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Autore: ScarlettBell    15/07/2014    7 recensioni
Regina si era vista nuovamente portare via il suo lieto fine:
«Tu... è colpa tua!»
«Volevo solo salvarle la vita»
«Sei proprio come tua madre... Non pensate mai alle conseguenze!», sibilò mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Da quella sera le cose sarebbero profondamente cambiate tra lei ed Emma Swan, cambiate in un modo che mai avrebbe neppure solo osato immaginare.
[SwanQueen]
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Sono felicissima di inserire questa bella notizia :D la mia storia è stata tradotta anche in spagnolo da franchiulla e potete trovarla a questo indirizzo: https://www.fanfiction.net/s/10642014/1/Final-Feliz ^_^
 
LIETO FINE
SwanQueen
 
 
«Tu... è colpa tua!»
«Volevo solo salvarle la vita»
«Sei proprio come tua madre... Non pensate mai alle conseguenze!», sibilò Regina mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Emma rimase immobile, sul suo volto era impresso il palese dispiacere: non sapeva che la ragazza che aveva salvato e portato nel presente fosse proprio la moglie di Robin Hood. Sembrava proprio un brutto scherzo del destino: la piccola rivincita di Zelena su sua sorella.
Regina rivolse a Emma un ultimo sguardo carico di risentimento poi si voltò e uscì in tutta fretta dal locale.
«Ehi, non prendertela, non è stata colpa tua!», le mise una mano sulla spalla Hook. Emma prese un respiro e il suo sguardo fu catturato dalla famiglia che a pochi passi da lei si era appena ritrovata.
 
Era una sera fredda a Storybrook, l’ex regina cattiva camminava a passo svelto lungo il marciapiede che l’avrebbe condotta a casa. Il cuore le si riempì di una sofferenza indicibile, non sapeva come liberarsene.
“Forse non c’è davvero lieto fine per i cattivi”, pensò tra sé e sé stringendosi nel cappotto scuro, ma un attimo dopo vide Belle e Rumplestinskin davanti alla casa di lui che si stavano baciando e sembravano davvero molto felici. “Mi correggo... non c’è lieto fine per la regina cattiva!”, abbassò lo sguardo sentendo di nuovo gli occhi bruciare. Non sapeva se quello che provava per Robin fosse il vero amore e certamente quel sentimento non poteva essere paragonato a ciò che aveva vissuto con Daniel, ma una cosa era certa: il suo cuore adesso era a pezzi. «Non è giusto!», si alterò sbattendo la porta di casa e si diresse verso la cucina. Prese rabbiosamente il vassoio di cristallo da sopra il tavolo e lo lasciò cadere a terra mandandolo in frantumi. «Non è affatto giusto!», ripeté mentre calde lacrime le rigavano il volto.
 
«Questo non ci voleva», disse con un filo di voce Mary Margareth. «Avresti dovuto accertarti di chi fosse quella ragazza», affermò con lo sguardo incollato su sua figlia.
«Lo so, ma cos’altro avrei potuto fare?», tentò di giustificarsi Emma in preda al panico.
«Non è il momento per piangere sul latte versato», s’intromise Charming. «E, in ogni caso, Emma non poteva lasciar morire quella poverina», concluse categorico.
Mary Margareth si avvicinò un po’ di più a suo marito, tra le braccia stringeva il piccolo Neal.
«David, non capisci? Rischiamo che Regina possa tornare come prima!», lo ammonì mentre i suoi occhi si riempivano di paura.
Il silenzio calò nella stanza. La possibilità che Regina potesse perdere il controllo, abbandonandosi di nuovo alla magia oscura, era qualcosa che nessuno di loro voleva più prendere in considerazione. Subito dopo la festa al Granny’s, Mary Margareth, David, Emma, Henry e Hook si erano ritrovati a casa Charming per parlare del grave problema che si era creato a causa della decisione di Emma di portare nel presente una ragazza che sarebbe stata giustiziata proprio dalla Regina Cattiva della Foresta Incantata. Né Emma né Hook erano stati sfiorati dal dubbio di poter commettere un errore: avevano la possibilità di salvare una vita, questa era la cosa importante, perciò tanto valeva sfidare la sorte.
 Tuttavia, nessuno era più tranquillo da quando Regina se n’era andata così su due piedi dal locale, dopo che si era vista portar via da sotto il naso il suo ‘lieto fine’.
«Accidenti, come faccio a rimediare?», si chiese a voce alta Emma ricadendo sulla poltrona del salotto. Hook le si avvicinò per cercare di rincuorarla.
«Ehi, aspettate! Forse mi è venuta un’idea», esclamò all’improvviso Henry attirando su di sé l’attenzione. «Conosco mia madre e... credo di sapere di cos’abbia bisogno», concluse con un sorriso.
 
