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Autore: Everyday liar    08/07/2014    1 recensioni
"Non sentiva il freddo, né l’acqua ghiacciata che gli scivolava dentro il colletto della camicia, solo il cuore che gli martellava nelle orecchie e quell’inconscio desiderio di raggiungerlo, di proteggerlo."
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Don’t talk to strangers

 

 

«Si può sapere chi sei tu?»

«Speravo me lo chiedessi. Sono Leo, un nome davvero inflazionato lo ammetto, però sono l’unico e inimitabile! » accompagnò le parole con un gesto delle mani a sottolineare gli addominali che risaltavano sotto la maglietta. «E … posso conoscere il tuo di nome?»

«No. E se non l’avessi capito, la mia precedente domanda era un modo carino per dirti ‘vattene!’ Quindi ciao, ciao! A mai più rivederci!» concluse Cris e si voltò dall’altra parte fissando ostinato la parete. Sbuffò.

«Ma si può sapere» aveva cominciato il ragazzo girando con una mano una sedia per sedersi «perché, allora te ne stai seduto tutto solo in un bar?».

Cris girando piano la testa, senza tante cerimonie si alzò di scatto facendo cadere l’altro dalla sedia. Leo si alzò battendo le mani. «Ma quanto siamo maneschi …» mormorò guardandolo malizioso mentre constatava divertito che la testa dell’altro gli arrivava a malapena al petto. «Mm, meriteresti una punizione, sai?» aggiunse, forse apposta per far infuriare ancora di più l’altro. Cris senza tante cerimonie lo spinse di lato diretto alla porta. Leo sogghignando sotto i baffi lo seguì con lo sguardo, lo vide voltarsi un attimo verso il fondo del bar come in attesa di qualcuno e, quando per l’ultimo istante i loro sguardi si incontrarono, vide che gli occhi dell’altro erano umidi, stava per piangere.

Si bloccò il respiro a Leo, non riusciva più a smettere di fissare quel ragazzo, a immaginarselo accovacciato sul marciapiede di una strada, con le ginocchia strette al petto e quegli occhioni scuri inondati di lacrime. Venne colto nel contempo da dispiacere, tristezza, desiderio. Si passò piano la lingua sulle labbra, assorto nei suoi pensieri. Diamine, doveva andare a consolarlo. Imprecando fra sé e sé si diresse verso la porta, la spalancò ritrovandosi sotto la pioggia autunnale, fra lampi e tuoni con nelle iridi solo un’ ombra scura che correva veloce. Non si fermò a pensare, si fiondò immediatamente all’inseguimento. Non sentiva il freddo, né l’acqua ghiacciata che gli scivolava dentro il colletto della camicia, solo il cuore che gli martellava nelle orecchie e quell’inconscio desiderio di raggiungerlo, di proteggerlo.

Cris si era finalmente fermato al riparo sotto il tetto di una casa, appoggiato al muro con le mani sulle ginocchia per riprendere fiato. Vide delle scarpe nere lucide accanto a sé, sollevò piano la testa e lo vide. «Leo, giusto? Non verrò a letto con te, cercati un’altra preda e lasciami in pace!» quasi urlò Cris. Leo incontrò finalmente gli occhi dell’altro, rimanendo come congelato nel tempo, quegli occhi scuri inondati da lacrime calde … Aprì le braccia quasi in sogno e se lo strinse al petto. Cris sorpreso rimase rigido per qualche secondo, poi si lasciò andare singhiozzando; in fondo non l’avrebbe rivisto mai più, quell’attimo di debolezza sarebbe stato ricordato solo da uno sconosciuto. Leo lo strinse ancora di più a sé, lo sentiva così freddo, tremare. Gli accarezzava piano la schiena, consolandolo da un ignoto male.

«Cosa ti è successo?» si lasciò sfuggire Leo cancellando la magia dell’ attimo. Cris si scostò di scatto e con occhi colpevoli riprese a correre diretto chissà dove. «Aspetta!» urlò Leo con la mano tesa «Come ti chiami!». L’altro si fermò un istante come colpito da un rimorso, scosse la testa e riprese a muoversi sempre più veloce, piangendo sempre più forte; era stato un errore entrare in quel bar.

Leo osservò la sua felpa scomparire nel buio della notte, portandosi via le mille domande che gli agitavano la testa. Perché piangeva? Perché si trovava in quel bar? Chi era?

 

 

   
 
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