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Autore: Emily27    14/07/2014    2 recensioni
E se Derek Morgan fosse diventato qualcuno nel mondo del football?
Derek in una versione differente incontra una profiler di nostra conoscenza...
(Storia partecipante al concorso "What If? Contest..." indetto da Lady.EFP)
(Personaggio: Derek Morgan - What If?: E se... Non avesse smesso di giocare a football?)
Genere: Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Morgan, Emily Prentiss
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Touchdown






« … e con le previsioni del tempo è tutto. Vi lascio a due episodi di “Mike e Molly” e quindi al Super Bowl, il momento più atteso della stagione! »
Derek spense il televisore con il telecomando, gettando poi quest'ultimo sul letto.
Il momento più atteso della stagione... che avrebbe dovuto seguire da una stanza d'ospedale, attraverso la voce del telecronista e le immagini trasmesse dalla CBS, invece di viverlo sul campo da gioco.
Spingendo all'indietro la sedia a rotelle, si allontanò dal tavolo su cui aveva consumato la cena. Scuro in volto, fissò il suo ginocchio destro stretto in una spessa fasciatura, che ne raddoppiava le dimensioni. Non sentiva dolore, grazie all'assunzione di medicinali, ma il male non sarebbe stato niente a confronto della rabbia che provava.
Era entrato al Suburban Hospital di Bethesda soltanto il giorno prima, quando era stato operato da uno dei migliori chirurghi ortopedici della nazione, ma aveva l'impressione di trovarsi lì da un tempo infinito. Dentro a quella stanza si sentiva come un leone in gabbia, specialmente adesso che stava per iniziare il Super Bowl.
Decise di uscire a fare “due passi” in corridoio, per scaricare la tensione dell'attesa. Con i movimenti resi difficoltosi dalla gamba tenuta distesa in posizione orizzontale, aprì la porta e mise il naso fuori: non c'era nessuno, fatta eccezione per i due uomini corpulenti in giacca e cravatta che piantonavano la camera in fondo al corridoio. Quella mattina li aveva osservati con curiosità da lontano, domandandosi chi fosse ricoverato in quella stanza. Probabilmente si trattava di qualche testimone protetto, dubitava che un qualsiasi criminale potesse occuparne una in quell'ala signorile dell'ospedale.
Proprio in quel momento la porta si aprì: ne uscirono un uomo alto in completo scuro e una donna dai capelli lunghi e biondi. Subito dopo fece capolino una figura femminile, con la camicia da notte dell'ospedale identica alla sua, la quale restò sulla soglia a parlare con gli altri due. Derek riuscì a captare qualche stralcio della loro conversazione.
« Adesso torna a letto... »
« Sto iniziando ad odiarlo! »
« Non avevo dubbi. A domani... »
A quanto pareva, non era l'unico a sentirsi troppo stretto fra le mura della propria stanza.
L'uomo e la donna, andandosene, gli passarono accanto salutandolo con un gentile cenno del capo, che lui ricambiò, per poi tornare a rivolgere la sua attenzione alla paziente ancora ferma sulla porta. I loro sguardi s'incontrarono.
Derek si mosse nella sua direzione, fino a ritrovarsi davanti a lei e ai due energumeni, i quali lo squadrarono con diffidenza.
«Agente... » iniziò a dire alla donna il più grosso.
« Tranquillo Finch, è innocuo. A parte quando è sul campo » affermò lei guardando Derek, con un sorriso così luminoso da rendere meno evidenti gli occhi segnati e il colorito non proprio roseo.
« Allora sono famoso » s'inorgoglì Morgan.
« Ti vedo sulle pagine sportive del Washington Post » disse la donna passando direttamente al “tu”, reso naturale dal loro comune stato di pazienti.
« Dato che mi hai riconosciuto non serve che mi presenti. »
« Derek Morgan... Io sono Emily » fece lei tendendogli la mano, che Derek strinse con calore.
Emily scambiò un'occhiata con i due uomini, i quali erano rimasti tutto il tempo in un atteggiamento guardingo.
« Sarà meglio continuare dentro la nostra chiacchierata. » Si spostò di lato tenendogli la porta aperta e Morgan entrò nella stanza, sentendosi addosso gli sguardi delle due montagne di muscoli. Era pronto a scommettere che entrambi tenessero una o più armi in una fondina sotto la giacca.
La camera era simile alla sua, con un tavolo e due sedie, una comoda poltrona e un televisore lcd poggiato su di una mensola nella parete di fronte al letto.
« Accomodati, fai come se fosse casa tua » lo invitò Emily.
