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Autore: cin75    08/07/2014    6 recensioni
Jared, grazie a Jensen e all'amore che li unisce, ha affrontato e sconfitto l'incubo in cui lo faceva vivere Sebastian. Ma i due non sanno che sono solo nell'occhio del ciclone di un terribile uragano. Un uragano che questa volta non ha intenzione di lasciare superstiti. (Sequel di : La fine di un incubo )
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jared Padalecki, Jensen Ackles
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'incubo: dal sonno al risveglio.'
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Daisy_of_light: Tu ci hai messo l’idea.  Io le parole.  Questa è per te!!
 
 L’inganno
“Oh mio Dio!!!”, sospirava Jared appoggiato alla parete del suo camper. “Oh Dio!!..no, ti prego…non…” continuava, cercando in tutti i modi di contenere il sempre più crescente piacere che lo stava divorando. E quel piacere aveva le fattezze di Jensen, che in ginocchio davanti a lui, si cibava del suo corpo con una passionale cadenza.
 “Oh Dio!!, Jensen…io non resisto…se …se continui…oh Gesù!!” gridò tra i denti, mentre cercava freneticamente con le mani un appiglio più sicuro che gli impedisse di cadere a causa di un affondo più deciso del compagno che soddisfatto da ciò che stava accadendo al giovane attore, non ci pensava per niente a desistere dall’obiettivo che si era maliziosamente “imposto”.
Jared avrebbe voluto concludere in ben altra maniera quel loro incontro amoroso, ma Jensen non sembrava della stessa idea. Il messaggio con cui lo aveva "richiamato" al suo camper aveva già un suo che di eccitante: "Tu ed io. Adesso. Nel tuo camper. La mia bocca ha voglia di te!" e ora, il mittente di quel messaggio, non sembrava voler altro che saziarsi di lui, del suo corpo e della sua essenza più intima e in quella dolce autorità con cui lo stava portando al limite, Jared cedette alle intenzioni del maggiore e raggiunse l’apice del piacere nel posto più caldo e invitante che esistesse al mondo. Tra le labbra del suo irrefrenabile amante.
Quando gli ultimi tremori dell’orgasmo gli permisero di respirare di nuovo quasi regolarmente, Jared abbassò lo sguardo adorante verso il volto arrossato e soddisfatto del compagno che pian piano si tirava su e raggiungeva il suo volto, lasciando sul suo corpo una dolce e umida scia di piccoli baci, fin quando non furono occhi negli occhi e l’ultimo bacio andò a morire sulle labbra di Jared che completamente perso nell’amore che provava per quell’uomo che aveva di fronte, lo abbracciò forte, tenendoselo il più vicino possibile e baciandolo con tutta la passione che un bacio fosse in grado di dimostrare.
Quando, solo per una questione di fiato, i due si staccarono, Jensen lo guardò sorridendo di cuore.
“A quanto pare qualcuno ne aveva davvero bisogno!!” scherzò vedendo il volto decisamente appagato del giovane.
Jared sorridendogli in ricambiò, scherzò con lui.
“Ehi!!, ho appena perso il mio migliore amico, la sua fidanzata mi ha accusato di essere maledetto e lo stronzo che lo ha ucciso mi è scappato. Ho bisogno di “certe” attenzioni!!!” fece con tono innocente, riassumendo alcune scene del suo show.
“Beh!, Rimbaud vedi di non prenderci l’abitudine!!” sogghignò Jensen posandogli un altro bacio leggero ma dolce sulle labbra piegate ancora in un sorriso impertinente, mentre con le mani cercava di sistemargli alla meglio la camicia e i pantaloni ancora aperti.
“Questo farebbe di te, il mio Verlaine ?!” rispose Jared , stringendosi ancora di più a quel corpo forte e desiderato. E in quella stretta, lo spinse verso il divanetto del camper, costringendo il poliziotto a caderci sopra e imprigionandolo con il suo corpo.
“Maledetti per maledetti, che ne dici se finiamo tutti e due all’Inferno??!” suggerì con aria maliziosa mentre con una mano si intrufolava nei pantaloni già “stretti” del compagno che si inarcò istintivamente verso il corpo del giovane amante e si mordeva il labbro per resistere alla scarica elettrica che lo aveva appena attraversato.
