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Autore: ethelsgonnabeokay    09/07/2014    2 recensioni
«E ora?» sentì suo fratello chiedere, stanco. Lo riscosse da quel principio di attacco di panico, facendogli alzare gli occhi per trovare davanti a sé lo sguardo preoccupato di Castiel.
«C'era... qualcun altro, lì con me, sul campo di battaglia... e io devo tornare, anche se sono ferito», disse cautamente l'angelo, mordendosi le labbra.
«È ancora lì?» chiese Sam di rimando, facendo annuire Castiel. «Posso... posso vedere?»

Sabriel, (implied) Destiel. Post 5x19.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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Fandom: Supernatural
Personaggi: Dean, Castiel, Sam, Gabriel
Pairing: Sam/Gabriel, (implied) Dean/Castiel

Rating: Giallo
Genere:
Angst, Introspettivo, Drammatico, Sentimentale
Prompt: Chop Suey - Sistem of a Down
Words:
3167

Note: 
Non ho particolari annotazioni da fare, eccetto il fatto che la canzone (Chop Suey dei System of a Down) non è del tutto presente – nella storia sono riportate solo un paio di frasi – però ha ispirato questo delirio, e che i nomi seguono tutti la versione americana, eccezion fatta per Michele perché Micheal proprio non mi piace.
Disclaimer: non mi appartiene niente. Purtroppo.



La notte era passata troppo in fretta, per Sam. Lui non aveva niente a che vedere con suo fratello, che dormiva per sole quattro ore al giorno – di solito Sam si addormentava su qualsiasi superficie morbida che riusciva a raggiungere, anche se era capace di passare la notte in bianco a causa di una delle sue ricerche, o per finire di leggere un libro.
Amava dormire perché era da un po' di tempo che non aveva più incubi. I suoi sogni pieni di rimorsi e paure sembravano scomparsi e niente aveva preso il loro posto, così Sam riusciva a dormire per una notte intera senza svegliarsi di soprassalto. Non che lui non sapesse perché i suoi brutti sogni non si ripresentavano più – quel singolare avvenimento coincideva con fin troppe altre cose per essere solo una casualità.
Aveva superato un brutto periodo, davvero orribile: non lo aveva raccontato a nessuno perché pensava che lo avrebbero preso per pazzo, ma qualche volta sentiva ancora degli occhi color caramello che lo guardavano dall'alto, che lo proteggevano. Si sentiva così patetico in quei momenti perché aveva visto il suo corpo morto sul pavimento di un motel, aveva visto la desolante bruciatura scura lasciata dalle sue ali allungarsi fino al soffitto di quella stessa stanza, aveva sentito i singhiozzi desolati di Castiel poco più tardi. Aveva pianto anche Sam, per quanto non potesse certamente dire di essergli legato quanto Castiel, che lo conosceva praticamente da sempre.
Non riusciva neanche a pronunciarne il nome; quanto si sentiva patetico.

Dean si svegliò gridando. Non aveva urlato, nella realtà, ma nel sogno sì – erano i ricordi dell'inferno, non era ancora riuscito a sconfiggerli. Castiel gli aveva detto – anche se lui non gliel'aveva domandato; non perché non ne avesse bisogno, ma semplicemente per orgoglio – che i suoi poteri non erano abbastanza forti per tenere a bada gli incubi ogni notte. Ci sarebbe voluto un arcangelo, per quello.
Scosso, Dean si ritrovò in piedi ancor prima di realizzare di essersi mosso. I riflessi che era stato costretto ad acquistare a causa della vita da cacciatore si facevano sentire con più insistenza di mattina: meccanicamente, raggiunse la sua tazza piena di caffè – suo fratello sosteneva che tutta quella caffeina prima o poi l'avrebbe ucciso, ma a lui non importava granché – e, togliendosi la maglia sgualcita dei Metallica che usava come pigiama, si esaminò allo specchio, come si era abituato a fare nonostante il risultato fosse degradante. Infatti, nel corso della sua vita si era procurato migliaia di cicatrici, più di quante ne potesse contare: di alcune rimaneva solo il contorno sbiadito, mentre altre si stavano ancora rimarginando. In alcune giornate bruciavano tutte quante, ed era come avere del fuoco al posto della pelle. Sospirò, desiderando di avere un trucco, un modo per coprirle tutte, da quelle poche sul viso, nascoste nelle lentiggini, a quelle sul torso e sulle braccia.
L'unica che non avrebbe potuto mai coprire era, probabilmente, quella sulla sua spalla. Non accennava a rimarginarsi e  pulsava in modo strano appena ci poggiava una mano sopra, ma era una delle poche cicatrici che non lo avevano trascinato in basso, ma lo avevano fatto risalire.

