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Autore: L Change the World    09/07/2014    2 recensioni
[ElliotxLeo]
Dal testo:
“Non startene là a far niente e vedi di sbrigarti.” gli ordinò Elliot con una voce già leggermente stizzita perfino di prima mattina.
“Sbrigarmi?!” Appena alzato, Leo era incapace perfino di distinguere un corvo da una scrivania, figurarsi se avesse avuto anche solo la forza di scendere dal letto!
“Sì, esatto, hai capito bene!”
“E per andare dove, sentiamo...”
Elliot si girò verso di lui, sfoderando un ghigno che non presagiva nulla di buono. “Andiamo al mare!”
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Elliot Nightray, Leo Baskerville
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Leo stava dormendo, semplicemente. Non era uno di quei sonni leggeri ed inquieti, che basta un misero cigolio del parquet per mandare a quel paese ogni tuo tentativo di addormentarti in modo decente, al contrario.

Precisamente, Leo stava sognando, e, come se non bastasse, il principale oggetto del suo sogno era nient’altri che Elliot Nightray. Il suo padrone gli tendeva la mano, lo attirava a sé afferrandolo per la manica con quel suo modo di fare brusco, eppure così sicuro e rassicurante, e un secondo dopo i loro visi erano uno di fronte l’altro, i loro nasi quasi si sfioravano, il cuore di Leo stava per esplodere, e intanto Elliot si avvicinava di più, sempre di più, finché...

... Finché un fascio di luce accecante non colpì in pieno le palpebre ancora chiuse del moro, accompagnato dal classico, inevitabile, odiosissimo rumore delle tende di velluto che vengono scostate senza troppa delicatezza. Il ragazzo si alzò a sedere, afferrando con gesto meccanico gli inutili quanto enormi occhiali e sistemandoseli sul naso.

“Buongiorno anche a te, Elliot...” mormorò con voce impastata, rivolgendosi ad un Elliot che a malapena lo aveva degnato di uno sguardo e che adesso, finito di scostare le tende, si accingeva a spalancare la grande porta-finestra della sua camera per far entrare la fresca brezza mattutina di una tipica giornata di Luglio.

“Non startene là a far niente e vedi di sbrigarti.” gli ordinò Elliot con una voce già leggermente stizzita perfino di prima mattina.

“Sbrigarmi?!” Appena alzato, Leo era incapace perfino di distinguere un corvo da una scrivania, figurarsi se avesse avuto anche solo la forza di scendere dal letto!

“Sì, esatto, hai capito bene!”

“E per andare dove, sentiamo...”

Elliot si girò verso di lui, sfoderando un ghigno che non presagiva nulla di buono. “Andiamo al mare!”

Ricevere una pugnalata dritta al cuore sarebbe stato meglio.

“C-Cosa?” balbettò Leo, precipitandosi fuori dalla sua stanza per seguire il suo padrone, che intanto aveva assunto un’aria indaffarata e stranamente frettolosa.

“Possibile che ti debba sempre ripetere le cose due volte?!”

“Primo: da dove spunta fuori tutta questa improvvisa voglia di mare da parte tua?! Secondo: perché mai dovrei venire con te? Odio l’acqua salata, odio la sabbia, odio il sole, odio quei dannatissimi bambini che frignano dalla mattina alla sera con quelle loro vocette stridule! E poi...” E poi si sarebbe dovuto togliere gli occhiali, e quello era decisamente fuori questione. “Ah, lasciamo perdere...”

“Andiamo, Leo, lasciati andare per una volta!”

“Nient’affatto. Non verrò mai e poi mai, e non tentare di convincermi!”

Elliot si fermò di colpo in mezzo al corridoio, rischiando che Leo gli finisse addosso, poi si voltò verso di lui, gli mise entrambe le mani sulle spalle e gli sussurrò, con la voce più suadente che riuscì a tirare fuori:”Non lo faresti nemmeno per il tuo padrone?”

