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Autore: Son of Jericho    11/07/2014    0 recensioni
Una nuova e terribile minaccia demoniaca incombe su San Francisco e sulle Halliwell.
Le Streghe si troveranno ad affrontare qualcosa di mai visto prima, capace di sconvolgere le loro vite e di mandare in frantumi ogni loro certezza. Ogni aspetto personale e privato della loro magia sarà in pericolo, e questa volta neanche il Potere del Trio potrebbe essere abbastanza...
Quando Phoebe riprende conoscenza è sola, dolorante e senza memoria. Ignara di ciò che le è successo, e senza poter neanche immaginare l'inferno che attende lei e le sue sorelle.
Disclaimer: i personaggi non appartengono a me ma ai loro legittimi proprietari, e questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Genere: Avventura, Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Leo Wyatt, Paige Matthews, Phoebe Halliwell, Piper Halliwell
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2:
Bad Bad News



Paige entrò di corsa nel soggiorno, dove si erano riuniti Piper, Phoebe e Leo, folgorata da un’illuminazione. - Ricordate cosa ha urlato il demone, prima di rincorrere Phoebe su in soffitta? -
Piper fece una smorfia. - Io non ho sentito niente. Ero troppo impegnata ad essere scagliata da una parte all’altra della stanza. - Leo, seduto al suo fianco, sogghignò.
Phoebe si indicò la testa e si strinse nelle spalle. - Io non ricordo nemmeno che aspetto aveva. - poi simulò un sospiro dispiaciuto. - Anche se fosse assomigliato a George Clooney, non potrei saperlo. -
- Tranquilla, non ti sei persa un granché. - le disse Piper scuotendo il capo.
- Era brutto? -
- Abbiamo mai incontrato un demone carino? -
- Beh, uno sì, anche se era mezzo umano… -
- Alt! Non lo voglio sentire nemmeno nominare. Comunque, diciamo solo che non era niente in confronto al mio Leo. - Piper iniziò a lanciare al marito una serie di sguardi complici e di classici sorrisi da innamorati, mentre Phoebe osservava divertita quella che per lei era la coppia più felice del mondo.
- Scusate se vi disturbo. - Paige provò a riprendere la parola, alzando la mano come a scuola. - Possiamo tornare alla mia idea? -
Piper interruppe l’idillio con Leo e riportò l’attenzione sulla sorella. - Certo, scusa. Insomma, che ha detto? -
- “Il Magno vi annienterà!” -
- Questi demoni dovrebbero rinnovare il loro repertorio. - sussurrò Piper a Phoebe, mettendosi una mano davanti alla bocca come se non volesse farsi vedere. - Stanno diventando davvero monotoni. -
Leo, intanto, sembrava l’unico intento a riflettere sulle parole del demone. - “Il Magno vi annienterà”? Che dovrebbe significare? -
- Che questo demone, oltre a soffrire di manie di grandezza come tutti gli esseri malvagi, ha anche il vizio di parlare di sé in terza persona. - scherzò Phoebe.
- Io non credo che si stesse riferendo a sé stesso. - la corresse immediatamente Paige. - Non aveva l’aria di essere così… “grande”. -
- Perché? Assomigliava forse a Danny DeVito? - Phoebe poteva aver perso la memoria, ma di certo non aveva perso la voglia di fare dell’ironia, anche quando si trattava di demoni.
Paige finse una risata e scelse di ignorarla. Non pareva esattamente in vena di battute, e inoltre aveva la vaga impressione che nessuno la stesse prendendo sul serio: Piper era più interessata ad ammirare il suo Leo, mentre Phoebe stava prendendo a cuor fin troppo leggero l’intera faccenda. Non che le desse effettivamente fastidio, ma un minimo di considerazione era forse chiedere troppo?
- No, intendevo… -
- Paige, perché ti stai preoccupando così tanto? - la interruppe duramente Piper, come se avesse fretta di mettere fine a quel discorso. - Lo abbiamo eliminato, no? Sono io quella che si preoccupa, e in questo momento non lo sto facendo. Perché vuoi farlo tu? -
Paige sembrò prendere quella domanda come una sfida personale, e l’accettò. - Perché potrebbe esserci qualcos’altro dietro l’attacco di questa mattina. -
Piper capì dove voleva arrivare. - Ok, questo potrebbe essere un buon motivo. - e d’un tratto la questione diventò della massima urgenza. - Stai dicendo che quel demone potrebbe essere stato mandato qui da qualcuno? -
- Esatto. Non sarebbe la prima volta. -
- No, infatti. - “Ecco, lo sapevo. Mai che si possa avere un attimo di pace in questa casa.”