“Credi di poter restare abbastanza da…” cercò di dire e cercando di controllare il respiro, ma non riuscì ad andare oltre perché Jared si era fatto già più insistente e aveva preso ad accarezzarlo in modo inequivocabile e avvolgente.
“Come mi dissero una volta…” rispose a quella mezza domanda: “…posso restare tutto il tempo che vuoi!” concluse finendo la frase sulle labbra tremanti di piacere di Jensen.
Il resto furono solo sospiri e gemiti. Impeto e pace.
*****
A miglia di distanza un terribile incidente bloccava la strada principale che collegava il carcere di Vancouver al bivio che avrebbe dovuto portare a quello di Cedar Creek, nello stato di Washington. Coinvolti nell’incidente oltre a numerose macchine anche un mezzo carcerario con a bordo una decina di detenuti. Dalle notizie che si potevano avere, la metà dei carcerati erano morti nel violento impatto, poiché, dopo aver perso aderenza, il mezzo, aveva cappottato numerose volte, andando a fermare la sua corsa contro un pilastro del ponte sovrastante la carreggiata. E naturalmente l’attenzione andava anche alle altre vittime civili del cosiddetto disastro automobilistico.
Quella stessa notizia, circa un giorno dopo, arrivò anche a Jared e Jensen. I due furono chiamati dal procuratore Olson che all’epoca seguì il caso di Jared contro Sebastian.
“Come mai ci hai chiamati, procuratore?!” fece il poliziotto.
“Avete saputo dell’incidente sulla statale del…”
“..quella che ha coinvolto anche quel pulmino del carcere!?” lo anticipò Jensen.
“Sì!” confermò l’avvocato.
“Cosa c’entra con noi ?!” chiese curioso Jared.
“C’era anche Rochè su quel mezzo e da quanto sembra è tra le vittime!!” fu la risposta.
“Cosa ?!” fecero i due ragazzi all’unisono.
Subito dopo, però, Jared sentì come uno strano rimorso. “Dio!!, non so se dispiacermi o esultare!!”
“Decisamente: esultare!!” lo rassicurò Jensen. E non si sentì per niente in colpa quando Jared lo guardò non proprio convinto. “Andiamo!!, quel bastardo ti ha ricattato per anni, costringendoti a fare cose fuori da ogni logica e …pietà umana. Non avrò rimorsi se adesso è all’inferno dove merita di stare!!”
“Ok!, basta così, Jensen.” lo richiamò il procuratore. “Vi ho chiamato qui, perché “a quanto pare è tra le vittime”, ma niente è certo.”
“ E questo che vorrebbe dire?!” domandò perplesso, Jensen.
“Il carcere di Vancouver non è famoso per l’ordine con cui vengono tenuti i suoi documenti e uffici. Non riescono a trovare l’intera lista di detenuti tradotti in quella giornata e quindi non possiamo sapere, con sicurezza, chi si è salvato e chi no. Stanno facendo un censimento in questo momento, per vedere chi manca e chi no e non appena sapranno, ne avremo comunicazione.”
“Un attimo, aspetti! Aspetti!!” esclamò preoccupato e sorpreso Jared. “Sta’ cercando di dirci che nel caso in cui Rochè fosse stato sul quel bus, non sanno se è morto o se l’è data a gambe o se ce l’hanno ancora loro in custodia??!!”
“E’ imbarazzante. Ma sì! Più o meno questa è la situazione!!” ammise mortificato il giovane avvocato.
“E’ assurdo!!” sembrò rimproverarlo il poliziotto.
“Sentite. Non c’è motivo di preoccuparsi….” ma mentre stava per continuare, qualcuno bussò alla porta del suo ufficio. Un impiegato gli consegnò delle carte che l’avvocato lesse immediatamente. Sorrise ai due. “Come dicevo!!” proferì soddisfatto.
“Che cosa c’è?!” chiese Jensen avvicinandosi e seguito da Jared, poco dietro di lui.