Il mattino seguente Regina si svegliò con un forte mal di testa. La sera prima aveva finito per bere qualche bicchiere di troppo e adesso stava subendo gli strascichi della sbornia. Si alzò dal letto passandosi una mano tra i capelli e indossò la sua vestaglia di seta nera, tentando di fare mente locale sul perché avesse passato una notte così tribolata.
In un attimo tutto le ritornò in mente: Zelena sconfitta, la festa al Granny’s, il bacio di Robin fuori dal locale, Emma che le si era avvicinata per dirle che aveva riportato qualcuno dal passato e quel ‘qualcuno’ che, purtroppo, era proprio la donna che Robin Hood aveva amato più della sua stessa vita.
«Avrei proprio bisogno di un filtro della memoria, così da poter cancellare tutto», sibilò rimirandosi nel grande specchio del bagno poi abbassò gli occhi sentendosi inghiottita dal dolore. Dentro di lei sapeva benissimo di non poter incolpare Emma per quanto era accaduto:
«Io... l’avevo giustiziata», strinse gli occhi sentendosi sopraffatta. Non solo in ‘quel’ passato aveva strappato a Robin il suo amore, ma aveva anche separato madre e figlio per colpa della sua stupida ossessione nei confronti di Biancaneve. «Prima o poi Hood avrebbe scoperto come stavano realmente le cose e chi era il vero responsabile della morte di sua moglie. Lo avrei perso ugualmente», si tormentò ripensando al rapporto che si era creato col bell’arciere. Si rinfrescò la faccia con l’acqua corrente e solo in quel momento avvertì dei rumori provenienti dal piano di sotto. Si ricompose e scese a passo svelto le scale che portavano in cucina.
«Buongiorno mamma!», esclamò Henry sorridente, accanto a lui Emma stava girando delle frittelle nella padella. La tavola era imbandita con ogni prelibatezza.
«Ma che cosa... state facendo?», chiese Regina stringendosi nelle braccia.
«Non lo vedi? Stiamo preparando la colazione», rispose Henry con aria innocente. «Vieni, è tutto pronto», le fece un altro sorriso. Gli occhi di Regina passarono da suo figlio a Emma che, impacciata, cercava di ostentare tranquillità mentre sistemava nel piatto un’altra frittella.
Regina cercò di mantenere la sua espressione seria nonostante fosse davvero divertita dalla scenetta che si stava consumando nella sua cucina:
«Cos’avremmo dunque per... colazione?», chiese sedendosi.
«Oh, be’... questi sono pancake», rispose Emma indicando le frittelle. «Possiamo metterci sopra sciroppo d’acero, frutti di bosco o gelato alla vaniglia», concluse rialzando timidamente lo sguardo e in quell’attimo notò la piccola fossetta che si era formata all’angolo della bocca di Regina.
«Io ti consiglio lo sciroppo d’acero», intervenne Henry indicandole il suo piatto con due pancake praticamente affogati nel liquido chiaro.
«Tesoro... non hai esagerato?», commentò Regina perplessa poi il suo sguardo scivolò nuovamente su Emma che le aveva appena messo vicina una tazza di latte caldo con panna e cacao. «Accidenti!», si lasciò sfuggire. «Bene, Miss Swan, cosa mi consiglia di mettere sopra le mie ‘frittelle’?».
 «Ah, ecco... Io voto per pancake con gelato alla vaniglia», rispose Emma mettendosi a sedere accanto a Henry.
«D’accordo, seguirò il tuo consiglio», la inchiodò con lo sguardo Regina. «Devi sentirti davvero in colpa per essere arrivata a tanto, non è così?».
Emma rimase senza risposta davanti all’altra donna. Avrebbe giurato che Regina fosse divertita da quella situazione ma in quegli occhi profondi dal colore del cioccolato si poteva leggere anche una palese sofferenza. Si sentì terribilmente in colpa.
«In realtà è stata una mia idea!», richiamò l’attenzione Henry.
«Tua tesoro?», si sorprese Regina.
«Sì. Stavo pensando che sarebbe bello se facessimo colazione insieme tutte le mattine, che ne pensi?».
«Che mi piacerebbe molto stare un po’ con te, ovviamente», allungò la mano sul tavolo e suo figlio gliela strinse immediatamente.
«Allora... a te andrebbe bene se pensassimo io e Emma alla colazione? Per il pranzo e la cena potremmo organizzarci, anche se ad essere sincero tu te la cavi molto meglio di noi ai fornelli», sfoderò un altro sorriso irresistibile.
Regina lo guardò allarmata.
«Henry, farai tardi a scuola, adesso finisci di mangiare, su!», lo interruppe Emma percependo il cambio d’umore dell’altra donna.
«Ehi, aspetta un attimo. Si può sapere che cosa significa?», s’indispose a quel punto Regina guardando entrambi.
«Niente mamma, è solo che a casa dei nonni c’è poco spazio e ora che mio zio è nato... be’, loro avrebbero bisogno di stare un po’ da soli, capisci?», spiegò tranquillamente Henry.
«Vai avanti», lo incitò Regina cominciando a capire il piano che avevano architettato i due.
«Quindi... visto che Emma deve ancora trovare un lavoro e che non abbiamo abbastanza soldi per un eventuale affitto, potremmo vivere tutti e tre insieme per un po’?».
 Regina sgranò gli occhi e rivolse uno sguardo torvo in direzione di Emma che abbassò all’istante la testa sulla sua colazione.
«State scherzando?!», tuonò.
«Mamma... non ti arrabbiare, se non ti fa piacere troveremo un altro posto», disse piano Henry diventando immediatamente triste. Lasciò la mano della madre e prese lo zaino ai suoi piedi. «Devo andare o farò tardi a lezione».
«Aspetta, Henry caro, mi hai frainteso! Sarei felice di averti qui con me sempre e...», guardò in direzione di Emma, «... visto che hai un’altra madre incapace di darti una sicurezza economica e un tetto sotto il quale vivere, vedrò di accogliere anche lei in questa casa», concluse acida rivolta verso l’altra donna.
«Grazie Regina, mi mancava questo tuo modo di umiliarmi», commentò Emma con una smorfia.
Sulle labbra dell’ex regina cattiva comparve un sorrisetto. Abbassò gli occhi sulla sua bevanda calda e prese una pausa prima di riprendere il discorso: «È davvero buono, Miss Swan. Dovranno essere sempre così le colazioni, siamo d’accordo?», ordinò con aria divertita bevendo un altro sorso di latte.
«Farò del mio meglio», sospirò Emma pentendosi all’istante di essersi prestata a quella messa in scena.
«Magnifico! Allora tornato da scuola potremo iniziare il trasloco?», si rallegrò Henry.
«Per quanto mi riguarda, potete venire a vivere qua anche subito».
Stavolta Regina si rivolse a suo figlio con dolcezza e sul suo volto comparve finalmente un sorriso sincero. Henry le si avvicinò e l’abbracciò forte, proprio come quando aveva riacquistato la memoria dopo il suo ritorno da New York, le dette un bacio sulla guancia poi si diresse verso Emma. «Te lo avevo detto che avrebbe funzionato», le sussurrò all’orecchio entusiasta.
«Sì, lo avevi detto», sorrise Emma vedendolo uscire tutto contento dal portone di casa per andare a scuola. Non poteva farci niente: il cuore di Henry era diviso a metà tra due genitori e ora che Regina era diventata un’eroina non c’era più nessuna scusa per tenerlo lontano da lei. “Dovrò abituarmi”, pensò tra sé e sé sentendo affiorare un nuovo sentimento dentro di lei: era la prima volta che si ritrovava ad essere gelosa della donna che le sedeva davanti e con la quale, in un passato non troppo lontano, aveva combattuto fino allo sfinimento.
«Allora, vuoi spiegarmi come stanno davvero le cose?», la richiamò Regina.
«È come ti ha detto Henry», rispose Emma apatica finendo il suo ultimo boccone di pancake.
«Oh, ma davvero? Vuoi dirmi che il vero motivo per il quale vuoi insidiarti in casa mia non riguarda il volermi controllare?».
«Henry sentiva la tua mancanza e ha proposto questa soluzione visto che il sovrappopolamento nella casa di David e Mary Margaret non ci permette di rimanere lì con loro», chiarì Emma.
Regina rimase per un lungo attimo in silenzio a fissare Emma negli occhi e quest’ultima si sentì immediatamente ricoperta dal sudore freddo: di certo era preoccupata di non essere stata troppo convincente ma, in ogni caso, tutte le volte che la donna la guardava in quel modo intenso e circospetto, veniva sempre pervasa da un profondo disagio.
«D’accordo, quand’è così...», scrollò le spalle Regina tornando alla sua colazione. Emma lasciò liberi i suoi polmoni di respirare di nuovo. «Hai pensato a cosa fare qui a Storybrook?», cambiò discorso Regina.
«No, in realtà non ho ancora pensato a che tipo di lavoro svolgere», si riprese definitivamente Emma, cercando di farsi scivolare via di dosso l’ansia che l’aveva pervasa.
«Potresti tornare al tuo vecchio lavoro come sceriffo, trovo che sia una mansione che ti si addica particolarmente», sogghignò Regina ripulendo il piatto. «Pancacke e gelato alla vaniglia, davvero delizioso! Anche se non potrò esagerare», rialzò di nuovo gli occhi sull’altra. «Ci tengo alla mia linea», terminò con un sorrisetto beffardo.
 
