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Autore: Aredhel92    11/07/2014    7 recensioni
La sconfitta di Naraku avrebbe dovuto essere l’inizio di tutto: della pace, della felicità e di una nuova vita insieme, ma una verità molto più oscura e dolorosa era in attesa dietro a quell’unico attimo di gioia.
- Io quella volta ho espresso un desiderio alla sfera. […] Alla mia morte quel desiderio si dovrebbe realizzare… la sfera mi ha indotto a desiderare ciò che lei stessa voleva. -
Prima di morire, Naraku aveva esaudito il desiderio della sfera: ma che cosa desiderava in realtà la sfera? E perché aveva fatto in modo di tornare nel passato?
- E ora che cosa accadrà!? -
- Tu… scomparirai. -

Kagome era sempre stata sicura che alla fine di quella storia avrebbe dovuto fare una scelta: passato o futuro; ma la realtà era di gran lunga peggiore.
- Esprimerò un desiderio alla sfera… Le chiederò di diventare un demone completo. -
[…]
- Ti troverò. Non importa quanto tempo dovrà passare: io ti troverò sempre. -

Le avventure del grande demone cane sono solo all’inizio!
Genere: Avventura, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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8. Il figlio di un altro




  [Anno 1630]

 

 

- Fai schifo, mezzo-demone! –

 

Quanti anni erano passati?

 

- Sparisci e non provare mai più a passare davanti la mia casa, sei disgustoso! -

 

Troppo tempo.

 

- Lo sanno tutti che neppure i tuoi genitori ti volevano! Tua madre si è uccisa perché non sopportava una simile vergogna e anche tuo padre ti ha gettato via come un rifiuto! –

 

Cinque anni…

 

- Dovresti andartene una volta per tutte dal nostro villaggio. Noi non ti vogliamo qui, nessuno ti vuole qui, è chiaro?! –

 
- Dovrebbe davvero sparire dalla faccia della terra. Farebbe un favore al mondo, se si uccidesse. -

 

Cinque maledetti anni, in cui il suo mondo era crollato. Disintegrato in minuscoli frammenti, che si erano dissolti rapidamente, trasformandosi in una polvere talmente leggera che era bastata una singola folata di vento per farla scomparire.

Di lui, della sua vita, del suo intero mondo non era rimasto che cenere.

All’inizio aveva pregato che qualcuno lo aiutasse, che lo salvasse dall’oscurità che lo stava inghiottendo. Aveva sperato, con tutto se stesso, che accadesse qualcosa di bello, anche solo una qualsiasi cosa bella, che lo rendesse ancora felice di essere vivo, anche se per pochi secondi appena. Purtroppo, aveva capito fin troppo presto che non sarebbe successo niente del genere: non esisteva nessuno in tutto l’universo in grado di fare qualcosa, di porre un rimedio e far tornare le cose al loro posto. Nonostante gli incredibili sforzi di quell’unica famiglia che gli era rimasta, nonostante l’amore e la sicurezza che cercavano di trasmettergli, lui continuava a rimanere solo in quell’oscurità opprimente, che lo intrappolava gelosamente a sé.

Se non avesse avuto ancora un briciolo della sua sanità mentale, sarebbe stato quasi spronato a pensare che quell’oscurità si comportava con lui come una seconda madre. Lei c’era sempre, in ogni momento. Lo proteggeva, isolandolo dalle cattiverie e dalle crudeltà della vita, costruendogli intorno un mondo di illusioni, dove avrebbe potuto essere chiunque avesse voluto e realizzare qualsiasi suo desiderio.
L’oscurità lo amava incondizionatamente e possessivamente, più di chiunque altro. Certo, teneva legata a sé la sua anima e si cibava della sua stessa energia vitale, ma in cambio gli dava tutto ciò che aveva: la sicurezza, la serenità, l’illusione che il presente fosse come lo desiderava e che tutto nel futuro sarebbe andato bene, finché fosse rimasto con lei.
L’oscurità era la trappola più seducente che Keiichi avesse mai affrontato. Era testarda, non si arrendeva mai e colpiva nei momenti in cui era più vulnerabile, ammaliandolo con le sue promesse e con le sue illusioni, costruite ad arte.

Ogni giorno che passava, Keiichi sentiva di abbandonarsi a lei sempre un po’ di più. Ogni frecciata, ogni parola malevola, ogni singolo insulto non era altro che un nuovo frammento di sé che scivolava nelle profondità più oscure. Ed erano cinque maledetti anni ormai che non vedeva la luce. Continuando in quel modo, presto o tardi sarebbe scomparso completamente, non lasciando altra traccia di sé che non fosse un’eco indistinta di urla di dolore soffocate.  

Razionalmente, sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa, ma era stanco, davvero troppo stanco.
Di dover mentire, indossando decine di maschere, per celare a tutti il vero se stesso: quello apatico e deluso dall’intero universo. Stanco di fingere di stare bene, solo per non far preoccupare tutti, per non creare problemi, per avere la possibilità di non fare niente e continuare a nascondersi in ogni momento libero. Era stanco di passare le giornate facendosi trascinare dalla vita ed era stanco di viverla, quella maledetta vita.

Forse avrebbe dovuto seguire l’adorabile consiglio dei ragazzi del villaggio, ponendo una volta per tutte fine alla sua inutile e miserabile esistenza di disgustoso mezzo-demone.
Lo aveva desiderato. Oh se lo aveva desiderato! Quante volte ormai? Infinite, forse. Ma alla fine non aveva fatto niente e si era anche dato del codardo per questo. Perché era per codardia se continuava a vivere, nonostante non avesse ragioni per farlo.
Era un codardo, perché aveva paura di deluderla. Perché ogni volta che pensava alla morte, davanti ai suoi occhi si presentava l’immagine sorridente della donna che più di tutti l’aveva amato. E allora poteva ingannarsi quanto voleva, dicendosi che la sua vita era inutile, che gli abitanti del villaggio avevano ragione, che non esisteva significato dietro quell’immenso dolore, ma nel profondo del suo cuore, lui aveva l’assoluta certezza che sua madre l’avesse amato infinitamente, che l’avesse voluto con tutta se stessa, non preoccupandosi minimamente della sua natura di mezzo-demone.
E allora non poteva deluderla. Non riusciva a deluderla, privando se stesso della cosa che per lei era la più importante di tutte: la sua vita.

Così niente cambiava e ogni giorno trascorreva uguale al precedente. Tra gli insulti dei suoi coetanei, sui quali passava sopra, fingendo di non sentire; tra i pranzi e le cene in famiglia, ai quali partecipava con un sorriso di circostanza e un finto entusiasmo; tra gli allenamenti con Inuyasha, durante i quali sfogava, almeno in parte, la frustrazione che si portava dietro e che lo divorava lentamente.

E poi c’era Daisuke. Aveva finto anche con lui, all’inizio, mostrandosi forte e sorridente, cercando di sembrare il Keiichi di sempre, celando il fatto che in realtà il vero Keiichi fosse morto quel giorno di cinque anni prima, insieme alla donna che gli aveva dato la vita.
Daisuke, però, era intelligente e perspicace o forse, più semplicemente, era la persona che lo conosceva meglio e che gli era stata più accanto. Lui sapeva perfettamente che quel sorriso era una maschera – e neppure una di quelle buone, a giudicare dal poco tempo che ci aveva messo per accorgersene – così gli aveva chiesto di non mentirgli più, di non sforzarsi ad essere qualcun altro in sua presenza, ma di essere chi e come desiderava, a prescindere da tutto.

In quel momento, Keiichi gli era stato grato per esser stato capace di vedere dietro la maschera. Esattamente come gli era stato grato tutte le volte in cui si era seduto con lui, in riva al fiume, a guardare l’acqua scorrere per ore e ore, rimanendo perfettamente immobili, senza dire una sola parola.
Non glielo aveva mai detto, ma era sicuro che in parte fosse merito suo, se ancora non si era totalmente arreso all’oscurità che lo circondava. Peccato che invece di fargli sapere quanto gli fosse riconoscente e quanto apprezzasse il suo aiuto, continuasse a trattarlo come la persona peggiore dell’universo, finendo poi per odiarsi e sentirsi uno schifo per tutto il giorno.
Se Daisuke si fosse stancato di stargli dietro e fargli da balia, sarebbe stato perfettamente comprensibile e non avrebbe potuto fare niente per porre rimedio, perché sarebbe stata tutta unicamente colpa sua.

Ma in fondo, quella era la sua più grande capacità, no? Sì, senza alcun dubbio: negli ultimi anni, era diventato davvero bravissimo ad allontanare le persone.

Ma dopotutto che male c’era ad allontanarlo? Sarebbe stato meglio se non l’avesse avuto più fra i piedi. Una persona in meno, costretta a compatirlo per il miserabile essere quale era. No, decisamente non ne aveva bisogno. Lui sarebbe stato bene da solo, avrebbe fatto quello che più desiderava e non si sarebbe più dovuto preoccupare di cosa dire o non dire, di come comportarsi o di ferire qualcuno.

Sarebbe stato bene, da solo… nell’oscurità.

- Davvero bene… - sussurrò al vento in una smorfia malcelata, chiudendo gli occhi e poggiando la schiena contro il tronco di un grande albero, imponendosi di non pensare più a niente, almeno per qualche ora soltanto.

 
 

 

***

 

 
 

Inuyasha girava per le vie del villaggio ormai da venti minuti, non potendo fare a meno di sbuffare ripetutamente e sbattere i piedi ogniqualvolta non riuscisse a trovare ciò che desiderava. Ormai aveva fatto il giro del villaggio per ben due volte: aveva controllato la foresta, il corso del fiume, era poi andato nella piazza principale, aveva girovagato nei dintorni e infine era tornato al punto di partenza, senza aver trovato neppure una misera pista da seguire.  

