Fanfic su artisti musicali > The Vamps
Ricorda la storia  |      
Autore: njaalls    12/07/2014    4 recensioni
You can hate it or love it
Hustle and the struggle is the only thing I'm trusting.

-
Nessuno sa cosa cazzo ho passato, quante volte sono caduta, quanti pendolari ho visto scendere e salire dai treni alla stazione in cui ci siamo accampati in cerca di un tetto, soldi e fama, nessuno conosce quei cazzo di pavimento luridi che ho dovuto lavare per avere una nuova vita, le ginocchia e le braccia doloranti.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bradley Simpson, Tristan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Grazie per il banner a Hilary C. e scusate per l'assenza a fine capito dello spazio autrice.





Le Louboutins rotte che giacciono sul pavimento rivestito dal parquet, il chiodo appeso alla maniglia della porta a vetri, le luci soffuse, la scrivania piena dei migliori cosmetici, «Troppo costosi» avrei detto un tempo, una cabina-armadio sudata e guadagnata con fatica, notti insonni, piedi doloranti e tacchi da capogiro, rabbia, frustrazione e coraggio, tanto coraggio.
Colleziono scarpe, riviste, abiti e gioielli senza che me ne renda conto, perché nessuno sa cosa cazzo ho passato, quante volte sono caduta, quanti pendolari ho visto scendere e salire dai treni alla stazione in cui ci siamo accampati in cerca di un tetto, soldi e fama, nessuno conosce quei cazzo di pavimento luridi che ho dovuto lavare per avere una nuova vita, le ginocchia e le braccia doloranti.
Eravamo noi, piccoli, spaesati e innocenti e questa innocenza è sparita, evaporata per sempre.
Eravamo soli, le divise scolastiche, la mia gonna a pieghe e la sua cravatta mal annodata, i nostri occhi stanchi, gonfi e arrossati, tre lavori e due anni di risparmi alle spalle.
Eravamo audaci, coraggiosi e avevamo solo sedici anni, ma ora lavoriamo nella nostra stessa merda e abbiamo incoronato i nostri sogni, troppo grandi per il posto da cui veniamo.
E mamma e papà, vi amo e mi dispiace, un giorno ripagherò i vostri sacrifici, lo giuro, fosse l'ultima cosa che faccio.
Ora il freddo venticello Londinese che entra dalla finestra aperta, la sigaretta accesa, le gambe penzoloni e l'ennesimo ragazzo beatamente addormentato sul letto, le coperte di cotone sparse sul pavimento e la mia aria soddisfatta, ma afflitta da qualcosa che non capisco, sono sempre nella stessa monotona merda in cui lavoro.
Sono cresciuta in fretta, la testa prima del cuore, le gambe prima di tutto. Il primo affare è stato un fallimento, mi hanno derubata, mi hanno praticamente violentata, poi le notti in bianco, stretti come foglie tremanti, i pavimenti che ho pulito sono stati ripagati.
Ora tremo. Tremo per il vento a scompigliarmi i capelli e tremo per la mia innocenza, le Louboutins su cui ho camminato, le stronzate di cui mi circondo e il successo che ho cercato come acqua nel deserto caldo.
Il tipo si sveglia, è bello. Mi guarda, io lo guardo, la sigaretta che si consuma tra le dita e la cenere che cade, chiudo gli occhi e indico con un cenno del capo la porta della mia camera da letto. Ha capito, così pochi secondi e sono di nuovo sola.
Sento delle voci e non vi bado, perché sicuramente è solo Brad, il mio Brad che impreca contro il giocattolo occasionale, me e la nostra vita incasinata e perfetta come una bomba a mano pronta a scoppiare. È solo questione di poco.
Poi compare, il solito cipiglio scuro e sorrido. Quanta forza in un sorriso, mi fanno quasi male le guance, ma non vi bado e porto l'arma letale alle labbra, inspirando a pieni polmoni.
Sento qualcosa bagnare le mie guance e so che lavoro nella mia merda, perché ho ancora un piede scalzo nella vecchia e degradata vita e uno coperto da costose Louboutins nella nuova e perfetta carriera che sto pian piano costruendo. Ci sono ancora i fantasmi del passato a fare capolino e non ho un'ancora, perché l'unica che avevo è andata perduta.
Dei passi riecheggiano in corridoio e si fermano proprio accanto alla figura -delusa, arrabbiata e appena addolcita dalle lacrime amare che lascio cadere dagli occhi- di Brad, manco un battito e rabbrividisco per quello che potrebbe aver visto.
«No» mormoro e la cenere si stacca dalla punta della sigaretta e mi precipito di corsa verso quei passi che ora stanno tornando da dove sono venuti e «Aspetta», lo supplico.
I piedi scalzi che si trascinano sul parquet sembrano gli stessi di una volta, senza classe, se non sono coperti da un tacco, e odio tutto questo, ma non mi fermerò. No, se è tornato indietro per me, no, se l'ho ferito come se di lui non mi importasse e sto deludendo le uniche persone che mi interessano davvero. Vedo i suoi capelli biondi allontanarsi, la sua figura esile camminare veloce e la mia vista si appanna, intanto che cerco di aggrapparmi ancora alla speranza di noi.
Quando sono arrivata in Inghilterra ero determinata a cambiare la mia vita, ma ho ugualmente avuto momenti di depressione e insicurezze, perché avevo sedici anni, un biglietto di solo andata e soltanto un amico al seguito, poi è arrivato Tristan Evans e tutto è cambiato.
Corro a perdi fiato, prende le scale e io lo seguo, ansimate e troppo spaventata all'idea di perderlo un'altra volta. E, se succederà, so che sarà solo colpa mia e del mio ego smisurato, delle mie preoccupazioni e delle mie fissazioni inutili. 
