Se oltrepassi il primo capoverso, puoi sentire i miei mugolii. Mi stiracchio nel letto e mi metto a sedere, mentre un’ampia digressione ti descrive il mio aspetto corrucciato, il mio corpo asciutto e il mio carattere di persona decisa e forte. Ti senti avvampare, lettrice. Ti sei chiesta sino ad ora chi fossi e la risposta è già parzialmente sulle tue labbra. Ti manca il punto alla fine della frase, per pronunciare il mio nome e sentirti morire: Ichigo Kurosaki. Mantieni la calma, non c’è bisogno di urlare.
Serra le labbra e non fiatare, quando mi alzo in piedi e lascio scivolare le lenzuola sulla pelle. L’autore ti dice che ho un bell’aspetto, ma tu non dirmi niente e continua a leggere.
Passo un dito nell’elastico dei pantaloncini e ti sporgi in avanti. Rassegnati, lettrice. Non vedrai niente sino a quando l’autore lo riterrà opportuno.
Io voglio uscire dalla stanza, ma la storia mi trattiene qui. Nella prossima frase sentirai un rumore e insieme a me, volgerai lo sguardo verso l’armadio. L’anta si apre di scatto e lei fa capolino con la testa. Quando l’autore decide di spiegare perché una persona vive nel mio armadio, tu leggi senza interesse. La tua mente è altrove. Pensi un po’ alla mia espressione assente e un po’ all’ospite dell’armadio. Tu sai chi è lei, conosci ogni dettaglio della sua storia e della sua vita. Anche quando il suo nome viene svelato, finisci per ridere e pensi che l’autore ci arrivi troppo tardi, che tu già sai che lei è Rukia Kuchiki e che vive nel mio armadio da due mesi.
« Ohi, buongiorno. » Le dico piano, ancora assonnato. Tu non ci badi molto, perché ritieni che la mia voce sia bella anche se impastata.
« Ohi, dormito bene? » Mi domanda Rukia. Difficile spiegare cosa provi. Una parte di te la detesta, perché può vivere nella mia camera, perché tu sei confinata alla pagina bianca e perché io passo più tempo con lei che con te. L’altra parte invece la rispetta e l’apprezza. So bene che nelle tue fantasie sogni di vederci insieme, magari avresti sperato che lei si fosse risvegliata nel mio letto, piuttosto che nell’armadio.
La storia prosegue. L’autore ti riempie la pagina di dialoghi e di piccole descrizioni, ma tu non ci fai caso. Io tuoi occhi scorrono in velocità le parole e cercano qualche frase che possa compromettermi. Speri in un cenno di dolcezza, in qualche gesto d’amore nei confronti dell’abitante dell’armadio. Eppure strabuzzi gli occhi quando leggi la mia ultima esclamazione.
« E’ tardi, vado a lavarmi. » Rimani incredula. Non capisci come io possa scegliere di andarmene e di lasciare così la storia. Tiri su col naso, respiri profondamente e pensi alla tua piccola consolazione. Hai visto che il narratore mi segue sempre e tra qualche riga potrai vedermi da solo in bagno. Magari nudo, magari bagnato, magari sognante.
Fremi con impazienza e le tue dita tremano sul mouse. Fai con calma, abbassa la schermata piano piano. Non c’è fretta, io sono ancora nel corridoio.
Sfilo accanto alle camere dei miei parenti e preghi in silenzio che nessuno si affacci, che nessuno ostacoli la strada tra me e il bagno. Sei fortunata, lettrice. Arrivo alla porta senza aver incontrato nessuno. Tendo la mano, afferro la maniglia e spingo in avanti. L’autore vuole descriverti l’arredamento del bagno, ma tu lo mandi al diavolo e voli di tre frasi. Forse anche di quattro.
Mi osservi compiaciuta e baldanzosa, mentre varco la soglia. Qualcosa, però, delude le tue aspettative. La porta si chiude alle mie spalle e tu rimani fuori, nel corridoio.
« Dannate Fangirl. » Mi senti borbottare e non puoi che rispondere
« Dannato autore, mi ha lasciato fuori. »
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