«Castiel!» esclamò Sam, colto di sorpresa, quando l'angelo apparì alle spalle di Dean che stava pranzando, facendogli prendere un colpo.
«Samuel» salutò Castiel, con un cenno del capo. Sembrava preoccupato, notò il ragazzo. «Ciao, Dean» riuscì a dire poi, prima che i Winchester si accorgessero della lunga ferita che attraversava una delle spalle del trenchcoat, da cui gocciolava sangue scuro.
«Cazzo, Cas!» disse Dean in tono burbero, cercando di capire la gravità della ferita di Castiel. Provò a togliergli il trench, ma ritrasse la mano appena l'angelo mugolò dal dolore, guardandolo con gli occhi tanto spalancati da far sembrare il suo viso fatto solo di quelli. «Non puoi guarirti?»
«Sono le ali...» bisbigliò Castiel, aggrottando le sopracciglia come faceva sempre quando non capiva qualcosa. «Guarirò, penso, ma ci vorrà un po' di tempo... tanto tempo. La ferita non è a livello del tramite, e non posso guarirmi in fretta, ma-»
«Pensi?»
Sam continuava a far andare gli occhi dal volto di uno a quello dell'altro, mordendosi le labbra. Aveva visto suo fratello così preoccupato in pochissime occasioni, e di solito si trattava sempre di proteggerlo, o di salvarlo...
«Non è una ferita comune, Dean. Ad infliggermela è stato uno dei miei fratelli, o meglio...»
Sam si sentì traforare la mente da quegli occhi azzurri, come se stessero cercando qualcosa dentro il suo cervello. Cosa poteva servire, in questa situazione? Calma, sangue freddo? Valutare quella partita come persa in partenza? Essere disposto a morire senza fare una piega?
«Lucifer?» finì la frase, sapendo fin troppo bene che suo fratello non aveva fatto alcun collegamento, che non ci sarebbe mai arrivato da solo. Dean non era dalla parte dei cattivi. Anche se  avesse detto di sì a Michele, avrebbe avuto una ragione per farlo; e se fosse morto, nessuno avrebbe potuto dire che non era stato per una buona causa.
Sam era terrorizzato dal pensiero di quello che sarebbe successo se avesse detto di sì, ed era sicuro che prima o poi – con l'inganno, o addirittura per sua volontà – lo avrebbe fatto.

Il gusto della paura non era più un mistero per Dean. Conosceva bene quel sapore acre che gli riempiva la bocca e gli schiacciava la trachea, impedendogli di respirare – avrebbe potuto raccontarne per ore, dopo essere stato all'inferno. Gli bastava ricordare una di quelle immense giornate da vittima, durante le quali il fuoco gli si era impresso dentro, fino a carbonizzarlo e a farlo rinascere, come una fenice, togliendogli quel poco di umanità che gli era rimasta fino a renderlo un carnefice. Quelle altre giornate – quelle in cui aveva fatto subire ad altra gente quello che lui stesso aveva subito, facendo leva sulle loro paure più profonde – lo riempivano di disgusto verso se stesso perché, inferno o meno, non si sarebbe mai sognato di diventare tanto spietato.
Quella stessa paura si era riflessa ed amplificata sulla parola che suo fratello aveva bisbigliato; era convinto che Sam avrebbe ricevuto un trattamento ben più crudele, se fosse finito all'inferno. Sammy poteva dire di tutto su di sé – aveva fatto i suoi sbagli, certo – ma era sicuramente una persona migliore di quanto non fosse lui.
«E ora?» sentì suo fratello chiedere,. Lo riscosse da quel principio di attacco di panico, facendogli alzare gli occhi per trovare davanti a sé lo sguardo preoccupato di Castiel.
«C'era... qualcun altro, lì con me, sul campo di battaglia... e io devo tornare, anche se sono ferito», disse cautamente l'angelo, mordendosi le labbra.
«È ancora lì?» chiese Sam di rimando, facendo annuire Castiel. «Posso... posso vedere?»
Castiel annuì di nuovo, posandogli due dita sulla fronte. Circondò il polso di Dean con l'altra mano, dicendogli con gli occhi di non chiedere spiegazioni, non in quel momento. Ordinò loro di chiudere gli occhi.
La stanza in cui Cas era stato, evidentemente, fino a poco prima era disseminata di pozze di sangue e di piume nere come il carbone. Gli stessi muri erano pieni di simboli e di ombre di ali e Dean poteva quasi sentire l'odore di bruciato e dell'olio per terra, poteva sentire l'odore della morte.
Un grido di dolore mise fine alla visione.
«Gabriel!» gridò Sam, con gli occhi sbarrati.
«Sammy...» si limitò a mormorare Dean, poggiandogli una mano sul braccio, sentendo che era in tensione, pronto a scattare come un cacciatore davanti alla sua preda – non proprio il paragone migliore, in quel momento. Guardò Castiel con la coda dell'occhio e vide nel suo sguardo tanto rimorso per quello che non poteva dire. «Somigliava a Gabriel, ma non era lui... Non poteva essere lui, lo sai, vero? Gabriel è...»
«Morto», rispose Sam, la voce e gli occhi diventati di scatto di ghiaccio. «Lo so, Gabe è morto. Vado a prendere il quaderno di papà, fatevi trovare nell'Impala».
Dean seguì con gli occhi la figura del fratello che si allontanava. «Era Gabriel, vero?» chiese con voce impassibile, girandosi verso Castiel.
«Sì, era lui. Non dire niente a Sam, non sarebbe al sicuro... nessuno di loro due sarebbe al sicuro».
Dean poteva capire la preoccupazione di Castiel verso il fratello. Fece segno di sì con la testa, alzandosi. «Andiamo. Lasciamolo solo, per un momento».
«Hai paura, Dean?» L'uomo non rispose e Castiel si limitò a prendergli la mano e stringerla con forza. «Non vi succederà niente di male... lo prometto sulla mia vita».

