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Autore: Louvers    05/07/2014    0 recensioni
Non so se ad altri di voi sia già capitato, o se si tratta di una mia stranezza, ma questa storia nasce da un sogno. Una mattina mi sono svegliata, ed avevo ben definito, nella mia mente, quello che poi è diventato il primo capito, "Allarme bomba". Nella mia testa la storia vorrebbe essere avvincente e incalzante, in pieno stile Flashpoint, spero di essere riuscita a trasmettere a voi, parte di queste sensazioni. Buona lettura, L.
Genere: Avventura, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno.
Sono Ed Lane, team leader  della squadra Uno dell'unità di intervento strategico. Sono un padre, e un marito. Un poliziotto. Sono due persone, e porto dentro di me il fardello di molte altre vite. Negli ultimi anni qualcosa dentro di me sta cambiando. Provo sensazioni che prima riuscivo a controllare, perdo il controllo, e mi perdo io stesso. Ho fatto cose che non riesco a dimenticare, la mia mente ritorna indietro nel tempo, sempre agli stessi momenti. Un gioco di ricordi che mi impediscono di cambiare quello che ormai è accaduto.


La sveglia suonava sempre alla stessa ora in casa Lane. Ed si alzò, veloce come ogni mattina, silenzioso per non svegliare nessuno. I fantasmi che invadevano la sua mente, lo abbandonavo sempre per il tempo della doccia. L'acqua calda aveva la capacità di rilassarlo, lì sotto non doveva fingere, e anche le lacrime, andavano confuse con il getto insistente e costante dell'acqua. L'entusiasmo dei primi anni cedeva il passo all'esperienza. E' un duro lavoro, ma qualcuno deve pur farlo, questo pensiero riuscì a strappargli un sorriso, il ricordo di giorni più spensierati. 

Salito in macchina si sentiva sempre rassicurato, gli automatismi della sua vita lo confortavano. La sveglia sempre alla stessa ora, lo stesso tragitto, la stessa destinazione, le stesse persone. Bastava il suo lavoro ad essere imprevedibile. La costante attesa di una chiamata era quanto di più snervante conoscesse. L'attesa non lo teneva impegnato, anzi, gli permetteva di pensare, e riflettere, e pensare, e ricordare. Una morsa di panico gli invadeva il petto, il controllo gli sfuggiva, il fiato veniva meno. Aveva trovato un modo per affrontare queste sensazioni, per abbandonarsi al dolore e per non essere sopraffatto. Ora le cose stavano migliorando, si avvicinava di più alla persona che era, allontanandosi da quello che stava diventando. 

Arrivato in centrale Ed si cambiò, pronto per l'allenamento mattutino, con gli altri, giù nella palestra.

Vedere la sua squadra lo riempiva d'orgoglio. La perfezione non è umana, questo lo aveva imparato a proprie spese, ma l'uomo è un animale sociale, e lui nella sua squadra vedeva quanto di più vicino potesse esserci alla perfezione. Da soli erano vulnerabili, insieme invincibili. I suoi pensieri non erano frutto della superbia, Ed lo sapeva. Era sincero in quello che diceva, avevano creato un incastro perfetto di persone e di poliziotti. "C'è sempre un buon motivo per sciogliere una squadra" ricordava le parole dell'esaminatore esterno, e sapeva che aveva ragione. Anche nella sua squadra c'erano motivi per scioglierla, ma fare di quei motivi il punto di forza della squadra,  quella era stata la loro vittoria. 
Quando incrociava lo sguardo di Spike poteva vedere nei suoi occhi il dolore della perdita, era nascosto e ben celato agli sguardi indiscreti. Sapeva che non lo avrebbe mai superato, ma sapeva anche che era andato avanti, non si sarebbe mai bloccato di fronte ad un emergenza, pronto a reagire, in ricordo di quel giorno e di quella perdita.  I ricordi che abbiamo ci rendono quelli che siamo. E spike era cresciuto, l'agente Scarlatti aveva conosciuto il dolore della perdita, ma era sopravvissuto.


Jules uscì dallo spogliatoio femminile proprio in quel momento. I capelli raccolti in una coda,  e il sorriso sulle labbra.

Adorava quel sorriso. Quel sorriso che riusciva a riservare tanto al suo uomo, quanto al resto della squadra. Quella ragazza portava una leggerezza che solo una donna può portare in una stanza. Piccola ma letale, fin da subito aveva sentito un senso di protezione nei confronti di quella ragazza, che era diventata, sotto i suoi occhi, una donna. In principio Sophie era gelosa di questa presenza femminile nella squadra, poi li aveva visti tutti insieme, e aveva capito.
Si trovava sempre più spesso a fare pensieri del genere, stava diventando un mollacchione, questa era la verità. Da quando la dottoressa gli aveva consigliato di aprirsi al dolore, aveva iniziato a provare dentro di se, una serie di sensazioni che aveva sempre tenuto nascoste. 


Era un duro Ed Lane, i glaciali occhi azzurri ne erano la prova, ma ora stava imparando a convivere con una gamma nuova di sentimenti, fino a quel momento pseudosconosciuti. Osservando la squadra da lontano si poteva notare un sorriso sul viso di quelle persone, una complicità tutta loro. Affrontavano situazioni estreme, e l'unico modo per sopravvivere, era sdrammatizzare e restare insieme. 
Lo sforzo, il sudore, i sorrisi  dell'allenamento vennero interrotti dall'orda scalpitante dei nuovi candidati, stavano arrivando nella sala. Si percepiva in loro l'adrenalina pura per l'imminente selezione. 

Uno di loro potrebbe entrare nella squadra. 

Erano sotto di un membro, facevano selezioni di continuo, e quel posto continuava a restare vuoto. Difficilmente qualcuno si dimostrava all'altezza, e non di rado un candidato, dopo poco tempo di servizio non reggeva la pressione e andava via, diretto a qualche altra unità meno problematica. 

Qualcuno di loro sarà all'atezza?

Non sarebbe stato facile conquistare la stima del caposquadra. Laura avanzava vero la stanza, passo deciso e nessuna espressione sul volto. Era la preferita di Greg al momento.

E se questa volta il capo stesse sbagliando?
   
 
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