«Non l’ha bevuta?», si preoccupò Mary Margaret.
«No, non è stupida...», si passò una mano tra i capelli Emma appoggiandosi alla colonna al centro del salotto, il piccolo Neal si era appena addormentato e David era ancora a lavoro. «Spero sia stata la scelta giusta».
«Non devi demoralizzarti, dopotutto cosa vuoi che succeda?», cercò di scuoterla sua madre.
«A parte il ritrovarmi sgozzata nella notte? Niente», rispose Emma lasciandosi sfuggire una risata isterica.
«Emma, non dire così! Regina non potrebbe fare una cosa del genere, non proprio adesso che ha la possibilità di riconquistare suo figlio, non credi?».
«Già, altro tasto dolente», abbassò gli occhi Emma infastidita.
«Che vuoi dire? Oh, tesoro, non sarà che sei gelosa di lei?», si meravigliò Mary Margaret.
«Vuoi farmene una colpa?».
«No, certo che no», si avvicinò di più a sua figlia stringendola a sé. Emma ricambiò quel gesto sentendosi pervadere da un’immediata tranquillità. L’abbraccio di sua madre era delicato e allo stesso tempo pieno di affetto.
«Con calma l’affronterai», riprese Mary Margaret. «Le cose si aggiusteranno, dovrai solo avere pazienza», le sorrise ed Emma si ricordò di un’altra cosa importante che doveva affrontare. Non appena si sciolse dall’abbraccio, si congedò da sua madre per recarsi al molo, dove un’altra persona l’aspettava per chiarirsi con lei. Mentre camminava a passo svelto lungo la strada principale di Storybrook incrociò Ruby alle prese con sua nonna fuori dal Granny’s, Archie che passeggiava lentamente accompagnato dal suo caro Pongo e infine Robin Hood che stava parcheggiando la macchina davanti al negozio di Rumplestinskin.
“Che cosa ci andrà a fare?”, si chiese insospettita vedendolo entrare dal Signor Gold. In un attimo ricordò quanto era accaduto solo la settimana prima e di nuovo si sentì schiacciare. “Alla fine non è solo Regina a pagare le conseguenze del mio gesto”, si strinse nelle braccia giungendo al molo.
«Eccoti finalmente», le andò incontro Hook non appena la vide. «Com’è andata?».
«Per il momento non so che dirti, è ovvio che si è accorta di qualcosa ma dopotutto va bene così», tergiversò Emma.
«Ti vedo strana, oltre a questo c’è dell’altro?», si preoccupò Hook notando il comportamento insolito di lei.
«Killian, non so che dire. È un insieme di cose, io... sono davvero felice che tu sia venuto a New York a risvegliarmi dall’incantesimo ma...».
«Ma?», le fece eco l’uomo.
«Sono così confusa adesso», si lasciò andare Emma.
«Ti capisco e... non ti sto mettendo fretta Swan, davvero», cercò di rassicurarla Hook. «Ne abbiamo passate tante, è normale che tu debba ritrovare la tua dimensione».
“La mia dimensione”, si ripeté Emma abbassando gli occhi. Da quando era tornata dal passato e aveva deciso di rimanere a Storybrook tutto era definitivamente cambiato: la sua vita a New York insieme a Henry era destinata a rimanere solo un vecchio ricordo e, come se non bastasse, adesso suo figlio l’aveva messa davanti a un’altra scelta:
«Vuoi aiutare mia madre, Emma? Allora dobbiamo starle vicini e impedirle di fare sciocchezze!», le aveva detto la sera prima. Era da così tanto tempo che Henry non  la chiamava più per nome che la cosa le aveva fatto davvero un bruttissimo effetto. Emma sapeva bene che Regina aveva cresciuto quel bambino che un tempo lei aveva stupidamente abbandonato, ma finché la sua rivale fosse stata la terribile regina cattiva non c’erano dubbi su chi delle due Henry avrebbe preferito.
“Ora però le cose sono diverse...”, sospirò allontanandosi dal suo bel capitano.
«Che ti succede?», si allarmò Uncino.
«In un certo senso capisco Regina, alla fine non siamo così diverse», esordì Emma con voce traballante.
«Sei impazzita? Che stai blaterando?», la riprese Hook sorpreso.
 
Regina rientrò a casa prima del solito, era riuscita anche a passare a fare la spesa per la cena. Di certo non poteva non preparare qualcosa di speciale per il ritorno del suo Henry. A quel pensiero le si formò un sorriso sulle labbra e anche il dispiacere per la rottura con Robin le sembrò essere più sopportabile. L’unica seccatura per lei era avere tra i piedi Emma Swan, la figlia di Biancaneve, nonché madre biologica di Henry.
“Adesso non è il momento di pensarci”, si disse richiudendo la porta alle sue spalle.
«Bentornata mamma!», esclamò Henry alle prese con alcuni scatoloni che si trovavano nel salone d’ingresso.
«Tesoro, tutto bene?», si preoccupò Regina andando incontro a suo figlio.
«Sì, rimangono due di questi e abbiamo finito», rispose allegro dirigendosi su per le scale. In quel mentre lui ed Emma si incrociarono.
«Oh, ci sei anche tu?», si rabbuiò immediatamente Regina squadrandola da capo a piedi.
«Sì, buona sera Regina. Porto su l’ultimo scatolone», disse con aria dimessa Emma, sorprendendola.
“Sembra davvero giù di corda”, constatò osservando la donna bionda risalire le scale. Henry, al contrario, era al settimo cielo. “Comincio a credere che l’idea di Henry le si sia rivoltata contro”, le venne da ridere, ma poi incrociò per un istante gli occhi di suo figlio e sentì una strana vibrazione: era cresciuto molto in quell’ultimo anno e non solo...
«Tutto bene mamma?», chiese il ragazzo avvicinandosi. Regina era rimasta immobile a fissare lui ed Emma che era appena scesa dal piano superiore.
«Certo, è tutto ok», lo tranquillizzò abbracciandolo. «Puoi mettere quello che ho comprato per cena nel frigorifero? Io mi cambio e torno giù immediatamente», gli sorrise. Henry prese le buste e si diresse in cucina.
«Posso fare qualcosa per te, Regina?», chiese tesa Emma.
«Ti va di darmi una mano?».
«Certo».
«Bene, allora aspettami che prepariamo la cena insieme», disse con tono misurato Regina, poi s’indirizzò verso camera sua. Quella giornata era stata davvero pesante, un buon bagno le avrebbe dato il giusto beneficio.
“Si somigliano. Più Henry cresce più è evidente il legame che ha con quella donna”, rimuginò. “Non dovrebbe stupirmi così tanto eppure...”, pensò Regina indossando una camicetta di seta nera. “Devo vedere il lato positivo della cosa. Questo renderà meno difficile la convivenza forzata”. Prese un respiro e si decise a dare il meglio di sé stessa per non deludere Henry.
Alla fine non fu così difficile: la cena trascorse in modo più piacevole di quanto pensasse. Parlando insieme della giornata appena conclusa e delle cose da sistemare, anche Emma le sembrò meno irritante.
«Posso parlarti un attimo Swan?», chiese con cortesia Regina dopo aver salutato Henry con un bacio della buonanotte.
«Certo, dimmi pure», le si avvicinò Emma dopo aver salutato anche lei Henry con un bacio sulla fronte.
«Se dobbiamo iniziare a vivere insieme vorrei che tu rispettassi alcuni punti...», la fissò. «Niente uomini in casa, siamo intesi?».
«Ehi, per chi mi hai preso?!», s’indispose subito Emma incrociando le braccia.
«È meglio essere chiare, non trovi?», trattenne una risatina Regina vedendo la reazione dell’altra. «Sei troppo tesa sceriffo, rilassati».
«Devi dirmi altro?», chiese spazientita Emma, non desiderando altro che congedarsi e allontanarsi rapidamente dalla vista di quella donna sfrontata.
«Direi che questo è il punto più importante e...».
«E... ?».
«Ti pregherei di non spremere il dentifricio a metà del tubetto, grazie», concluse in tono snob passandole accanto.
Emma le gettò un’occhiataccia e si trattenne dal risponderle.
 