Leo sentì le guance prendergli fuoco vedendo quel sorriso disarmante a pochi centimetri da lui illuminare il volto del biondo, e per un attimo la sua mente vacillò.

“NO!” quasi gridò poi, facendo alzare gli occhi al cielo ad un Elliot la cui pazienza era andata a farsi benedire da tempo “No, no e ancora no! Negativo! Tu al mare ci vai da solo!”

“E va bene, va bene, ho capito!” disse Elliot, agitando la mano come per liquidarlo “Raggiungerò Vanessa, Ernest e Claude, mentre tu rimarrai a casa a marcire!”

“Con molto, moltissimo piacere.”

E fu così che Leo si ritrovò a guardare dalla finestra i tre fratelli, muniti di borse e borsette di ogni forma e dimensione, caricare il necessario su due delle tante carrozze dei Nightray, vestiti con i loro completi più leggeri e camminando con la loro solita postura impettita tipica dei signori d’alto lignaggio.

In cuor suo, Leo avrebbe voluto raggiungerli, anzi, avrebbe voluto raggiungerlo, dal momento che in quella famiglia l’unico a ricevere la sua attenzione era quel ragazzo così scorbutico, così antipatico, così dannatamente sexy di nome Elliot. Ma non poteva rischiare di farsi notare così tanto, insomma, in spiaggia non sarebbe mai passato inosservato, con quella chioma corvina lunga fino alla vita, quella pelle pallida e delicata, quei suoi occhiali e quella lunga frangia che nascondeva in modo impeccabile i suoi occhi violacei. No, non avrebbe sopportato di passare una giornata in quel modo. Non poteva, semplicemente. Non...

In un battibaleno, Leo fu nella sua stanza, mettendo alla rinfusa gli unici abiti decenti che avesse dentro l’armadio in uno zaino sdrucito, dopodiché svoltò l’angolo, attraversò il corridoio, volò giù per le scale rischiando di cadere a faccia avanti e, con il fiato grosso, si ritrovò a battere contro la carrozza sulla quale era appena salito il suo padrone.

“Elliot, aspetta!” gridò, attirando l’attenzione del biondo “Vengo anche io.”

La tendina della carrozza si spostò di lato, rivelando la faccia di Elliot che, vedendolo conciato in quel modo, sudato e con uno zaino che non aveva mai visto prima di sbieco su una spalla, non poté fare a meno di sbottargli a ridere in faccia.

“Com’è questo repentino cambio d’idea?”

“Beh, sono pur sempre il tuo servitore, è mio compito stare al tuo fianco ovunque tu vada.”

Prima che Leo potesse cambiare idea e rifugiarsi in biblioteca (coma una parte del suo cuore ancora desiderava), il moro si ritrovò in viaggio assieme ad Elliot sulla carrozza.

Cercando di mantenere la mente lucida (‘Siamo da soli, qui dentro, fa caldo, mantieni la calma Leo’), riuscì soltanto a dire:”Allora, dov’è che andiamo?”
“Davvero pensavi che una famiglia come i Nightray non avesse nemmeno una residenza estiva dove passare le vacanze?” rispose Elliot con fare indignato “Beh, ora lo sai.”

“Quanto dista?”

“E’ a due ore da qui, non ci vorrà molto.”

Leo annuì,  ma dentro di sé sentiva crescere l’eccitazione.

                                                                                                 *

La residenza estiva dei Nightray era proprio come Leo se l’era immaginata in quelle due estenuanti ore di viaggio: una piccola villetta in riva al mare, con un giardino curato da chissà quali servitori, due piani con miriadi di stanze da letto e una terrazza dove stendersi la sera ad ammirare le stelle. Sarebbe stato tutto perfetto, se non fosse stato che Elliot non diede nemmeno il tempo al suo servitore di sistemare la sua roba che subito lo trascinò a forza verso la spiaggia.

