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Autore: Ucha    10/07/2014    4 recensioni
Lei studiò il suo volto. Le lentiggini gli costellavano le pelle scura come minuscole galassie con ognuna in serbo una storia, i suoi capelli color del cioccolato più puro che amava decorare con piccole treccioline, i suoi occhi brillanti e liquidi, carichi di sentimenti più contrastanti: paura, amarezza, rassegnazione, rabbia.
D’altronde per Hiccup la vita era ogni giorno un continuo fuggire.
{Hiccstrid}
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Astrid, Hiccup Horrendous Haddock III
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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It was a long and dark December,
From the rooftops I remember
There was snow, white snow
 
 
Lipsia, 20 dicembre 1943
 
Sotto di loro il vuoto. I piedi penzolavano sopra una distesa di un bianco argenteo e scintillante, che rasentava un limbo in cui i due ragazzi avrebbero sicuramente voluto buttarsi per dimenticare tutto.
La guerra che incombeva negli Stati del mondo aveva distrutto tante di quelle vite da far apparire ad Astrid il mondo mostruosamente più vuoto.
E per quanto la sua famiglia appoggiasse le leggi naziste che venivano imposte in quei tempi, lei voleva solo che tutto questo finisse. Basta massacri, basta morti, basta gente che moriva di dolore nel ricevere la lettera che comunicava la morte di un familiare, che fosse marito o figlio.
Sentì una morsa allo stomaco e guardò alla sua destra.
Hiccup sembrava ancora più teso di lei. Quelle foreste dei suoi occhi erano perse nel paesaggio bianco e morto della città, dove Lipsia era ben visibile dal tetto su cui si trovavano clandestinamente.
Lei studiò il suo volto. Le lentiggini gli costellavano le pelle scura come minuscole galassie con ognuna in serbo una storia, i suoi capelli color del cioccolato più puro che amava decorare con piccole treccioline, i suoi occhi brillanti e liquidi, carichi di sentimenti più contrastanti: paura, amarezza, rassegnazione, rabbia.
D’altronde per Hiccup la vita era ogni giorno un continuo fuggire.
Da quando avevano cominciato l’inesorabile “caccia all’ebreo” per lui non c’era stato un momento di respiro. Lui e sui cugino Gustaf, detto “Moccicoso” per via della sua brutta abitudine di non soffiarsi il naso quando era piccolo, erano ridotti a vivere come topi di fogna, muovendosi la notte, al riparo da occhi indiscreti, contando più di una volta sull’aiuto di Astrid e dei suoi amici, il grassottello “Gambedipesce” e i gemelli, gli unici ragazzi che non approvavano quelle norme razziste e disumane.
Ma ogni giorno che passava Hiccup sentiva sempre di più un cappio invisibile stringersi intorno al collo, specialmente da quando una notte, ormai pronti ad essere condannati per i loro peccati, i ragazzi avevano deciso di concedersi l’uno all’altra, con chiare conseguenze.
Lei indossava abiti sempre più larghi, ma la verità sarebbe venuta a galla prima o poi. E lui non era sicuro che l’avrebbero fatta franca.
Osservò il suo viso, perfetto nella pelle bianca e negli occhi azzurri come lastre di ghiaccio. Osservò i suoi capelli, lisci fili d’oro tessuti da mani di fate invisibili. Se la mangiava con gli occhi, perché ogni istante poteva essere l’unico.
- Ehi, cosa guardi? -  gli chiese lei, accorgendosi tutto d’un tratto delle sue iridi boschive puntate sul proprio volto.
Il ragazzo parve riscuotersi.
- Mh, niente… Stavo solo pensando che… - s’interruppe, arricciandosi le labbra, smorfia che Astrid trovava adorabile. - Niente, lascia perdere. -
- Ora mi dici. - insistette lei, sfoderando un sorrisetto curioso.
Hiccup prese un profondo respiro, conscio che le sue parole avevano un certo peso e che la richiesta che stava per farle poteva essere azzardata e /in seguito/ rifiutata.
- Astrid… Questo non è posto per me. Non è posto né per me né per Moccicoso. E il nasconderci continuamente ci ha stufato. - s’interruppe, inghiottendo un pesante groppo in gola. - Con i risparmi racimolati in tutti questi anni volevamo partire per l’America. -
Il silenzio cadde pesante come il piombo, mentre piccoli fiocchi di neve, leggeri come zucchero filato, avevano preso a danzare nel cielo grigio tedesco.
Astrid osservava immobile il ragazzo, senza sapere cosa dire. Percepiva già un pezzo di cuore fuggire via, abbandonarla in quella terra indurita dal freddo e bagnata dal sangue di milioni di innocenti.
Sentì tremare le gambe, quelle gambe che penzolavano come morte dal tetto, e la pancia le fece male. Tirò un sospiro frustrato che si condensò in una nuvoletta.
Ma le mani di Hic la deconcentrarono da quel turbine di emozioni.
- Vuoi venire con me? -
- Cosa…? -
- Astrid, questo non è posto nemmeno per te. La pancia prima o poi sarà evidente e… ti scopriranno! Ci scopriranno. Dobbiamo andarcene. I-io e te. -
Lei non sapeva che dire, nella sua testa circolavano fin troppi pensieri. L’idea di seguire il ragazzo che amava la sollecitava tantissimo e pur di vivere una vita felice con lui avrebbe fatto di tutto.
La Germania non era più un luogo per vivere. L’Europa non era più un posto per giovani.
- Pensavo volessi lasciarmi qui… - confessò, socchiudendo gli occhi.
- Non potrei mai. -
Astrid sorrise commossa, per poi reagire in modo del tutto inaspettato. Sferrò un pugno abbastanza forte alla spalla di Hiccup.
- Ahi, ma che…? -
- Questo è per lo spavento. - rispose lei imbronciata.
- Cos… -
- E questo… - continuò la ragazza, prendendolo per la nuca e coinvolgendolo in un tenero bacio. - … è per tutto il resto. -
Lo avrebbe seguito. Fosse crollato il cielo.
 