Keiichi era scomparso nel nulla.

Non era strano che il nipote si allontanasse, evitando di farsi trovare, desideroso di starsene per qualche ora per conto suo, senza avere la costante presenza dei familiari che gli alitavano sul collo. In genere, però, quando accadeva, faceva sempre in modo di far sapere dove fosse diretto o quantomeno si rendeva rintracciabile in qualche modo, per non farli preoccupare.

Quel giorno, invece, Keiichi sembrava essere completamente scomparso e per quanto Inuyasha continuasse a cercarlo, sforzando i suoi sensi e annusando l’aria circostante, non riusciva proprio a percepirlo da nessuna parte.

Normalmente avrebbe fatto finta di niente, aspettando pazientemente, preoccupandosi di sgridarlo una volta che fosse tornato a casa, ma quel giorno era diverso. Lui si sentiva diverso. Da un po’ di tempo a quella parte aveva uno strano presentimento: come se stesse accadendo qualcosa che avrebbe dovuto sapere, ma della quale, per qualche ragione sconosciuta, era totalmente ignaro.

Inutile dire che era una sensazione a dir poco orribile. Come se si trovasse davanti un ostacolo gigante, ma invisibile e per quanto lui continuasse a camminare, alla ricerca del modo per oltrepassarlo, quello continuava a rimanere celato. Così non faceva altro che sbattere ripetutamente la testa contro quella parete, ma non arrivava mai a vederla. Si sentiva debole. Ed era assurdo e frustrante che un ostacolo che, probabilmente, neppure esisteva lo facesse sentire in quel modo. Insomma, se non esisteva nessun ostacolo, perché mai avrebbe dovuto avere quella sensazione di impotenza che gli opprimeva il petto, rendendo ogni giorno che passava così pieno d’angoscia?
Qualsiasi cosa fosse – e non aveva la minima idea di cosa fosse – era sicuro che riguardasse Keiichi o comunque, che in qualche modo il nipote ne fosse una parte rilevante.

Per questo, quel giorno si era messo a cercarlo disperatamente. Per questo, non riusciva a fare finta di niente.
Cosa gli stava sfuggendo?

- Hei, avete visto Keiichi? – fece improvvisamente irruzione nella casa di Sango e Miroku, spalancando la porta senza un minimo di grazia, guardandoli come se niente fosse.

I due sobbalzarono sorpresi, limitandosi a rivolgergli subito dopo un’occhiata di rimprovero. Ancora una volta non poterono fare a meno di chiedersi perché Inuyasha dovesse sempre irrompere in casa loro con la grazia di un elefante. Furono quasi tentati di ripetergli per l’ennesima volta il discorsetto sulla delicatezza e sui comportamenti più consoni da tenere con le altre persone, ma lo sguardo preoccupato dell’amico li fece desistere.

- No, non mi pare. – rispose pensierosa Sango, - Era con noi ieri sera, ma poi è tornato a casa. – concluse cercando conferma nel marito, che subito annuì. 

- Dove diavolo è finito… - sussurrò poi distrattamente Inuyasha, sforzando al massimo ancora una volta i suoi sensi, in un ultimo inutile tentativo.

- È forse successo qualcosa? – chiese ad un tratto Miroku, iniziando, forse per empatia, ad avvertire il medesimo brutto presentimento.

Era raro che Inuyasha si preoccupasse per qualcosa. In genere aveva l’abitudine di sminuire e prendere troppo sotto gamba ogni problema che si presentasse ai loro occhi. Se era arrivato a preoccuparsi in quel modo, probabilmente la questione era più grave di quanto si potesse ipotizzare.

- Non ne sono sicuro… potrebbe semplicemente aver scelto di non farsi trovare. Ha imparato piuttosto bene ad occultare la sua presenza in allenamento… -

- Non sembri molto convinto però. – lo istigò ancora una volta il monaco.

- È solo che… - iniziò a dire, ma fu interrotto dall’improvviso cigolio della porta d’ingresso.

- Sono a casa. – sentirono ad un tratto una voce provenire dal fondo del corridoio e contemporaneamente tutti si voltarono in quella direzione, pronti ad accogliere il nuovo arrivato.

- Ciao Daisuke, bentornato. – lo accolse Sango con un sorriso un po’ troppo forzato.

- Che facce che avete! È successo qualcosa? – chiese immediatamente il ragazzo, notando gli sguardi pensierosi dei genitori e la strana atmosfera che si respirava in casa.

- No, non è successo nulla. Piuttosto dove sei stato finora? – mentì rapidamente la madre, cercando di saperne qualcosa di più, senza allarmarlo inutilmente.

- La vecchia Umeko mi ha tenuto di nuovo bloccato tutto il pomeriggio. È la terza volta questo mese! Era convinta che ci fosse uno spirito maligno all’interno delle sue riserve di riso, così sono andato a dare un’occhiata per sicurezza e alla fine, con il pretesto di controllare se ci fossero altre presenze, mi ha costretto a pulire ogni centimetro della sua casa. La prossima volta lascerò che lo spirito se la mangi. Non sarebbe poi una gran perdita, no? – concluse cercando di alleggerire la tensione, ma in cambio ricevette solo sospiri e occhiate preoccupate.

- Hei stavo scherzando! Non c’è bisogno di essere così seri! –

- No, non è questo… - rispose Sango, per poi cambiare discorso e strategia, andando dritta al punto della questione, - Sei stato impegnato tutto il giorno? Non sei stato con Keiichi oggi? –

Daisuke sussultò, dando loro le spalle e prendendo qualcosa da mangiare, cercando di sembrare naturale.  

- No, oggi non l’ho visto. – rispose addentando una mela, sforzandosi per mantenere un tono di voce normale, ma nessuno dei presenti si fece ingannare.

- È strano, eppure vi vedete sempre. –

- Sì, beh, oggi avevo da fare, tutto qua. –

- E non sai dove possa essere? – chiese ad un tratto Miroku.

Daisuke si voltò di scatto, sgranando gli occhi, iniziando a preoccuparsi per quell’interrogatorio improvviso.

- Perché mi state chiedendo di Keiichi? Gli è successo qualcosa? –

- No, non è successo nulla, ma… -

- Ora basta, fatela finita! – li zittì Inuyasha, frapponendosi fra loro e Daisuke, guardando quest’ultimo con aria minacciosa, - Keiichi è sparito e non riesco a percepire la sua presenza da nessuna parte. Ora, parla. –

- Inuyasha sei il solito esagerato. Hai detto anche tu che il fatto che non riesci a percepirlo potrebbe non significare niente, no? Siamo solo in pensiero per lui. – aggiunse poi Sango, ricambiando il demone con la medesima occhiataccia. – Per questo ti stiamo chiedendo se sai dove sia andato o se, magari, gli è successo qualcosa che lo ha spinto ad allontanarsi. –

- Non so niente. – rispose infine Keiichi, abbassando il capo e scuotendo la testa, - A dire la verità, oggi… abbiamo litigato. –

I tre si scambiarono occhiate confuse e preoccupate, tornando poi ad interrogarlo.

- Non è stato un vero e proprio litigio, più un’incomprensione… I ragazzi del villaggio… - tentò di continuare, ma improvvisamente si fermò, mordendosi il labbro per impedirsi di parlare troppo.

Aveva passato gli ultimi cinque anni a mantenere quel segreto e ogni volta aveva finito con l’odiarsi sempre di più, perché Keiichi non era più la stessa persona che era all’epoca di quella promessa. Si era chiuso in se stesso, allontanando tutti e anche se diceva di poter affrontare tutto da solo, Daisuke, da un po’ di tempo a quella parte, aveva iniziato seriamente a dubitare di tale capacità.
Sango si limitò a guardare dubbiosa il figlio, aspettandosi che Inuyasha dicesse qualcosa, ma il demone per qualche ragione sembrava essersi paralizzato sul posto.

- Dais’ke, se c’è qualcosa che non va, puoi dircelo, lo sai vero? Qualsiasi cosa sia, ne possiamo parlare insieme e trovare una soluzione. Non ha senso tenersi tutto dentro, non ti pare? – tentò di convincerlo Sango, mentre Inuyasha con gli occhi sgranati continuava a fissare un punto davanti a sé.

Quello strano presentimento si era fatto di colpo più intenso. L’ostacolo invisibile si stava richiudendo su se stesso, accartocciandosi sempre di più e intrappolandolo. Non poteva più ignorarlo in alcun modo. Era invisibile, ma esisteva, esisteva eccome! E lo stava schiacciando.
Dannazione, imprecò mordendosi l’interno della guancia fino a sanguinare. Era qualcosa di davvero importante e di un’ovvietà disarmante, ma allora perché, perché non riusciva a capire?!

- Ho promesso a Keiichi che avrei mantenuto il segreto… - sussurrò ad un tratto Daisuke, fortemente indeciso su come comportarsi.

- Anche se glielo hai promesso, se Keiichi sta male per qualcosa, forse il modo migliore per aiutarlo non è mantenere il segreto. – lo esortò ancora Sango e quando lo vide abbassare lo sguardo e sospirare, capì di essere riuscita a convincerlo.

