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Autore: semideaa    14/07/2014    4 recensioni
E Michael ricordò.
Ricordò, seppure a malincuore.
Quella ragazza era stata la causa e l’effetto.
Il veleno e l’antidoto.
La sofferenza e la cura.
E aveva passato un anno di inferno, eppur paradiso.
L’anno prima che il suo mondo cambiasse,
che la sua vita si stravolgesse,
l’anno prima dell’inizio.
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Michael Clifford
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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I miss you
Where are you and I'm so sorry
I cannot sleep I cannot dream tonight
I need somebody and always
This sick strange darkness 
Comes creeping on so haunting every time


“Abbiamo appena ascoltato ‘Don’t Stop’, il nuovo singolo di questa brillante band emergente inglese … “
“Emh, australiana in realtà, ma ..”
La voce di Ashton venne coperta per l’ennesima volta dallo speaker radiofonico che li stava intervistando in quel momento.
Londra fuori dai finestroni di vetro si ergeva grigia e maestosa, coperta da un velo di pioggia e sottili nuvole.
Eppure il rumore dei grossi goccioloni d’acqua che cadevano violentemente sull’asfalto non riusciva a sovrastare minimamente i pensieri dei quattro componenti della band.
Quell’intervista era saltata fuori all’ultimo minuto, proprio il giorno prima del loro volo. Ormai si erano così abituati ad ‘obbedire agli ordini’ che non fiatavano più quando gli venivano proposte interviste radio o per alcuni giornali. Si sapeva che anche se chiedevano il consenso, alla fine a decidere erano sempre loro.
Loro.
Michael aveva imparato che sul ‘loro’ non c’era da fare discussione.
A volte ci rimuginava su, ma non bisognava mai chiedere spiegazioni su chi fossero questi temuti ‘loro’.
Erano come Voldemort, colui che non deve essere nominato, come l’Innominabile dei “Promessi Sposi”, divenuti quasi un tabù.
Si aspettavano forse un attentato da quattro ragazzi neppure tutti maggiorenni con la forza di piccoli colibrì?
Niente da fare, a Ben, così si chiamava lo speaker da quello che Ash aveva sentito nelle cuffie, non gli voleva entrare in testa la loro provenienza.
E se avesse continuato a chiedere degli One Direction, Ashton li avrebbe piantati lì e se ne sarebbe andato, al diavolo tutti.
Lo annoiava parlare sempre delle stesse cose e ormai era diventata una routine.
Sì, certo che parliamo del nuovo album, no, non siamo una boy band, sì, io sono entrato dopo, certo che siamo amici ci amiamo e ci vogliamo bene.
Avrebbe voluto stare nella sala trucco tutta la giornata anziché continuare a rispondere a quelle domande.
Al qual fine poi?
Essere descritti come una pop band sui giornalini di gossip, sentirsi dire di venire dall’Inghilterra e veder scritto cose che non stanno né in cielo né in terra, che lui non sapeva chi prendere a capelli per primo, perché Ashton Fletcher Irwin non avrebbe mai detto ad una cavolo di rivista per teenager che “Sai, quand’ero piccolo ho avuto una specie di trauma perché sono caduto dal letto e ora dormo solamente sul lato destro”.
E chissenefrega?
Luke e Calum sembravano divertirsi.
Sì, erano gli unici che riuscivano a prendere alla leggera tutti gli impegni e a trovare battute anche dove magari c’era solamente da piangere.
Ogni volta che partiva il gingle della radio scuotevano il capo e si mettevano a ballare sorridendo come due bimbi davanti ad un negozio di caramelle, e quando Ben li definiva inglesi o americani a seconda di come gli girava in quel minuto, loro ridevano e gli facevano il verso, senza mai correggerlo o perché si divertivano troppo a far ascoltare le loro risate al mondo intero o perché trovavano alquanto divertente leggere poi su Twitter i commenti acidi delle fans perfettine che chiarivano di che nazionalità fossero i 5 Seconds Of Summer.
“Siamo arrivati all’ultima domanda per questo fantastico quintetto!”
Se qualcuno aveva la voglia di ribattergli che la band era formata soltanto da quattro componenti, la represse istantaneamente.
Luke pensò che quel tipo era troppo fissato coi One Direction per lasciare spazio nel suo cervello ad una nuova band.
“Parlatemi della vostra vita, in modo molto veloce. La domanda è questa: rimpiangete qualcosa? Vi manca o avete lasciato qualcosa o qualcuno di importante lì in …” pausa di riflessione “sì, lì in Nuova Zelanda?” c’era andato vicino, poverino.
Calum e Ashton spiccicarono qualcosa simile al fatto che rimpiangevano il tempo libero da passare con gli amici e la loro famiglia, la solita cosa che si ostinavano a ripetere ogni volta che si ripresentava quella domanda.
Michael per poco non cadde dalla sedia.
Gli si accese una lampadina nel cervello e gli occhi cominciarono a luccicare.
Parlare del passato non gli era mai piaciuto, trovava triste rimpiangere cose che ormai non si poteva più trovare.
Lui guardava avanti, era quella la sua strada per la “felicità”.
Eppure Ben, nella sua falsa simpatia e innocenza, gli aveva fatto ricordare cose che lui si era imposto di non rivivere, ricordi troppo dolorosi che aveva cacciato con la forza nei meandri della sua mente.
Le immagini gli arrivarono alla mente come piccoli flash, scatti di una macchina fotografica al buio, fotografie in bianco e nero in un rullino al negativo.
 