Nonostante le premesse, dopo una settimana da quel giorno, le cose in famiglia Mills erano notevolmente migliorate: Emma, Henry e Regina si stavano abituando a quella nuova situazione. Anche quella mattina madre e figlio erano alle prese con una colazione a base di frutta e biscotti. Lo stereo stava trasmettendo Just the way you are ed Emma cantava seguendo la voce di Bruno Mars mentre disponeva le ultime cose sulla tavola insieme a Henry. Regina, immobile sulle scale, si godeva quella scenetta di nascosto: per un attimo aveva rivisto Biancaneve in sua figlia.
«Henry, vai tu a chiamare tua madre?», chiese Emma rivolta al suo ragazzo.
«Sono qua, non importa», si avvicinò Regina. «Ho una gran fame, che c’è di buono?», si sedette al solito posto facendo un sorriso in direzione di suo figlio.
«Fragole e crema, oppure macedonia di frutta mista. Latte fresco o un cappuccino con cacao».
«Oh, addirittura!», si stupì Regina.
«Mary Margaret ci ha regalato quella», intervenne Emma indicando la macchinetta per fare l’espresso sopra il forno.
«Bel regalo, ringrazia tua madre da parte mia», rispose Regina fissandola. Emma aveva sempre l’impressione che quello sguardo, apparentemente innocuo, nascondesse in realtà qualcos’altro.
«Stasera allora non avete impegni, vero? Ho preso il dvd che vi dicevo», balzò in piedi Henry pronto per andare a scuola.
«Sicuro, non vedo l’ora di vedere questo bellissimo film su...», strinse gli occhi Regina, cercando di ricordare il titolo.
«Gli X-man», concluse la frase Emma per lei.
«Giusto, gli X-man», ripeté Regina sorridendo al suo ragazzo.
«Io penserò alle patatine e ai pop-corn», lo rassicurò Emma.
«Figo! Allora a più tardi», sgattaiolò verso la porta Henry lasciando le due donne da sole.
«Sembra proprio felice, vero?», esordì Regina.
«Già», rispose Emma con noncuranza, ancora alle prese con la sua macedonia.
«E tu come stai? È tanto orribile vivere con me?».
Emma la guardò stranita, non capendo dove volesse arrivare.
«Sto cercando di abituarmi», rispose la salvatrice mettendosi sulla difensiva. Regina abbassò gli occhi e un sorriso strano comparve sulle sue labbra. «Credo che per te sia lo stesso, no?», cercò di darsi un tono Emma, incrociando finalmente il suo sguardo. Per un attimo calò il silenzio tra loro.
«È così», ammise Regina. «Ma... Henry sembra davvero entusiasta di tutto questo e io non voglio perderlo di nuovo per la mia insofferenza nei tuoi confronti».
Emma sentì un colpo violento alla bocca dello stomaco: ora sapeva che cosa realmente si nascondesse dietro l’atteggiamento dell’altra donna.
«Mi dispiace», abbassò la testa sentendosi colpevole. Regina arcuò un sopracciglio sorpresa. «Non volevo... Cioè, la cosa che ho fatto, riportare Marian dal passato, ecco io...», cercò di affrontare finalmente quella faccenda spinosa rimasta in sospeso.
«Non sentirti in colpa», la bloccò all’istante l’ex sovrana cattiva capendo che piega stava prendendo la loro chiacchierata. «Hai salvato una vita che io avevo stroncato solo per l’odio nei confronti di tua madre. Presto sarebbe venuto a galla con Robin, non credi?», la fissò seria.
«Ma allora...».
«La mia insofferenza non deriva dal fatto che fai le cose senza pensare, come tua madre, anche se a volte lo trovo davvero irritante», sbuffò Regina bevendo il suo cappuccino. «Il problema è che... è difficile competere con te davanti a Henry», rialzò lo sguardo incenerendola.
Emma sentì un nuovo colpo all’altezza del costato e per un attimo le sembrò di trovarsi davanti a uno specchio:
«Provo la stessa cosa», disse in un soffio.
«Come puoi provare la stessa cosa? Tu sei l’eroina delle fiabe, il frutto del vero amore», sibilò Regina sbattendo la tazza ormai vuota sul piattino di coccio.
«Dovresti imparare a leggere meglio dentro le persone», rispose Emma con espressione vuota. «Io non ho mai tenuto in braccio Henry da piccolo, tu mi hai dato dei ricordi meravigliosi ma non sono realtà. Nostro figlio sa benissimo che... l’ho abbandonato», si strinse nelle spalle abbassando la testa. «Ora che sei anche tu un’eroina non ho davvero niente più di te ai suoi occhi e anzi, tra le due, sono proprio io quella in difetto», concluse lasciando Regina senza parole.
 
Quella sera in casa Mills ci fu una specie di pigiama party con ogni tipo di leccornia, supereroi e niente che potesse ricondurre alla discussione che Emma e Regina avevano avuto quella mattina. Henry, seduto tra le sue due mamme, si gustava il film, ridendo e commentando con loro le imprese di Wolverine e degli altri. L’atmosfera era piacevole nonostante le emozioni e i turbamenti per quella strana e discutibile situazione. La serata si concluse con Henry ed Emma addormentati l’uno accanto all’altra sull’ampio divano del salotto.
“Ma guarda, hanno proprio la stessa espressione quando dormono”, constatò Regina mentre stava bevendo una tisana calda. I suoi occhi si posarono sul volto di Emma: quello che le aveva confidato poche ore prima le aveva provocato una strana reazione e le si era formato un nodo alla gola. Aveva fatto davvero fatica a dissimulare la sua commozione davanti all’altra. “Mi sto rammollendo”, schioccò la lingua. “Io che mi lascio travolgere dalla sofferenza altrui, è inammissibile”, corrugò la fronte e in quel preciso istante Emma iniziò a lamentarsi nel sonno. Regina posò la tazza sul tavolino davanti al divano e le si avvicinò. «Ehi, Swan che succede? Killian ti sta inseguendo col suo uncino?», scherzò scuotendola piano.
«Mamma... non lasciarmi», biascicò Emma mentre una lacrima le rigava il volto.
Regina non ebbe più il coraggio di svegliarla. Rimase in silenzio accanto a lei e cercò di tranquillizzarla accarezzandole i capelli.
«Devo essere davvero impazzita», prese un respiro continuando a fissare il volto della sua rivale.