“La lista completa dei carcerati presenti sul mezzo e Rochè non risulta esserci. Da quello che c’è scritto qui. Quel giorno era in infermeria e non è stato tradotto fuori dal carcere. Quindi è ancora nella prigione di Vancouver.”
“Sul serio?!” chiese quasi titubante Jared.
“Credi che potrei scherzare su una cosa del genere??!” lo ammonì gentilmente.
“Dio ti ringrazio!!” fece, il giovane, soffiando fuori l’aria che gli si era fermata nella gola. L’idea che Rochè potesse essere di nuovo libero e capace di fare qualsiasi cosa, soprattutto adesso che era arrabbiato, che aveva perso tutto, terrorizzava Jared. Lui, meglio di chiunque in quella stanza sapeva come era fatto quell’uomo. Non si sarebbe fermato davanti a niente pur di vendicarsi di tutto quello che aveva perso.
Jensen capì quello a cui stava pensando il compagno.
Gli mise una mano sulla spalla, strinse appena un po’ per donargli conforto e appoggio. Gli sorrise complice e solo quando lo vide rilassarsi, lasciarono lo studio del procuratore.
*****
In una vecchia officina, poco dopo il  bosco antistante la statale ancora invasa dalle macchine della polizia, dai pompieri e dalle varie autoambulanze accorse per i feriti, Sebastian recuperava dei luridi abiti da meccanico e scappava il più lontano possibile da quel posto troppo pericoloso per lui.
Voleva correre. Doveva correre.
Aveva una missione da compiere. Una vendetta da mettere in atto e niente al mondo glielo avrebbe impedito. Jared avrebbe dovuto pagare per quel suo “tradimento”; avrebbe dovuto pagare per essersi ribellato e per avergli tolto tutto. Doveva perdere tutto. Avrebbe dovuto ripagare con un indicibile sofferenza quegli anni di carcere che a causa sua, era stato costretto a subire. E quel suo amichetto sbirro!?? Anche lui, anche Jensen avrebbe dovuto pagare per essersi invischiato così subdolamente. Per aver reso tutto il lavoro che aveva fatto negli anni in cui si "serviva" di Jared, vano. Nella sua mente furiosa e malata, i due ragazzi erano i cattivi della storia e lui, lui era solo la povera vittima che ora stava per reclamare e avere giustizia.
Doveva correre. Voleva correre.
******
Circa due settimane dopo quegli avvenimenti, Jared e Jensen erano tornati alla loro vita e al loro rispettivo lavoro, ignari di ciò che li attendeva, ignari di colui che si aggirava ai margini della loro esistenza pronto a fare di tutto per danneggiare, sporcare e distruggere tutto il bene che faceva parte della vita dei due giovani.
Rochè riuscì a rimettersi in contatto con dei suoi vecchi amici scellerati del vecchio giro dei film a luci rosse, e degli altri traffici che sicuramente aveva durante il periodo in cui si vantava di essere un onesto agente pubblicitario. Si fece indicare qualche ragazzino più o meno disposto a dargli retta e gli era stato indicato un tipetto carino, che, per quello che si diceva in giro, voleva tentare la strada del cinema, che era disposto a partire dal basso pur di avere la possibilità di fare qualche provino "giusto".
"Tu sei Parker ?" fece Rochè, ospite nell'appartamento di un suo ex socio complice di quello che l'uomo voleva fare.
"Sì. Mi hanno detto che lei ha bisogno di un attore che non ha paura di provare nuove....strade!!" fece il giovane guardandosi attorno.
"La mia è decisamente una nuova strada!!" confermò Rochè conscio di quello che aveva effettivamente in mente.
"In che cosa consiste questo suo, diciamo, esperimento?!"
"Diciamo...che si basa tutto sull'improvvisazione!"
"Interessante!" abbozzò con un sorriso. “ E come si farebbe la cosa??!”
"Ti indicherò un tipo a caso per la città. Il tuo provino, in base allo script che mi hanno consegnato, consisterà, nell'avvicinarlo, assicurarti la sua fiducia, convincerlo che sei in un qualche casino e che hai bisogno di aiuto, di protezione o di un qualsiasi….conforto." spiegò senza calcare troppo il tono. Fingendo la più completa professionalità.