Se Paige aveva ragione, e in quanto a intuizioni raramente sbagliava, allora la situazione diventava davvero delicata: quello non era stato il semplice attacco di un demone qualunque, ma stava a significare che erano finite di nuovo nel mirino di un essere potente. E l’esperienza aveva insegnato loro che con gli esseri potenti, puntualmente arrivavano anche le complicazioni.
Piper si alzò sbuffando. - E visto che non abbiamo idea di chi o cosa si tratti, sarà meglio non perdere tempo. - “Prima lo togliamo dalla circolazione, prima potrò tornare alla mia vita familiare.” - Sappiamo solo che si chiama “Magno”… - si fermò improvvisamente e si voltò verso Phoebe, puntandole contro il dito. - E adesso contieniti dal fare battute sul fatto che è affamato. -
Phoebe si mostrò sorpresa e assunse un aria da angioletto innocente. - Quali battute? -
- Magno… mangio… affamato… lo sai. -
Phoebe girò la testa dall’altra parte. - Non so di cosa tu stia parlando… - ma in realtà, quel gesto serviva solo a non far capire a Piper che l’aveva scoperta. In effetti aveva pensato a qualche battuta del genere, ma le avrebbe lasciate per un altro momento.
Piper, che sembrava aver preso in mano le redini come un vero capitano, ripartì: - Dobbiamo consultare il Libro delle Ombre, forse lì c’è qualcosa che ci può aiutare. -
Paige annuì. La caccia al demone era ufficialmente iniziata. - Io farò un salto alla scuola di magia. -
Ed ecco che, come ogni volta che si presentava un nuovo demone, si ripeteva la stessa scena, in cui l’intraprendenza delle ragazze andava a scontrarsi con una routine ormai affermata: Piper e Phoebe a controllare il Libro delle Ombre, Paige alla scuola di magia ad esaminare qualche antico tomo, e Leo… a girovagare senza poteri.
Paige era già pronta ad orbitare, ma proprio un istante prima che partisse, Piper la fermò.
- Aspetta. - fece un cenno frettoloso al marito e lo invitò a tirarsi su. - Puoi portare Leo con te? Magari potreste controllare Wyatt e Chris, che sono rimasti là. Vorrei essere sicura che stiano bene. -
“Chi è adesso quella che non si stava preoccupando?” pensò Paige chiamando accanto a sé Leo. - Nessun problema. -
Anche Phoebe, per non sembrare meno battagliera delle sue sorelle, si alzò in piedi e batté le mani come a voler suggellare il piano. - Bene, allora: mentre Prue e Leo vanno alla scuola di magia, io e Piper… - si bloccò quando si accorse che tutti la stavano fissando con occhi sgranati.
- Che c’è? - Nessuno fiatò. Poi, come un flash, Phoebe si rese conto del clamoroso errore. - Paige… volevo dire Paige! - Provò a ricorrere al suo proverbiale sorriso furbetto e imbarazzato che cerca di essere convincente e rassicurante, ma ormai il danno era fatto.
Paige la stava fulminando con tutta la forza che aveva, la sua espressione era mutata radicalmente, e il suo sguardo era pieno di stati d’animo uno più ostile dell’altro.
Uno sguardo che nessuno vorrebbe mai vedere negli occhi della propria sorella. - Come mi hai chiamata? - anche il tono della voce si era indurito.
Nella stanza l’aria sembrava essersi fatta irrespirabile, Leo e Piper continuavano a lanciarsi occhiate incredule, ma era come se nessuno avesse il coraggio di parlare.
- Scusa… - Phoebe provò timidamente a giustificarsi. - Sarà stato un banale lapsus Freudiano… -
- Non aggrapparti ai tuoi studi di psicologia! - “Come se fossi l’unica sulla faccia della Terra ad avere una laurea!”
- Sai com’è: la testa… l’amnesia… - Phoebe fece un ulteriore tentativo, ma era già troppo tardi.