Sam aveva sempre odiato la musica che ascoltava Dean: la trovava troppo rude, aggressiva e disperata. Non riusciva a sopportare tutte queste emozioni insieme; già le sopportava a malapena quando era lui stesso a provarle, se poi le percepiva anche attraverso la musica se ne sentiva circondato, schiacciato. Per la prima volta, capì cosa voleva dire per il fratello ascoltare quel genere di musica: era una liberazione, perché per quanto le parole e la musica fossero forti niente era più forte della confusione di emozioni che aveva dentro di sé e il dolore che esprimeva il cantante riusciva solo a lenire il suo, non a peggiorarlo, perché era difficile, se non impossibile, aumentarlo.
Il viaggio sembrò durare un'eternità; ogni volta che guardava fuori dal finestrino, a Sam sembrava di vedere sempre lo stesso panorama che lo fronteggiava spudoratamente e gli diceva che non avrebbe mai vinto, che aveva già perso in partenza.
Non che avesse molte possibilità, comunque: il suo animo era semplicemente lacerato, sembrava spezzato in frammenti piccolissimi, impossibili da raccogliere. Nessuno avrebbe potuto guarirlo, anche volendo: chi avrebbe avuto il coraggio di addentrarsi davvero in quell'oscurità che c'era dentro di lui e riportare un po' di luce? Oh, suo fratello tentava ogni giorno, ma era troppo distrutto a sua volta per riuscirci. L'unica persona che era riuscito a salvarlo almeno un po' era stato Gabriel; poi era morto anche lui.
Quando aveva sentito quel grido, Sam si era illuminato. Aveva pensato di essere capace di riconoscere la voce di Gabriel fra tutte, così come aveva pensato che le sue fossero le soli ali che avrebbe mai visto; pensava che il loro legame fosse così forte da continuare anche dopo la morte. Si era sbagliato; a quanto sembrava, gli erano rimaste solo speranze artificiali.
L'hai voluto tu, l'hai voluto tu, è colpa tua, perché ti sei fidato di un'altra persona? Perché continui a sbagliare? È colpa tua, colpa tua!
Sam chiuse gli occhi e si addormentò, distrutto.
Quando li riaprì, ci mise un attimo a ricordare quello che stavano facendo. Per un secondo, l'odore di pelle dell'Impala e le voci di Dean e Cas, che parlavano piano per non svegliarlo, gli sembrarono casa. Si sentì al sicuro, poi ricordò di essere nel bel mezzo dell'Apocalisse. Spalancò gli occhi, ritrovandosi accecato dalla luce rossa del tramonto. Per quanto tempo avevano guidato? Sembravano secoli.
Notò solo allora che Dean e Castiel erano zitti. «Cosa c'è?» chiese, la voce ancora impastata dal sonno.
«Siamo arrivati» rispose Castiel, guardando l'edificio in rovina che avevano di fronte. Sam non se lo aspettava così... normale: era un semplice rettangolo di cemento grigio, con due finestre corredate di vetri rotti e il tetto piatto. Era così semplice, così anonimo da essere inquietante. La porta, scoprì una volta arrivato lì davanti, era però in ottime condizioni: era alta quasi quanto il muro stesso, il legno era così scuro da essere quasi nero e sembrava anche molto pesante, e di sicuro era chiusa.
Castiel allungò una mano a sfiorare uno dei battenti, poi la ritirò di scatto, come se si fosse ustionato. «Avete i coltelli?» chiese di nuovo, e i Winchester fecero cenno di sì. L'angelo si riavvicinò alla porta, questa volta appoggiando la mano direttamente sul legno, e spinse in avanti.