« Hai una birra? »
« Sicuro » rispose lei, indicandogli la bottiglia dell'acqua sul comodino.
Quella donna era disinvolta e pronta alla battuta, provò per lei una simpatia istintiva.
« Ho sentito che ti hanno chiamata agente... »
«Sì, FBI » confermò Emily sedendosi sulla sponda del letto.
« Wow! » esclamò Derek, dopodiché, spinto dalla curiosità, domandò: « Che cosa ti è successo per essere qui? Se non sono troppo indiscreto » si premurò di aggiungere.
Emily emise un sospiro e incrociò le braccia sul petto. « Se te lo dicessi... »
« Poi dovresti uccidermi » concluse Morgan per lei. Nonostante il modo di dire ironico che aveva usato, dalla serietà della sua espressione comprese che si trattava di qualcosa di cui non poteva parlare, e che costituiva il motivo della presenza delle sue guardie del corpo.
« Esatto » disse Emily tornando a sorridere. « Nel tuo caso, è facile immaginare perché ti trovi qui » considerò accennando al suo ginocchio.
Derek si rabbuiò. Se per qualche momento si era distratto dal pensiero della sua forzata immobilità, ora se ne sentiva di nuovo sopraffatto.
« Una stupida caduta durante la partita con i Seahawks! Quella che ci ha fatto qualificare per il Super Bowl, ne avrai sentito parlare. »
« Veramente... no. Non seguo il football, solo talvolta mi capita di dare un'occhiata alle pagine dello sport del Washington Post, dove, appunto, spesso campeggia la tua foto. Derek Morgan, il miglior quarterback dei New York Giants, se non dell'intero campionato... » recitò lei. « Mi dispiace per il tuo infortunio, è molto grave? »
« Non più di tanto, entro due mesi dovrei tornare in forma. La cosa grave è che tra meno di un'ora si giocherà la finale ed io sono qui, inchiodato ad una sedia a rotelle, invece che a battermi sul campo! Perché dovevo farmi male proprio adesso?! Avevo appena dato ad un mio compagno l'assist per un touchdown, che sono rovinato a terra insieme a due giocatori avversari! »
Senza rendersene conto, Derek aveva iniziato a spingere nervosamente avanti e indietro la sedia a rotelle, seguito dallo sguardo di Emily.
« Credo di capire come ti senti » affermò quest'ultima.
« Davvero? » domandò lui arrestandosi e puntando gli occhi nei suoi.
« Sì. Anch'io in questo momento sono fuori dai giochi, e non ho idea per quanto lo rimarrò. Dovrò anche andare via... »
Il suo sguardo si perse in un punto indefinito, e Derek lesse nella sua espressione i medesimi sentimenti di rabbia e impotenza che animavano lui stesso. Gli sarebbe piaciuto conoscere la sua storia, ma non le avrebbe domandato di più, sapeva che Emily non poteva rispondere.
« Che cosa ti ha spinta a diventare agente? » le chiese, quello almeno gli era consentito.
Lei si spostò a sedere più indietro, con le gambe a penzoloni dal letto e le mani appoggiate sulla sponda. « Trovavo che fosse un lavoro eccitante, mi piaceva l'idea dell'azione, delle missioni... »
« Insomma, volevi fare la zero zero sette » intervenne lui, facendola sorridere.
« Più o meno... Poi, quando sono entrata a far parte di una squadra all'FBI, ho capito che il lato migliore del mio lavoro era salvare delle vite e far sì che le vittime avessero giustizia, trovando i colpevoli. Ed è per questo che lo svolgo ancora ogni giorno, nonostante tutto. »
Derek pensò che sarebbe stato interessante conoscere Emily più a fondo, scoprire i molteplici lati che era certo nascondesse.
« Sei in gamba » le disse.
« Come fai dirlo? Mi conosci soltanto da dieci minuti! »
« Mi sono bastati per saperlo. »
Emily parve compiaciuta di quel giudizio.
« Non ci crederai, ma anch'io per poco non sono diventato agente di polizia » confessò Morgan.
« Dici sul serio? » si stupì lei.
« Dopo l'Università, avevo preso in considerazione l'idea di entrare nel dipartimento di polizia di Chicago, la mia città, per diventare poliziotto come mio padre. » Derek omise di raccontare della scomparsa del genitore, quei ricordi gli causavano sempre troppo dolore.