“Ehi, frena un secondo!” disse Leo, guardando Elliot stendere il suo asciugamano su uno dei lettini più confortevoli “E i tuoi fratelli, dove sono andati a finire?”

“Non li hai sentiti? Sono andati al paese. Beh, in realtà Vanessa li ha costretti per andare a vedere i mercatini, fatto sta che li rivedremo all’ora di cena, sempre che non restino dispersi da qualche parte.”

Il panico. Leo fece finta di restare indifferente di fronte al fatto che, per la secondo volta in quella giornata, Elliot sembrava intenzionato a rimanere solo con lui, come se lo facesse apposta, come se quasi ci si impegnasse.

Il moro si tolse gli occhiali, conscio delle occhiatacce che lo avrebbero fulminato se li avesse tenuti in un posto del genere. Fu difficile, ma alla fine li ripose con cura dentro il suo astuccio, lanciando loro un’ultima occhiata prima di sotterrarli nell’angolo più infimo del suo zaino.

Non appena rimase in costume, Leo fu certo di una sola cosa: doveva entrare in acqua. Assolutamente. Là non lo avrebbe notato nessuno, il suo corpo rachitico sarebbe stato nascosto dalle onde, almeno il necessario affinché nessuno lo fissasse con aria miserevole. L’acqua era fredda, ma si abituò, e ben presto, come egli temeva, Elliot raggiunse la riva per chiamarlo a sé, attento a non sfiorare l’acqua nemmeno con la punta delle dita per non bagnarsi.

“Volevi il mare?” gli chiese Leo, e con le mani a coppa raccolse una quantità d’acqua tale da infradiciare il biondo dalla testa ai piedi, facendolo sussultare per la sorpresa e sì, soprattutto per il freddo “Eccotelo servito, mio amato padrone.”

“Questa me la paghi!” gridò Elliot, tuffandosi in acqua per raggiungere un Leo che, intanto, si accingeva a scappare dalle grinfie del suo padrone mezzo infuriato.

Il moro doveva aver preso male le misure, perché, prima che potesse rendersene conto, due mani lo afferrarono alle spalle e lo fecero affondare nell’acqua limpida. Tenendo gli occhi chiusi, Leo si divincolò, sentendo i suoi capelli solleticargli il petto, fino a quando non fu libero di nuotare lontano da Elliot e di risalire in superficie.

Quando finalmente riuscì a prendere aria, Elliot lo aveva raggiunto. Logico, aveva le gambe più lunghe, aveva più muscoli, non poteva competere contro di lui, non dentro il mare, perlomeno.

“Guarda cosa mi hai fatto fare, adesso sono tutto bagnato, ed è tutta colpa tua!” sbraitò Elliot, anche se non vi era traccia di cattiveria nella sua voce troppo alta.

“Oh, ma davvero? Povero, piccolo Elliot, adesso come farà?”

Elliot gli rivolse uno sguardo vendicativo prima di schizzarlo a sua volta, irritandogli gli occhi a causa del sale. “Questo è per quello che mi hai fatto prima!”

“Ah sì?”

Leo si slanciò contro il suo padrone, spingendolo verso il basso mentre questi cercava di liberarsi dalla sua stretta. Quando il moro lo lasciò per nuotare via, però, due mani lo abbracciarono da dietro, posandosi sul suo addome e sul suo petto pressoché scheletrico, avvolgendolo con il loro calore e la loro familiarità. Il cuore di Leo perse un battito prima di riacquistare quel poco di ragione che ancora gli apparteneva e di girarsi verso Elliot in modo da averlo di fronte.

Stavano lottando dentro l’acqua per una futile, stupida litigata, eppure Leo non aveva mai provato niente del genere. I gesti di Elliot, di solito implacabili, erano tutt’altro che violenti, al contrario sembravano afferrarlo, spingerlo, attrarlo contro di sé con tutta la dolcezza e la delicatezza di questo mondo.
Mentre Leo elaborava pensieri del genere, non si era accorto di essere di nuovo tornato a respirare, ma si stava ancora dibattendo, ora cercando di affogare Elliot, ora lasciandosi affogare a sua volta.

