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Autore: ValeryJackson    15/07/2014    11 recensioni
[Seguito de Il Morbo di Atlantide]
Non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi.
Questo, Skyler, l'ha imparato a sue spese.
Per lei è ancora difficile far coesistere la sua natura mortale con quella divina, e superare quella sottile barriera che le separa, dal suo punto di vista, è una missione impossibile.
L'unico modo per scoprire come fare è forse quello di passare l'intera estate al Campo Mezzosangue, insieme ai suoi amici, insieme alla sua famiglia. Ma se fosse proprio lì il problema?
Se lei non fosse mai venuta a conoscenza della sua vera natura, ora sarebbe tutto più facile, no?
E' cambiata, e di questo ne è consapevole. Ma in meglio o in peggio? E di chi è la colpa? Sua, o di tutto ciò che la circonda? E' possibile tornare ad essere quella di un tempo senza però rinunciare a ciò che ha adesso?
Attraverso amori, amicizie, liti, incomprensioni, gelosie, nuovi arrivi e promesse da mantenere, Skyler dovrà decidere quale lato della sua anima sia quello dominante. Ma soprattutto, di chi fidarsi nel momento in cui tutto sembra sul punto di sfaldarsi.
Ma sei proprio sicuro che siano tutti ciò che dicono di essere?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Connor Stoll, Leo Valdez, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti, Sorpresa, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The Girl On Fire'
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«La zia Carmen?» sbottò per l’ennesima volta Skyler, in un misto di fastidio e disperazione.
Subito dopo la notizia dell’arrivo della donna, sul tavolo da pranzo era calato il silenzio. La reazione di Skyler non era per niente andata a genio alla nonna, che aveva passato dieci minuti buoni a lamentarsi di quanto i ragazzi di oggi fossero irrispettosi e di come questo non sarebbe successo se Skyler avesse ricevuto lezioni di educazione da lei.
Lo zio non aveva controbattuto, e dalle rughe che gli increspavano visibilmente la fronte Skyler capì stesse pensando al modo migliore per uscire da quella situazione.
Ma un modo non c’era.
La zia sarebbe arrivata la mattina seguente, e loro non potevano fermare il corso degli eventi.
Ora, chiusi in camera della ragazza, lo zio continuava a fare avanti e dietro per la stanza, passando dalla porta al comò con grandi falcate.
«E anche Madison e Jacob, poi!» continuò a lamentarsi Skyler, buttando le braccia in aria incredula. Era seduta sul letto a gambe incrociate, mentre stentava ancora a credere alle proprie orecchie. «Non posso neanche immaginare di avere lo stesso sangue di quei ragazzi senza sentirmi disgustata!»
«Madison ha la tua stessa età» provò Ben, con poca convinzione. «Magari andrete d’accordo.»
«Hai dimenticato tutti i dispetti che mi faceva quando eravamo bambine?» chiese Skyler, indignata. «Lei mi odia!»
«Avevate solo sette anni» rispose prontamente lo zio, sulla difensiva. «Sono sicuro che adesso è molto più matura.»
«Non credo che la parola ‘matura’ rientri nel suo vocabolario. Sempre che lei sappia cosa sia, un vocabolario.»
«Magari potresti provare ad andare d’accordo con lei» azzardò l’uomo, speranzoso.
«Piuttosto preferisco buttarmi fra le braccia di Anteo» borbottò Skyler, con tono acido.
Lui corrucciò le sopracciglia. «Come?»
«Niente» si affrettò a rispondere la ragazza.
Lo zio fece scrocchiare le dita, mentre si sforzava di sembrare meno nervoso di quanto in realtà non fosse. «Beh, infondo non è così grave» tentò di minimizzare.
«Non è così grave?» ripeté Skyler, allibita. «Non è così grave? La zia Carmen è la reincarnazione dell’insopportabilità. È come avere una squadra di calcio composta da dieci ‘nonna Rosa’ in un unico corpo!»
Lo zio si fermò in mezzo alla stanza, mentre una smorfia contrariata gli si dipingeva sul volto. «Non così tanto, dai. La zia va solo… trattata nel modo giusto.»
«E cioè bisogna assecondare ogni suo ordine senza permettersi il minimo errore?» domandò retorica Skyler, anche se dal tono la sua sembrava più un’affermazione. «Perché altrimenti si finisce in galera, giusto?»
L’uomo le lanciò un’occhiata ammonitrice, posando le mani sui fianchi. «Adesso non esagerare» le disse, per poi riprendere a camminare.
Skyler sbuffò, stizzita. «Giusto, dimenticavo che ci sono anche gli arresti domiciliari.»
Ben corrucciò le sopracciglia, non sapendo bene come rispondere alla nipote. «La zia Carmen è un avvocato molto rispettabile» affermò deciso, nonostante sembrava stesse parlando più a sé stesso. «La sua è solo una tendenza alla perfezione assoluta. Non c’è niente di cui preoccuparsi. Conosco mia sorella…»
«Proprio perché la conosci sai che ho ragione» lo interruppe Skyler, con fare ovvio.