- Avrei voluto parlarvene prima… so che sembra una scusa, ma non lo è: avrei davvero voluto parlarvene prima, ma lui non voleva farlo sapere. – iniziò a dire caoticamente, mangiandosi qualche parola e sentendo l’agitazione crescere ogni secondo di più. Era stato davvero uno stupido a non dire nulla, non avrebbe mai dovuto mantenere quel segreto. - Non gli importava di ciò che dicevano gli altri, non gli importava niente, perché stava bene, me lo aveva giurato! Essere un mezzo-demone non era un problema… -

Inuyasha sussultò, sgranando gli occhi.

Mezzo-demone… la parola gli risuonò a lungo nella testa, risvegliando una moltitudine di spiacevoli ricordi ad essa legati.

- Poi però, la zia Rin è morta e Sesshomaru se ne è andato e tutto è diventato così… complicato. – continuò a dire mestamente, mentre le espressioni dei tre divenivano sempre più consapevoli e addolorati.

- Scusa Daisuke, ma da quanto tempo sai questa storia? – lo interruppe Miroku, rivolgendo un’occhiata preoccupata all’aura omicida che Inuyasha, forse inconsciamente, aveva iniziato ad emanare.

- L’ho scoperto per caso sei anni fa, ma credo che andasse avanti già da prima: per Keiichi non sembrava una novità. Era come se fosse… infastidito dal fatto che avessi scoperto tutto. Mi ha fatto promettere di non farne mai parola con nessuno… -

- Prima hai nominato i ragazzi del villaggio… -

- Lo trattano male, continuamente! – esclamò, iniziando a tremare di rabbia al solo pensiero, - Lo prendono in giro, lo accusano per il fatto di essere un mezzo-demone e gli dicono cose terribili… dicono che è colpa sua se sua madre è morta… che si è uccisa per la vergogna di avere un mezzo-demone come figlio e che suo padre... lo ha abbandonato.-

Tutti rimasero ammutoliti e sconvolti da quella verità che troppo a lungo avevano ignorato.

- Keiichi non risponde mai. Mai, neppure una volta. Non si difende, non gli dice niente contro. Resta in silenzio ad ascoltare a testa bassa, aspetta che se ne vadano, che lo lascino in pace e se provo io a difenderlo, se la prende con me e scompare per tutto il giorno. Non capisco perché lo faccia e non so come risolvere la situazione. Ci ho provato un’infinità di volte, a farli smettere, ad aiutarlo, ma quelli… quelli non la smettono mai! -

Poi sentì solo la mano amorevole di Sango che gli accarezzava i capelli e quando Daisuke incrociò il suo sguardo, seppe con certezza che in un modo o nell’altro tutto sarebbe finito bene.

- Mi dispiace… - sussurrò, prima che un rumore attirasse completamente la loro attenzione.

- Inuyasha aspetta! Che vuoi fare?! – lo fermò Miroku, prima che uscisse, consumato da una rabbia che non gli vedeva negli occhi dai tempi di Naraku.

- Tranquillo, non vado di certo ad uccidere quei mocciosi, se è questo che ti preoccupa. – gli rispose, ma con quel suo tono, non c’era da stare affatto tranquilli.

Miroku sospirò lasciandolo andare, sperando che fosse la decisione giusta e che non si ritrovasse poi con dei cadaveri tra le mani da dover spiegare. In fondo, il vecchio Inuyasha non ci avrebbe pensato neppure un secondo prima di dare una bella lezione a quei ragazzi; anche se era un po’ strano da ammettere, forse almeno un po’, quel demone testardo e scorbutico era cresciuto.  

 

 

***

 

 
 

Inuyasha uscì dalla casa, diretto verso i confini del villaggio. Viste le ultime informazioni, era piuttosto sicuro che non avrebbe mai trovato il nipote in un luogo pieno di gente, ma in ogni caso sperava che, conoscendo la verità, fosse più semplice riuscire a rintracciarlo. Purtroppo per lui, continuò a girare a vuoto per diverse decine di minuti.

Almeno poteva essere soddisfatto di come gli aveva insegnato a mascherare la sua presenza, dal momento che sul resto aveva fallito miseramente, pensò ironicamente sentendo una stretta al cuore.

Era consapevole del fatto che il nipote fosse un mezzo-demone e ricordava perfettamente quell’orribile sensazione, come se la provasse ancora, nonostante tutto il tempo passato e i cambiamenti avvenuti. Anche tenendo conto ciò, non una sola volta, il pensiero che Keiichi stesse passando ciò che secoli prima aveva affrontato lui, l’aveva sfiorato.
Forse perché credeva che i tempi fossero cambiati, rispetto a quando lui era bambino o forse perché non aveva avuto la minima avvisaglia di ciò che stava avvenendo… No, a pensarci bene, era stato davvero uno stupido: di avvertimenti ce ne erano stati eccome!, ma lui non ne aveva visto neppure uno, giustificandoli con altri pretesti, passandoci sopra senza riflettere accuratamente.

Aveva dimenticato una verità fondamentale, che sin da bambino aveva continuato a ripetersi: per quanto tempo potesse passare, gli umani non sarebbero mai cambiati. Avrebbero continuato ad essere ciechi, egoisti e crudeli, esattamente come lo erano il primo giorno in cui la loro specie era nata, come se esistessero dei ruoli prestabiliti che li definivano e che loro non potevano assolutamente abbandonare. Non era forse questo a mantenerli ancora in vita, in fondo?
Senza queste caratteristiche si sarebbero probabilmente estinti da tempo.

Ad un tratto, improvvisamente, l’odore di Keiichi gli arrivò con estrema chiarezza, prima di scomparire nuovamente. Era stato solo un secondo o poco più, ma era riuscito comunque ad individuarlo. Pensò che probabilmente il ragazzo doveva essersi distratto di colpo, a giudicare dalla pronta reazione nel mascherare nuovamente la propria presenza.

Seguì la traccia per qualche metro, quando con enorme disappunto realizzò dove fosse diretto. Quello era forse l’ultimo posto dove si aspettava di trovarlo, sicuramente l’ultimo dove pensava di tornare.

Entrò in quella piccola radura che tanti anni prima era stato uno dei suoi luoghi preferiti, ma dove, dopo la scomparsa di Kagome, non vi aveva più messo piede.
Aveva protetto quella zona, impedendo che la gente del villaggio vi costruisse delle abitazioni, ma poi anche lui aveva smesso di andarci. Ogni cosa ricordava lei in modo estremamente vivido e in quel luogo, il confronto con la realtà iniziava a fare troppo male.

Camminò lentamente, guardandosi intorno con tristezza e nostalgia.

Era rimasto tutto uguale, come se il tempo lì si fosse fermato. C’era ancora la fossa dove Kagome lo aveva mandato a cuccia tutte quelle volte e dove lui si era distrutto la schiena, a causa di quell’enorme masso che voleva usare per impedirle di andar via.
Stranamente, in quel punto, l’erba non era mai ricresciuta.
Guardò poi il pozzo, che per un crudele miracolo gli aveva portato l’amore. Ai suoi piedi, l’aveva abbracciata per la prima volta e da quel momento aveva cercato spesso e con insistenza di ricreare un contatto simile. La sensazione di averla tra le braccia si era impressa a fuoco nella sua anima, come se in quel semplice gesto si trovasse la ragione di tutta la sua vita.
Il pensiero che a quel tempo l’avesse abbracciata solo per rubarle la sfera e farla andar via gli procurò una nuova stretta al cuore, anche se, si ripeté, l’aveva fatto solo per proteggerla.

Era vero: il tutto era avvenuto a seguito di uno scontro con Sesshomaru. Quella volta si era davvero preoccupato per le sorti di quella strana ragazza, venuta dal futuro.

In quel periodo Sesshomaru era davvero spietato e senza riguardi per nessuno. Sembrava folle e incredibile il pensiero che proprio lui si fosse innamorato di un’umana e che avesse avuto da lei un mezzosangue. Proprio lui che a quel tempo aveva in mente solo Tessaiga e l’affronto che suo padre gli aveva arrecato, lasciando la sua eredità più importante ad un misero mezzo-demone che ne rappresentava il più grande disonore.

Il Sesshomaru di allora non avrebbe avuto pietà per nessuno: per questo, mandar via Kagome gli era sembrata la scelta migliore. Nonostante ciò, anche se aveva voluto solo proteggerla, nel momento in cui lei era tornata, si era sentito davvero felice, come non gli capitava da troppo tempo.

Ogni volta che ripensava a quei momenti, sentiva solo la nostalgia e un vuoto enorme che lo lasciava senza forze. Gli mancavano più di quanto fosse in grado di esprimere.
Per questo motivo aveva smesso di andare in quella radura, per non dover più essere costretto a rivivere quei dolorosi ricordi, ma in quel momento la necessità lo aveva portato fin là e lui non poteva permettersi di restare con la mente nel passato.

Improvvisamente, vide Keiichi uscire dal folto degli alberi, prima ancora che lo chiamasse. Evidentemente si era reso conto che, una volta scoperto, non aveva più senso restarsene nascosti. Lo vide camminargli incontro e per la prima volta Inuyasha si rese davvero conto di quanto fosse triste il suo sguardo. La maschera che si ostinava a portare non impediva più di scorgere la verità. E anche Keiichi, in qualche modo, sembrò capirlo, tanto che si fermò di colpo, in attesa della noiosa ramanzina che si sarebbe sorbito di lì a poco.

- Daisuke ci ha detto di te e dei ragazzi del villaggio. -

Ed eccola arrivare. Il mezzo-demone sbuffò, assottigliando lo sguardo, infastidito da quella situazione. Si sedette poi sul bordo del pozzo e strinse le braccia al petto.

