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Autore: ShadowFeanor    29/08/2008    6 recensioni
Megu desidera sempre la morte, una morte che Suigintou non le vuole dare, ma alla quale può portare un gesto d'affetto male interpretato...
Genere: Malinconico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Megu Kakizaki, Shinku, Suigintou, Suiseiseki
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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La Morte di un Angelo

 

Quel giorno il sole risplendeva più del solito.

 

Una cosa non proprio gradita a Suigintou, sempre abituata a vivere nel buio.

 

Come ogni altro giorno era seduta sulla finestra dell’ospedale, mentre guardava Megu, la quale si era appena addormentata.

 

Come sempre avevano parlato tra di loro, ma quella volta le parole che si erano scambiate poco prima continuavano a rimbombarle nella mente.

 

“Chissà quanti bei posti hai visto. Con quelle ali di sicuro avrai avuto la possibilità di viaggiare per il mondo…”

 

“Non mi sono mai interessata al luogo dove mi trovo. Ogni volta che mi sveglio l’unica cosa che mi importa è combattere.”

 

“Dicono che ci siano certi posti bellissimi, direi magici. Italia, Grecia, Spagna, Cina, Stati Uniti… centinaia di nazioni una più bella dell’altra. Tu sei mai stata in Brasile?”

 

“Brasile?”

 

“Si, Brasile. Sembra che il Brasile vanti ottimi calciatori, però ci sono un sacco di altre cose da vedere…”

 

“Non so nemmeno dove si trovi. Non sono certa nemmeno di sapere dove sono ora…”

 

“Sai, mi piacerebbe così tanto andarci almeno una volta…”

 

“Perché non vai allora? Se ti piace così tanto…”

 

“Per me è impossibile. Chissà, magari stanotte potrei già non esserci più.”

 

“Idiozie. Se sei sopravvissuta finora non vedo perchè tu debba morire. Dovresti solo pensare a rimanere in salute.”

 

“Se potessi andarci vorrei vedere per prima cosa la Statua del Cristo.”

 

La Statua del Cristo?”

 

“Si tratta di una statua gigantesca che ritrae Gesù Cristo ed è stata messa in cima ad un promontorio. Da lì si vede un tramonto che ti toglie il fiato. O almeno è quello che ho sentito dire. Dovresti conoscerlo, visto che sei un angelo.”

 

“Ti ho detto che  NON sono un angelo.”

 

“Lo so. Comunque per me rimani il mio angelo.”

 

Davvero lei era un angelo?

 

Un angelo non poteva far male alle persone.

 

Un angelo non avrebbe ucciso.

 

Un angelo non avrebbe rischiato di strapparle la vita ogni volta che combatteva.

 

Come poteva davvero considerarla un angelo?

 

Per lei, se c’era un angelo in quella stanza, si trattava di Megu, nessun altro.

 

Grazie a lei era cambiata.

 

Aveva iniziato a credere negli altri.

 

Addirittura si era aggrappata ad una menzogna!

 

Una menzogna che l’aveva fatta sperare.

 

Una menzogna che la bambola di Enju le aveva raccontato per spingerla a combattere.

 

Una menzogna grazie alla quale ha creduto di poter salvare Megu dal suo calvario.

 

Quella fu l’unica volta nella sua vita che decise di fare qualcosa per qualcuno.

 

Solitamente faceva tutto solo per se stessa.

 

Fu in quel momento che prese una decisione.

 

Ma non una egoistica, come quella di far diventare Megu la sua Medium, solo per avere più potere.

 

Se doveva essere un angelo lo sarebbe stato, in tutto e per tutto.

 

L’avrebbe protetta, non l’avrebbe più costretta a soffrire, le avrebbe fatto capire che la morte non doveva, non poteva ancora toccarla.

 

Se lei non poteva muoversi l’avrebbe portata via lei, volente o nolente.

 

Chissà, magari l’avrebbe anche portata in Brasile, a vedere la tanto agognata Statua del Cristo.

 

Deciso ciò planò silenziosamente sul letto della ragazza e, prendendole la mano, baciò l’anello della ragazza, liberandola dal suo vincolo.