- Io non credo! - tagliò corto Paige, poi si voltò verso Leo e gli ringhiò contro: - Andiamo! -
Per la verità, Leo avrebbe preferito che quel diverbio si concludesse con un chiarimento tra le due, ma prima che potesse dire qualcosa o almeno salutare la moglie, Paige lo afferrò rabbiosamente per un braccio e insieme svanirono in un turbine di luci bianche e azzurre.
Una volta che Piper e Phoebe furono sole, il tempo per loro sembrò bloccarsi. Entrambe se ne stavano immobili e in silenzio, come catturate in un fotogramma.
Piper era ancora scioccata da come le cose avessero preso una tale brutta piega in così poco tempo: un attimo prima le sue sorelle erano pronte a combattere un demone, un attimo dopo parevano sul punto di volersi tirare i capelli.
Erano bastate appena quattro lettere per scatenare un putiferio.
In qualità di sorella maggiore, Piper si sentiva in dovere di fare il possibile per superare quella fase di stallo, ma purtroppo non aveva idea di quali parole usare con Phoebe. E in realtà, non era nemmeno sicura se avesse dovuto dire qualcosa o no.
Cercò almeno un contatto visivo con la sorella, ma Phoebe continuava ad evitare ogni sguardo e a fissare il punto in cui fino a qualche istante prima erano Paige e Leo.
La reazione di Paige aveva lasciato Phoebe completamente spiazzata, quasi frastornata.
Sapeva che probabilmente l’aveva combinata grossa, e le dispiaceva tantissimo, ma era anche convinta che Paige avesse esagerato. Aveva sollevato un polverone, e non ce n’era alcun bisogno. Quello non era proprio il momento di mettersi a litigare. A quanto pareva, avevano cose più importanti a cui pensare.
Per esempio, a colui che indirettamente aveva provocato quel caos.
Phoebe si diresse decisa verso le scale, lasciando indietro anche Piper. - Andiamo in soffitta e scoviamo questo demone. -
Mentre saliva, i suoi pensieri tornarono all'attacco di quella mattina, alla caduta che le aveva fatto perdere la memoria, alla ferita al braccio, e inevitabilmente anche alla discussione con Paige. - Metterò pure questo sul suo conto. -

In quel momento, mentre le Halliwell cercavano di gestire lo spiacevole quanto inaspettato inconveniente, negli inferi si registrava un grande fermento.
Una nutrita folla di demoni, tutti vestiti rigorosamente di nero, si era accalcata e aveva occupato una delle grotte più grandi del mondo sotterraneo.
L’ambiente, come tutto il resto d’altronde, era tetro e lugubre, rischiarato solamente dalla luce fioca di qualche braciere sparso qua e là. Sulle pareti di roccia rosso corallo, grondanti liquidi indefiniti, erano proiettate almeno una cinquantina di ombre, una vicina all’altra.
Sembravano in attesa di qualcosa, o di qualcuno. Davanti a loro, però, c’era solo una fiaccola spenta piantata nel terreno, e nient’altro.
La maggior parte dei demoni restava in silenzio, e anche quelli che parlavano lo facevano a voce bassa, come per una sorta di timore reverenziale. La sensazione era che avessero quasi paura di alzare troppo il tono e di disturbare qualche entità invisibile.
A un tratto la fiaccola si accese da sola, sprigionando una fiamma alta e vigorosa, e il mormorio generale di colpo tacque, lasciando a echeggiare nella caverna solo il crepitio del fuoco.
Era il segnale.
La terra oltre la torcia tremò, e dal suolo cominciò lentamente ad innalzarsi una colonna di fuoco che ruotava vorticosamente su sé stessa.
Una volta raggiunta la superficie, questa ridusse la velocità, fino a fermarsi ed assumere le sembianze di un uomo calvo e molto magro, che indossava una tunica nera e aveva una fascia color oro legata attorno alla vita.
L’individuo si mise a scrutare il gruppo di demoni, passando in rassegna ogni volto come a voler studiare con attenzione chi avesse di fronte.
Poi, quando fu soddisfatto di ciò che stava vedendo, esibì un diabolico sorrisetto e chinò il capo.
Non era solo.
La caverna fu colpita da un’altra scossa sismica, che annunciò l’arrivo di un nuovo vortice incandescente. Rispetto al precedente, però, questo secondo era diverso: era più grande e imponente, e al suo interno schioccavano delle scintille blu simili a scariche elettriche.