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Il mattino seguente Emma si ritrovò nel suo letto anche se non ricordava come ci fosse finita. Henry la chiamò dal piano di sotto.
«Ma che ore sono?», sbuffò guardando l’orologio. «Oh, accidenti!», si alzò in tutta fretta rischiando di inciampare nei suoi stessi vestiti.
Quando lo raggiunse giù in cucina suo figlio aveva già finito di mangiare ed era pronto per uscire.
«Non hai sentito né la sveglia né io che ti chiamavo, mum?», ridacchiò mettendo lo zaino sulle spalle.
«Mi dispiace, non so come sia successo», si giustificò Emma. «Grazie per il caffè», gli strizzò un occhio.
«Oh, figurati, c’è anche quella».
«Immagino che non abbia senso chiedere chi l’ha preparata, vero?», fece una smorfia Emma fissando la torta di mele in mezzo alla tavola.
«Ti assicuro che è buonissima, l’ho testata io stesso!», gli sorrise Henry poi le si avvicinò dandole un bacio sulla guancia. «Devo scappare».
«Aspetta, solo una cosa... Cos’è successo ieri sera?».
«Ci siamo addormentati e mamma... ci ha messo a letto», rise.
«Ci ha messo a letto?».
«Già, sai come?», gli fece il gesto di schioccare le dita.
«Ah, certo, come altrimenti!», face spallucce Emma finendo il suo caffè. Quella mattina doveva parlare con suo padre della possibilità di riprendere il suo vecchio lavoro come sceriffo, o almeno come vice.
«Ci vediamo più tardi!», esclamò Henry uscendo in tutta fretta di casa.
Emma si rilassò un attimo sulla sedia e dette un’occhiata alla cucina ordinata e pulita. Non riusciva davvero a capacitarsi di come Regina riuscisse a cucinare senza sporcare niente.
«Se non l’avessi vista coi miei occhi ai fornelli penserei che usi la magia», disse a voce alta e subito dopo notò un biglietto ripiegato vicino al vassoio della frutta. Lo prese tra le mani e lo aprì: ‘Stasera farò tardi, ho due riunioni in comune e un appuntamento col tecnico dell’ufficio commerciale. In frigo ho lasciato una zuppa di verdure e del pollo. Non aspettatemi. Regina’.
Emma sentì qualcosa di strano agitarsi nello stomaco. Prese il cellulare e richiamò il numero di Regina in rubrica ma alla fine non fece partire la chiamata.
“Ma che sto facendo? Ho già i miei problemi, non posso preoccuparmi anche dei suoi!”, scrollò le spalle alzandosi da tavola.
Durante la giornata le tornò più volte alla mente Regina alle prese con i suoi impegni e il fatto che forse, conoscendola, non avrebbe né pranzato, né cenato.
«Emma, tutto ok?», la richiamò David.
«Oh, sì... certo. Mi stavi dicendo?», si riprese.
«Sei strana», fece una pausa suo padre. «Comunque, stavamo dicendo del tuo posto di sceriffo. Io lo avevo preso momentaneamente, però...», gli allungò la stella sul tavolo, «... tu hai più esperienza di me in queste cose», le sorrise.
«Ti ringrazio», disse Emma prendendo tra le mani il distintivo e di colpo si sentì trascinare indietro nel tempo.
«Dovremo ufficializzare la cosa», disse David allungandole un plico di fogli. «Potresti darli al sindaco stasera?», gli strizzò un occhio.
«Certamente, dunque rimaniamo così? Io sceriffo e tu il mio vice?».
«Mi sembra un’ottima soluzione, non credi? Sono contento di poterti fare da spalla», le sorrise.
Emma prese le scartoffie e si appuntò la stella sulla giacca all’altezza del cuore.
«D’accordo, intanto possiamo pianificare il lavoro, che ne dici? Con tutte le cose che sono successe, sono rimaste in sospeso parecchie cose”, disse e suo padre fece una faccia strana.
«Già, volevo giusto parlarti di questo. Cos’hai intenzione di fare con quel pirata?», chiese poggiando le braccia sul tavolo.
«Non vorrai parlare sul serio di questo, vero?».
«Sì, invece. Sono molto preoccupato. Insomma, lui è un lupo di mare e non credo che sia giusto trattenerlo qui se tu...».
Emma lo fissò irritata.
«Oh, andiamo, Emma! È normale che mi impicci di una cosa del genere, lo sai!».
«No, non credo. Ho trent’anni e tu se non sbaglio dovresti preoccuparti del mio fratellino appena nato».
«Non dire così, ti prego», la guardò negli occhi. «È vero che non posso cancellare il fatto che siamo stati lontani per tutto questo tempo ma tu non potrai mai cancellare il fatto che sono pur sempre tuo padre», ribatté.
«Ti prometto che gestirò la situazione nel miglior modo possibile», lo rassicurò Emma. «E adesso facciamo il punto della situazione», concluse aprendo un caso rimasto in sospeso.
 
Dall’altra parte della città Regina si stava occupando di incombenze analoghe, riunioni per risistemare Storybrook dopo l’uragano Zelena e creare nuove opportunità di lavoro. Tutto sembrava destinato a ritornare come prima dell’arrivo di Emma.
“Chissà come sarebbero state le nostre vite senza di lei...”, pensò Regina lasciandosi travolgere dal passato.
«Mills? Ha capito il punto?», la riprese uno dei consiglieri comunali.
«Sì, certo, faremo un nuovo piano regolatore. Chiami pure il tecnico e faccia convocare gli urbanisti», rispose alzandosi dalla scrivania.
«Allora fissiamo un incontro per la prossima settimana?».
«Certamente Sebastian. Lasci pure l’appunto alla segretaria, torneremo operativi nel giro di pochissimo tempo». Regina strinse la mano all’uomo e l’accompagnò all’ingresso. Si erano già fatte le due del pomeriggio e nonostante si fosse alzata prestissimo quella giornata sembrava non darle un attimo di tregua. «Esco giusto mezz’ora per prendere qualcosa da mangiare Flora, ti riporto qualcosa?», chiese Regina alla sua segretaria mettendosi il cappotto.
«È molto gentile, grazie», sorrise la ragazza.
«Bene, allora... che cosa preferisci?».
«Se va al Granny’s mi basta un’insalata mista».
«D’accordo, allora insalata mista per te», ricambiò il sorriso Regina diretta verso l’ingresso dell’edificio.
«Ehm, signora!», la richiamò Flora.
«Sì?».
«Sono davvero felice che... Sì, ecco, che lei sia cambiata», trovò il coraggio di dire e le sue guance diventarono immediatamente rosse.
Regina rimase impietrita davanti a quella dichiarazione, poi riuscì a fare un cenno di circostanza e uscì di tutta fretta.
“Ecco cos’ha fatto quella donna”, si strinse nel cappotto camminando svelta verso il locale più gettonato di Storybrook. “Non sono sicura di doverla ringraziare però”, sospirò entrando al Granny’s.
Ruby, di là dal bancone, le si avvicinò sorridente.
«Buongiorno Regina, che cosa ti preparo?».
«Due insalate miste da portare via, grazie», rispose cortese sedendosi davanti a lei.
«Ci metterò un attimo e... hai visto chi c’è seduto laggiù?», le fece segno con la testa la ragazza. Regina si girò e vide Robin Hood seduto ad un tavolo da solo, la faccia segnata e l’espressione triste.
«È da stamattina che è lì e non sembra avere intenzione di andarsene», riprese Ruby.
«Ha bevuto molto?», si preoccupò Regina.
«In realtà no, ma sembra non trovare pace».
«Capisco», si voltò ignorandolo.
«Be’, potresti chiedergli che problemi ha, no?», le strizzò l’occhio la ragazza, dopodiché sparì in cucina.
“Certo, facciamoci ancora del male”, sospirò Regina cercando di non cedere alla tentazione di girarsi di nuovo ma i guai, dopotutto, non potevano starle lontani troppo a lungo.
«Regina, che sorpresa vederti qui», la chiamò Robin sedendosi sullo sgabello accanto al suo.
«Già, a volte mi ricordo di mangiare anch’io», abbozzò un sorriso continuando a fissare davanti a sé.
«Volevo chiamarti».
«Davvero? Perché?», questa volta Regina si stupì e si volse verso il suo interlocutore contrariata.
«Io... non riesco a dimenticarti», ammise Robin con un’espressione straziata. «Marian è stato l’amore della mia vita ma adesso...».
«Che cosa stai dicendo?», sgranò gli occhi Regina sentendo il cuore accelerare il battito.
«Quello che ho detto», cercò di sostenere il suo sguardo Robin. «Quando te ne sei andata dopo la festa e non ho fatto in tempo a parlarti, mi sono sentito malissimo. Solo pochi minuti prima passeggiavamo per strada insieme a Roland poi Marian è tornata dal passato con Emma e Hook e...», prese una pausa, «... dopo tutto è precipitato».
Regina rimase in silenzio a fissarlo.
«Ecco le due insalate miste... Maestà?», la stuzzicò Ruby.
«Molto divertente Cappuccetto. Ecco, prendi pure la mancia. Adesso devo proprio andare», rispose gelida Regina alzandosi dallo sgabello e, senza guardare neppure in faccia Robin, uscì in tutta fretta dal Granny’s.
«Regina, aspetta!», la rincorse l’arciere afferrandola per un braccio.
«Non abbiamo più niente da dirci signor Hood!», tuonò Regina contrariata. «Hai una famiglia adesso, devi tornare da loro! E ringrazia Emma Swan che ti ha riportato il tuo grande amore», sibilò guardandolo torva.
«Non è così. Almeno... possiamo parlare? Ti prego, solo un caffè a fine lavoro se vuoi, oppure vengo da te. Non ti ruberò troppo tempo, te lo giuro», non dette segno di resa lui. A quel punto Regina fu costretta a cedere: si era fatto davvero tardi, Flora doveva mangiare e lei avrebbe avuto un’altra riunione a breve.
«D’accordo, ne parleremo stasera allora», sospirò spazientita lasciandosi Robin alle spalle.
 