 

Le ali della bambola solleticarono il viso della degente, che si svegliò.

 

Si stupì di trovarsi Suigintou al suo fianco.

 

Fino a quel momento era sempre rimasta il più lontano possibile da lei, anche quando le chiedeva di avvicinarsi.

 

“Cosa è successo? Vuoi finalmente portarmi via?”

 

“Non ti lascerò morire.”

 

La ragazza si accorse in quel momento che l’anello che fino a quel momento aveva avuto era scomparso.

 

“Sei libera. Non devi più soffrire. Ti porterò via di qui, ma non nel modo che intendi tu.”

 

La bambola volò di nuovo fino alla finestra, ma prima di andarsene disse.

 

“Ora devo andare, ma tornerò domani. Non preoccuparti, andrà tutto bene.”

 

Per la prima volta Suigintou sorrise, ma quello non era uno dei sorrisi malvagi che le apparivano in volto quando combatteva.

 

Quello era un sorriso vero, che veniva dal cuore.

 

Megu si alzò dal letto e si affacciò alla finestra, mentre la prima bambola spariva all’orizzonte.

 

Guardò il suo dito, ormai privo del legame che condivideva con la prima Rozen.

 

Nel guardare la mano il suo sguardo cadde su un vaso di vetro molto sottile, dove, solitamente, le poche persone che venivano di tanto in tanto a trovarla depositavano i loro fiori.

 

Sorrise.

 

Anche lei pensò che sarebbe andato tutto bene.

 

Ma probabilmente non nello stesso modo che intendeva Suigintou…

 

Il giorno dopo la bambola si alzò in volo dalla chiesa abbandonata dove abitava ormai da tempo.

 

Per tutta la notte non aveva fatto altro che adoperarsi per trovare ciò che le serviva ed elaborare un piano di fuga.

 

Si era procurata tutto il necessario per partire lontano e far ricominciare una nuova vita alla ragazza.

 

Naturalmente, vista la conversazione del giorno precedente, prima sarebbero andate a visitare il Brasile.

 

Per la prima volta Suigintou era davvero curiosa di vedere il mondo.

 

Arrivata presso l’ospedale vide Megu affacciata alla finestra.

 

In camera c’era un’infermiera. Avrebbe dovuto aspettare che se ne andasse prima di entrare.

 

Notò con piacere che la ragazza sorrideva mentre lei si avvicinava.

 

Fu un sollievo per lei.

 

Temeva che avesse frainteso il suo gesto.

 

Questo sollievo però si tramutò rapidamente in terrore.

 

Megu aveva qualcosa di luccicante in mano.

 

Qualcosa che sembrava rotto.

 

La bambola ebbe solo il tempo di vedere che il vaso per i fiori non c’era più.

 

Iniziò a volare più velocemente, cercando di fermare la ragazza.

 

Nottetempo doveva aver rotto il vaso, conservandone un solo pezzo.

 

E conoscendola il motivo sicuramente non era innocuo.

 

Infatti, prima che Suigintou potesse avvicinarsi, passò quel pezzo di vetro sulla propria gola, iniziando a sanguinare a fiotti, cadendo all’indietro.

 

L’infermiera corse subito fuori a chiamare aiuto, mentre la prima bambola piombò in camera.

 

Non importava quanto sangue la imbrattasse, cercò in ogni modo di salvarla.

 

Non le importava nemmeno che in quel momento stessero scendendo fiumi di lacrime dai suoi occhi.

 

Al diavolo tutto. Anche a costo di dover sembrare una debole doveva fare qualcosa.

 

Nel frattempo Megu continuava ininterrottamente a sussurrare qualcosa a Suigintou, che però non prestava nessuna attenzione alle sue parole.

 

Ma ogni suo tentativo di fermare il dissanguamento fu vano.

 

Megu smise di vivere dopo aver baciato sulla fronte la sua unica amica.

 

In quello stesso istante la bambola perse ogni speranza di salvarla.

