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Autore: SkepticDame    07/07/2014    0 recensioni
Rose e il Dottore umano giungono alle porte di una fortezza da sempre conosciuta per la bellezza del suo circo.
Ma da quando il tutto è governato dalla nuova Regina, le cose sembrano essere cambiate e il segreto legato ad essa sarà svelato con aspre conseguenze.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Doctor - 10 (human), Rose Tyler
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aela condusse i due "forestieri" in direzione dell'atrio principale da cui si poteva accedere ad ogni ala e stanza del castello e lasciò aleggiare un silenzio acutissimo che, tuttavia, sembrava essere voluto da tutti e tre. Nel frattempo nel maniero c'era un frenetico viavai di persone, tutte intente nei preparativi e dirette da un affastellamento di voci che risuonavano come echi. Dal lato nord dell'atrio si sollevava prorompentemente una scalinata i cui gradini davano la parvenza di poter toccare il cielo. Un cielo fatto di legno antichissimo le cui stelle erano ritratti e maschere fisionomici di antenati passati a miglior vita, un'usanza molto simile a quella che avevano anche le famiglie patrizie romane sulla Terra. - Quindi ti chiami Aela - disse Rose, non appena si allontanarono dal gran frastuono giungendo in un'ala più silenziosa del castello - Ha un significato particolare? Di solito ogni nome ne ha uno - continuò a mezza voce, con un sorriso. - Mio padre mi chiamava "Aela la cacciatrice". Non mi ha mai spiegato il perché e, tuttavia, non me lo potrà mai più spiegare. Spero sia davvero passato a miglior vita, come si dice, perché questa non vale la pena viverla. Morire, a questo punto, può solo avergii salvato l'esistenza - confutò con amaro sarcasmo non lasciando trapelare troppo il sentimento lancinante che stava raschiando dentro di lei. Nel tentativo di celarsi dietro ad un'espressione malamente impassibile, addocchiò al volo la stanza che avrebbe ospitato Rose e il Dottore. Quest'ultimo rivolse lo sguardo alla sua compagna che rimase in silenzio per alcuni istanti, non proprio per mancanza di parole ma perché sapeva che nessuna parola sarebbe stata molto utile dopo una confessione di quel tipo. Poteva solo nutrire della compassione nei suoi confronti. Per diciannove anni aveva convissuto con quel vuoto, colmato affettuosamente da Jackie, e si chiedeva cosa sarebbe accaduto se la famiglia fosse stata al completo fin dall'inizio. Fu un pensiero che saettò sulla sua mente per poi svanire. - Comunque siamo arrivati - annunciò Aela, facendo una lieve pressione sulla maniglia di una porta cigolante e aprendola. La stanza era molto spaziosa, ospitava un letto a due piazze perfettamente in ordine, un lume su entrambi i comodini ai lati di quel talamo immacolato, una finestra che dava direttamente sugli orti della reggia ed una vasca ai cui bordi erano stati appesi due vestiti eleganti. La bellezza di quegli arredamenti sembrava essere sfuggita al tocco del tempo. - Il mio compito qui è finito. Mancano le raccomandazioni ma ho la sensazione che sarebbero inutili - ipotizzò la serva con insolita tranquillità - Fra due ore inizierà la cerimonia. Non arrivate in ritardo, la Regina non tollera vagabondi nel castello - concluse richiudendo la porta dietro di sé, lasciandoli così soli. Non appena furono sicuri di poter parlare senza che le loro parole venissero origliate, iniziarono ad intessere un discorso. - Sei stato troppo silenzioso. Qualcosa non quadra come dovrebbe? - Rose interrogò il Dottore, passando le dita sopra la superficie di vetro che racchiudeva la lieve fiammella del lume. - Sì. È tutto troppo ordinato, qui dentro. E poi guarda quei vestiti... - l'uomo fissò con aria disgustata gli abiti sulla vasca - I Signori del Tempo hanno molto più gusto - . - Non era quello che intendevo - controbatté la ragazza. - So cosa intendevi - ammiccò lui con sommo divertimento - E, a questo punto, la domanda mi sorge spontanea: quanta voglia ha, Rose Tyler, di fare la "vagabonda"? - le si avvicinò inclinando appena il capo. Era già a conoscenza della sentenza ma quello che più lo emozionava non era la risposta in sé, bensì l'entusiasmo con cui quella ragazza coglieva l'invito a seguirlo, ogni volta, senza ripensamenti. La bellezza della sua rosa germogliava su cose che gli umani definiscono "piccolezze" e che tralasciano non attribuendo loro il significato giusto. Ma l'amore non è né piccolo né una piccolezza scontata. E nemmeno un calcolo matematico, o una formula da imparare a memoria ed applicare in qualsiasi momento e con chunque. È una forza motrice, invisibile ma assolutamente indispensabile, che finora il Dottore non era mai riuscito a comprendere appieno. Solo dopo l'attrito con questa forza, c'era riuscito. E non se ne sarebbe mai liberato. - Stavo giusto per chiederti se avessi veramente intenzione di barricarti in questa stanza e fare l'eremita per ben DUE ore. Mi sarei preoccupata, lo sai? Non farmi più pensare cose del genere, è agghiacciante - scrollò le spalle osservando brevemente il vestito che avrebbe dovuto indossare e scosse il capo - Ora però andiamo. Quegli abiti sono ancora più agghiaccianti - Spalancò la porta facendo capolino dalla soglia. Sembrava non esserci anima viva. Dopo un paio di giri a vuoto incapparono in un gruppo di bizzarre creature simili a granchi giganti. La prima idea fu di approfittare della penombra e nascondersi al di sotto dello stipite pronunciato delle varie stanze serrate accuratamente. La