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Autore: DorotheaBrooke    09/07/2014    5 recensioni
Ho provato a immaginare cosa avrebbe scritto Loki nel proprio diario a seguito degli eventi di "The dark world", riportando le riflessioni sulla morte di Frigga e la temporanea alleanza con Thor. Ho tentato di usare uno stile un po' "farneticante", che si addicesse al personaggio.
[Partecipa al contest "caro diario" indetto da Lady.EFP sul forum di Efp]
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Loki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Scritto ascoltando questo https://www.youtube.com/watch?v=y3nnAGMj7yY

Caro diario,
non credevo che sarei tornato a scrivere queste due, semplici parole. Patetico. Da bambino ero solito riversare la mia frustrazione sulla pagina vuota,  lasciando che il nero dell’inchiostro corrompesse il candore della carta candida, come faceva il rancore con la mia anima.
Tempi lontani. Un’altra vita. Un altro me stesso.
 
Forse compiendo ancora questo gesto un tempo familiare, riuscirò a trovare il senso di ciò che ho vissuto e sofferto.
Mi illudo. Le memorie, l’amore, l’odio non hanno importanza. La mia stessa esistenza non ha significato.  
 
Farneticazioni. La mia mano scorre animata da una volontà propria. Traccia parole in un inchiostro sempre più rosso. È un fiume di sangue, in cui mi sembra di annegare.
 
Persa, morta.
Perché proprio lei?
Lei, misericordiosa. Lei, dolce. Lei, innocente.
 
Perché proprio io?
Sono bastate poche, semplici, infami parole pronunciate dalla mia bocca abominevole. Non credevo di star firmando la sua condanna.
 
Madre mia, se tu fossi qui, se le tue dita gentili potessero sfiorare il mio volto, chiederei la tua assoluzione. Vaneggio.  Come potresti concedermi la tua pietà, se neanche io riesco a perdonare me stesso?
 
Il solo fuoco che brillava contro l’oscurità che avanza nella mia mente. La mia sola speranza. Io stesso vi ho messo fine. Osservo le mie mani. Rimangono ostinatamente pallide e bianche. Eppure è proprio su queste dita mostruosamente lattee che ricade il suo sangue.
 
Mio caro diario, se tu potessi parlare, me lo diresti? Mi faresti sapere come ci si sente ad appartenere a un vile, patetico omuncolo come me?
 
Tuttavia è venuto da me. Il grande e potente figlio di Odino. Ha chiesto il mio aiuto per conseguire la vendetta, il cui dolce sapore avrebbe stordito le coscienze sudice di entrambi. Quale demone l’ha posseduto per spingerlo a compiere un atto così sconsiderato?  Una parte di me lo derideva e lo scherniva. Un’altra gridava per la gioia e il sollievo. Penoso. Dopo tutto ciò che ho compiuto, in me c’era ancora il desiderio di poter stare accanto a mio fratello e recargli aiuto. E io gliel’ho servito il soccorso che mi chiedeva - in una coppa avvelenata. Secoli di vita assieme e lo sciocco non ha ancora imparato nulla. E’ stato quasi doloroso trattenermi dal beffeggiarlo, mentre urlava come un povero demente, stringendo quello che avrebbe dovuto essere il mio cadavere. E’ stata dura non canzonarlo, mentre si allontanava con un’espressione grave in volto insieme alla sua preziosa, fragile umana. Eppure quando finalmente ho aperto la bocca per liberare la risata troppo a lungo trattenuta, solo un urlo intollerabile è sgorgato dalle mie labbra.
 
Caro diario, chi è la persona che macchia ora le tue pagine di un inchiostro più rosso del sangue? Dov’è il bambino che piangendo cercava conforto, sprofondando nel tenero abbraccio della madre? Forse non è mai esistito. Forse quella creatura delicata e innocente era solo un imbroglio, un’ombra su un muro. Un’illusione, con la quale sono riuscito a ingannare anche me stesso.
 
In fin dei conti, Odino, aveva ragione.
Ovunque io vada, c’è distruzione e morte.
Ovunque io vada, qualcuno che amo soffre.
 
Ora so chi sono.
Ora so cosa devo fare.
Dopo tanto tempo, non ho più dubbi.
 
Sì, Odino aveva davvero ragione.
Io sono il mostro da cui i bambini vanno messi in guardia quando giunge la notte.
 
  
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