 
 
La mattina dopo Astrid era quella incaricata a portare gli avanzi al piccolo rifugio dove Moccicoso e Hiccup vivevano lontano dalla società. Seppur fosse molto presto e il freddo congelasse le ossa, la ragazza si muoveva velocemente e decisa, una mano che reggeva un piatto di pollo e verdure miste, l’altra sul ventre. Chissà come si sarebbe chiamato, il piccolo.
Quello che sapeva era che sarebbe cresciuto in un altro posto, migliore, con una mamma e un papà presenti e amorevoli.
Astrid svoltò l’angolo di quella stradina mezza affumicata e cadente, facendo ben attenzione a non essere vista da quei pochi che circolavano alle sette di un giorno festivo.
Ma quando arrivò al luogo indicato, trovò uno spettacolo a dir poco nauseante.
La porticina di legno che faceva da ingresso era spaccata e accasciata malamente a terra, in mille pezzi. Astrid deglutì prima di trovare il coraggio di andare oltre. Lentamente, un passo dopo l’altro, oltrepassò l’ingresso.
La stanza che condividevano i due cugini era messa a soqquadro, i pochi mobili a terra e devastati, le coperte lacerate e piccoli schizzi di sangue erano presenti a terra. Sul muro era inchiodato un volantino con la propaganda del regime.
Li avevano presi.
I nazisti li avevano presi.





Note dell'autrice:

Allora premetto che non sono molto sicura di aver reso questi due personaggi perfettamente IC. Forse per il contesto, la tematica delicate l'ignoranza su un loro eventuale comportamento in casi come questo, però non sono convinta. Ho cercato di renderli quanto più Hic e Astrid e nel caso non ci fossi riuscita beh... Provvederò.
La prima Hiccstrid che scrivo e spero vi piaccia perché amo questa coppia bellissima che va sopra il TUTTO. ;__;
Come avete potuto constatare parliamo di una Germania ai tempi di Hitler dove Astrid è una borghese tedesca incinta di Hiccup, un ebreo. Spero abbiate figurato i due piccini come quelli del secondo film perché se li avete immaginati quindicenni... dio, aiuto. xD
Vabbè, dopo questa sconclusa e priva di senso nota dell'autrice, spero di ricevere vostri pareri e spero vi sia piaciuta la shot!
La canzone che mi ha fatto da colonna sonora è Violet Hill dei Coldplay, come testimoniano il titolo e i primi righi della shot. 
Ucha

 
   
 
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