Poco dopo, sempre al Granny’s, anche Emma e Hook si erano trovati per fare uno spuntino insieme. Non voleva ammetterlo, ma le parole di suo padre avevano sortito il loro effetto su di lei.
«Dunque hai intenzione di rimanere qui ancora per un po’?», chiese Emma mangiando il suo hamburger.
«Come sai, un capitano senza nave va poco lontano», le fece un sorriso misurato Hook.
«C’è un modo per recuperare la Jolly Roger’s, Rumplestinskin mi ha detto che basterebbe...».
«Swan, io voglio rimanere per te!», la interruppe Hook.
«Killian, volevo parlarti proprio di questo», prese un respiro Emma. «Quello che è successo tra noi è stato... un attimo di debolezza, mi sono lasciata trasportare dalla situazione ma...».
«Ma non sono il tuo principe delle favole? È questo quello che vuoi dire?», s’indispose il bel capitano.
«Non sto cercando un principe delle favole», replicò Emma. «In questo momento l’unica cosa che voglio è cercare di recuperare il rapporto con mio figlio», disse sincera.
Killian si appoggiò allo schienale della poltroncina insofferente.
«Se è questo quello che vuoi potremmo davvero recuperare la Jolly Roger’s e salpare insieme io, tu e Henry. Questa sì che sarebbe una buona idea e non certo starsene nella tana del lupo».
«State parlando di me?», esordì Ruby arrivando con un vassoio di patatine fritte e un grosso boccale di birra.
«No, non ce l’avevo con te», le rispose infastidito Hook.
«Killian, che modi!», lo riprese Emma.
«Lascia perdere, sono abituata agli uomini rozzi», bofonchiò Ruby mettendo le pietanze sul tavolo. «Sai che poco prima ho assistito a una scenetta niente male?», riprese sorniona.
«Che vuoi dire?», chiese Emma.
«Robin Hood e Regina Mills si sono incontrati e lui, dopo averle parlato, l’ha rincorsa fuori dal locale».
Emma sentì un colpo in pieno petto e d’improvviso le sembrò di non avere abbastanza aria nei polmoni.
«Vuoi dire che quel tizio non sta più con sua moglie?», s’intromise Hook trovando l’argomento particolarmente interessante.
«Non solo! Le ha proprio detto che non riesce a dimenticarla!», ridacchiò Cappuccetto Rosso, felice di poter raccontare il nuovo gossip della giornata ai suoi amici.
«Hai sentito Swan? Lei non è più un problema per noi dunque!», si compiacque Hook bevendo un sorso di birra. «Dobbiamo festeggiare!», alzò il boccale.
Emma rimase col panino a mezz’aria, inebetita.
 
Finalmente la giornata era arrivata al termine. Regina uscì dal suo ultimo incontro con la schiena a pezzi, era stata seduta per ore e poi aveva corso da un posto all’altro senza neppure avere il tempo di finire la sua insalata. Quando rientrò in casa si erano fatte le nove di sera.
«Sono a casa!», disse a voce alta togliendosi le scarpe e gettandosi sul divano del salotto stravolta.
«Bentornata», fece capolino Emma dalla cucina. «Ti ho preparato da mangiare».
«Oh, grazie, ma non credo di avere la forza per alzarmi», rispose con un filo di voce Regina. «Mi aspetta una settimana allucinante», chiuse gli occhi slacciandosi i primi due bottoni della camicia per respirare meglio.
«Sembri davvero distrutta», le si sedette vicino Emma. «L’acqua è calda se vuoi farti un bagno», le prese i piedi tra le mani massaggiandoli.
Regina spalancò gli occhi.
«Che stai facendo?», cercò di ricomporsi.
«Stai ferma, altrimenti non funziona!», la fulminò con lo sguardo Emma.
«E da quando saresti un’esperta massaggiatrice?», arcuò un sopracciglio contrariata.
«Da sempre. Ho fatto un corso a New York», le rivolse uno sguardo divertito. «Guarda con che razza di tacchi vai in giro, è normale che tu sia a pezzi».
«Non è solo per i tacchi», ribatté Regina rilassandosi. «Sei brava».
«Che ti avevo detto?», le fece un sorrisetto Emma.
«Henry dov’è?».
«È rimasto da un suo amico. Fanno un torneo di videogiochi stasera, mi ha detto di andarlo a prendere alle undici».
«I videogiochi! Sono quelli la vera maledizione», si arrabbiò Regina. «Non dovresti permettergli di passarci così tanto tempo sopra».
«Ci sei già tu a rimproverarlo per il gameboy, no?», scherzò Emma.
«Giusto, quindi tu faresti la parte del padre permissivo, vero?».
«Be’, come vedi sono io a massaggiarti i piedi, cara».
Regina scoppiò in una risata:
«Sarei curiosa di sapere da chi hai preso questo senso dell’umorismo», fissò l’altra conservando un sorrisetto sulle labbra.
«Dovresti essere tu a rispondere a questa domanda, non credi?».
«Forse da tuo padre...».
«Forse».
Regina si fermò di nuovo a guardare il volto di Emma.
«Henry ha le tue stesse espressioni del viso, sai?».
«Davvero? Non ci ho fatto caso».
I loro occhi si trovarono per un istante ed entrambe furono come percorse da una scossa. Un attimo dopo una era alle prese con la carne lasciata sul fuoco e l’altra si era chiusa in bagno a farsi la doccia.
 