seconda fu, invece, decisamente più proficua. I due proseguirono nella camminata, finché uno di questi alieni non si accorse della loro presenza e si diresse nella loro direzione con fare "sottilmente" contrariato. - È un'area chiusa ai visitatori, questa. Mi dispiace, piccioncini - sentenziò con un tono che non avrebbe dovuto ammettere repliche. Il Dottore, tuttavia, cacciò fuori da una delle tasche interne del soprabito la carta psichica e si presentò. - Ma non è chiusa ai manutentori, no? - sventolò leggermente la carta, con un sorriso vicino all'essere beffardo. Il granchio rimase una manciata di secondi a fissare il documento. Era sicuro che ci fosse qualche imbroglio ma non ne vedeva nemmeno l'ombra, anche se comunque il documento parlava solo per l'uomo e non per Rose. Abbastanza per far insospettire. - E la femmina? Non mi dirà mica che le serve come "supporto morale" - ironizzò pesantemente come a prendersi gioco di entrambi e rise. Rise con la sua voce quasi baritonale. - La femmina conosce anche tanti modi di cucinare un granchio, a prescindere dalle dimensioni - Sibilò Rose sollevando un sopracciglio. Un giorno o l'altro la sua lingua pungente l'avrebbe messa ulteriormente nei guai ma rispondere a tono faceva di lei una ragazza difficile da zittire. Il Dottore trattenne una risata sommessa, vedendo la faccia dell'alieno farsi corrucciata, per poi riacquistare sufficiente serietà. - Se non terminiamo i controlli sua maestà sarà costretta a rimandare la cerimonia e a quel punto, signore, le consiglierei di iniziare a correre lontano da qui e il più velocemente possibile. Non ha mai visto la Regina adirata, vero? - enunciò l'uomo, persuasivo e sorridente. D'un tratto però la sua espressione si incupì come se fosse giunto ad una conclusione acre e avvicinò il volto a quello spropositato dell'alieno, cercando di capire tanta contrarietà. Se nel corso dei secoli le cose non sono cambiate, e di questo ne dubitava fortemente, quella razza aliena si era da sempre distinta per l'atteggiamento apparentemente "cafone" in determinate situazioni. Ma non per indole o istinto naturale, ma perché era una sorta di arma per nascondere qualcosa di grosso - Cos'è? - sussurrò il Signore del Tempo. - "Cos'è" cosa? - bofonchiò a fatica la creatura che nel frattempo aveva già ritratto la facciona. - Quello che tentate di nascondere. È così terribile persino parlarne? - . - Io so soltanto che a volte è meglio non ficcare il naso in certe faccende, per la propria incolumità. Ho visto fin troppo, ragazzo, e francamente vi sto solo facendo un favore a non mettervi al corrente di quel che è nella realtà il circo più bello dell'universo. Mi chiedo solamente con quale coraggio... - si interruppe in un modo parecchio brusco ma stava con certezza dicendo la verità. Una verità che non avrebbe potuto mai dimentcare né provare a modificare e questo, il Dottore, lo capì. Non era una sensazione nuova. Quel granchio, che da grosso com'era sembrava essere diventato piccolo piccolo, si avviò nella direzione opposta alla loro, senza proferire nessun'altra parola. - Non sarà più così. Ti do la mia parola - Questa fu l'ultima dichiarazione del signore del Tempo prima di proseguire con passo svelto verso il lungo corridoio. Rose si mantenne di fianco a lui, stando al suo passo. Non vi vedeva solo fretta di scoprire, o curiosità, o desiderio di avventura. Vi vedeva altro. D'un tratto si era fatto più serio, cupo, avrebbe persino detto minaccioso, ma non del tutto, anche se sarebbe stata questione di poco. - Mi spieghi cosa sta succedendo? - la ragazza aumentò la velocità dell'andatura piazzandoglisi di fronte - Cos'è che non sarà più così? E così COME? - Sicuramente le era sfuggito qualcosa e quel qualcosa aveva mandato fuori uso il meccanismo che, in lui, giostrava la rabbia. Il Dottore la fissò un momento, impassibile, prima di rspondere. - Voi umani vi bevete la prima sciocca spiegazione che vi si dà e vi accontentate di quella, ecco perché non riesci a capire - sibilò a denti stretti. Maledisse le volte in cui non riusciva a tenere a bada pensieri del genere, esponendoli a malomodo, ma non poteva negare di non averli o non averli mai avuti - "Lupo" non è solamente uno stupido nomignolo come la suddetta Regina ha detto. Tutti pensano che sia dovuto ad uno scherzo di pessimo gusto da parte di quel marito che probabilmente... aveva capito. Aveva capito tutto! Ma non è così e avrei dovuto... - scosse il capo freneticamente continuando a camminare. Non era il momento di usare quel fatidico "Avrei dovuto" - Il lupo cosa fa nella favola di Cappuccetto Rosso, Rose? - mormorò quasi tremando davanti al portone che li separava dalla sala della cerimonia. Stava cercando di concepire, anche solo lontanamene, come si potesse fare una cosa del genere con somma tranquillità. Senza rimpianti. Senza sensi di colpa. Niente di niente. Lui stesso, al pensiero di averne "indirettamente" uccisi moltissimi nella Guerra del Tempo, ne aveva troppi e di insopportabili. Ma anche se fosse stato coinvolto solo uno di loro, la colpa non sarebbe stata meno presente. La quantità non importava quanto il caro prezzo che pagava. Ed ora si ritrovava a doversi fronteggiare con un essere che, a quel punto, poteva definirsi "simile" in quel senso. - Era quello che intendeva con "il mio nutrimento"... - sussurrò lei con voce strozzata. Credeva che fosse solo un innocente modo di dire ma non lo era e tanto meno aveva qualcosa di davvero innocente.
   
 
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