"Non mi sembra complicato!!?"
"Vedi, la parte complicata e su cui si basa tutto è un'altra, che è poi la parte per cui molti hanno mollato o sono stati scartati" sembrò sfidarlo.
"Sarebbe!?"
"Dovrai fingerti gay!"
"Come scusa!!??" chiese decisamente spiazzato.
"Vedi la storia che deve essere...raccontata, riguarda tra le altre storie, anche le vicende di una coppia gay. Perciò se la cosa ti crea problemi, preferirei che non mi facessi perdere tempo, perchè ho altri attori da provinare e allora...." disse mentre si avvicinava alla scrivania e si dedicava ad altre cartelle davanti a lui. Cartelle vuote che solo lui poteva vedere.
"No, no!!! chi ha detto che mi crea problemi!!?" fece infatti il giovane, vedendo quel gesto e temendo di perdere la sua opportunità di fama.
"Allora che fai?, ci vuoi provare??"
"Quando si comincia?" disse accettando l’offerta.
"Perfetto. Era quello che volevo sentirti dire! Sai! Ti confesso che mi sei piaciuto appena ti ho visto e credo davvero che tu sia quello giusto per la parte che hanno in mente i produttori!!" lo lusingò.
"Davvero?!"
"Ehi! non posso mentire su queste cose!!, se portassi avanti qualche incapace perderei credibilità nel mio lavoro, non credi!?!" . Era vero. Se lui fosse stato un vero agente e quello fosse stato un vero provino. Ma ben altre erano le intenzioni dello sciagurato.
Diede appuntamento al ragazzo a due giorni dal loro incontro con la scusa che avrebbe dovuto scegliere il cosiddetto “tipo”, che doveva essere uno sicuro e tranquillo. Non voleva mica rischiare di mandarlo da qualche squilibrato!! Fu la spiegazione e poi che avrebbe dovuto preparare le attrezzature tecniche con cui seguire i suoi “approcci teatrali”.
Quando si rividero, Parker fu invitato ad entrare nella macchina di Sebastian.
“Ti chiedo scusa, amico. Ma oggi la mia schiena mi sta massacrando. Per questo ti ho chiesto di entrare!!”  mentì. “Sembra che solo la forma di questo sedile mi dia un po’ di tregua dal dolore.” Fece ancora fingendo un certo disagio.
“Non c’è problema. Ma come mai qui?, davanti al distretto?” chiese guardando i vari poliziotti che entravano ed uscivano dall’edificio pubblico.
“Beh! Ti ho detto che essendo un esperimento voglio andare sul sicuro. Quindi ho dato un occhiata ai nostri eroi in divisa e credo di aver individuato quello giusto.” fece appena in tempo a finire la sua frase che Jensen uscì dal palazzo e si avviava al parcheggio.
“Ecco qui il nostro “paziente zero” !” scherzò.
“Un poliziotto?!”
“Sì. Ho chiesto in giro. Tipo tranquillo. Carattere socievole. Indole da eroe. Difficilmente avvezzo alle mani e…decisamente gay!” concluse.
“Gay?!”
“Beh! Non crederai che ti mandi a fare il gay con uno che non lo è. Rischieresti una solenne bastonata!!” fingendo apprensione.
“Grazie per la cortesia. Ma la questione è che io non sono gay!!” precisò il giovane.
“Ehi!! il provino è questo e sei tu che hai accettato. Ma se vuoi tirarti indietro, libero di farlo. Metto in moto e andiamo via. Se in futuro mi capiterà un altro contatto con la Warner Bros, magari ti chiamo!” mentì spudoratamente facendo cenno a mettere in moto la macchina. Ma Parker gli fermò la mano. Warner Bros!!, pensò. Quando sarebbe ricapitata un occasione del genere!! Guardò l’uomo al suo fianco e poi il ragazzo che stava per entrare nel parcheggio riservato.
“Infondo non mi sembra male!!” insinuò sull’aspetto innegabilmente affascinante di Jensen.