Chiuse gli occhi per non piangere.
 
Guardò sé stesso nella sua mente mentre surfava sulle alte onde dell’Oceano, aggrappato alla tavola come la sua unica arma di salvezza,
il suo scoglio,
il cordone ombelicale dal quale si ha paura di essere separati.
Sentì il piacevole tocco della sabbia dorata e poco calda al tramonto
sotto la sua schiena bagnata e salata,
profumata di mare.
Vide come in un flashback l’onda che riportava a riva la ragazza dai capelli rosso fuoco.
Rossi come il tramonto.
Rossi come il fuoco crepitante.
Percepì il tocco degli occhi mandorla su di lui, consapevole che stava ricambiando il suo sguardo.
 
La scena cambiò e lui si trovava ogni mattina nei corridoio affollati del suo ex liceo.
Vedeva la sua faccia sparire dietro alle ante degli armadietti aperti e traboccanti
ogni volta che lei accennava un passo nella sua direzione.
Sentiva la sua trepidazione nei confronti della sicurezza che invece emanava lei.
Eppur consapevole che gli occhi della ragazza continuavano a cercare il verde dei suoi,
che il cuore batteva all’unisono del suo ogni volta che si incrociavano.
 
E Michael ricordò.
Ricordò, seppure a malincuore.
Quella ragazza era stata la causa e l’effetto.
Il veleno e l’antidoto.
La sofferenza e la cura.
E aveva passato un anno di inferno, eppur paradiso.
L’anno prima che il suo mondo cambiasse,
che la sua vita si stravolgesse,
l’anno prima dell’inizio.
 
Maya.
Un solo nome, un battito di ciglia lunghe e affusolate.
Un fruscio di setosi capelli lisci.
Labbra carnose che si premevano contro le sue, secche e screpolate, bisognose d’affetto.
 
Un altro veloce flashback gli ricordò che gli ultimi mesi avevano avuto gli stessi corsi a scuola, nonostante lei fosse più grande.
Un lampo e rivide la spiaggia, lui e lei che si scambiavano cenni di saluto, sorrisi.
Maya gli aveva raccontato che gli era piaciuto sin dalla prima volta.
Dal primo sguardo.
Come del resto era capitato a lui.
Non ricordava il giorno preciso in cui era diventato ossessionato da lei.
Non ricordava il giorno preciso in cui le aveva chiesto il suo nome e si era presentato.
Non ricordava neppure quando fossero iniziati i giramenti di testa,
le strette al cuore,
gli occhi gonfi e i sorrisi tirati.
Non ricordava quando aveva iniziato ad amarla.
E’ come se si conoscessero da sempre,
come se fossero nati per amarsi,
senza preliminari,
senza presentazioni o sciocchezze varie.
Il suo cuore era semplicemente scoppiato d’amore per lei.
E Maya aveva fatto lo stesso.
Incondizionatamente,
silenziosamente,
l’aveva accolto nella sua mente.
Aveva accettato il pensiero fisso di quel giovane ragazzo castano,
dagli occhi acqua e dal sorriso facile.
Quel ragazzo che prometteva essere un talento,
quella sua voce che gli perforava le orecchie anche con un semplice ‘ciao’.
Quella sua dannata voglia di piercing e orecchini che, Maya lo sapeva, lo avrebbero fatto diventare un punk rock, come il suo sogno.
Mick ricordò tutto questo in preda all’angoscia.
Ricordava il giorno in cui, a cena, il suo primo appuntamento, si erano detti i loro segreti, avevano ammesso le loro colpe o i loro successi,
e avevano dichiarato le prime impressioni l’uno dell’altra.
Ad ogni parola di Maya il cuore si era trafitto per il troppo amore,
per la troppa voglia di lei.
E ogni ricordo che affiorava alla sua mente ora apriva uno squarcio,
aumentando la sofferenza di Michael e il desiderio di averla di nuovo lì accanto a lui.
 