«Tris» chiamo, il respiro corto e le gambe pesanti. Ero inebriata dai drink, mi aveva appena scaricata, ero un muro che si stava sbriciolando e ogni bicchiere di alcol non faceva altro che distruggermi, dalle fondamenta. «Tristan, ti supplico» e questa volta la mia voce è un insieme di emozioni che nemmeno capisco e comprendo, che nemmeno riesco a gestire. Stanno scappando da tutti i lati e vorrei prenderle, tenerle e legarle a me per sempre, per imprimere e marchiare a fuoco tutte le sensazioni che Tristan Evans mi fa provare, ma volano via e non sono abbastanza forte.
Poi si ferma, siamo in strada, il ciuffo alto e le mani strette in due pugni: nel tempo hanno riempito le mie tasche per tirami al suo petto, hanno accarezzato i miei capelli lasciando che le ciocche si confondessero tra le sue dita e mi hanno toccato in tutti quei piccoli, minuscoli, punti del corpo, fino al limite dell'anima. Facendomi sentire amata, facendomi sentire unica e invincibile.
«Non voglio starti a sentire. Torna a casa, per piacere» e scuote la testa e lo vedo, mentre lotta con se stesso, un'espressione dura e capisco che questo è il capolinea, ho appena bruciato l'ultima carta e qualcosa che brucia è irrecuperabile.
Sulle mie guancia scottano le lacrime. «Mi dispiace» singhiozzo e non mi sono mai abbassata a tanto e mai scoperta così, messa a nudo di tutto. «Ti amo, Tristan-»
«Troppo tardi, Lydia» e il mio nome è ruvido come l'asfalto che mi si sta conficcando nei piedi freddi e luridi. E il successo, i soldi, la fama e il sapere di essere qualcuno, questa volta, non possono essere un appiglio per uscirne.
«Lo so» sussurro, ma si è già girato e i nostri ricordi volano via con i miei capelli, spinti lontani dal vento londinese. Non mi ha sentita, il cuore che batte e sento una strana sensazione di soffocamento e mi appoggio ad una macchina posteggiata proprio lì accanto.
Ho bisogno di Tristan, è un attacco di panico e solo lui più aiutarmi ad uscirne, ma è troppo lontano, già dall'altro lato della strada e provo a gridare, urlare e fendere l'aria con il suo nome, ma Tristan non è più in gioco. Game over.
E alla fine lavoro sempre nella mia stessa vecchia merda.
“Conta fino a dieci, Lydia” forse, ogni tanto dovrei ascoltare il mio strizzacervelli, non è affatto male. “Quando qualcosa non va e vuoi una risposta, conta fino a dieci”
«Uno» tento di respirare, il vetro della macchina a cui mi sono poggiata sembra scivolarmi da sotto le dita e io ho bisogno di aggrapparmi a qualcosa. Sto cadendo.
Due, tre, quattro.
Respiro ancora. E Tris scompare, come il mio sorriso, come le sue dita che riempivano le mie mani, come il sole d'inverno e la sensazione di toccare il cielo con un dito.
Cinque, sei, sette.
Volto la testa, le macchine passano sulla strada, veloci come il mio primo pensiero: brutale, pazzo, folle.
Otto, nove.
Mi raddrizzo, la testa che gira, le mani curate e sudate, le gambe pesanti e metto insieme qualche passo. Poi acquisto sicurezza e mi domando se davvero il gioco vale la candela.
Tristan non è la causa, sarebbe da stupiti se lo fosse. È soltanto la goccia che ha fatto traboccare il vaso, perché la verità è che la vecchia vita mi sta soffocando e quella nuova anche. Ho capito che un paio di Louboutins non fanno la felicità e un guardaroba nuovo nemmeno, se non c'è più una privacy e una dignità, se non c'è la decenza nel presentarsi e porgere la mano, se manca un amore che possa alleviare i dolori e leccare le ferite. E io avrei potuto avere un diversivo e l'ho buttato al vento, insieme ai sacrifici e alle nottate, ai pavimenti che ho scrostato e i tre anni di lavori extra in Australia, i tacchi alti e le dormite fuori gli studi per i provini. Che mi rimane? Valgo qualcosa per qualcuno?
L'immagine di Brad mi colpisce al viso come uno schiaffo e brucia e arde sulla mia guancia. Lo ucciderò, ma ho già fatto male tanti passi e commesso tanti errori con le persone che amo di più.
«Dieci» sussurro e la mia voce trema e la mia mente è un turbinio di pensieri, parole e rimpianti, voglie inespresse e desideri. Perché le mie labbra avrebbero voluto il loro ultimo bacio, mentre devono accontentarsi di una qualsiasi bocca di un qualsiasi ragazzo trovato in pub e forse se le sono proprio meritate.
Sento il treno fischiare e il tempo è scaduto, passo dopo passo, insicurezza dopo insicurezza, sto scappando, perché sono codarda e non lo nascondo. Non ce la faccio più e non guardo, perché sarà più facile.
Accelero e supero il marciapiede, ormai quello che è fatto è fatto, non si torna indietro, Lydia.
Qualcuno suona, la ghiaia sotto i piedi fa male e sono già in centro strada. Una frenata, il battito accelerato e un botto.
Non sento nulla, poi il dolore si presenta tutto insieme e le ferite tornano a perdere sangue e, nemmeno questa volta, Tristan me le disinfetterà.
Delle urla, voci, ma non distinguo più nulla e il caos, così come è iniziato, torna a cessare.
Nemmeno quelle Louboutins mi hanno slavato il culo, alla fine.
  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > The Vamps / Vai alla pagina dell'autore: njaalls