Fu quando tornarono entrambi in superficie (entrambi vivi) che Elliot lo prese per le braccia e, senza nemmeno un minimo di esitazione, lo baciò.

Sì, esatto, lo baciò, e Leo smise di divincolarsi perché, era ovvio, stava sognando di nuovo, come uno di quei sogni che faceva ogni notte. Ma più le labbra di Elliot premevano contro le sue, più il ragazzo si rendeva conto che forse non era del tutto irreale, che forse stava accadendo davvero. Così chiuse gli occhi, rilassò le spalle fino ad allora al massimo della tensione, abbandonandosi al sapore salmastro ma assolutamente irresistibile di quella bocca che aveva bramato da anni.

Elliot si divise da lui, giusto alla distanza necessaria per guardarlo con un misto di colpevolezza, desiderio e preoccupazione, come se si aspettasse di venire insultato da Leo per quel gesto folle e assolutamente inaspettato. Ma si sbagliava, si sbagliava di grosso.

In un attimo, le mani di Leo circondarono il suo viso, il suo pollice che percorse il labbro inferiore e sottile di Elliot come fosse una carezza prima di tornare a baciarlo, stavolta con più foga, allungandogli le braccia attorno al collo quasi per tenerselo stretto e non farlo scappar via di nuovo. Le mani del biondo indugiarono sui suoi fianchi stretti, fragili, ma poi li attirò sempre di più a sé, sotto l’acqua, fin quando non fu abbastanza sicuro per tirarlo su e permettere alle gambe sottili ed agili del suo servitore di allacciarsi e circondare il suo corpo.

Si  baciarono ancora, e ancora, mentre il sapore del sale inondava la bocca di entrambi, mentre la lingua di uno si insinuava tra le labbra dell’altro, fino a che separarsi fu materialmente impossibile. Ma tutto ciò non poteva durare in eterno, perciò di lì a poco furono costretti a separarsi di nuovo, per riprendere fiato e per guardarsi, come se nessuno avesse mai davvero notato l’altro per tutto il tempo che avevano passato insieme.

“Dovremmo uscire, non credi?” chiese Elliot, i suoi occhi che ancora indugiarono sulle labbra di Leo.

“Sì... Sì, dovremmo uscire.” Nessuno dei due di mosse fino a quando l’infallibile buonsenso di Leo non gli suggerì di prendere per mano il biondo, di intrecciare le sue dita con le proprie e di guidarlo verso la riva.

Si sdraiarono sul bagnasciuga, su un asciugamano grande il triplo di quelli normali, abbastanza da contenere entrambi, e Leo si accorse che quella poca gente che frequentava quel pezzo di lido evidentemente riservato ai nobili si stava diradando. Restarono al sole per un po’, con Elliot che intanto aveva abbandonato la sua mano destra sul petto ancora ansimante del suo servitore, come per sentire la sua presenza, come per sapere che era lì, accanto a lui, e che non se ne sarebbe andato per nessuna ragione.

“Elliot.” disse Leo, dopo quegli imbarazzanti quanto insopportabili attimi di silenzio.

“Mh-mh?”

“A cosa stai pensando?” Nel momento in cui il moro pronunciò quelle parole, si maledì da solo invocando tutti i santi esistenti al mondo. In quel lasso di tempo in cui entrambi erano rimasti a fissare il cielo privo di nuvole si era preparato un mezzo discorso da fare al suo padrone a proposito di quanto era accaduto in acqua, chiedendogli se il loro rapporto era in qualche modo cambiato dopo quel lungo bacio. E invece puf! quel poco di ragione che ancora permaneva nella mente di Leo si era ufficialmente estinta nel momento in cui aveva pronunciato quella domanda perfettamente idiota.