Maya lo aveva abbracciato,
quella volta che aveva pianto davanti a lei.
Lo aveva capito, quando si era sfogato e le aveva aperto il suo cuore sulle sue paure.
Lui aveva fatto lo stesso.
In un suo momento di debolezza si era rannicchiato con lei, nel suo letto.
Avevano passato la notte insieme sentendo l’uno le lacrime dell’altro scendere violente eppure silenziose sul copriletto blu oceano di Maya.
E poi l’aveva baciata.
Sentì di nuovo sulle labbra il sapore del fuoco, la gola esplodergli e una luce immensa arrivare fino ai polmoni.
Si era staccato subito, imbarazzato, aveva preso aria.
Aveva sentito il profumo di fiori d’arancio e di sale.
Il gusto del mare nella sua bocca.
Era stato il suo primo bacio e lei aveva riso.
Quella sua dannata risata cristallina, simile a quella delle onde che si infrangono sulla battigia.
L’aveva guardata nei suoi occhi profondi, quella volta, e aveva riso anche lui della sua reazione strana e improvvisa.
Le aveva accarezzato le guance e non sapeva ancora con quale coraggio aveva avvicinato la testa della ragazza alla sua per sfiorare di nuovo le sue labbra,
provare di nuovo quell’immensa sensazione di felicità.
Si ricordò della volta in cui si erano abbracciati per più di dieci minuti.
Erano rimasti avvinghiati l’uno all’altro e Michael si rese conto di quanto gli mancasse la sicurezza di avere una persona che ti ama per la tua semplicità e che è la tua ancora nei momenti del bisogno.
Oppure quando lei lo aveva baciato delicatamente sul collo, asciugandosi le lacrime sulla sua spalla e lui aveva provato quel fremito di eccitazione e quella sensazione che forse anche lui poteva dare sicurezza a qualcuno.
Erano in camera di Michael e lei gli aveva confidato il terrore di rimanere sola, di non essere all’altezza di tutte le altre persone.
Michael non si era mai dichiarato con nessuno e fu lì che fece il primo passo.
Si vide nella sua mente mentre le diceva che lei era perfetta, che non aveva nulla da invidiare alle altre.
Rivide sé stesso mentre baciava ogni parte del corpo di Maya,
la sua fronte,
i suoi zigomi arrotondati,
la curva delle labbra,
l’incavo del collo,
la sua spalla,
scendendo giù per tutto il braccio destro.
Si ricordò che l’aveva fatta sdraiare.
Le baciò il petto sopra il seno e la pancia,
facendole correre un fremito per tutto il corpo.
Lei lo aveva lasciato fare.
Aveva continuato sulla schiena,
sfiorandole delicatamente le scapole.
Aveva osato anche sulla coscia,
scendendo lungo la gamba e
arrivando fino ai piedi.
Non aveva mai visto uno sguardo più tenero di quello che le aveva mostrato la ragazza allora.
Si era asciugata le lacrime e aveva sorriso timidamente a Michael, facendogli intendere con uno sguardo che adesso toccava a lei renderlo apprezzato e perfetto nella sua semplicità.
Lui aveva obbedito e si era sdraiato dalla parte opposta,
sentendo poi il corpo agile e sottile di lei premere su di lui,
le labbra posarsi dolcemente sul suo viso,
sul suo collo,
sulle braccia
e sul suo petto.
Poi si erano addormentati così, accoccolati l’uno sull’altra.
E non erano andati più avanti.
Non si erano spinti oltre.
E nessuno dei due aveva mai dichiarato aperto amore all’altro.
Erano amici.
In modo più intimo.
In modo diverso.
E a Mick piaceva quel rapporto e non avrebbe mai voluto rovinarlo.
 
 
Michael sentì calde lacrime scendergli sulle guance e bagnargli la maglia.
Alzò le braccia per coprirsi il viso e sentì tutto intorno a sé silenzio.
Luke aveva appena finito di parlare, esausto.
Non si rese conto che tutti quegli attimi, tutti quei momenti persi nei suoi ricordi erano durati poco più che dieci minuti.
 
 
Le tenebre gli oscurarono di nuovo la vista.
 
Rivide le lacrime nel suo Michael del passato.
Rivide l’ultimo abbraccio.
 
Poi furono solo immagini confuse.
 