- Non avrebbe dovuto. -

- Certo, perché avresti dovuto parlarcene tu. –

Vedendo che il ragazzo non accennava a volersi spiegare, Inuyasha prese posto accanto a lui, guardando il cielo sereno con aria pensierosa. Se lo avesse incalzato a parlare, attaccandolo bruscamente, sicuramente Keiichi si sarebbe rinchiuso ancora di più e lui non ne avrebbe ricavato niente. Sospirò profondamente, imponendosi di stare calmo. Sicuramente, era l’unico modo per riuscire a parlare con il ragazzo.

- Perché non ti difendi? – domandò ad un tratto, ricordandosi di quel comportamento particolare che da subito lo aveva confuso.

- Perché hanno ragione. – ammise infine Keiichi con un sospiro, guardando anche lui il cielo.

- Hanno ragione su cosa? –

- Su tutto! Ho sentito le storie che raccontano su mio padre, su quante persone abbia ucciso e su quanto disprezzi umani e mezzi-demoni. Forse si sarà anche innamorato di mia madre, ma evidentemente, il pensiero di avere un inutile mezzo-demone come figlio per lui è insopportabile, tanto che non si è fatto il minimo scrupolo ad abbandonarmi. –

- Ma si può sapere da chi hai sentito tutte queste cavolate?! – domandò Inuyasha arrabbiato, non potendo credere a ciò che stava ascoltando.

Avrebbe tanto voluto avere sottomano quegli idioti che andavano in giro a parlare degli altri come se fosse affar loro. Il fatto di essere crudeli ed egoisti a loro non bastava! No, dovevano essere anche impiccioni e pettegoli oltre ogni limite.

- Dagli anziani del villaggio, li ho sentiti che parlavano tra di loro. -

- Tzè! Non dovresti ascoltare i discorsi di quegli stupidi! Tuo padre non ti ha abbandonato e posso assicurarti che il fatto che tu sia un mezzo-demone non c’entra minimamente con il motivo per cui ora lui non è qui con te. –

- Che ne sai tu? Non mi pare che in tutto questo tempo si sia fatto vedere, o sbaglio?! Non è venuto neppure una volta per sapere se stessi bene. Potrei essere morto e lui non lo saprebbe! Come puoi dire che gli importa qualcosa di me?! -

- Perché… perché lo so e basta! – esclamò, tornando poi a parlargli con più calma, - Tu non hai idea di come fosse tuo padre in passato, ma lui è cambiato tantissimo grazie alla vicinanza di tua madre e ora… ascolta Keiichi, sono bene come ti senti, però… -

- No, non lo sai! – lo interruppe il mezzo-demone, alzandosi di scatto e guardandolo con occhi pieni di rabbia e rancore, - Tu non sai un bel niente su come ci si sente! Sei un demone proprio come mio padre! Vi importa solo di voi stessi! Tu non hai la minima idea di cosa significhi essere come me, un qualcosa di sbagliato, che non sarebbe mai dovuto venire al mondo! Non sai cosa si prova ad essere guardato con disprezzo o paura, ad essere odiato e allontanato da tutti. Non sai che vuol… –

- Sì che lo so invece, razza di stupido! – urlò, colpendolo con forza sulla testa e al diavolo la calma.

- Hei! Mi hai fatto male! –

- Ti sta bene! E ora vuoi farmi finire di parlare, ragazzino!? –

Keiichi annuì imbronciandosi appena e massaggiandosi la testa dolorante, preparandosi ad ascoltare la predica, con un’attenzione decisamente scarsa.

- Perché credi che tuo padre ce l’avesse tanto con i mezzi-demoni, eh?! -

- Perché sono esseri inferiori. –

- Sbagliato, moccioso, non è per questo. - sospirò Inuyasha prima di continuare, - È a causa mia. –

Keiichi lo guardò sbalordito, chiedendosi se lo stesse prendendo in giro o se fosse impazzito del tutto. Cosa poteva mai avere a che fare suo zio con il comportamento di suo padre?

- Perché io sono un mezzo-demone… lo ero. – lo anticipò Inuyasha, immaginando chiaramente la domanda.

Keiichi lo fissò con gli occhi spalancati per qualche istante, sforzandosi di mettere insieme quelle informazioni appena apprese. Suo padre odiava i mezzi-demoni, a causa di suo fratello che era un mezzo-demone. Sembrava tornare tutto… o quasi.

- Che cosa?! – urlò improvvisamente guardando con estrema incredulità quegli stessi occhi ambrati così simili ai suoi. Inuyasha un mezzo-demone?!, si limitò a pensare, sconvolto da quell’affermazione.

- Tzè! Finalmente ho la tua attenzione. –

- È uno scherzo vero? Come è possibile? –

- Ti sembra che stia scherzando, moccioso?! –

- Ma sei un demone completo, come è possibile? –

- Hai mai sentito parlare della sfera dei quattro spiriti? –

- Sì, mi sembra che uno degli anziani del villaggio ne abbia parlato una volta. –

- Era un oggetto potente, in grado di accrescere il potere di chi la utilizzava. Inoltre, poteva esaudire i desideri e… -

- Aspetta! – lo fermò, anticipando da solo la fine del discorso, - Le hai chiesto di trasformarti in un demone completo? –

- Sì, ma… -

- Perché l’hai fatto? – chiese ancora con insistenza, faticando a trattenere l’enorme curiosità che lo divorava.

- Moccioso, la smetti di interrompermi!? Non ho la minima intenzione di rivelarti il… -

- Perché non vuoi dirmelo? –

- Perché no, non mi va di dirtelo! – lo picchiò di nuovo al culmine dell’esasperazione.

Aveva sempre odiato la miriade di domande a raffica che Keiichi era in grado di fare, sin da quando era piccolo. Non aspettava neppure le risposte, faceva domande e basta. E starlo a sentire era decisamente estenuante.

- Ora piantala con tutti questi perché e taci. L’unica cosa che ti dirò è che l’ho fatto per un motivo più che valido e su questa storia non aggiungerò altro. E poi, fammi capire, non ti interessava sapere di tuo padre? –

- D’accordo… - sbuffò Keiichi, tornando a sedersi, leggermente deluso, - quindi eri un mezzo-demone, eh? –

- Sì, sono nato come mezzo-demone, mia madre era umana. Io e tuo padre in realtà siamo… fratellastri. Lui ha sempre incolpato nostro padre per essersi innamorato di un’umana. Lo ha visto come una debolezza, credo. E quando poi lui è morto in combattimento per proteggerla, per proteggere anche me… il suo odio è cresciuto a dismisura. Ha cercato di uccidermi non so neppure quante volte… - sussurrò preso dai ricordi e si rese conto di ciò che stava dicendo solo quando vide Keiichi sussultare.

- Lui… lui ha davvero cercato di ucciderti? –

- Sì, beh, non è poi così drammatico. Anche io ho cercato di ucciderlo spesso. Suppongo che si possa dire che semplicemente non ci sopportavamo. –

- Accidenti… ho sempre pensato che aveste un pessimo rapporto, ma non avrei mai pensato che fosse così brutto. –

- Già, decisamente non era il massimo, però… è successo anni fa. Con l’arrivo di tua madre le cose hanno iniziato pian piano a cambiare e puoi credermi se ti dico che tuo padre era davvero felice e orgoglioso di avere un figlio, a prescindere dal fatto che fosse un mezzo-demone. Non gli importava affatto! Ne sono più che sicuro, anche perché in caso contrario, sicuramente non gli avrei permesso di rimanere accanto a te e a tua madre, ma l’avrei ucciso il giorno stesso in cui Rin è tornata al villaggio incinta di te. –

Keiichi abbassò lo sguardo sentendo solo una grande confusione nella testa. Voleva credere alle parole di Inuyasha, lo voleva con tutto il cuore, ma la verità era che negli ultimi anni suo padre non aveva fatto niente per dimostrare che le cose stessero davvero così.

- Quel giorno, quando li ho visti tornare al villaggio e lei era incinta, - continuò a raccontare Inuyasha, - ho davvero creduto che lui la stesse abbandonando. Prima di quel momento, io non mi ero reso conto di quanto Sesshomaru fosse realmente cambiato. Lo vedevo ancora come il fratello che desiderava la mia morte, quello che odiava umani e mezzi-demoni. Prima di quel momento, non ho mai capito cosa lo legasse veramente a tua madre. Credevo che per lui fosse un gioco, che si stesse divertendo, ma non era così. La amava davvero. –

- D’accordo, ma… te l’ho già detto: forse amava lei, ma io… -

- Ah! Piantala di pensare alle parole di quegli idioti e pensa piuttosto agli anni che hai passato con lui, a quando vi allenavate insieme, a quando ti facevi male, a quando tornava a casa ogni sera per stare con te e tua madre, anche quando diversi impegni richiedevano la sua presenza altrove. Keiichi, credi davvero che lui non ti voglia bene? – concluse guardandolo dritto negli occhi, aspettando di vedervi impressa quella consapevolezza che, lo sapeva, sarebbe presto arrivata.

“E per quanto riguarda tuo padre… lo sai anche tu com’è fatto, lui si chiuderà completamente, ma non pensare mai che non ti voglia bene. Ricordati solo che lui ti adora. Ti ha sempre adorato e anche se non sa dimostrarlo, ti vorrà bene per sempre.”

Quelle erano state le ultime parole che sua madre gli aveva rivolto. Possibile che lei stessa, in punto di morte, avesse ipotizzato una simile svolta per il loro futuro. Possibile che, per tutto quel tempo, avesse frainteso le motivazione di suo padre?