“Credimi non lo è. E poi devi stare tranquillo. Il nostro amico è impegnato, niente colpi di testa. Dicono che sia un tipo decisamente fedele. Quindi stai tranquillo. Ok!?” fece dandogli una pacca sulla spalla per incoraggiarlo ad accettare. Quell’ingenuotto doveva accettare. Per essere un evaso stava già passando troppo tempo all’aria aperta, e tra l’altro davanti ad una stazione di polizia. Doveva accelerare le cose. “Allora, si comincia?!”
“Dammi la battuta!” si convinse alla fine il provetto attore.
“Bravo il mio ragazzo!” fece soddisfatto Rochè. “Ok. Questa è la storia: Sei in città da poco, a corto di soldi e l’unico lavoro che ti hanno proposto è fare…marchette!!”
“Che classe!!”
“Ehi, cosa volevi Glee??!!” ironizzò l’uomo. “E naturalmente non giocarti male la carta del gay. Intesi?!”
“Ok!?” fece convinto.
“Vai, Pacino!!”
“Sì. Ma prima devi fare una cosa per me!” disse cogliendo di sorpresa il finto agente. “Dammi un pugno!”
“Come scusa?!” fece guardandolo stranito di quella richiesta. Stava facendo sul serio??!
“Colpiscimi!! Dammi un pugno!!” e nemmeno il tempo di spiegare il perché della richiesta che un diretto secco e veloce lo colpì dritto sullo zigomo. Parker  grugnì per il dolore massaggiandosi piano la parte e quando, guardandosi nello specchietto retrovisore, vide che cominciava ad arrossire vistosamente, annuì soddisfatto di quello che vedeva. “Ok!, si comincia!” e uscì dalla macchina e facendo il giro lungo, attraversò ad un altezza tale della strada da farlo trovare di fronte alla traiettoria di Jensen.
Rochè quando vide quello che stava facendo il ragazzo, avviò la macchina e si parcheggiò in modo da averli di fronte , senza essere visto. Quando fu in una posizione che ritenne giusta e sicura per lui, tirò fuori da una borsa dietro al suo sedile, una macchina fotografica, pronto a dare inizio alla sua vendetta.
Parker camminava a testa bassa, con passo veloce ma insicuro. Ogni tanto si guardava avanti e intorno come se avesse timore di chi gli passasse accanto. Quando tra le persone che aveva davanti intravide la figura di Jensen, aggiustò il suo percorso quel tanto che gli permise di finirgli addosso. Lo prese in pieno!!
“Mi scusi…mi scusi..io …io non volevo..io…” balbettò impaurito da una possibile reazione.
“Ehi!! Ehi!!” sta’ calmo. E’ tutto ok!” fece Jensen allungando una mano verso la spalle del ragazzo che si ritrasse spaventato. Come un flash, quel gesto ritornò alla mente del poliziotto ed era un gesto che non diceva mai niente di buono.
“Mi dispiace…io…io..non l’ho vista!!” continuava a scusarsi mentre teneva ancora lo sguardo fisso sul cemento.
“Senti, davvero, è tutto ok. Tu sei apposto?!” domandò abbassando di un po’ il tono della voce per cercare di essere il più rassicurante possibile.
“Si…si..io ….si..!” mormorava fingendo di andare via ma di voler restare.
“Si, lo vedo!” ironizzò Jensen. “Hai bisogno di qualcosa?!” provò a chiedergli e in quel momento Parker alzò di poco lo sguardo verso il suo interlocutore, quel tanto che bastava per mostrare il volto segnato.
Infatti a Jensen non sfuggì il vistoso arrossamento che copriva lo zigomo del ragazzo. “Che ti è successo?!” chiese con calma mentre gli metteva la mano sulla spalla e lo invitava a sedersi su un gradino poco distante da loro. “Mi chiamo Jensen, sono un poliziotto e posso aiutarti se hai bisogno di aiuto!”
“Io….non…” un singhiozzo gli impedì di continuare.
“Va’ tutto bene!! Sta’ tranquillo. Dimmi che ti è successo?!!” lo spronò gentilmente e confidarsi.
