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Autore: pusch98    13/07/2014    1 recensioni
Salve a tutti, son un ragazzo che ha voluto rivisitare Hunger Games con l'aggiunta di un nuovo personaggio Tyson. Un ragazzo rimasto orfano da un esplosione in miniera, che in un certo senso é stato adottato dalla famiglia Mellarck. Vivra in prima persona, l'intera storia di Hunger Games, e verrà in stretto contatto con i vari personaggi della saga. In questo primo capitolo, Tyson dovrà affrontare la paura e L'ansia del fatidico momento della mietitura. Buona lettura e vi prego LASCIATEMI UNA RECENSIONE, COSI SE QUESTO PERSONAGGIO VI PIACE continuerò A FARGLI VIVERE QUESTA MERAVIGLIOSA SAGA. BUONA LETTURA :)
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Effie Trinket, Katniss Everdeen, Nuovo personaggio, Peeta Mellark, Primrose Everdeen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio, deve essere l’alba perché i teneri raggi del sole mi picchiettano sulla faccia. Mi giro e non vedo nessuno, già i miei sono morti. Non sono ancora abituato alla loro assenza nella mia vita. Quel terribile giorno e ancora vivo nella mia testa come se fosse ieri. Ero a scuola, durante la lezione sulla storia di Panem, il preside entrò nella nostra classe e m’invitò nel suo ufficio, ero spaventato ma allo stesso tempo curioso. Non ero mai entrato nel’ufficio del preside. Come ufficio me lo immaginavo più bello, anzi più che un ufficio era una stanzetta bianca, con una libreria traballante, due quadri tanto per dare colore alla stanza, con un tavolo al centro e tre sedie una sul lato sinistro e due sul lato destro. Ci sediamo, subito notai l’espressione seria del preside e dopo qualche minuto di silenzio iniziò a parlare “ Mi dispiace Tyson …………… ma ………… i tuoi genitori ……………… sono morti “ non ci volevo credere, in quel’istante la mia espressione incuriosita, diventò fredda e senza emozioni. Con la voce più calma e fredda che ho gli chiesi “ Come?”. Il preside stava per mettersi a piangere, ma si contenne, e mi rispose “ In miniera c’e stata un’esplosione, non ci sono sopravvissuti”. In quel’istante, mi alzai, ringraziai il preside, e me ne andai. Nel tragitto di casa non mi misi a piangere, ripensai alle parole del preside, e cercai di auto convincermi che non era vero. Arrivai a casa, sperando di trovarli lì, seduti sul tavolo, davanti al fuoco a parlare, ma quando entrai, non c’era nessuno. In quel preciso istante bussarono alla porta, erano due pacificatori, mi ridissero quello che mi aveva detto il preside e se andarono. Da quel giorno dovetti lavora sodo per sopravvivere e con il passare dei mesi quel dolore che avevo dentro passo. Malorosamente, oggi quel dolore, quella mancanza di affetto e tornata, perché oggi e un giorno speciale per Capitol City, e il giorno della mietitura. Con il poco che ho, mi preparo una colazione da portar via. Esco, per andare al Forno e, con i pochi soldi che mi sono rimasti con la morte dei miei, prendermi qualcosa per pranzo. Ma a un metro dal Forno decido di cambiare strada, decido di andare nella foresta. Quando i miei genitori erano ancora vivo, non mi azzardavo proprio a entrare nella foresta perché mi dicevano sempre che la dentro c’erano molti pericoli, ma adesso decido di affrontare questo rischio. Appena entro nella foresta, una sensazione di pace e di protezione mi colpisce. Quel profumo di rugiada mattutina, i magnifici possenti alberi, quel paesaggio mozzafiato che pare essere dipinte su quella magnifica tela che e il cielo, mi fanno dimenticare il dolore della perdita dei miei genitori e la paura della mietitura. A un tratto, sento dei passi, mi nascondo dietro ad un cespuglio molto folto, e aspetto. Vedo arrivare una ragazza, mi sembra di averla già vista, il suo nome mi sembra che sia Katniss ma non ne sono sicuro. Guardandola meglio, la riconosco. È proprio Katniss. Me lo ricordo il giorno che la vidi per la prima volta. La incontrai il giorno che il sindaco mi diede un’onorificenza per la morte dei miei genitori. Anche lei come me aveva perso suo padre in quel’esplosione nella miniera. Ci guardammo soltanto, vidi il dolore nei suoi occhi e credo che anche lei lo abbia visto in me perché appena ci guardammo le scese una lacrima e in labiale mi disse “Mi dispiace”. Poi la vidi anche molte volte a scuola, abbiamo entrambi sedici anni, ma siamo in due classi diverse. Io sono in classe con Peeta. Lui e stato l’unico a confortarmi dopo la morte dei miei, e con il passare del tempo siamo diventati amici anzi migliori amici. Lui mi parla sempre di una certa Katniss, di cui sì e innamorato follemente, ma io non sono mai riuscito a capire chi fosse. Ora che l’ho vista capisco perché e follemente innamorato, e una ragazza bellissima. Non si accorge che la sto guardando, quindi prima che se ne renda conto, decido di andarmene. Vado da Peeta, nel poco tempo che ci rimane prima della mietitura. Appena arrivo lo vedo seduto fuori dalla panetteria. Noto nella sua espressione triste, che ha un problema. Da bravo migliore amico gli chiedo cosa abbia. Lui mi risponde che e spaventato, non vuole andare a capito city, non vuole partecipare agli Hunger Games, non vuole uccidere nessuno, non vuole che Capitol City lo cambi. In quel’istante gli propongo una promessa che non avrei mai pensato di fare e gli dico “Peeta, voglio fare una promessa con te, se mai uno di noi due fossero estratto, promettiamo che ci offriremo volontari al suo posto”. Per un primo momento, Peeta mi sembra turbato e stranito, poi mi chiede “ Perché?”