 

Ogni suo freno emotivo si ruppe, lasciandola sfogare in un pianto disperato.

 

Un pianto che non si era mai concessa prima.

 

Quando i medici arrivarono trovarono questo spettacolo ad attenderli.

 

Una ragazza stesa a terra, in un lago di sangue, e sopra di lei una piccola creatura alata che piangeva la sua morte.

 

Suigintou iniziò al librarsi lentamente sotto gli occhi dei presenti.

 

“Voi…”

 

Meimei avvolse con una luce violacea Megu, sollevandola da terra.

 

“Voi…”

 

Senza smettere di piangere la bambola alzò il viso verso coloro che erano accorsi.

 

La sua disperazione iniziò lentamente a tramutarsi in disprezzo.

 

Il volto contratto in una maschera d’odio.

 

Gli occhi rossi, arrossati ulteriormente dal pianto, non trasmettevano altro che rabbia.

 

“Voi… l’avete uccisa! L’avete uccisa ancora prima che iniziasse a vivere!”

 

Quasi senza rendersene conto iniziò la lanciare piume in ogni angolo della stanza.

 

La prima Rozen, più che l’angelo tanto decantato dalla morta, sembrava essere diventata Lucifero in persona, pronto a vendicarsi di ogni cosa.

 

“Non vi perdonerò mai! Vi odio!”

 

La bambola generò una tremenda energia, la quale sfondò la parete della stanza che si affacciava all’esterno.

 

Suigintou volò via, stringendo a se Megu, fino a che non la portò alla vecchia chiesa.

 

Quando finalmente riuscì a comprendere ciò che la ragazza le stava sussurrando, però, non poté fare altro che affliggersi ancor di più.

 

Quelle parole risuonavano nella sua mente, rischiando di farla impazzire.

 

“Grazie Suigintou, grazie a te ho capito che dovevo essere io a togliermi la vita. Un angelo bello e puro come te non può sporcarsi con una nullità come me.”

 

La ragazza aveva frainteso il suo gesto.

 

L’aveva interpretato come un rifiuto della bambola a strapparle la vita, e così se l’era tolta da sola.

 

Suigintou era letteralmente in pezzi.

 

All’improvviso qualcuno entrò dalla porta.

 

Shinku.

 

Qualcosa l’aveva portata ad andare lì.

 

La quinta bambola iniziò a camminare per il santuario, quando, ad un certo punto, iniziò a sentire il pianto della sorella.

 

Cercò di capire da dove provenisse quel lamento, e, arrivata dietro l’altare, vide la prima Rozen.

 

Non fu tanto vedere l’orgogliosa bambola piangere, quanto ciò che vide una volta avvicinatasi a sconvolgerla.

 

Megu, stesa a terra e con la gola lacerata.

 

Solo allora notò che Suigintou era sporca di sangue.

 

“Suigintou…”

 

L’alata non si voltò e disse, con la voce spezzata dalle lacrime.

 

“Vattene via…”

 

“Cosa è successo?”

 

“Ti prego… và via… lasciami sola…”

 

“Suigintou, non sarai stata…”

 

“È… è tutta colpa mia…”

 

Shinku posò una mano sulla testa della sorella, cercando di leggere nei suoi ricordi.

 

Ciò che vide fu una pugnalata al cuore.

 

“Suigintou, non è…”

 

“Ti supplico, distruggimi.”

 

La bambola rossa rimase immobile.

 

Non poteva essere stata lei a chiederle una cosa del genere.

 

Suigintou si alzò, voltandosi verso la sorella.

 

“Non ho più nessun motivo per rimanere in vita! Sono solo spazzatura! Una come me, che non riesce a fare niente di buono neanche a volerlo, non potrà mai essere Alice!”

 

Shinku non riuscì a fare ciò che le chiese la bambola albina.

 

La abbracciò ed iniziò a cantare la canzone che Megu era solita cantare mentre aspettava il suo arrivo.

 

L’aveva imparata quando la Rosa Mystica di Suigintou era entrata in lei.

 

“Non sei sola, ci sono io con te. Vieni con me.”