“Io….credo…credo di essere nei guai!” confessò finalmente.
“Che tipo di guai?”
“Mi chiamo Parker….sono qui da poco tempo e…..io….non ho….nessuno…e io…”
“Tranquillo, ok?, va avanti. Chi ti ha fatto questo?!” chiese indicando il livido.
“Io gli avevo chiesto di lavorare…io volevo solo lavorare…” provava a spiegare.
“E che cosa è successo?!”
“Che non avevo capito il tipo di lavoro che dovevo fare!” recitò mortificato.
“Che tipo di lavoro?”
“Lui…oh mio Dio!!! È qui…io …io devo andare…mi dispiace….mi dispiace..” e corse via prima che Jensen potesse fermarlo e quando il giovane si infilò in uno dei vicoli lo perse definitivamente.
Dall’altro lato della strada Rochè aveva assistito a tutta la scena o al “provino” e quando, non visto, Parker si infilò di nuovo nella sua macchina, si ritrovò di fronte lo sguardo decisamente deluso dell’agente.
“Come è andata?!” fece entusiasta.
“Perché sei andato via in quel modo??...perchè non hai concluso la scena?!” chiese seccato.
“Perché non potevo. Stava per arrivare un gruppo di amici e se mi avessero riconosciuto avrebbero mandato tutto a puttane. Ma ormai ho lanciato l’amo. Mi farò rivedere e vedrai che tra un paio di giorni avrai quello che la Warner vuole.” Spiegò sperando di non aver perso la sua occasione.
Sebastian ci pensò su un momento e ammise che il ragazzo aveva ragione. Se lo avessero “scoperto” si sarebbe ritrovato punto e a capo e lui non era nella condizione di perdere tempo. “Ok!!, mi hai convinto!” fece persuaso dalle parole del ragazzo.
“Guardalo Sebastian.” fece indicando Jensen dall’altro capo della strada da dove non poteva vederli. “Mi sta ancora cercando. L’ho agganciato ormai! Dammi un po’ di tempo.” disse soddisfatto di quello che la sua recitazione aveva fatto.
“I grandi capi non amano aspettare molto per avere dei risultati!” lo avvertì.
“Una settimana e avrai un intero film!!” promise. Infatti nei due giorni a seguire, Parker si fece rivedere e o con una scusa o uno stratagemma riusciva sempre a contattare Jensen.
Il terzo giorno di quel “provino” fu quello in cui gli confidò che il lavoro che volevano che facesse riguardava prestazioni sessuali. Gli confidò, non senza un certo imbarazzo di essere gay e che, a detta di quello che voleva diventare il suo protettore, era una fortuna che si sarebbe rivelata molto remunerativa.
“Figlio di puttana !!” sibilò Jensen tra i denti mentre ascoltava le confessioni del giovane davanti  a lui. Erano seduti in un locale, Jensen l’aveva convinto ad andare a mangiare con lui e ora stavano parlando uno di fronte all’altro. Parker abbassava la voce di proposito per spingere Jensen ad esporsi di più verso di lui, così da instaurare con lui un rapporto più “complice”. Quando la cameriera portò il conto e Jensen pagò, il ragazzo si alzò per primo e attese che Jensen lo raggiungesse all’uscita del ristorante. Non appena fu sicuro di essere in un posto più appartato, e di avere Jensen alle sue spalle, si girò di scatto e abbracciò il suo benefattore. Preso di sorpresa Jensen, per un attimo, restò a braccia aperte e quando sentì che il giovane rinsaldava la presa intorno al suo corpo, ricambiò l’abbraccio. Lo avvolse nelle sue braccia cercando di dargli conforto. “Andrà tutto bene. Ti aiuterò io.”
“Lo so, grazie. Ma ora devo andare!!” e lasciando il poliziotto andò via, sparendo in uno dei vicoli. Esattamente come aveva fatto le altre volte.
Sebastian, che, come sempre, dalla macchina, non li aveva mai persi di vista. Si esaltò quando vide l’abbraccio e riuscì ad immortalarlo in più scatti. Andava bene. Andava decisamente bene.
Aveva la prima carta da giocare contro Jared.
   
 
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