. Gli spiego che voglio fare questa promessa, non perché se uscissi io e lui si offrisse al mio posto io mi salverei la vita, ma e perché non sopporterei vedere il mio unico amico anzi il mio unico fratello morire senza che io abbia cercato di impedirlo. Ci voglio un po’ di minuti prima che Peeta, capisca le mie parole, poi con una voce quasi inudibile mi risponde “Ok, lo faro, però voglio che mi prometti un’altra cosa”. Io, incuriosito, gli rispondo “Va bene, dimmi”. Dopo, un attimo di silenzio mi dice “ Semmai ti offrissi al mio posto, devi promettermi che farai di tutto per vincere gli Hunger Games, perché non vogliono perderti, sei il mio unico vero amico”. Queste parole mi hanno commosso, e con una voce tremolante gli rispondo “ Va bene Peeta, te lo prometto”. E quasi ora della mietitura, quindi ci salutiamo, e andiamo a preparaci. Sono le due, dopo aver fatto il riconoscimento, con il solito campione di sangue, ci riuniscono tutti nella piazza per la mietitura. Io e Peeta ci siamo messi vicini. Nessuno sta parlando, la paura, in questo momento si percepisce in maniera fortissima. In quel momento entra Effie Trincket, una donna tipica di Capitol City, con vestiti, trucco e capelli molto stravaganti, il sindaco del distretto dodici, e Haymitch un uomo alto, robusto e che, come ogni anno, è ubriaco e non riesce a reggersi in piedi. Il sindaco inizia con il solito discorso, sul perché ci sono gli Hunger Games. Ormai ho imparato a non ascoltare. Durante questo interminabile discorso, ripenso alla foresta e già mi manca. Dopo il discorso, Effie inizia con l’estrazione e come dice sempre “Prima le signore”. Infila la mano in quel’enorme boccia di vetro piena di foglietti, e ne estrae uno. Si riavvicina al microfono e legge il nome.”Primrose Everdeen”. Subito non capisco chi e, poi ci arrivo. E una persona molto importante per qualcuno. E la sorellina di Katniss. La vedo correre verso Prim, e gridare “Mi offro volontaria! ………………… Mi offro volontaria come tributo!”. Nei suoi occhi si legge, la paura che ha a dosso, la paura di morire. Dopo questo spettacolo, Katniss è portata sul palco, le è chiesto di come si chiama e di dire qualche parola. Poi tocca ai ragazzi. Effie si avvicina alla boccia di vetro, infila la mano ed estrae il primo foglietto che le capita. Si riavvicina al microfono, e legge il nome. Non ci voglio credere. Non può essere proprio lui. Tutti ma non lui. Il nome estratto e “ Peeta Mellark”. Peeta cade in depressione, non vuole salire sul quel palco. Mi guarda. So cosa vuol dire quello sguardo. Ma non riesco a tirare fuori le parole. Solo quando vedo Peeta salire i gradini del palco trovo il coraggio di gridare “Mi offro volontario!”. Effie sembra molto sorpresa. Due volontari in una mietitura. Deve essere felice che finalmente il distretto dodici abbia un po’ di azione. Salgo molto lentamente perché non voglio arrivare su quel palco. Effie mi affera per un braccio e mi porta vicino al microfono e mi chiede “ Giovanotto, come ti chiami?”. Con una voce molto impaurita rispondo “Tyson …………… Tyson Mellark”. Mellark non e il mio vero cognome, ma quando sono morti i mie, ed io e Peeta iniziavamo a diventare amici, i suoi genitori, in un certo senso, hanno voluto adottarmi, anche se non viviamo nella stessa casa. Quindi da allora Mellarck e il mio cognome. Sul palco, cerco con gli occhi Peeta che sta abbracciando la madre che e scoppiata in lacrime. Dopo tutto questo Effie mi fa stringere la mano con Katniss, lo sguardo di Katniss e vuoto, come se fosse senza anima, e conclude con la solita frase “ E posso la fortuna essere sempre a vostro favore!” . Due pacificatori ci portano in una stanza, la più lussuosa che abbia mai visto, per farci salutare, per quella che forse sarebbe stata l’ultima volta, i nostri famigliari. Per un primo momento da me non arriva nessuno, ma poi la porta si spalanca, e vedo entrare Peeta con sua madre e suo padre. Sua madre e suo padre mi abbracciano cosi forte che mi tolgono il respiro, poi dopo che mi liberai dalla loro presa, io e Peeta ci guardiamo, non ci diciamo nulla e ci abbracciamo. Però sottovoce nel mio orecchio Peeta mi dice “ Ricordati la nostra promessa, torna vivo, ti prego” gli rispondo con un cenno della testa perché non riesco a parlare da quanto sono agitato. In quel’istante entra un pacificatore che li porta via, faccio in tempo a salutarli per l’ultima volta e gridare “Tornerò, te lo prometto” ma dentro di me so che non ce il farò. Dopo i saluti siamo portati alla stazione dove c’è un treno lussuosissimo che ci attende. Dopo essere saliti, il lusso che si percepisce in quel vagone e sensazione mai provata prima. Materiali di lusso e cibo prelibato ovunque. Però, tutto questo non m’interessa ora. Mi siedo vicino al finestrino. Il treno inizia a muoversi, ed io vedo il paesaggio allontanarsi molto velocemente. Lo guardo intensamente, immaginando di essere lì seduto nel bosco ad ammiralo come questa mattina. Poggio la mano sul finestrino, in segno di saluto verso il distretto dodici, per quella che forse sarebbe stata l’ultima volta di rivederlo da vivo.
  
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