- Quel giorno, pensando che vi stesse abbandonando, io l’ho attaccato e vuoi sapere cosa mi ha risposto? –

- Cosa? – chiese Keiichi confuso e curioso.

Improvvisamente voleva sapere di più. Voleva sapere tutto su suo padre. Conoscere i suoi pensieri e che cosa lo muoveva. Per la prima volta dalla morte di Rin, voleva conoscere la verità.

- È di mio figlio che stai parlando. Lui non sarà mai un essere inferiore. –

Keiichi sussultò, sentendo il suo cuore accelerare i battiti, mentre una sensazione di calore si faceva strada dentro di lui, riscaldandolo completamente.

- Lui… lui ha davvero detto questo? –

- Sì. E puoi credermi se ti dico che neppure per un secondo Sesshomaru si è pentito di te. –

Era stato stupido. Avrebbe dovuto avere più fiducia nelle parole di sua madre e avrebbe dovuto avere più fiducia anche in suo padre. Inuyasha aveva ragione, non avrebbe mai dovuto dare ascolto alle dicerie degli abitanti del villaggio, perché loro non sapevano la verità, loro non avevano vissuto con la sua famiglia.

- Io credevo… credevo davvero che lui mi… odiasse. – iniziò a dire, sentendosi però incredibilmente più leggero, - Sentivo continuamente quelli del villaggio parlarne male, di lui, di mia madre, di me. All’inizio non ci facevo caso, cercavo di ignorarli, ma poi… non lo so, sono cinque anni che non si fa vivo e allora ho iniziato a pensare che forse in quelle voci potesse esserci un fondo di verità. -

- Ma perché non ne hai parlato con qualcuno? Con me, per esempio? –

Ancora una volta, Inuyasha aveva ragione. Avrebbe dovuto farlo subito, invece di distruggersi in quel modo, però…

- Volevo cavarmela da solo, non volevo preoccuparvi. - sussurrò, per poi scuotere energicamente la testa, - No, non è solo questo: forse avevo solo paura che fosse tutto vero. Finché fosse rimasto tutto nella mia testa, avrei potuto credere quel che mi pareva senza averne la certezza, ma se parlandone, avessi scoperto che era tutto vero, se mi aveste detto che mio padre non mi voleva… preferivo non averne la conferma, tutto qua. –

- Sei davvero un caso perso, non c’è che dire. – ghignò Inuyasha, scompigliandogli appena i capelli in un gesto che Keiichi aveva sempre odiato sin da bambino.

- Hei! –

- Keiichi, essere un mezzo-demone è orribile. – tornò immediatamente serio, mentre il ragazzo sbuffava riabbassandosi i ciuffi scompigliati.

- Sai che scoperta! –

- Lo era trecento anni fa e lo è anche oggi. Sembra assurdo, ma da allora non è cambiato assolutamente nulla. La gente ti odierà e avrà paura di te a prescindere da chi sei e da cosa fai. Cercheranno continuamente di escluderti e sminuirti, ti porteranno a mettere in dubbio ogni cosa, alimentando dentro di te un vuoto immenso, finché non ti trasformerai in un concentrato d’odio che desidera unicamente portare la morte. –

- Che prospettiva divertente… -

- Comunque, sono sicuro che te ne sei già accorto da solo, del modo per resistere a tutto questo. –

Keiichi lo guardò pensieroso, per poi annuire debolmente. Era solo una sensazione, ma sentiva di conoscere il significato di quelle parole.

- Devi avere delle certezze, qualcosa che non vacilli mai, nonostante ciò che ti possano dire o fare. Qualcosa in grado di riempire quel vuoto e farti pensare che le cose andranno meglio, anche nei momenti peggiori. –

- Sì, me ne ero accorto… beh, più o meno. Anche quando ascoltavo gli insulti dei ragazzi del villaggio, mi ritrovavo a pensare al fatto che mia madre mi avesse amato immensamente e che per questo motivo non avrei dovuto arrendermi. Questa è una certezza? – domandò poi con aria quasi smarrita e Inuyasha annuì incoraggiante.

- Allora non sei poi così idiota. – lo derise, pensando ancora una volta a quanto quel moccioso gli somigliasse e a quante volte, da piccolo, era stato salvato dalla medesima e incrollabile convinzione.

- Ma piantala! –

- Tzè. Piuttosto, - continuò poi, cambiando radicalmente espressione e scrocchiandosi le dita con aria minacciosa, - Vedi di farti entrare in quella testa vuota che hai anche altre certezze nella tua vita. A differenza mia, hai la fortuna di essere circondato da persone che ti amano e farebbero di tutto per aiutarti. –

Keiichi sussultò sorpreso e Inuyasha capì che non era necessario aggiungere altro: suo nipote aveva capito perfettamente e sicuramente non l’avrebbe più dimenticato.

I successivi minuti li passarono in completo silenzio, impegnati a guardare semplicemente il cielo e le nuvole che si alternavano sopra le loro teste. Tutto sembrava essere stranamente in pace, eppure Inuyasha non poteva fare a meno di avere un pensiero a tormentarlo.
A dire la verità, non era una novità che quel pensiero lo tormentasse. Ci pensava già da diverso tempo, ma ogni volta aveva finito con l’accantonarlo. Stava solamente rimandando l’inevitabile, lo sapeva bene. E ormai era arrivato il momento di farci i conti: non poteva più far finta di niente.

Abbassò lo sguardo tristemente, alzandosi dal pozzo e incamminandosi verso casa. Era la cosa giusta da fare, continuava a ripeterselo come una cantilena, nonostante quel peso sul petto lo opprimesse.

- Keiichi… - sussurrò, continuando a dargli le spalle. Era la cosa giusta ed era inevitabile.

- Cosa c’è? –

- Stasera prepara le tue cose e saluta tutti. Domani mattina all’alba partiamo. - disse dopo un tempo infinito.

Pronunciare quelle poche parole gli era costato uno sforzo immenso, ma non avrebbe permesso che Keiichi crescesse come era cresciuto lui, non quando esisteva un modo per evitarlo.

- Che cosa?! Perché? Che ti stai inventando? Vuoi andartene anche tu adesso? – lo tartassò Keiichi, non prestando attenzione più di tante alle sue parole, ma sentendo il panico impossessarsi di lui all’idea di restare solo.

- Razza di idiota, non ho intenzione di sparire da nessuna parte, ficcatelo in testa! Io ci sarò sempre per te. – si voltò a fronteggiarlo furioso.

- E allora… -

- Tzè, mi pare ovvio… ti riporto da tuo padre. – sussurrò poi andandosene e lasciandolo solo, confuso su ciò che avrebbe dovuto provare in quel momento.

Sesshomaru avrebbe capito o lo avrebbe costretto ad aprire gli occhi, in qualche modo, perché quella era l’unica cosa giusta.

Inuyasha tornò sui suoi passi, per poi salire su uno degli alberi vicini alla sua casa, su uno dei rami più alti, da dove avrebbe potuto tenere d’occhio la sua famiglia e allo stesso tempo rimanere da solo con i suoi pensieri.
Appoggiò la schiena contro il tronco e guardò nuovamente il cielo.

Era davvero dolorosa quella decisione, più di quanto avesse pensato. Quando Sesshomaru se ne era andato affidandogli suo figlio, Inuyasha era ben consapevole che prima o poi sarebbe tornato a prenderlo. Sapeva che era solo questione di tempo prima che i due si riunissero e che il suo ruolo nella vita del ragazzo terminasse. Lo sapeva benissimo, per questo si era impegnato ogni singolo giorno per prepararsi a quel momento e invece, l’unico risultato che aveva raggiunto era stato quello di affezionarsi a Keiichi sempre di più. Fino a che, un giorno, si era reso conto, quasi con stupore, di considerarlo come un figlio.

Era stata una bella sensazione sentirsi padre. E forse era stato proprio per questo motivo che non si era più preoccupato del momento in cui avrebbe dovuto dirgli addio. Aveva deciso che si sarebbe goduto quel tempo con lui a prescindere dal futuro, ma la consapevolezza che per niente al mondo sarebbe mai riuscito a prendere il posto di Sesshomaru, era rimasta sempre presente in un angolino della sua testa. Era consapevole del fatto che avrebbe potuto smuovere mari e monti, ma quello di cui Keiichi aveva realmente bisogno era la presenza di suo padre e Inuyasha non era minimamente compreso in quella necessità. 

Sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe avuto un figlio, un figlio suo e di Kagome, frutto del loro amore, che avrebbe tenuto con sé il più possibile e che non avrebbe allontanato per niente al mondo, ma non era ancora arrivato quel momento. Ed ora, doveva fare ciò che era meglio per Keiichi, anche se era una scelta dolorosa.

Per tutta la notte rimase su quell’albero, a riflettere e dormire. Non scese neppure quando sentì Miroku chiamarlo per chiedergli di andare a cena da loro. Ascoltò distrattamente le parole del nipote mentre spiegava la sua decisione di riportarlo dal padre e quando l’immagine dei volti dei suoi amici, pieni di tristezza e preoccupazione, gli invase la mente, sbuffò seccato, sforzandosi di non ascoltare più.

Sarebbe stato bene. Infondo aveva passato gran parte della sua vita da solo. Il fatto che Keiichi se ne andasse non cambiava proprio nulla. Non aveva bisogno che qualcuno gli dimostrasse compassione. Sarebbe senz’altro stato bene.

 

 

Quando i primi raggi del sole filtrarono attraverso i rami dell’albero, colpendolo dritto sul volto, si rese conto di essersi addormentato. Il sole non era molto alto, segno che l’alba doveva essere passato da poco. Senza aspettare oltre si lasciò cadere, atterrando ai piedi del tronco con estrema grazia, nonostante il volo di svariati metri.