« Prima che prendessi una decisione, i New York Giants mi offrirono un contratto stellare, almeno per un ragazzo della mia età. Giocavo come quarterback nella squadra di football dell'Università, loro mi avevano notato, dicevano che avevo talento... E' un'occasione che capita a pochi, potevo guadagnare parecchio facendo quello che era la mia passione e dare un notevole contributo economico alla mia famiglia, così la colsi al volo. »
« E non sei entrato in polizia. »
« No, anche se a volte mi domando come sarebbe stata la mia vita se lo avessi fatto. »
« La vita è un susseguirsi di scelte e non si può tornare indietro, ma sono certa che saresti stato un buon poliziotto. »
A Derek piacque crederlo.
Chiacchierando con Emily, il tempo era volato. Mancava poco all'inizio del Super Bowl e Morgan sentì nuovamente crescere in lui la tensione.
« E' giunta l'ora, i nostri eroi stanno per scendere in campo. Torno nella mia camera per soffrire davanti alla televisione, così ti lascerò anche libera di riposare. »
« No, figurati, non serve. » Emily scese dal letto, e a quel movimento corrispose una smorfia di dolore sul suo volto.
« Sì invece. Mettiti giù » le raccomandò Derek.
« Perché volete tutti che stia a letto? » protestò lei, per poi andare a prendere il telecomando dal comodino e accendere il televisore. « Su quale canale lo trasmettono? »
Morgan rifletté che oltre ad essere in gamba, Emily doveva anche possedere una buona dose di testardaggine.
« Sulla CBS » cedette. In fondo, non gli dispiaceva affatto l'idea di seguire la partita in compagnia della sua nuova amica.
L'agente selezionò il canale, e sullo schermo comparve uno dei commentatori sportivi della CBS, posizionato nella tribuna riservata ai giornalisti.
« ... in diretta dal Dolphin Stadium di Miami, dove tra pochi minuti si giocherà il Super Bowl, l'evento sportivo più importante dell'anno, che proclamerà la squadra vincitrice del campionato. A contendersi il titolo saranno i Dallas Cowboys e i New York Giants, questi ultimi gravati dall'assenza di Derek Morgan, il loro quarterback, infortunatosi durante l'incontro con i  Seattle Seahawks... »
« Il quarterback dei Giants è qui, immobilizzato e con un ginocchio che sembra un'anguria » brontolò Derek senza staccare gli occhi dallo schermo, come se stesse parlando al commentatore.
Emily, dopo essersi accomodata accanto a lui sulla poltrona, disse: « È da quando ero ragazza che non guardo una partita di football, chissà se mi ricordo ancora le regole. »
« Non preoccuparti, ci penserò io a rinfrescarti la memoria. »
In quell'istante il commentatore annunciò. « … le formazioni stanno scendendo in campo! »
Derek s'irrigidì.
L'inquadratura si spostò sui giocatori che correvano verso il centro del campo e successivamente sui due allenatori, i quali trasudavano nervosismo.
Morgan, con il pensiero e con il cuore, era là, insieme a quelli che considerava prima amici che compagni di squadra, e a John Bradley, il coach migliore che avesse mai avuto, sia dal lato tecnico che da quello umano, che li aveva portati più di una volta ad un passo dal titolo di campioni nazionali.
« Siamo già arrivati in finale, ma non abbiamo mai vinto il Super Bowl. Se questa sera dovesse accadere io non sarei là con loro » disse Derek con palese dispiacere.
Emily, in un gesto gentile, gli posò una mano sul braccio, facendogli sentire la sua comprensione.
Poi, l'incontro ebbe inizio.
Durante il primo quarto il punteggio si mantenne equilibrato, a differenza dello stato d'animo di Morgan, il quale esultava per ogni punto dei Giants e lanciava imprecazioni quando un'azione della squadra avversaria andava a buon fine.
Emily sembrava farsi prendere dalla partita e lui dovette ricordarle soltanto un paio di regole.
Fu a metà del secondo quarto che le cose precipitarono.
« … e con questi sei punti i Cowboys si portano in netto vantaggio. Si sta mettendo male per i Giants, che negli ultimi minuti hanno subito un parziale di sedici a zero, soffrendo in difesa... »
« Dannazione! » esclamò Derek per l'ennesima volta. « Coach chiedi time out... »
Come se lo avesse udito, Bradley richiamò i suoi. Fu inquadrato mentre forniva indicazioni ai giocatori riuniti intorno a lui, e in sottofondo si sentiva il tifo del pubblico che gremiva gli spalti.
Malgrado le direttive dell'allenatore, una volta tornati in campo i Giants non riuscirono però ad imporsi, e il secondo quarto terminò con un touchdown degli avversari, i quali consolidarono il loro vantaggio.