E gli tornò alla mente l’ultima volta che aveva visto Maya, l’ultima volta che l’aveva toccata anche solo per poco.
Erano arrivati all’ultimo brano, lì allo show di Sidney.
Luke aveva salutato la platea ed era esploso un boato.
Lui stava facendo il suo assolo di chitarra in ‘Beside You’.
Salì su una delle due casse ai lati del palco con un sorriso smagliante,
i capelli a quell’epoca azzurri,
gli occhi che saettavano da una parte e dall’altra della sala per inchiodare visi conosciuti e salutarli con lo sguardo.
Fu lì che la vide.
Si alzava tra le altre ragazzine urlanti, in fondo al teatro.
Con i capelli che volavano dietro di lei raccolti in una coda, azzurri con sua grande sorpresa, la maglietta con il logo dei 5SOS in bella mostra.
Saltava e cantava con le lacrime agli occhi, puntando solo Michael.
Si pentì di non averla vista prima.
Si pentì di non averle dedicato l’intero concerto.
E allora mise l’anima nelle ultime parole di Beside You,
la chitarra esplodeva tra le sue dita per la forza con la quale la suonò.
I wish i was i wish was ..
La canzone finì, le parole rimasero nell’aria e lui stava piangendo.
Uscito fuori, fece di tutto per trovarla in mezzo alle fans che si facevano largo tra le guardie per poterli almeno toccare.
La trovò bloccata vicino a Mark, uno dei bodyguard, schiacciata tra le transenne e dodicenni.
Gli sorrideva e gli tendeva le mani ma Mark continuava a bloccarla credendola una delle tante fan scatenate.
Ma per Michael non era una delle tante.
E ricordò la sua gioia nel costatare che a lei importava ancora di lui, come a lui di lei.
Mark fu irremovibile. Michael si trovò a supplicarlo, ma lui non la fece passare.
Mick trovò il tempo di sfiorarle la mano, piangendo disperatamente e cogliere il suo sorriso.
Aveva ancora il suo numero di telefono.
Maya la sera stessa gli inviò un messaggio.
‘Lo sapevo che saresti diventato famoso, avevi talento da vendere. Cosa ti dicevo io? Punk rock si nasce.
Ps: ti piacciono i miei capelli? Non cambiare tinta troppo spesso o se no sarò costretta a tagliarli come i tuoi’
Fu la cosa più bella che Michael avesse mai letto.
Quella sera non dormì.
Ricordò le posizioni scomode sul letto inspiegabilmente duro cercando di prendere sonno.
Ricordò le lacrime versate sullo schermo del cellulare continuando a leggere il messaggio.
Maya aveva avuto ragione.
Era stata la sua stella.
E ora lui lo era diventato per lei.
Sorrise solo quando si rese conto che Maya lo seguiva col cuore.
Aveva imparato le loro canzoni.
Spendeva soldi per magliette e concerti.
 
 
Sentì i ragazzi muoversi irrequieti intorno a lui, desiderosi di lasciare quello studio e riposarsi in pace all’hotel, magari facendo video stupidi e scherzando tra di loro.
Ashton poggiò una mano sulla spalla di Michael chiamandolo silenziosamente.
Nessuno di loro sapeva.
Lui chiuse di nuovo gli occhi ricacciando indietro un fiume che non avrebbe saputo controllare, trovando la forza di sorridere ed alzarsi per seguire i suoi compagni.
E si ritrovò a pensare alla cosa che lo rincuorò di più e che lo fece sorridere spontaneamente al solo pensiero:
l’immagine di Maya che andava girando per Sidney con le cuffie nelle orecchie cantando ‘Amnesia’ e i capelli verdi abbinati ai suoi nuovi vestiti da punk.






 
*the semidea is back, the semidea is back*
No ok ci sono rimasta malissimo perché avevo pubblicato un’os su conor e nessuno se l’è filata, manco di striscio (ve lascio il link nun se sa mai 
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2673273&i=1 )
Comunque ritorno all’attacco e ci riprovo.
Eh no, non è su Conor, ma sul mio Mickey.
Mi è presa la fissa delle os in questo periodo per cui eccovi serviti con un altro mio (non) capolavoro yup
Io la trovo bellissima, ed è strano che mi piaccia una mia creazione aha no davvero ho pianto nel scriverla e avevo questa idea in mente da un sacco, quindi poterla finalmente scriverla e vederla realizzata mi ha reso fiera.
E sarei ancora più felice se qualcuno l’apprezzasse, se vi va di apprezzare(?)
Ci tengo molto xx
 
La canzone è ‘i miss you’ dei blink-182 da cui è tratto il titolo della storia e un po’ anche la storia in sé. In realtà mi ci sono aggrappata alla fine, sono partita con l’idea autonomamente e poi mi son ispirata a questa stupenda song che vi consiglio di ascoltare. Luke, Cal e Mik, se non sbaglio, hanno una cover di questa cc
se vi piace una recensione non fa male. Addio popolo.
 
Ave atque vale

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