 

Suigintou non ebbe la forza di opporsi, ma prima volle fare un’ultima cosa per Megu, in quella chiesa, lo stesso luogo dove si erano conosciute.

 

Usando il potere di Meimei la bambola chiuse la ragazza in un cristallo, avvolta dalle sue piume nere.

 

Infine incise su un marmo queste parole.

 

“Qui giace Megu. Un’anima pura alla quale è sempre stata negata l’esistenza. Un angelo caduto per errore dal Paradiso. Un angelo che mi ha salvata dalle tenebre.”

 

Dopo aver fatto ciò Shinku la condusse a casa sua.

 

Come c’era da aspettarsi tutti i presenti non gradirono molto la cosa. Specialmente Suiseiseki, la quale aveva ancora impresso nella mente ciò che la prima bambola aveva fatto alla sua gemella.

 

Per tutta la giornata Suigintou non fece altro che rimanere in silenzio.

 

Non volle nemmeno mangiare, né permise a Nori di lavarle il vestito, lordo di sangue.

 

Quella notte non si addormentò nemmeno. Preferì rimanere fuori casa, ad osservare il nulla.

 

Lo stesso nulla che sentiva dentro.

 

Ad un tratto sentì dei passi alle sue spalle, ma non ebbe bisogno di voltarsi per capire chi era.

 

“Che sei venuta a fare?”

 

“Dovrei chiedertelo io desu. Non ti è bastato tutto quello che hai fatto desu?”

 

“Non volevo venire qui…”

 

“E perché sei venuta desu?”

 

“Non ho avuto la forza di oppormi… ormai… non mi importa più di niente…”

 

“Come desu?”

 

“Ti importerebbe più qualcosa se il mondo che conosci venisse cancellato davanti ai tuoi occhi? Vorresti continuare a vivere nonostante tutti coloro che ami non ci siano più?”

 

“Che significa desu?”

 

Suigintou sorrise, ma il suo era un sorriso amaro.

 

“Come immaginavo. Shinku non vi ha detto niente, vero? Tanto meglio. Non merito la vostra pietà.”

 

“Pietà desu? Perché dovremmo avere pietà di te desu?”

 

“Non sono affari che ti riguardano.”

 

Tra le due bambole cadde il silenzio.

 

Suigintou sapeva quello che Suiseiseki provava nei suoi confronti, perciò tentò di sfruttare la situazione a suo favore.

 

Fece apparire la sua spada e la piantò a terra, alla portata della terza Rozen.

 

“Prendila.”

 

Suiseiseki non rispose, né capì cosa intendesse fare la prima bambola.

 

“Non vuoi vendicare la tua gemella? Questa è la tua occasione. Usa l’arma che ha tolto la vita a chi ti era più cara al mondo per renderle giustizia!”

 

La giardiniera fu tentata di fare ciò che la bambola alata le diceva di fare, ma, una volta toccata l’elsa della spada, non ebbe il coraggio di usare l’arma.

 

Ucciderla, alla fine, non le sarebbe servito a niente.

 

Rientrò in casa, voltandosi di tanto in tanto per vedere se Suigintou reagisse in un qualche modo.

 

L’unica cosa che l’albina fece fu lasciarsi cadere sulle ginocchia.

 

Senza rendersene conto era diventata come Megu.

 

Desiderava morire, ma nessuno assecondava il suo desiderio.

 

Non riusciva più a trovare una ragione di vita.

 

Ma ne aveva una di morte.

 

E l’avrebbe perseguita in ogni modo.

 

Il giorno dopo, quando Shinku si svegliò, non c’era traccia di Suigintou.

 

Visto l’accaduto informò anche gli altri di quello che era successo il giorno precedente, in modo che potessero finalmente vedere la bambola sotto una luce diversa.

 

Ma nonostante tutti i loro sforzi non la trovarono, né ebbero sue notizie.

 

Almeno finché, dopo quattro giorni, non giunse un pacco.

 

Allegato a questo c’era una lettera indirizzata a Shinku.

 

La bambola la aprì, iniziando a leggere ciò che c’era scritto.