La porta non si mosse, rimase esattamente dov'era. Sembrava non avesse alcuna intenzione di aprirsi, e per un secondo Dean ne fu deluso. Poi si sentì un leggero scricchiolio, quasi impercettibile, e la porta si spalancò senza intoppi. «Seguitemi» disse Castiel, riacquistando quel tono da leader che non sapeva di avere. Dopo nemmeno un paio di passi, un cerchio di olio si infuocò tutto attorno a lui, che riuscì ad evitarlo solo grazie alla prontezza di Dean, che lo tirò verso di sé immediatamente. «Grazie, Dean» sussurrò l'angelo mentre i passi di quello che sembrava un altro uomo rimbalzavano contro le pareti della stanza, saturando l'aria con un odore di zolfo e di sangue.
«I Winchester, vedo... strano come continuate a starmi in mezzo ai piedi! Sembra quasi che mi cerchiate!» Dean si spostò d'istinto davanti a suo fratello, in un inconscio gesto di protezione. Lucifer rise. «Sta tranquillo, non posso possedere tuo fratello senza il suo permesso... le regole valgono anche per me», disse sprezzante, per poi voltarsi verso Castiel. «Sai, fratellino, penso che sarà questo il bello di vederli combattere: sapere che nella realtà non l'avrebbero mai fatto! Pensa quanto sarà divertente, e tu avrai un posto in prima fila per questo spettacolo!» Castiel si irrigidì e lasciò scivolare il coltello lungo la manica, fino a impugnarlo. «O forse no, eh? Ma pensa ai nostri fratelli! Non pensi che avrebbero dovuto proteggerci, i nostri fratelli maggiori? E invece cosa hanno fatto? Io non ricordo che abbiano speso una parola in nostra difesa, in mia difesa!»
«Non hai alcun diritto di parlare così... hai peccato, cosa avrebbero potuto fare per evitarti di cadere?»
«Ma tu? Tu che stai cadendo a tua volta e non perché hai peccato, ma perché hai cominciato ad apprezzare e ad amare quegli scarafaggi che sono gli umani? Perché non aiutano te, se la tua causa è giusta? Sta' zitto, Castiel, non sai un bel niente» con un gesto veloce della mano lo scaraventò dall'altro lato della stanza, facendolo cadere per terra, privo di sensi. «Avevo detto che avrei chiesto il suo permesso? Oh, ci ho ripensato, voi umani siete così irritanti e testardi! A quanto pare, il permesso lo prenderò da solo!» Dean gli si avventò contro, pronto a colpire, ma finì dall'altra parte della stanza, evitando per un pelo di sbattere contro il muro. «E ora, Sam, a noi due».
“È arrivato” pensò il ragazzo, senza riuscire né a muoversi né a parlare “piuttosto che dire di sì morirò e andrò all'inferno, non ho paura della morte, è da tanto che non ne ho più paura... quello che è morto dovrebbe rimanere morto e io sarei dovuto essere sottoterra da tempo, e ora è la volta buona”. Provò davvero a non vederla come una liberazione, a darle il significato profondo di un martirio, ma sapeva di mentire chiamandolo così. Non era per gli altri che aveva deciso di morire, ma per se stesso. “È arrivato il momento di essere egoisti” pensò prima di chiudere gli occhi. Per quanto avrebbe potuto sentirsi coraggioso, non era comunque disposto a guardare la morte in faccia.
Aspettò il colpo. Aspettò per quelli che gli sembrarono secoli. “Non finisce mai”, si ritrovò a pensare a un certo punto, e aprì gli occhi. In quel momento, una figura fin troppo conosciuta gli si mise davanti, ricevendo il colpo indirizzato a lui.
«Gabriel!» gridò Sam, mentre l'angelo cadeva. Anche quello gridò, in una lingua che non aveva mai sentito prima, così dolce e ultraterrena da fargli venire le lacrime agli occhi solo all'ascolto. Capì, senza sapere come, che Gabriel stava pregando. Lucifer scomparve, sembrando più sconvolto del piccolo Winchester, e ciò gli diede la conferma di che cosa stava pregando Gabriel. Non pregava per se stesso, ma per Sam. Come sempre. «Eri vivo, stronzo... eri vivo...» disse piano Sam, la voce rotta dai singhiozzi. «Perché non mi hai detto niente?»
«Per proteggerti. Ora ascoltami, Sam. Lo so che sono un bello spettacolo anche mentre muoio, ma cerca di concentrarti, va bene?» il ragazzo annuì. «Pensavi che saresti stato tu a glorificarti morendo, ma purtroppo le cose non vanno mai come ci aspettiamo! Niente suicidio farisaico1per te, tesoro.» Gabriel provò a sorridere, ma le sue labbra si distorsero in una smorfia di dolore. «Non sarò morto per sempre, okay? Mettitelo bene in testa, in un modo o nell'altro tornerò. Torno sempre, Sam. E di' a tuo fratello che Castiel non è morto, starà solo via per un po'. Siamo arrivati a un punto in cui gli angeli meritano di morire, ma non siamo noi, di certo, a meritarlo. Ora ascoltami bene, alce, e non fare le tue solite cazzate! Devo dirti solo tre cose. Prima di tutto, non azzardarti a mollare come stavi per fare oggi. Potete ancora vincere, ne sono convinto. Non cedere a mio fratello, per piacere. Ora l'ho mandato via con quel poco di forza che mi era rimasta, ma non sono sicuro che starà via per molto. Andatevene subito di qui, più veloce che potete. E questa era la seconda cosa: muovetevi ad andarvene, non preoccupatevi di me e Cas. E... Sam...» senza rendersene conto, Sam aveva preso la mano di Gabriel e aveva cominciato a piangere silenziosamente. «Ti amo, non dimenticartelo. Ti amo e non ti lascio. E morire con te vicino è quasi accettabile». Sam, in singhiozzi, si piegò su di lui e lo baciò facendo toccare appena le loro labbra.
«Ti amo anch'io» sussurrò. Nella sua mente affiorarono le parole “Father, into your hands I commend my spirit2”, che aveva sentito chissà dove, chissà quando. Cadde in ginocchio, col viso nascosto tra le mani.

