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Autore: Mak_Virgy    09/07/2014    1 recensioni
Kise vede Aomine scontrarsi con Haizaki dopo la partita.
«Kise era in piedi dietro l’angolo. Doveva aver visto. Doveva averlo visto prendere a pugni quello stronzo. Grandioso.
Aomine infilò le mani in tasca, mise su la solita aria annoiata e gli si avvicinò.
Solo dopo qualche passo si accorse che Kise stava piangendo.»
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aomine fissò Haizaki steso a terra, poi si guardò intorno per controllare che non ci fosse nessuno. 

Ma qualcuno c’era.

Kise era in piedi dietro l’angolo. Doveva aver visto. Doveva averlo visto prendere a pugni quello stronzo. Grandioso.

Aomine infilò le mani in tasca, mise su la solita aria annoiata e gli si avvicinò.

Solo dopo qualche passo si accorse che Kise stava piangendo.

Immobile, se ne stava lì con lo sguardo fuori fuoco e le lacrime che gli rotolavano sulle guance. 

Senza pensarci, Aomine allungò una mano e lo toccò. Il palmo di Kise era molto più morbido del suo. Si chiese se usasse una crema, una di quelle poltiglie alla frutta per cui faceva la pubblicità. Più quella roba aveva profumi rivoltanti, più a Kise piaceva.

“Sembri una fottuta ragazzina, qui in piedi a piangere” gli disse. Ma lo disse piano, stringendogli un poco le dita fredde. 

Kise parve accorgersi solo in quel momento della sua presenza. Lo guardò allargando gli occhi.

“Aominecchi…”

“Cosa ci fai qua?” chiese Aomine, senza smettere di tenergli la mano, senza smettere di disegnargli col pollice piccoli cerchi sulla pelle.

Kise non rispose.

“Pensavo fossi in giro a festeggiare con la squadra” aggiunse. “Bella partita, a proposito.”

Il riferimento alla partita sembrò scuoterlo. “Grazie” disse, abbassando un poco quegli occhi enormi, liquidi, per fissarli sulle dita scure di Aomine che si intrecciavano alle sue. 

“Allora?” chiese di nuovo Aomine, sempre piano, come se parlasse a un bambino spaventato. “Cosa ci fai qua?”

“Non lo so. Avevo bisogno di un po’ d’aria. E poi vi ho visti. Tu e Haizaki” rispose Kise.

La mano di Aomine si fermò.

“Gli hai dato un pugno” proseguì Kise, sollevando il mento per guardarlo in faccia. 

“Beh, quel coglione se l’è meritato” disse Aomine. “Aveva idee strane per la testa.”

“Voleva venire a cercarmi?” chiese Kise.

“Forse” rispose Aomine, distogliendo lo sguardo. Si sentiva ridicolo e fuori posto lì al buio, con quella mano liscia nella sua, eppure non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte.

“Hai difeso me e Kurokocchi” continuò Kise. “È stato bello. È bello sapere che siamo ancora amici, Aominecchi.”

“Come sarebbe a dire ‘ancora amici’? Certo che siamo amici, femminuccia” rispose l’altro.

Cercò di stamparsi in faccia il suo miglior sorriso storto, di recuperare il tono sbruffone, ma tutt’e due le cose gli riuscirono a metà.

“Davvero?” chiese Kise.

“Certo, davvero. Cosa pensavi?” 

Kise fece per rispondere, poi si bloccò, voltando la testa di lato per nascondersi dietro la frangia spettinata. 

Sembrava davvero una ragazzina timida, pensò Aomine. Una ragazzina muscolosa di un metro e novanta. A volte Kise era troppo bello per il suo stesso bene. Allungò l’altra mano per giocherellare con il suo orecchino. 

“Dovresti smetterla di andare in campo con questa roba addosso” gli disse. “Prima o poi qualcuno potrebbe strappartelo.”

“Kasamatsu sarebbe d’accordo con te” rispose Kise, senza voltarsi.

Le dita di Aomine sul suo orecchio erano calde e ruvide, ma di un ruvido piacevole da sentire. Kise sentì che gli si arrossavano le guance, e non per il freddo.