 

“Per la Quinta bambola Rozen Maiden, Shinku.

 

Conoscendoti immagino che in questi giorni ti sarai preoccupata per me, ma non temere.

 

Ora stò bene.

 

Mentre ti scrivo questa missiva mi trovo in Brasile, ma quando la leggerai… beh, non ci sarò più.

 

In questo momento però ho voluto realizzare uno dei desideri di Megu.

 

Megu desiderava vedere il tramonto dalla Statua del Cristo e, visto che lei ormai non può, l’ho fatto io al suo posto.

 

È stata un’esperienza bellissima, unica.

 

Per la prima volta nella mia vita ho sentito che qualcosa aveva DAVVERO senso.

 

Posso dire che il mio ultimo ricordò è stato il più bello in assoluto.

 

Vedendo il sole che scompariva ho sentito anch’io il bisogno di scomparire, e mi sono lasciata cadere nel vuoto.

 

Ad attendermi c’era la mia spada.

 

Non preoccuparti, non rimarrò lì per sempre.

 

Meimei ha provveduto a tutto ciò che avevo preparato.

 

Quando leggerai questa lettera sarò già a casa tua.

 

Vorrei chiederti solo un favore.

 

Prenditi cura di Meimei dopo che avrà portato a termine il suo ultimo compito da parte mia.

 

So che la mia Rosa Mystica dovrebbe appartenerti, ma… ne ho bisogno.

 

Mi serve per porre rimedio ad un grande errore.

 

Se non l’avessi ancora capito nel pacco che ti è stato recapitato ci sono io, o meglio, il mio corpo.

 

Puoi farne quello che vuoi. Donalo ad una bambina, usalo come pezzi di ricambio, oppure trasformalo nella spazzatura quale sono.

 

Volevo diventare Alice, ma solo ora capisco che non potrò mai esserla.

 

Diventa tu Alice al posto mio, ma non farlo per me.

 

Fallo per te stessa.

 

Non voglio il tuo perdono, né la tua compassione, né quella di nessun altro.

 

Non merito niente.

 

Addio per sempre, Shinku.

 

Suigintou.”

 

Shinku aprì disperatamente il pacco, sperando che quello che aveva letto fosse solo uno scherzo di pessimo gusto.

 

Ma non fu così.

 

Suigintou giaceva nel suo scrigno, immobile.

 

All’altezza del petto un foro, segno che la sua spada l’aveva trapassata.

 

La bambola rossa non ebbe il tempo di versare una lacrima che Meimei uscì dallo scrigno assieme alla Rosa Mystica della bambola albina.

 

Lo spirito si avvicinò ad Hina Ichigo e Souseiseki e, divisa in due la Rosa Mystica, impiantò in ognuna uno dei frammenti, riportandole in vita.

 

Mentre Nori e Suiseiseki davano commosse il ben tornato alle due bambole Jun e Shinku rimasero vicino a Suigintou.

 

Nonostante fosse morta un lieve sorriso le allietava.

 

Nonostante tutto era felice.

 

Felice di essersi redenta per ciò che aveva compiuto di malvagio.

 

Felice, perché avrebbe potuto finalmente rivedere Megu.

 

Shinku non rimase indifferente alla vista di quel corpo, ormai senza vita.

 

Jun le disse, cercando di consolarla.

 

“L’espressione del volto è così serena… sembra quasi che stia dormendo.”

 

“Si, hai ragione.”

 

Dopo un po’ la bambola disse.

 

“Jun, non potresti rammendarle l’abito?”

 

Il ragazzo annuì.

 

Anche se quella bambola era sempre stata ostile nei loro confronti era pur sempre una Rozen, una delle sette sorelle.

 

Sarebbe rimasta con loro, anche se solo nel corpo.

 

Perché la sua anima aveva già raggiunto un’altra persona.

 

L’unica persona che Suigintou amava oltre suo padre.

 

L’unica persona che l’aveva fatta sentire sempre a casa.

 

E con la quale avrebbe condiviso l’eternità.

 

Fine

 

   
 
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