«Regina, è tutto pronto in tavola», disse Emma salendo fino a mezza scala e in quel mentre l’altra uscì dal bagno avvolta in un accappatoio bianco.
«Scendo subito, il tempo di vestirmi», rispose Regina passandosi una mano tra i capelli bagnati. Emma abbassò subito gli occhi.
«Ok, ti aspetto giù», tornò al piano di sotto senza più voltarsi.
“Ma che diavolo sta succedendo?”, si portò una mano al petto l’ex Regina Cattiva, sentendosi improvvisamente debole e languida. “Forse ho la febbre, oggi ho proprio esagerato a lavoro”, si rimirò nello specchio appeso al muro notando il suo volto arrossato, poi il campanello suonò ed ebbe un sussulto. Non fece in tempo a dire ad Emma di non aprire la porta o di raccontare che non era in casa:
«Certo, accomodati», le sentì dire con tono strano. «Regina scenderà tra poco, era a farsi la doccia e non ha ancora mangiato».
«Ok, l’aspetto», rispose Robin.
Regina tentò di riprendersi. Si era dimenticata di lui, sembrava incredibile ma era proprio così. Si asciugò velocemente i capelli e indossò la sua tenuta da casa: camicia e pantaloni neri.
«Non ti aspettavo a quest’ora», irruppe nella sala guardando di sbieco l’uomo.
«Mi avevi detto che mi avresti chiamato».
«Sono stata impegnata», lo ignorò entrando in cucina. Si sedette al solito posto e mise nel piatto la bistecca e le patate arrosto che Emma le aveva cucinato.
«Posso rimane qui a farti compagnia?», non dette segno di resa l’altro.
Regina fece un lungo sospiro guardando in direzione di Emma.
«Devo andare a prendere Henry, ci vediamo dopo», disse nervosa la salvatrice contrariandola.
«Devi andarlo a prendere tra un’ora», la riprese Regina.
«Non vorrei disturbare ma... ho davvero bisogno di parlarti», s’intromise Robin capendo di non essere ben accetto. «Per favore».
Regina guardò ancora in direzione di Emma e le fece un cenno con la testa che l’altra ricambiò subito.
«Bene, Signor Hood, che cosa vuole dirmi di così urgente?», chiese tagliente Regina fissando l’uomo.
«Cercherò di esser il più breve e conciso possibile», rispose Robin prendendo su di sé l’attenzione della donna.
Emma uscì di casa lasciandoli soli e per la prima volta provò un sentimento del tutto diverso nei confronti di Regina: non solo era preoccupata per lei ma la voleva proteggere.
“Non è stata davvero una grande idea quella della convivenza”, si tormentò Emma cercando di allontanare l’immagine di Robin e Regina insieme. “Come dice Killian, se loro due tornassero insieme, non ci sarebbe più bisogno di rimanere a sorvegliarla”, alzò gli occhi verso il cielo che era tappezzato di stelle luminose. “Chissà quanti mondi esistono oltre a quelli che ho avuto la possibilità di vedere”, si chiese sentendosi vinta dalla tristezza.
 
«Adesso dormo da Little John e questo è tutto», concluse Robin mentre Regina sistemava i piatti nella lavastoviglie.
«Dovresti provare a parlarle di nuovo», insisté la donna sentendosi insolitamente oppressa. Il racconto di Robin le era piovuto addosso senza che potesse accettarlo sul serio: Marian sentiva il suo uomo diverso da quello che conosceva, avrebbe voluto tornare indietro nel tempo per poter sistemare le cose. Era arrivata addirittura a chiedere aiuto a Rumplestinskin! Robin l’aveva seguita e fermata prima che potesse commettere qualche sciocchezza. Ovviamente Gold e Belle non avrebbero mai permesso che la donna tornasse indietro nel tempo anche se avessero avuto la possibilità di accontentarla, ma Marian era seriamente intenzionata a trovare una qualsiasi soluzione per poter riavere la sua famiglia.
«Il tempo e le esperienze ci cambiano, tu lo sai bene», riprese Robin. «Dopo quello che abbiamo passato insieme io... non posso semplicemente cancellarlo», confessò alzandosi in piedi e in un attimo le si avvicinò da dietro le spalle abbracciandola.
«Invece dovresti», s’irrigidì Regina. Era stato amore quello che aveva provato per lui? O in realtà era stata una semplice infatuazione? Non l’avrebbe saputo dire con certezza, ma era chiaro che per lei le cose non erano più come prima.
«Come puoi chiedermi questo?», la voltò verso di sé Robin guardandola intensamente. «La passione che c’era tra noi e tutto il resto... Io non riesco a dimenticarlo!», la strinse di più a sé abbassando il volto sul collo dell’altra per baciarlo. Regina non fece in tempo ad allontanarlo perché la porta d’ingresso si aprì e lei e Robin ebbero un sussulto.
«Siamo... tornati», balbettò Henry beccandosi la scena in diretta. Emma gettò un’occhiata di biasimo in direzione degli altri due poi prese il suo ragazzo per mano e si diresse velocemente al piano superiore senza dire una parola.
Regina sentì un macigno caderle sullo stomaco.
«Basta così», guardò Robin innervosita. «Quello che mi chiedi non posso dartelo. I cambiamenti non hanno investito solo la tua famiglia, ma anche la mia», concluse serissima.
«Posso riconquistarti? Il periodo è orribile per entrambi ma insieme forse...», insisté l'uomo.
«Scusami ma sono stanca, devo andare a dormire adesso», chiuse il discorso Regina accompagnandolo alla porta. Il volto di Robin era così abbattuto che per un attimo si sentì in colpa nei suoi confronti, soprattutto per quello che le aveva appena detto: ‘il periodo è orribile per entrambi’. Si sbagliava, perché per lei non lo era affatto. Da quando Emma e Henry si erano trasferiti in casa sua persino la stanchezza per i tanti impegni era diventata sopportabile. Di nuovo il volto della giovane salvatrice si fece largo tra i suoi pensieri e il cuore le si strinse nel ricordarla così vulnerabile mentre piangeva nel sonno.
«Buonanotte Robin, spero che avremo modo di confrontarci di nuovo con tranquillità e che tu per allora abbia risolto i tuoi problemi».
Robin la guardò stupito:
«Sei cambiata», affermò.
«Oggi sei la seconda persona che me lo dice», rifletté Regina ripensando al volto sorridente di Flora.
 