Aomine ridacchiò, avvicinando il viso a quello di Kise, per spingerlo a guardarlo negli occhi. “Che cosa pensavi?” chiese di nuovo.

“Niente, solo che… tu e Kurokocchi siete rimasti amici anche… beh, insomma, lo so che Kurokocchi è speciale per te. Di me non sapevo quanto ti importasse dopo la nostra partita.” 

Ecco, l’aveva detto. Aveva praticamente ammesso di essere geloso di Kuroko. Patetico. Ora Aomine si sarebbe messo a ridere, l’avrebbe liquidato con una battuta sprezzante e se ne sarebbe andato. Di nuovo.

“Tetsu?” chiese invece, sinceramente sorpreso. “Che c’entra Tetsu? Certo che è speciale per me, era la mia ombra. Ma tu...” aggiunse, facendosi ancora più vicino, tanto che Kise poteva sentire il suo respiro scaldargli il collo. “Tu non sei Tetsu.”

“Lo so” rispose Kise, mentre un peso gelido gli schiacciava il petto.

“No che non lo sai” disse Aomine. “Tetsu è Tetsu. Quello che avevamo è finito, ma sono contento di averlo ritrovato. Lui e quell’idiota di Kagami mi hanno ricordato cosa vuol dire giocare a basket. Ma tu. Tu sei…” proseguì, e scostando i capelli dalla fronte di Kise gli poggiò un bacio lievissimo sulla fronte.

Le labbra di Aomine erano fresche e leggere, eppure Kise sentì la pelle scottare comunque. Guardò Aomine negli occhi e vide un blu così profondo che il cielo sembrava pallido al confronto. Biasimò i manga delle sue sorelle per avergli fatto venire in mente un’immagine così imbarazzante, ma per quanto si sforzasse non riusciva a trovarne una migliore. Anche perché gli occhi di Aomine non erano solo profondi ma quasi ipnotici, e sempre più vicini. Poteva quasi contarne le ciglia…

“Oi, Kise, sei qui!”

La voce di Kagami arrivò come il martello di Thor a infrangere l’irrealtà di quel momento. 

Kise e Aomine si voltarono di scatto verso le porte ancora illuminate. Kagami veniva a grandi passi verso di loro, con la sua miglior espressione di entusiasmo sulla faccia.

“Kuroko, l’ho trovato!” gridò verso una sagoma scura che risultò essere Kuroko.

“Toh, c’è anche Ahomine” aggiunse poi, fermandosi davanti ai due con aria soddisfatta. 

“Kise-kun, Aomine-kun” salutò Kuroko, raggiungendoli. “Stavamo cercando Kise-kun per congratularci con lui. Ha giocato una partita davvero eccezionale.”

“Altroché!” disse Kagami, ridendo. “Non poteva lasciar vincere quel ridicolo scopiazzatore, no Kise?”

Kise sorrise a sua volta. “Certo che no. E poi avevo una promessa da mantenere.”

“Esatto” rispose Kagami, con un ghigno. “Ora la semifinale sarà un affare tra Seirin e Kaijo.

La prospettiva sembrava metterlo estremamente di buon umore.

“Avanti, andiamo a mangiare qualcosa. Muoio di fame!” aggiunse poi, avviandosi verso l’uscita.

“Tu muori sempre di fame, Kagami-kun” disse Kuroko, voltandosi per seguirlo, ma non prima di aver posato il suo sguardo placido su Aomine, che ancora non aveva aperto bocca. “Aomine-kun, Kise-kun, volete unirvi a noi?” chiese.

“Bakagami” borbottò Aomine. 

Kise lo guardò per un momento, cercando di riordinare i pensieri mentre uno stormo di farfalle gli svolazzava nello stomaco (ancora quei maledetti manga. Li avrebbe bruciati tutti, dal primo all’ultimo). Era sempre lo stesso Aomine. Sciocco, impulsivo, presuntuoso, irraggiungibile. Ma in quel momento gli parve solobellissimo.

“Andiamo, Aominecchi” gli disse.

Aomine ricambiò lo sguardo, e Kise pensò che non aveva mai visto tante stelle.

 
   
 
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