0,02 _ giorno 1
Élodie Wymerick, il giorno dopo, si risvegliò con una criptica sensazione di surreale gelo.
Una volta aperti gli occhi, tuttavia, il freddo non risultò così misterioso: immersa in almeno mezzo metro di neve, si trovava ai piedi di un ripido pendio ghiacciato. Non era nemmeno vestita in modo pesante, e tremava di freddo. Alzò la schiena dal bianco.
No, nessun sogno, tutta realtà.
Élodie, tra l’altro, non sembrò curarsi troppo dell’assurda situazione, come se fosse ancora stordita da una qualche caduta. Si fece coraggio, ma non trovò nemmeno la forza di reggersi in piedi. Notò che sotto la sua schiena c’era un antico libro verde, rilegato finemente con fili dorati. Non esitò a coglierlo e ad aprirlo, e constatò in qualche attimo che era pieno di pagine vuote. Non si chiese dove fosse, né cosa fosse quel libro. Quello che voleva sapere, invece, era chi fosse lei stessa. Ricordava facilmente il suo nome, ricordava la sua felpa rossa e i suoi stivaletti invernali, ricordava i suoi capelli chiari e gli occhi celesti, ma null’altro. Aveva la netta e fastidiosa sensazione di aver qualcosa d’importante sulla punta della lingua, ma, pur sforzandosi, non riusciva a mettere in moto la sua memoria più profonda. In quel momento, però, aveva un problema maggiore da risolvere: si trovava ancora seduta nel gelo più totale, senza forze e senza meta.
«Cugina, oltre i pini solo il bianco più totale.» disse qualcuno in lontananza, catturando naturalmente l’attenzione di Miss Wymerick.
«Damian, dobbiamo riuscirci. Con quella taglia potremo risolvere tutti i nostri problemi.» replicò una donna, ancor meno vicina della prima voce.
Élodie, sentendoli avvicinare, cominciò a preoccuparsi. Che stessero cercando proprio lei? Perché no.
«Tranquilla. Prendiamola con filosofia. Alla fine, che speranze abbiamo? Siamo solo sulle tracce della persona più ricercata della contea. Chiunque lo vuole ritrovare, vista la posta in gioco. E cosa ti fa pensare che sia proprio…» e intravide la ragazza seduta nella neve «Hey, Kristine, corri qui, subito!»
«L’hai trovato?!»
«No, no. Ma vieni lo stesso.»
Davanti ai chiari e innocenti occhi della sventurata Élodie apparvero le due figure di cui, fino a quel preciso momento, aveva udito soltanto le voci. Vide un uomo alto dai tipici e squadrati lineamenti nordici e una giovane donna bionda dagli occhi scuri che brandiva una falce. Non la visione più rassicurante del mondo, senza dubbio, ma i due non sembravano affatto malintenzionati. Entrambi erano vestiti con una larga giacca imbottita color verde oliva. Attorno al cappuccio, una soffice pelliccia. L’uomo aveva in spalle un più che sovraccarico zaino nero.
«Che ci fai qui, ragazza? Tutto bene?!» chiese quest’ultimo, notando i leggeri vestiti di Élodie e il forte tremolio delle sue gambe.
«Damian, che domande, è ovvio che non sta bene. Dalle una coperta, presto, ce l’hai nello zaino!»
L’uomo estrasse rapidamente una morbida coperta dal suo inventario e la porse delicatamente alla spaesata dispersa.
«Meglio?» domandò la donna, senza ricevere ancora risposta «Riesci a parlare, almeno? Come ti chiami, da dove vieni?»
Élodie tirò fuori le forze che aveva.
«Élodie… Wymerick. Io… non so… non ricordo null’altro.»
«Amnesia, cugino, amnesia! Portiamola da un medico prima che perda i sensi.»
Detto ciò, Damian prese in braccio la povera e infreddolita ragazza (che non mollò il suo libro vuoto) e corse indietro con la sua collega d’escursioni.