“A cosa sto pensando, dici?” In un attimo, Elliot alzò la testa, poggiandola su un gomito e voltandosi a guardarlo con quegli occhi che sprizzavano scintille. Poi, con uno scatto degno di un felino, Leo si ritrovò il biondo sopra di sé, le sue braccia lunghe e tese ai lati della sua testa come ad ingabbiarlo a terra “Sto pensando a quanto sono stato stupido a non avertelo detto prima.”

“Detto... cosa?”

“Che io... Che io...” Le labbra di Elliot si strinsero, il suo sguardo si abbassò, come se faticasse ad ammettere ciò che stava per dire, come se gli costasse un qualche sforzo che però era deciso ad ignorare “Che io ti amo con tutto me stesso, zuccone.”

Il petto di Leo faceva fatica ad alzarsi e riabbassarsi, adesso, forse perché non riusciva a stare al passo con il suo cuore che si era messo a martellare e scalpitare senza pietà. Il moro si alzò sul gomito, mentre l’altra mano si posò sulla guancia bollente di Elliot e lo avvicinò al viso per permettergli di baciarlo di nuovo, con trasporto, e in quell’istante Leo pensò che mai, per nessuna ragione al mondo, si sarebbe stancato di quei baci.

“Devi per forza insultarmi anche mentre confessi che mi ami?” gli chiese poi con voce malferma, ridendo istericamente.

“E tu devi per forza essere così petulante perfino dopo che ho detto la prima cosa dolce della mia vita?”

“Sei davvero senza speranza, Elliot Nightray...”

Elliot alzò lo sguardo sulla tenuta estiva della sua famiglia, a pochi passi dalla spiaggia dove si trovavano ora, in una posizione non proprio casta, ecco, e le sue sopracciglia si alzarono impercettibilmente. “Tò guarda, i miei fratelli stanno rientrand...”

Prima che potesse anche solo fare un altro respiro, Leo rotolò da sotto Elliot, atterrando disastrosamente sulla sabbia e impiastrandosi dalla testa ai piedi. “Ci hanno visto? Oh, Dio, lo sapevo...”

“E se anche fosse?” chiese Elliot, alzandosi e cercando di rimuoversi la sabbia dalle mani, il tono di voce perfettamente calmo.

Se anche fosse? Hai idea di cosa avrebbero pensato se ci avessero visti stesi in quel modo così... così...”

“Ok, tralasciamo i dettagli.”

“Già mi detestano, e penso che dopo questa mi avrebbero ufficialmente messo alla forca!”

“E io glielo avrei impedito.” Elliot gli posò un piccolo bacio sul naso prima di indaffararsi per ripiegare i teli e raccogliere gli zaini “Ora andiamo, non vorrei che si arrabbiassero vedendoci ancora in giro.”

Leo lo seguì a ruota, rimettendosi i suoi amati occhiali e lasciando che Elliot gli prendesse la mano mentre si avviavano verso la piccola villetta. E quando le sue dita si intrecciarono a quelle del biondo, ebbe la netta sensazione che quel bacio sarebbe stato soltanto l’inizio di qualcosa che, forse, dentro il cuore di entrambi, era sempre esistito.
 




Angolo autrice:

(Sono appena uscita da un blocco dello scrittore durato mesi, abbiate pietà di me per questa schifezza madornale sottospecie di storiaschifo.)
Ebbene sì, sentivo la mancanza di scrivere su PH, per vostra sfortuna *risata demoniaca*, ma ancora di più sentivo l’urgente bisogno di scrivere una Elleo, e dato che è estate mi sono detta:”Ehi, perché non ambientarla al mare?”
E dopo questo “Angolo autrice” perfettamente privo di senso, spero che questa storia non vi abbia fatto così tanto ribrezzo e che vi abbia strappato un mezzo sorriso *si ripara dai pomodori che le arrivano in faccia*
Cià!
L.
  
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