Emily e Derek reagirono con sonore esclamazioni di disappunto, tali da far mettere dentro la testa alla guardia del corpo che rispondeva al nome di Finch.
« Tutto bene? »
« Sì » rispose Emily.
« No! » proruppe Derek.
Finch diede un'occhiata alla televisione e sul suo volto aleggiò un sorriso.
Una volta che l'uomo si fu nuovamente ritirato oltre la porta, Derek, indignato, disse: « Tiene per i Cowboys! »
« Non posso scegliere chi deve proteggermi » sostenne Emily facendo spallucce.
Intanto i giocatori avevano lasciato il campo per raggiungere gli spogliatoi, dove avrebbero trascorso la pausa di quindici minuti fra un tempo e l'altro. Il commentatore passò la linea allo spazio pubblicitario ed Emily abbassò il volume dell'audio.
Derek fece un respiro profondo. Una parte di lui avrebbe voluto spegnere il televisore e riaccenderlo a partita conclusa, tanta era stata la sofferenza della prima parte dell'incontro.
Era dura, ne era consapevole, ma confidava nella sua squadra e nel suo coach. Quest'ultimo sapeva come motivare i suoi ragazzi, trovando sempre le parole giuste da dire al momento giusto, un fattore che in alcuni casi valeva più di mille schemi tecnici. Era certo che i suoi compagni sarebbero ridiscesi in campo lottando come leoni e credendo nella vittoria. Se solo avesse potuto combattere insieme a loro... Tutta colpa del suo maledetto ginocchio!
Immaginò di recuperare un pallone, liberarsi dalla marcatura avversaria, correre verso la meta e segnare il touchdown che li avrebbe fatti vincere il Super Bowl, tra l'ovazione del pubblico e il delirio dei compagni... La sola idea lo fece gongolare.
« Stai pensando di essere sul campo a segnare un touchdown? » domandò Emily riportandolo alla realtà.
« Voi agenti federali sapete anche leggere nella mente? »
« Qualche volta. »
« Allora è una di quelle » confessò lui. « Ho sempre sognato di segnare quello della vittoria del Super Bowl, ma per questa sera temo sarà impossibile... »
« Prima o poi lo segnerai Derek Morgan, lo segnerai. »
« E tu sarai lì a guardarmi » disse Derek puntandole contro l'indice. « Promettimelo. »
Emily, seria e divertita al tempo stesso, lo fece.
« Okay, promesso. »
Trascorsi i quindici minuti d'intervallo, Emily aumentò di nuovo il volume, mentre un'esibizione delle cheerleaders accoglieva i giocatori che stavano tornando in campo.
Qualunque cosa John Bradley avesse detto ai suoi ragazzi, sortì l'effetto desiderato. Fin dai primi minuti del terzo quarto, l'approccio alla partita da parte dei Giants cambiò radicalmente. Concentrazione, vigore e autocontrollo fecero sì che ben presto diminuissero lo scarto con i Cowboys, riportandosi in parità alla fine del periodo.
Verso la metà dell'ultimo quarto, passarono in vantaggio.
« … e i Giants mettono la testa avanti! Una rimonta incredibile! »
Il commentatore aveva parlato con talmente tanto fervore, che Emily e Derek, nell'esultanza, dubitarono che tenesse per i Giants.
I restanti minuti della partita furono un continuo supplizio, con le due formazioni che giocavano punto a punto.
Emily non riusciva a stare seduta e Morgan si agitava sulla sedia a rotelle, con il cuore in gola.
« … situazione di assoluta parità a meno di un minuto dallo scadere... palla in mano ai Cowboys... recuperata da Watson! Ora placcato da Campbell... il numero ventisette dei Giants si libera dall'avversario... corre verso la meta... ed è touchdown! I New York Giants vincono il titolo!! »
Dapprima, prevalse l'incredulità. Derek non aveva parole. Impiegò qualche attimo per rendersi conto che si erano davvero aggiudicati la vittoria.
Emily, la quale tra una smorfia di dolore e l'altra non aveva mai smesso di agitarsi, appariva sinceramente contenta.
« Avete vinto Derek! » esclamò quasi saltellando.
« Sì, abbiamo vinto... » disse Morgan, incurante che lei vedesse i suoi occhi lucidi di lacrime. Dopo, la commozione lasciò spazio all'euforia. Se non fosse stato per il ginocchio, si sarebbe alzato per andare ad abbracciarla: era felice che fosse con lui in quel momento.
Nel suo cuore, soddisfazione e orgoglio si mischiarono al rammarico, quando sullo schermo apparvero i suoi compagni in festa. Avrebbe dato qualunque cosa per essere con loro a vivere quegli istanti irripetibili.