Seguì l’odore di Keiichi fino alla capanna, stupendosi di vedere già tutti in piedi, ad aspettarlo.

- Sono pronto. – lo sentì dire, non appena si accorse della sua presenza.

Annuì semplicemente, rivolgendo poi un’occhiata a Sango e Miroku. Sui volti di entrambi si leggeva una grande incertezza, ma nessuno dei due diede voce a quei dubbi. Sapevano che, anche se era doloroso, era lui a dover decidere e che in quel momento stava facendo la cosa migliore per il giovane mezzo-demone.
Tutti lo salutarono con le lacrime agli occhi e Inuyasha quasi si divertì nel notare l’imbarazzo che il ragazzo stava man mano accumulando. Fu quando poi Sango lo abbracciò che lo vide arrossire a dismisura e pensò che forse era arrivato il momento di salvarlo.

- Ah, ma quanto la state facendo lunga! Non vi state mica dicendo addio! Tornerà a trovarci spesso, non se ne sta andando via per sempre! – protestò Inuyasha infastidito, ricevendo un’occhiata di gratitudine dal nipote, ancora stretto dall’abbraccio stritolante della sterminatrice.

- Promettilo! – gli chiese Sango, allontanandolo leggermente, - Prometti che tornerai a trovarci! –

E Keiichi annuì con convinzione, guardando prima lei e poi il suo migliore amico, che gli sorrise di rimando.

Avevano passato tutta la notte a parlare, dopo essersi chiesti scusa a vicenda ed essere scoppiati a ridere insieme, come quando erano piccoli. L’idea di doversi separare non era andata particolarmente a genio a nessuno dei due, ma entrambi l’avevano accettata pensando che fosse la cosa migliore e il fatto di essere ancora legati da quella promessa stipulata anni prima, li rese stranamente fiduciosi ed entusiasti per il prossimo futuro.

- Lo prometto. – sussurrò Keiichi sorridendo.

In fondo, era cresciuto con quella strana, caotica e numerosa famiglia. Loro si erano presi cura di lui quando sua madre era morta e quando suo padre se ne era andato. Lo amavano incondizionatamente. Erano la sua famiglia a tutti gli effetti e non avrebbe mai permesso che quello fosse un addio. Inuyasha aveva ragione: ognuno di loro rappresentava una certezza.

Fu con questi pensieri per la testa che Keiichi e Inuyasha si misero in viaggio, diretti ad ovest.

 

 

***

 

 

Per diversi giorni i due camminarono spediti, fermandosi la notte per riposare qualche ora, scontrandosi solo raramente con demoni di rango inferiore e fermandosi nei villaggi che incontravano lungo la strada, unicamente in caso di necessità.

Più si avvicinavano ai confini con il grande regno dell’ovest, destinazione finale del loro viaggio, più il nervosismo di Keiichi diventava palese e difficile da ignorare.
Per tutto il tempo Inuyasha aveva fatto finta di niente, ignorandolo o cercando di distrarlo, ma la situazione continuava a peggiorare ed evitare di parlarne aveva avuto l’unico effetto di innervosire anche lui. Così entrambi si erano ritrovati di punto in bianco con i nervi a fior di pelle, pronti a scattare alla minima parola storta che si sentivano rivolgere.
Fu per questo che un giorno Inuyasha prese la drastica decisione di fermarsi di colpo nel bel mezzo della strada, con le mani tremanti stese lungo i fianchi e il fumo che gli usciva dalla testa. Si girò verso il nipote, confuso per quell’imprevisto e gli assestò un poderoso pugno in testa.

- Si può sapere qual è il problema?! – gli urlò prima che il ragazzo avesse modo di lamentarsi.

L’occhiataccia che Keiichi gli lanciò di rimando fu così gelida che per un momento in essa riconobbe l’espressione di Sesshomaru, ma immediatamente lo vide abbassare lo sguardo, come se ci avesse ripensato.

- Non ti leggo nel pensiero. – protestò poi indignato, senza tanti giri di parole, - Uffa, quando fai così sei peggio di tuo padre! -

Notò un lampo di soddisfazione e di entusiasmo attraversargli il volto e si ritrovò a pensare, con un moto di stizza, che somigliare a Sesshomaru non era certo una cosa di cui andare così tanto fieri. Stava quasi per andarsene, più infastidito di prima, quando finalmente Keiichi parlò:

- Zio… - lo chiamò e Inuyasha seppe con certezza che in quel momento il nipote era più fragile del solito, dal momento che solo in pochi casi si era sentito chiamare in quel modo e tutte le volte era stato guidato dal bisogno di avere delle rassicurazioni, - non pensi che lui non vorrà saperne di me? Sì, insomma, potrebbe anche mandarmi via… -

Inuyasha si ritrovò spiazzato da quel pensiero. In effetti non sapeva se Sesshomaru l’avrebbe tenuto con sé, aveva semplicemente dato per scontato che l’avrebbe fatto.

- In un modo o nell’altro, lo farà. – gli disse semplicemente, riprendendo a camminare.

Forse ci avrebbe messo del tempo per accettare la sua presenza, forse all’inizio lo avrebbe ritenuto un peso, ma alla fine, ne era certo, si sarebbe abituato alla sua presenza, esattamente come era accaduto con Rin.

Keiichi non riprese più il discorso, sapeva che Inuyasha non l’avrebbe mai ingannato, dicendogli che sarebbe andato tutto bene, con il rischio magari di dargli false speranze, ma in un certo senso, anche se non aveva avuto rassicurazioni, si sentì più tranquillo. Inuyasha avrebbe provato con tutto se stesso a convincere suo padre e questo per il momento gli bastava.  

Una volta arrivati sufficientemente vicini alle terre dell’ovest, iniziarono ad informarsi e a chiedere notizie di demoni presenti in zona, sicuri che la presenza di Sesshomaru o i suoi spostamenti non passassero completamente inosservati.
Fu proprio in uno dei villaggi più vicini al confine che un gruppo di uomini, guidati da un anziano fin troppo in là con l’età, si avvicinò a loro, dopo aver sentito una descrizione di Sesshomaru.

- Anche voi fate parte di quel grande gruppo di demoni venuto qui tre giorni fa? – domandò il vecchio, ricevendo in cambio solo sguardi confusi.

- Un gruppo di demoni? Chi erano? – domandò Inuyasha incuriosito.

- Non lo sappiamo. – parlò un altro, - Saranno stati una cinquantina, demoni di ogni specie, ma molto simili a voi. Anche loro avevano sembianze simili a quelle umane. –

- A me hanno dato l’impressione di provenire da molto lontano e inoltre, non sembravano conoscersi bene: a dire la verità, era come se si fossero trovati insieme per caso. – aggiunse un altro, ricevendo cenni di approvazione.

- Cosa volevano? Vi hanno attaccati? – domandò Keiichi, scambiandosi un’occhiata perplessa con Inuyasha.

- No, hanno solo chiesto informazioni, proprio come voi, su quel demone di cui stavate parlando. –

- Chiedevano informazioni su mio padre?! – fece eco Keiichi.

- Cosa volevano da lui? – si intromise nuovamente Inuyasha, rivolgendosi direttamente al vecchio, - Hanno detto qualcosa a riguardo? –

- No, volevano soltanto sapere quanto fosse forte e hanno chiesto quali fossero i confini del suo regno. –

- Hanno domandato anche quell’altra cosa. – gli ricordò poi un ragazzo forse poco più grande di Keiichi.

- Già, è vero. Hanno anche chiesto se negli ultimi tempi fosse mai accaduto qualcosa di strano ai demoni di questa zona. –

- Qualcosa di strano? Di che tipo? – domandò ancora Inuyasha.

- Abbiamo provato a domandarglielo, ma quelli hanno risposto che se fosse accaduto qualcosa ce ne saremmo sicuramente accorti. –

Inuyasha e Keiichi li ringraziarono per l’aiuto, allontanandosi e proseguendo nella direzione che quegli uomini avevano indicato loro, la stessa dove erano diretti quei demoni.

- Che significa secondo te? – domandò ad un tratto Keiichi, rompendo quel silenzio ormai divenuto insopportabile.

- Non ne ho idea. –

- Volevano sapere di mio padre e probabilmente si staranno dirigendo da lui in questo momento. E poi quella strana domanda… che dovrebbe essere successo ai demoni della zona? Inoltre, non è strano che viaggiassero insieme? Per quanto ne so, è quasi impossibile che demoni di quel tipo si uniscano in gruppi. -

- Sono d’accordo con te. Non è affatto normale… -

In tutta la sua vita Inuyasha aveva osservato i comportamenti dei demoni nei confronti dei loro simili e del resto del mondo. Non era raro che dei demoni si unissero in gruppi, ma questo riguardava soltanto quelli di rango inferiore, dall’aspetto di animali o demoni appartenenti ad una stessa specie, come quelli delle tribù. Mai nella storia aveva visto demoni dalle sembianze umane e di specie diverse unirsi in un gruppo tanto grande. Il naturale istinto alla supremazia e ad accumulare più forza avrebbe dovuto impedire ogni eventuale collaborazione.

Che cosa stava succedendo?

 

 
 

***

 
 

 

Fu dopo dieci giorni esatti dalla loro partenza che finalmente oltrepassarono il confine con le terre dell’ovest e la presenza di Sesshomaru iniziò a farsi sempre più forte. Per qualche ragione, nel giro di pochi passi soltanto, l’aria cambiò radicalmente e un vento gelido si alzò, portando con sé odore di sangue e disperazione.

