalo quest’anno da parte sua né negli anni a venire, probabilmente.
La sua Lucky sta per finire e tra poco dovrà voltarsi verso quel sorriso compiaciuto che gli ha tenuto compagnia per qualche ora.
La notte è ancora così lunga, eppure ha l’impressione che l’alba l’incalzi, che Washington sia sul punto di svegliarsi. Chissà se riesce a dormire davvero, si chiede. Un cuore non smette mai di battere.
 
« Non c’è dimostrazione di amore più profonda che sparare ad un organo non vitale* ».
 
Il russo deve aver percepito la sua malinconia – è di questo che si tratta? - perché adesso è proprio alle sue spalle e gli respira sul collo.
Alfred non l’ha davvero sentito arrivare ma adesso può vederla quella figura alta appena dietro di lui, il taglio netto sulla giugulare, i capelli candidi ramati di rosso secco e quell’incresparsi di labbra accanto al suo orecchio.
Aspetta un senso di repulsione che inaspettatamente non arriva quando quella lingua ruvida prende a giocare col suo lobo e una mano callosa preme sul buco insanguinato sul suo petto, facendolo sobbalzare.
 
« Sai, in effetti il polmone è un organo vitale ».
 
Gli fa notare, soffocando una risata ed inclinando la testa di lato per offrirgli il collo. Ivan coglie l’invito e lo morde, addenta la carne e i suoi denti si stringono, come si stringono quelli di Alfred per il dolore.
 
 
« In effetti non ho mai detto che ti amo ».
 
« E grazie a Dio! »
 
Ride, America, e tutto il suo corpo si ribella, i muscoli tirano, le ossa scricchiolano ed il suo acerrimo nemico ne approfitta, infila le dita nella sua carne, dilatandola, per recuperare il suo prezioso piombo rigato della sua schifosa roulette. Gli circonda la vita con un braccio per tenerlo fermo, e Alfred teme che il gesto in questione non sia dettato dall’effettiva necessità perché l’americano proprio di scappare non ha intenzione, non davanti al russo, non davanti alla sua Washington.
Si chiede cosa sia quell’abbraccio.
È quasi romantico, pensa, se non fosse per l'erezione palese del russo che spinge sul suo sedere, quel panorama davanti a loro, nudi e stretti in un abbraccio, una mano sul suo cuore.
Falso, tutto troppo falso per essere sopportato, ed in effetti America non lo sopporta. Resta immobile, tuttavia, perché il dolore gli ha paralizzato le gambe e ha un disperato bisogno di essere sorretto.
Ironico, ironico davvero che sia il corpo gelido di Ivan a farlo.
 
« Perché il tuo corpo è sempre così fottuttamente freddo? Insomma, pensavo che la storia del “ho l’inverno dentro” fosse uno scherzo! »
 
Finalmente il russo lo lascia andare e lo statunitense gliene è grato perché quella situazione stava diventando decisamente troppo imbarazzante. Il suo sorriso è scomparso, forse l’ha ferito ma, d’altro canto, non gli dispiace affatto. La pietà non è prevista nel pacchetto.
 
« Vedi, America, spesso il cuore mi scappa dal petto » comincia, si blocca e sospira.
 
“Niente che tu possa distruggere, niente che tu possa spezzare” pensa Alfred, ma gli occhi del russo si rivolgono al cuore americano ed il fiotto di gelosia che gli nasce nel petto è sufficiente a distrarlo da quell’irritante vocina interiore. Lascia correre, però, gli lascia ammirare la sua capitale senza dire niente: dovrebbero farlo tutti.
 
 
« Il mio è un involucro vuoto e luminoso, come il tuo. L’unica differenza è che è troppo stanco per irradiare calore ».
 
Il suo sorriso è amaro mentre ripone quell’unico proiettile insanguinato nella sua pistola. L’americano ci pensa, si mordicchia il labbro inferiore, non dice nulla circa “l’involucro vuoto”, non fa commenti. Non vuole litigare, non quando Ivan stringe tra le mani quella pistola e gli rivolge quello sguardo eloquente, non quando il gioco sta per ricominciare.
 
« Come una lampadina a risparmio energetico! »
 
Sogghigna e getta la sigaretta consumata sul pavimento, percorre la scia scarlatta che si era portato dietro a ritroso e torna entusiasta tra le lenzuola.
La roulette ricomincia a girare.
 

#Angolo della disperazione

*Le Luky sono una marca di sigarette americane
*Citazione presa da Nikita, se non sbaglio è Alex a dire una cosa del genere, che è russa quindi ci stava (?)
Niente, doveva essere una UsUk romantica e strappalacrime, invece sono tornata al compleanno del mio ciccino con una schifosa RusAme.
Che volete, ero di pessimo umore.
Grazie a chi si è preso la briga di leggere fin qui, spero che questa mia storia abbia allievato un po' lo stress del caldo estivo.
Se non l'ha allievato, spero che vi sia piaciuta lo stesso Lasciate un piccolo commento, ci conto!
Alla prossima, 
AlfiaH <3

 
  
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