Emma si era chiusa in camera dopo aver parlato un po’ con Henry, entrambi erano rimasti sorpresi per la scena a cui avevano assistito. Si sfilò gli abiti e indossò il suo pigiama di cotone leggero.
“Hook ha ragione. Se quei due tornassero insieme, io e Henry non dovremmo più restare qui”, si strinse il cuscino al petto dopo essersi stesa sul letto. “Perché mi da così fastidio vederli insieme?”, si lamentò ancora cercando di scacciare quel pensiero, poi sentì bussare.
«Posso entrare?».
La testa di Regina fece capolino da dietro la porta.
«Certo, vieni pure», cercò di darsi un tono Emma.
Regina fece un sorriso misurato poi richiuse la porta alle sue spalle avvicinandosi.
«Mi spiace per prima», disse sedendosi sul letto.
«Di cosa ti stai scusando?», cercò di far finta di non capire Emma.
«Avevo detto niente uomini in casa», riprese Regina abbassando lo sguardo. «Lui... dice che non riesce a dimenticarmi», rialzò gli occhi e non appena incontrò quelli di Emma rimase sorpresa: la bionda salvatrice sembrava davvero turbata.
«Tutto ok?», le chiese.
«Certo, perché?», mentì Emma stringendo più forte il cuscino al petto. Regina fu colpita da quel gesto.
«Sembri una ragazzina intimorita», rise. «Non ti sto per sgridare, sai?», la prese in giro.
«Grazie, ora che me lo dici mi sento molto più tranquilla», si stizzì Emma lanciando via il cuscino, incrociando le braccia al petto offesa.
Regina rise di nuovo.
«Si può sapere che cosa c’è di così divertente?».
«Niente. Hai solo fatto una faccia carina», le sfuggì e in un attimo le guance di Emma diventarono rosse.
“Accidenti, adesso lo è ancora di più!”, rifletté Regina avvicinando istintivamente una mano verso i capelli biondi dell’altra.
Emma rimase immobile mentre la donna che tanto aveva odiato in passato le accarezzava la testa con le sue mani perfette e affusolate:
«Vi siete baciati?», si azzardò a chiedere avvolta da quella strana sensazione.
«No», rispose Regina perdendosi in quegli occhi blu profondi come il mare. «Lui avrebbe voluto ma io...».
«Robin non sta più insieme a Marian?», la incalzò Emma, aggrappandosi a quell’informazione e cercando di combattere contro se stessa, perché il suo istinto avrebbe voluto ben altro da lei.
«Te l’ho detto, non riesce a dimenticarmi», rispose in un sussurro Regina mentre la sua mano scendeva lentamente dai capelli al volto e lungo il collo dell’altra.
Emma trattenne il respiro. Il suo cuore iniziò una folle corsa:
«È normale, chi riuscirebbe a dimenticarti?», le sfuggì.
«Miss Swan, che cosa sta dicendo?», la provocò Regina mentre sulle sue labbra si disegnava il solito sorrisetto malizioso.
Emma si mosse in avanti, posò la mano sulla schiena dell’altra avvicinandola delicatamente a sé:
«Vuoi che mi fermi?», trovò il coraggio di chiedere a un soffio dal volto di quella donna che a tal punto aveva sconvolto la sua vita.
«No», sorrise Regina circondandole il collo con le braccia. «In ogni caso... non credo che mi ascolteresti», concluse mentre Emma annullava la distanza tra loro.
Non appena sentì quelle labbra morbide premere contro le sue, Regina ebbe un fremito e per un attimo le sembrò che qualcuno le avesse strappato il cuore dal petto. La bocca di Emma si dischiuse e la sua lingua calda scivolò nella sua rendendola debole e febbricitante. Si aggrappò a quelle spalle forti e fragili allo stesso tempo e tutto parve sparire intorno a lei.
“È una pazzia!”, pensò per un attimo tra sé e sé, ma quando riaprì gli occhi non poté fare a meno di essere colta da un capogiro: il volto di Emma era arrossato e terribilmente attraente. Non ricordava di aver mai provato niente del genere prima di allora. Quel sentimento di odio iniziale, alimentato dalla gelosia verso il piccolo Henry, aveva fatto una brusca virata, trasformandosi in qualcosa di completamente opposto. Chissà se per Emma era stata la stessa cosa, chissà se anche lei aveva compreso quanto amore e odio potessero essere le facce della stessa medaglia. Le mani di Emma si mossero sicure a liberarla dalla camicia che indossava. Nessun ripensamento in quegli occhi profondi che sembravano ricambiare il suo stesso stato d’animo.
Regina bloccò quel volto a lei così caro tra le sue mani e lo fissò intensamente:
«Ragazzina», disse in un sussurro sfiorandole le labbra. «Adesso sono io a chiedertelo. Sei sicura di voler andare fino in fondo?».
«Me lo stai chiedendo sul serio?», la fulminò Emma trovando immediatamente il respiro dalla sua bocca. Regina si sentì sciogliere e anche l’ultimo freno inibitorio che le era rimasto scivolò via insieme ai loro vestiti. Il mondo che le circondava si era come dissolto. Non esistevano più i personaggi delle fiabe, i buoni o i cattivi. Solo loro due al centro di quel momento magico, le uniche vere protagoniste di quella storia intrisa d’odio e amore.
«Emma», chiamò piano Regina stringendo le lenzuola sotto di lei. In un attimo si sentì cadere nel vuoto, un gemito le si strozzò in gola.
«Sono qui», riemerse Emma poggiando la testa sul ventre caldo dell’altra.
«Sei incredibile», disse Regina ancora ansante e la sua mano trovò subito rifugio tra i capelli biondi dell’altra.
«Mi piace quando mi accarezzi così», sospirò dolcemente Emma.
Regina si mosse su di lei per baciarle la fronte:
«Posso farti addormentare in questo modo tutte le sere, se vuoi».
«È compresa anche tutta la prima parte?», le fece un sorrisetto Emma sentendosi bene come non lo era mai stata in vita sua.
«Ovviamente», la strinse tra le braccia Regina. «Sempre se sopravvivrò a tua madre, tesoro mio», concluse scherzando.
Emma rise.
«Capirà, capiranno tutti e... se non dovessero capire, a me non interessa», la baciò di nuovo con trasporto.
«Tutto questo tempo a combatterci per poi ritrovarci nello stesso letto, non è incredibile?».
«Già, tempo sprecato».
«Quante fantastiche colazioni e cappuccini mi sono persa», sbuffò Regina accarezzandole la punta del naso con l’indice.
«Dalla prossima settimana inizierò a darti una mano col lavoro, ho ripreso il mio posto di sceriffo».
«Lo so, ho visto il distintivo».
«E quando lo avresti visto, scusa?».
«Mia cara, ti ho squadrato da capo a piedi ieri sera e neppure te ne sei accorta?», sorrise Regina davanti al volto sorpreso di Emma poi riprese a baciarla.
 
Il mattino dopo Henry si svegliò di buonora. Sentendo un silenzio irreale in casa si preoccupò e corse nella camera di Regina che trovò vuota. A quel punto si diresse verso quella di Emma e quando vide le due donne strette l’una all’altra ebbe un sussulto. Richiuse la porta cercando di non fare il minimo rumore, scese le scale in punta di piedi e corse in cucina a preparare la colazione per entrambe le sue mamme:
«L’operazione Cobra è riuscita anche questa volta!», esultò lasciando un foglietto vicino al dolce e messo lo zaino sulle spalle uscì di casa contento come non mai.
 
Regina ed Emma non potevano saperlo, ma c’era qualcuno che, primo tra tutti, aveva capito come dovevano andare veramente le cose tra loro due.


 
Fine.
Scarlett Bell
 
 
 
 

 
   
 
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