La telecamera inquadrò un giornalista mentre raggiungeva l'allenatore sul campo.
« Coach Bradley, quante emozioni questa sera. Come si sente ad aver ottenuto un successo così importante? » gli domandò allungando il microfono verso di lui.
Bradley, con i capelli grigi scomposti e il volto imperlato di sudore, si rivolse alla telecamera e urlò: « Ce l'abbiamo fatta Derek! Ce l'abbiamo fatta!! »
Morgan sorrise. Il suo allenatore era unico.
« Si sta riferendo al vostro miglior quarterback, il grande assente di questa finale... »
« Derek è stato presente, c'è anche del suo in questa vittoria, perché è anche grazie a lui se siamo arrivati fin qui. »
Le parole di Bradley significarono molto per Morgan, non le avrebbe mai dimenticate, e servirono a lenire in parte il suo dispiacere di non esserci stato.
« Grazie coach... » mormorò, dopodiché il suo sguardo incontrò quello di Emily, profondo e altrettanto indimenticabile.

Dal letto, dove l'infermiera l'aveva obbligato a restare almeno fino alla visita del chirurgo, Derek stava osservando il trofeo dei vincitori del Super Bowl, posto in bella vista sul tavolo e reso splendente dalla luce del sole mattutino, che entrava attraverso la finestra. Gliel'avevano portato poco prima alcuni dei suoi compagni insieme al coach, i quali, di ritorno da Miami insonnoliti ma euforici dopo una notte di festeggiamenti, si erano subito diretti a Bethesda per farlo partecipe di quel trionfo.
Derek guardava il trofeo e vedeva tutte le vittorie e i successi ottenuti, ma anche le sconfitte e i momenti difficili. Erano proprio questi ultimi che, nel corso degli anni, avevano contribuito a farlo diventare l'uomo e il giocatore che era.
Un leggero bussare lo distolse dalle sue riflessioni. La porta si aprì ed entrò Emily, vestita con un paio di jeans e un maglioncino nero, i capelli con la frangetta erano ben pettinati e sul viso portava un velo di trucco.
Senza nascondere ammirazione, Derek la osservò mentre si avvicinava al letto.
« Ehi, sei in buona compagnia » considerò l'agente notando il trofeo.
« Ho dei compagni fantastici. »
« Credo proprio di sì, te li meriti. Così come meriti quello » sostenne lei indicando il premio.
« Potresti far passare Finch? Vorrei mostrarglielo » scherzò Derek facendola ridere, poi divenne serio. « Te ne vai? »
Emily fece cenno di sì con la testa. « Devo » rispose tristemente.
« Immagino che tu non possa dirmi dove andrai. »
« No, non posso. »
« Ci rivedremo? »
La conosceva soltanto da un giorno, non sapeva quasi niente di lei, eppure gli era impossibile immaginare di non vederla più. Non voleva che avesse sfiorato la sua vita per poi scomparire per sempre.
« Andrò lontano, chi lo sa per quanto... ma ci rivedremo. »
Il tono era quello di una promessa, e Derek capì che lo desiderava veramente, tanto quanto lui.
« Devo venire ad ammirarti mentre segni il tuo famoso touchdown, ricordi? » continuò lei.
« Certo, guarda che ti aspetto. »
Emily sorrise, poi a parlare furono soltanto i loro sguardi incatenati, espressione di parole silenziose, fatte di promesse e desideri.
« Ora devo andare. In bocca al lupo per la tua guarigione. »
« Non sono più tanto arrabbiato con il mio ginocchio, è grazie a lui se ci siamo incontrati. »
« Non tutto il male vien per nuocere, è proprio il caso di dirlo » sostenne Emily, prima di porgergli la mano. « A presto quarterback. »
« Buona fortuna » le augurò Morgan, tenendo la sua mano in una stretta che si prolungò più del necessario. Avrebbe voluto ancora del tempo per stare con lei.
Si lasciarono e l'agente si diresse verso la porta, ma prima che se ne andasse Derek la fermò.
« Emily... segnerai anche tu il tuo touchdown. »
Lei annuì e gli regalò un ultimo sorriso, poi uscì dalla stanza e, almeno momentaneamente, dalla sua vita, veloce come ne era entrata.
Emily sarebbe però rimasta nei suoi pensieri, un'idea da cullare aspettando che un giorno diventasse realtà.
Nel frattempo, aveva un ginocchio da guarire e un Super Bowl da conquistare.





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