«Cas».
«Dean...»
«Cas, ti porto via da qui, andiamo...»
«No, Dean. Limitati ad ascoltarmi, per ora.» l'angelo incatenò gli occhi verdi dell'altro ai suoi, per essere sicuro che Dean stesse ascoltando. «Non sto morendo, sto solo... tornando in Paradiso. Non so quanto tempo mi ci vorrà per tornare. Non voglio che tu rimanga qui a guardarmi, sembrerà... sembrerà che stia morendo, Dean. Non mi porterò dietro anche il mio tramite...3 Non dire di sì a Michele, o tutto questo sarà vano. Gabriel è appena morto, pensa a portare via Sam. Stagli vicino...» “Chi starà vicino a te?” pensò l'uomo. «Io starò bene, Dean, te lo prometto. Tornerò presto, presto, appena potrò. Sai, mio padre non è ingiusto, avevo pensato che mi avesse abbandonato... ma non era vero. Ci sono degli angeli che meritano di morire, te ne sarai reso conto anche tu, e ci ricadiamo sotto tutti quanti. Ora vai, Dean».
«Cas... io... Cas...» balbettò Dean, impaurito. Castiel sorrise, accarezzandogli una guancia. Si fece coraggio e gli baciò la punta del naso, vedendo affiorare nuove lentiggini. «Lo so, Dean».
Una sola lacrima trasparente attraversò il volto del cacciatore mentre si girava, e improvvisamente le cicatrici smisero di bruciare.

Sam sentì una mano che gli si posava sulla spalla e saltò su, allarmato; poi vide che era solo suo fratello con un sorriso triste in volto, che gli tendeva la mano. Si asciugò le lacrime e la prese, rialzandosi. Dean gli passò un braccio intorno alla schiena, cercando di sostenerlo.
«Andiamo, fratellino».



1= Farisaico: che si considera più giusto e virtuoso degli altri, che ha una morale ristretta; bigotto, moralistico. (da Garzanti on-line).

È la parola che traduce meglio self-righteous, contenuta in alcuni versi di Chop Suey.

2= Il Vangelo di Matteo dice “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Praticamente, è la traduzione inglese – anche questa in Chop Suey.

3=Un biscottino per chi ha riconosciuto la mezza citazione del Piccolo Principe, quando parla con il Narratore poco prima di farsi mordere dal serpente.

   
 
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