Quando le fiamme si arrestarono, a fianco dell’individuo calvo si manifestò un essere più oscuro e inquietante di quanto fossero tutti gli altri demoni messi insieme.
Aveva una corporatura possente e maestosa, e portava una tuta nera aderente dalle bordature scarlatte che sembrava fatta apposta per mettere in evidenza il fisico; le spalle erano coperte da un lungo mantello dorato, mentre un cappuccio rosso calato sulla fronte rendeva impossibile vedergli il viso, che rimaneva avvolto nell'ombra.
Riusciva ad incutere timore anche solo a guardarlo, e infatti, tutti i demoni si limitavano ad stare in religioso silenzio, con il solo dovere di ascoltare.
Per certi versi, ricordava la Sorgente originale.
Ma quell'essere spaventoso si era recato negli inferi per una ragione ben precisa, e adesso tutti stavano aspettando con una strana ansia che lui parlasse e spiegasse loro perché erano stati convocati.
La voce dell'essere tuonò nell'intera caverna, e forse anche in quelle adiacenti. - L'ultimo messaggero ha fallito. -
Dalla schiera di sudditi, come era facile prevedere, non giunse alcun commento.
Passarono una decina di secondi, prima che l'essere riprendesse. - Chi era l'amico di Den? -
Quella richiesta, che apparentemente era senza significato, ebbe però l’effetto di pietrificare tutti i presenti, anche perché il tono con il quale era stata espressa assomigliava più a una minaccia che altro.
- Coraggio! - li esortò anche l’individuo calvo, braccio destro dell’essere spaventoso.
Alcuni demoni si guardarono confusi tra loro, ma nessuno muoveva un muscolo.
Poi, dal folto gruppo, si fece avanti un ragazzo piuttosto giovane, con i capelli biondi pettinati all’indietro. Con passo insicuro, come se avesse i piedi ricoperti di cemento, superò la fiaccola e si presentò davanti ai due che lo avevano chiamato.
- Tu sei colui che lo aveva raccomandato per la missione? - chiese l’essere, freddo e imperscrutabile come un professore ad un esame.
Il ragazzo deglutì a fatica a annuì al rallentatore.
- Che cosa avevo detto a Den prima che partisse? -
Il giovane esitò a lungo, prima di rispondere. - Che se avesse fallito… lo avrebbe eliminato. -
- E cosa ha fatto? - la voce dell’essere, con l’andare dei minuti, appariva sempre più bassa e cupa, capace di far tremare anche le rocce.
- Ha… fallito. -
- Bravo. E quindi è arrivato il momento di… -
- Ma… - anche balbettando, il giovane ebbe l’ardire di interrompere l’essere spaventoso. - Den è già stato eliminato dalle Halliwell! -
- Ciò che dici è vero… -
L’essere posò la mano destra sul petto del ragazzo, come un padre che rimprovera amorevolmente il figlio che ha commesso una stupidaggine.
- Ma ha anche rivelato alle Prescelte di noi. E qualcuno deve essere punito per questo. -
In quel preciso istante, forse per la prima volta nella sua esistenza, il demone biondo sperimentò cosa fosse veramente la paura.
Il problema, soprattutto per lui, era che di amorevole in quell’essere spaventoso non c’era assolutamente niente. E in quella mano, al posto dell’affetto, c’era una palla di fuoco.
Un forte calore trafisse il giovane alla bocca dello stomaco, mozzandogli il fiato. Il fumo iniziò rapidamente ad avvilupparlo, mentre lui si contorceva in smorfie e rantoli di dolore, e la sua pelle veniva sfigurata dal viola di vene e arterie gonfiate e spinte in superficie.
E quando i suoi occhi sbarrati si persero nel buio sotto il cappuccio dell'essere, fu la sua fine. Disintegrato dalla sfera infuocata che si era insinuata dentro il suo corpo.
- E io mantengo sempre la parola. - affermò l'essere ad opera compiuta, soddisfatto per aver dato una lezione ai suoi sudditi.
“Punirne uno per educarne cento.”
Poi si voltò verso il suo braccio destro, che aveva assistito a tutta la scena con un ghigno sadico.
Era il momento della classica dichiarazione solenne: - Le Halliwell potranno aver vinto una battaglia, ma non vinceranno mai la guerra. -

 

   
 
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