Inuyasha iniziò a correre ancora prima di capire cosa fosse. Sentiva solo che doveva sbrigarsi. Qualsiasi cosa stesse accadendo doveva essere sicuramente collegata con Sesshomaru e per qualche ragione, non era niente di buono.
Keiichi lo seguì in silenzio tenendo il passo, immaginandone i pensieri e sentendo una morsa serrargli la gola. Poi improvvisamente una grande radura si spalancò davanti ai loro occhi e Inuyasha si fermò di colpo, impedendogli di proseguire.

- Vai lì e non muoverti finché non te lo dico io. – gli ordinò, indicandogli un punto dietro gli alberi.

- No, aspetta, io… -

- Vai lì! È un ordine! –

Keiichi annuì arrabbiato, guardandolo allontanarsi rapidamente. Non capiva. Perché doveva nascondersi? Non riuscì a pensare altro che subito una dirompente folata di vento lo costrinse a serrare gli occhi. Fece appena in tempo a collegare quel vento con la tecnica di Tessaiga, quando l’impatto di due spade che cozzavano ripetutamente fra di loro attirò la sua attenzione. E fu lì che lo vide. Uguale a quando se ne era andato. Lo stesso portamento fiero, la stessa rigidità nell’espressione.

- Padre… - sussurrò e non riuscì ad elaborare altro che non fosse l’immagine del genitore e di suo zio che combattevano.

 

Inuyasha aveva visto distrattamente Bakusaiga prepararsi a scagliare il suo attacco e decine di demoni, chiaramente non interessati ad un combattimento, sul punto di morire. Non aveva capito niente, né si era preoccupato di dover capire. Aveva lanciato la cicatrice del vento e si era scagliato con violenza su Sesshomaru quasi contemporaneamente, non lasciandogli il tempo di riprendersi per la sorpresa.

- Ma hai perso completamente il cervello?! – gli urlò, cercando di disarmarlo.

- Che ci fai tu qui? – rispose gelidamente Sesshomaru assottigliando lo sguardo.

- Non provare a cambiare discorso! Che diavolo ti sei messo in testa, si può sapere!? Cosa c’è, stai progettando uno sterminio di massa per passare il tuo tempo libero?! –

- Non è affare che ti riguarda quello che faccio nel mio tempo libero. –

Poi contemporaneamente i due si fermarono, limitandosi a squadrarsi, pronti ad un nuovo attacco.

- Hei voi! – urlò Inuyasha non distogliendo l’attenzione dal fratellastro, ma facendo solo un cenno con la coda dell’occhio al numeroso gruppo di demoni dietro di lui, - Sì, dico proprio a voi! Se ci tenete alla vostra pellaccia, cercate di sparire e in fretta. -

- Tu non devi intrometterti. – sibilò minaccioso Sesshomaru, ma i demoni avevano iniziato già a dileguarsi.

- Peccato. – ghignò Inuyasha, - Chissà, magari se me l’avessi detto prima… Mi dispiace Sesshomaru, ma almeno per oggi dovrai vivere senza il tuo omicidio quotidiano. –

Il demone si limitò ad un’espressione seccata, prima di riporre nel fodero la sua spada e voltarsi.

- Non pensare di andartene così! Non ho fatto tutta questa strada solo per prendere un po’ d’aria fresca. Ho una faccenda importante da discutere con te, ma prima voglio assolutamente sapere cosa ti passa per la testa! Chi diavolo erano quelli? –

- Nemici. –

- Non dire assurdità, Sesshomaru! C’erano dei bambini in quel gruppo! Non credo che un nemico si porti appresso dei cuccioli! –

- Forse. – rispose in modo enigmatico, guardandolo con quell’aria di superiorità che riusciva a mandare Inuyasha letteralmente fuori di testa.

Ora ne era davvero sicuro: lo avrebbe ucciso. All’istante. In modo veloce e indolore. Non gli interessava che soffrisse, non era importante vederlo steso a terra, agonizzante, nell’ultimo superfluo tentativo di implorare pietà. Nonostante una simile scena fosse il suo sogno segreto da secoli, avrebbe anche potuto rinunciarvi in quel momento. Tutto, pur di ucciderlo davvero.

- Che diavolo vuol dire forse?! Volevi ucciderli! Pensavi fossero nemici!? Che ti è successo? -

- Sai mezzo-demone… - e il diretto interessato sussultò, perché per quanto ne potesse dire, erano anni che Sesshomaru non lo chiamava in quel modo, - non importa quanto tempo possa passare, tu resti sempre il più grande fra gli ottusi. –

- Bastardo, che cosa hai detto?! –

Inuyasha si mise in posizione d’attacco, guardandolo minaccioso, ma Sesshomaru agitò appena una mano, invitandolo a calmarsi.

- Non te lo consiglio. Attaccarmi, intendo. Ora come ora, non hai nessun valore per me. La tua esistenza, mezzo-demone, è inutile. Non esiterei un solo istante a farti fuori e credimi, non riusciresti neppure a difenderti. Perciò, non attaccarmi, se non vuoi morire. –

Inuyasha sussultò, finendo inevitabilmente con il seguire il consiglio. Non sapeva per quale ragione, ma solo guardandolo negli occhi, era sicuro che Sesshomaru non stesse affatto mentendo. Se avesse fatto qualcosa di sbagliato, lui l’avrebbe attaccato senza esitare, e probabilmente, a differenza dei loro ultimi scontri, questa volta sarebbe riuscito ad ucciderlo davvero.

Possibile che fosse cambiato così tanto?

- Ti fidi sempre troppo, mezzo-demone. Di me, di quei demoni, degli umani… Quegli inutili esseri pretendevano il mio territorio e che io sprecassi energie per difenderli. Non meritavano di vivere. E per quanto riguarda te, pensavi forse che le cose fra noi fossero cambiate? Che ti considerassi… mio fratello? -

Inuyasha sentì il suo cuore colmarsi di delusione e improvvisamente si rese conto che, anche se poteva sembrare strano, la risposta a quella domanda era molto diversa da quella che avrebbe dato in passato.

Sì, lo aveva pensato. Inconsciamente, negli ultimi anni, aveva iniziato a vedere Sesshomaru non per il demone bastardo, assetato di sangue, che voleva la sua morte, ma come il fratello antipatico che comunque tollerava la sua presenza. Nella sua mente, la sua immagine era cambiata a poco a poco ed era vero quello che Sesshomaru diceva: alla fine aveva iniziato a fidarsi di lui. Non era stato un percorso immediato, anzi, tutto il contrario, eppure ogni volta sempre di più aveva finito con l’abbassare la guardia in sua presenza, a credere che non fosse in pericolo, perché dopotutto. per la prima volta, erano dalla stessa parte e condividevano qualcosa.

Inuyasha si fidava di Sesshomaru.

- Vedrò di non dimenticarlo più. – disse solo, sostenendo il suo stesso sguardo, separando l’immagine del vecchio Sesshomaru da quella dell’individuo che si trovava davanti, trattandolo nuovamente per quello che era: un estraneo, un nemico.

Improvvisamente fu solo il vento a fare da testimone a quello scontro silenzioso, mettendo a tacere domande che non avrebbero mai avuto risposta e dolorosi rimorsi che avrebbero continuato a crescere ed intensificarsi, fino a trasformarsi in urla strazianti di disperazione. Poi ad un tratto ci fu un cambiamento nell’aria ed entrambi lo notarono, sussultando.

- Portalo via. – disse lapidario Sesshomaru ed Inuyasha strinse i pugni, fremendo di rabbia.

Non lo avrebbe considerato suo fratello. Non lo avrebbe considerato un alleato. Avrebbe fatto in modo di non rivederlo mai più, per tutto il tempo che gli restava da vivere, ma Keiichi… lui non avrebbe avuto quel trattamento, ad ogni costo.

- Non lo farò. –

- Mezzo-demone, pensi che mi farò forse problemi ad abbandonarlo a se stesso? – lo sfidò Sesshomaru, mentre un nuovo grido nella sua testa veniva soppresso con forza.

Inuyasha dovette impegnarsi con tutto se stesso, per evitare che la rabbia incontrollata che provava esplodesse.

- Anni fa hai detto che io e Keiichi siamo diversi. – disse, mentre un lampo d’odio gli infiammava lo sguardo, - Hai detto che Keiichi non sarà mai come me. Che vuoi fare ora?! Vuoi che lui diventi come me? Senza una madre e senza un padre, solo al mondo, costretto a dover sopportare l’odio di chiunque incontrerà sul suo cammino?! È questo che vuoi?! –

- Se la caverà da solo. –

- Se la caverà da solo!? È tutto qui quello che sai dire?! Pensi che Rin sarebbe felice di questo?! –

E fu solo un attimo, prima che si ritrovasse ad annaspare disperatamente in cerca d’aria.

- Non osare nominarla. –

Inuyasha si ritrovò steso a terra a tossire convulsamente, nel tentativo di tornare a respirare normalmente.

- Se sei così preoccupato per lui, continua ad occupartene come hai fatto finora e non venire più ad importunare me. –

- Dannazione, Sesshomaru… - sussurrò, spingendo con forza i pugni contro la terra, rialzandosi lentamente, - lo vuoi capire che io… io non vado bene… io non sono suo padre! – urlò improvvisamente e in quella frase, lasciò trapelare tutto il dolore che provava, per quella separazione che si stava costringendo a fare, - Per quanto possa vederlo come un figlio, per quanto possa prendermi cura di lui, io non sono suo padre… non è di me che ha bisogno! Keiichi è tuo figlio, tuo figlio, maledizione! Tuo e di Rin! Perciò smettila di fare la vittima incompresa e prenditi cura di lui come avrebbe voluto lei, come avrebbe fatto lei! E non mi importa se ora mi ucciderai, ma devi aprire gli occhi! Perché Rin lo amava più di ogni altra cosa e se ora lo lasci andare, se lo abbandoni a se stesso, devi essere consapevole del fatto che stai gettando via ciò che lei più amava! Te ne rendi conto, Sesshomaru!? –

Il demone non rispose. Rimase immobile e impassibile come sempre. Poi si voltò semplicemente verso gli alberi, dove poco prima aveva sentito la presenza di suo figlio.

Era cresciuto così tanto… pensò, non staccando gli occhi da lui. Gli somigliava, gli somigliava in un modo incredibile: i capelli, gli occhi, quei segni demoniaci sulle guance, l’espressione e l’atteggiamento inconsapevolmente fiero, ma dietro a tutto quello che si vedeva in apparenza, Sesshomaru riuscì a scorgere chiaramente l’immagine di Rin. Nei lineamenti fini del volto, nella dolcezza che esprimevano i suoi occhi, nell’impazienza che sembrava torturarlo.

Quello era… il loro bambino. Lo stesso che lo aveva chiamato papà a tre anni suonati e lo aveva abbracciato inondandogli il cuore d’amore, lo stesso che aveva espresso il desiderio, a cinque anni, di voler essere un demone forte come lui, così da renderlo orgoglioso; lo stesso che, a sette anni, aveva giurato vendetta ad un demone ormai morto stecchito solo per aver osato fare un graffio sul bracciò del suo papà; lo stesso che Sesshomaru aveva abbandonato, perché guardarlo negli occhi era diventato improvvisamente troppo doloroso.

Ma ora, quelle urla… quel rimorso… dovevano assolutamente smettere di esistere.

Inuyasha si allontanò da lui senza aspettare una risposta, positiva o negativa che fosse. Dopotutto, aveva una buona sensazione, o quantomeno, era abbastanza sicuro che in caso contrario non sarebbe stato ancora in vita per formulare quei pensieri.
Così gli voltò le spalle. Aveva fatto tutto il possibile, il resto spettava unicamente a Sesshomaru e alla presenza di Keiichi. Continuò a camminare verso il nipote, con un accenno di sorriso sulle labbra e quando lo vide corrergli incontro con lo sguardo preoccupato e speranzoso, mise su la migliore delle espressioni vittoriose, scompigliandogli poi i capelli, nascondendo la nostalgia e il dolore che già avevano preso in ostaggio il suo cuore.

- È andata bene? Che ha detto? Lui… ? -

- Idiota. – lo interruppe con un leggero pugno sulla testa, meritandosi un’occhiata di rimprovero e un broncio profondamente offeso, - Te l’avevo detto che si sarebbe preso cura di te, a prescindere che lo volesse o meno, no? Non sarà per niente facile, ma la tua presenza lo aiuterà a tornare quello di prima. Devi solo avere un po’ di pazienza. – lo incoraggiò poi, pensando che per fortuna aveva avuto l’idea di farlo nascondere in un punto sottovento, in modo che non ascoltasse la loro conversazione.

- Lo aveva detto anche la mamma… - sussurrò Keiichi sorridendo appena.

- Ora vai moccioso, muoviti, prima che se ne vada e ti lasci qui. – lo spinse improvvisamente, riprendendo a camminare nella direzione opposta, senza voltarsi indietro.

Quel momento era fin troppo doloroso di per sé, non avrebbe contribuito a renderlo ancora più straziante, riempiendolo di parole smielate e raccomandazioni superflue.

Improvvisamente si ritrovò a constatare che anche quella storia era finita. Era finita davvero. Un altro nome si era aggiunto alla lista delle persone che avevano fatto parte della sua vita e che l’avevano abbandonato, ma andava bene così, era la cosa più giusta.
Avrebbe riscoperto cosa si provava a starsene da soli, senza nessuno a cui dover badare, senza nessuno di cui doversi preoccupare. Avrebbe riscoperto il silenzio.
Beh, almeno per il tempo del viaggio di ritorno. Una volta al villaggio sarebbe ripiombato nel folle caos, generato da poppanti urlanti e adulti fuori di testa, che era la famiglia di Sango e Miroku. Avrebbe davvero dovuto impegnarsi per non mostrare loro il dolore che la separazione con Keiichi gli stava procurando e se li conosceva almeno un po’, era sicuro che sarebbe stato tutto inutile. Lo avrebbero tartassato e trattato con mille e più premure, proprio come quando se ne era andata via Kagome.
Forse avrebbe fatto meglio a godersi la poca tranquillità durante quel breve viaggio di ritorno.

- Inuyasha! – si sentì chiamare improvvisamente e tremò all’eventualità che tutto il discorso di poco prima non avesse avuto il minimo effetto su Sesshomaru.

Vide Keiichi corrergli incontro, fermandosi proprio davanti a lui. Sembrava vagamente pensieroso e titubante, mentre spostava il peso da una gamba all’altra. Poi ad un tratto lo guardò dritto negli occhi con rinnovata decisione.

- Non andare a sud. –

Inuyasha sgranò gli occhi, sbattendoli ripetutamente. Avrebbe voluto chiedere cosa volesse dire quella frase, ma tutto quello che riuscì a dire fu:

- Eh? –

- Non guardare me! Io non ne ho proprio idea. Parla ancora meno di prima! Sarà una fatica enorme riuscire a capirlo! – cercò di lamentarsi Keiichi, ma dal sorriso che affiorava spontaneamente sul suo volto non sembrava essere poi tanto disturbato da quella nuova scoperta, - Ha detto solo: non andare a sud. Quindi, beh, suppongo che non dovresti andarci. Tutto qui. –

Inuyasha lo voleva uccidere. Kami-sama se lo voleva uccidere!

- Tzè. Poteva anche risparmiarselo. – borbottò, voltandosi arrabbiato, ma ancora una volta Keiichi lo fermò.

- Che c’è ancora?! –

Il mezzo-demone abbassò lo sguardo imbarazzato, torturandosi appena le mani.

- Ecco, io… volevo dirti… grazie… sì, insomma, per tutto quello che hai fatto. Grazie. –

- Tzè! Ma senti che moccioso idiota. – arrossì a dismisura, sforzandosi di non sorridere, – Ritiro quello che ho detto prima: non gli assomigli proprio. Piuttosto… vedi di non sparire e fatti vivo ogni tanto. -

- Lo farò. È una promessa! –

 

 
 

***

 

 
 

Quanto tempo era passato?, si chiese Inuyasha ripercorrendo la strada verso casa.

Trentatré anni…

Poco, troppo poco. Un tempo infinitamente breve.

Il momento del suo ricongiungimento con Kagome gli sembrava lontano come un miraggio e ogni giorno che passava, invece di essere un ulteriore scalino che lo avrebbe portato in cima, non era altro che un nuovo peso che si posava sulle sue spalle, complicandogli il già difficile cammino.

Tutte le persone più importanti della sua vita continuavano a morire o a scomparire nel nulla. Suo padre e sua madre, Kikyo, Kagome, Rin, Keiichi e Sesshomaru. Tra non molto tempo era sicuro che avrebbe dovuto dire definitivamente addio anche a Sango e Miroku.
Tutti se ne andavano e lui continuava a vivere. Che avrebbe fatto quando anche loro lo avrebbero lasciato?

Rimanere completamente solo… sarebbe stato in grado di sopportarlo?

 

 

 

 

 

 
 

 

 

Angolino di Aredhel

 

 

 

No, non sono un miraggio, ma quasi. :P

Nuovamente (sì, lo so, sto diventando ripetitiva) vi chiedo immensamente scusa per il ritardo. Credevo che sarei stata un po’ più libera con la fine dell’università e invece ho avuto diversi imprevisti. :P Comunque, spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo lungo quasi quanto il precedente. A me, personalmente, non fa impazzire, quindi vi chiedo un giudizio brutale e sincero: che ne pensate?

Sono molto tentata di lasciarvi il solito siparietto-lezioncina di storia, (anche una di geografia inizia ad essere necessaria) ma temo proprio che stavolta dovrò trattenermi per non anticipare troppo ciò che avverrà effettivamente nel prossimo capitolo. In ogni caso, vi ho lasciate qualche indizio sparso nel capitolo. Qualcuno vuole fare delle ipotesi? Che cosa pensate che accadrà?

Il prossimo capitolo, che spero arrivi presto, ma non prometto niente, perché a quanto pare mi porto sfortuna da sola, si intitolerà… eheh… no facciamo così, vi do due indizi perché sono tanto buona: il primo titolo che avevo messo al capitolo, ma che ho recentemente scartato, era Un incontro inaspettato (chi indovina di chi si parla?), ma il nuovo e decisamente più sadico titolo è… Preludio di una tragedia… muahahah. Sì, ci saranno tanto amore e risate. :P

Un bacio grande a tutti e un grazie infinito a chi continua a seguirmi nonostante i tremendi ritardi. Vi adoro!

 

Aredhel

 

PS. Se qualcuno di voi ricorda ancora l’altra mia storia… bravi, quella piena di rapimenti e follie :P non ho idea di quando la aggiornerò. Sono bloccata, ma bloccata che non potrei essere più bloccata, quindi non so, armatevi di tanta pazienza e perdonatemi. Prometto che ritornerò anche con quella. ;)

 


 

  
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