La sicurezza dello zio vacillò. L’uomo si passò una mano sulla bocca, sospirando pensieroso, mentre continuava a raggiungere ora la porta, ora il comò.
Skyler prese un bel respiro. «Ben…» lo chiamò, ma lui sembrò ignorarla mentre continuava la sua folle passeggiata. La ragazza fece roteare gli occhi. «Puoi smetterla di camminare, per favore?» sbottò, con una punta di irritazione.
Stavolta lo zio l’ascoltò, ed arrestò la sua corsa mentre le rivolgeva uno sguardo carico di preoccupazione e aspettative.
«Non c’è motivo di preoccuparsi» disse, interrompendo la nipote proprio nel momento in cui aveva preso fiato per parlare.
Skyler assottigliò lo sguardo a due fessure, incrociando le braccia al petto. Si sentiva amareggiata. Amareggiata e sconfitta. Ma soprattutto, si sentiva furiosa, perché l’ultima cosa che avrebbe voluto era ritrovarsi in una situazione del genere a causa di uno stupido capriccio.
«Quante volte dovrai trovarti sull’orlo del baratro prima di renderti conto che alla fine cadrai?» sbottò.
La sua era una metafora strana, ma lo zio sembrò capire. Skyler si pentì subito di quella domanda. Abbassò lo sguardo, trovando improvvisamente interessante il tappeto rosso sul pavimento. Si accorse che l’uomo le si stava avvicinando solo quando avvertì la sua possente stazza troneggiare accanto a lei.
Ci fu qualche secondo di silenzio imbarazzante, poi lui le si inginocchiò davanti.
«Ehi» sussurrò dolcemente, cercando invano il suo sguardo. Quando si rese conto che la nipote non aveva intenzione di guardarlo, sospirò. Le posò una mano sulla gamba, inclinando di poco il capo per far sì che lei potesse vederlo anche con la coda dell’occhio.
«Ti ho promesso che saremmo tornati a casa insieme, ricordi? Ed io mantengo sempre le mie promesse. Hai la parola di un marines.» Scimmiottò velocemente un saluto militare, ma sul volto di Skyler non ci fu neanche l’ombra di un sorriso.
A quel punto ci riprovò. «Nessuno riuscirà a portarti via da me, chiaro?» affermò, con un’insolita decisione nella voce. «Né tua nonna, né tua zia, né tantomeno il giudice o i federali. Ti proteggerò da tutti loro, capito mi hija? E continuerò a farlo finché non raggiungerò il Signore. Io e te contro il mondo.»
Solo allora Skyler lo guardò. Nei suoi occhi riusciva a leggere la determinazione che per anni lo aveva accompagnato nelle sue missioni suicide. La determinazione che lo spingeva a dare il tutto per tutto. La determinazione che gli faceva credere che alla fine ogni cosa sarebbe andata per il meglio.
Le sue labbra si incresparono in un sorriso, mentre rifletteva sulle parole dello zio.
Io e te contro il mondo, pensò, mentre nuova fiducia le irradiava un piacevole calore nel petto.
«Io e te contro il mondo» annuì in un soffio, dando voce ai suoi pensieri.
Lo zio sembrò sollevato, mentre si accorgeva solo in quel momento di aver trattenuto il respiro.
«Te quiero, mi hija» le sussurrò, accarezzandole dolcemente i capelli.
Skyler sospirò. «Te quiero, tìo.»
Ben le posò una mano dietro la nuca, per poi attirarla a sé e baciarle la fronte. Lasciò lì le sue labbra un secondo più del dovuto, mentre la ragazza chiudeva gli occhi e cercava di plasmare i suoi pensieri a seconda di ciò che le aveva detto lo zio.
Non c’è motivo di preoccuparsi, continuava a ripetersi, con insistenza. Andrà tutto bene.
Il problema era che più se lo diceva, meno ci credeva.
La zia sarebbe stata soltanto la goccia che avrebbe fatto traboccare il vaso.
E Skyler temeva sarebbe stata solo questione di tempo prima che lei e lo zio perdessero la loro battaglia.
 
Ω Ω Ω
 
La nonna era agitata.
Avere dopo più di otto anni tutti i componenti della propria famiglia nella stessa stanza, evidentemente, la rendeva nervosa.
Quello che Skyler non capiva era perché stesse togliendo la polvere dai mobili per l’ennesima volta.
Che bisogno c’era? La zia Carmen andava spesso a trovarla, no?
Lo zio aveva bussato alla sua porta circa dieci minuti prima del previsto.
«Molto probabilmente sarà in anticipo» aveva detto, con una scrollata di spalle. «Conosco mia sorella.»
E infatti la conosceva bene.
Quando Skyler era ancora a metà delle scale, il rumoroso campanello della porta principale trillò.
«Vado io!» esclamò la nonna dalla cucina, raggiungendo l’entrata di corsa mentre i suoi tacchetti sembravano scoppiettare a contatto con il pavimento.
Skyler si bloccò di colpo, ed una strana sensazione cominciò a danzarle nel petto. Panico? O forse paura? O meglio ancora, agitazione? Infondo, sapeva benissimo a cosa andava incontro, e sapeva anche molto bene che doveva impegnarsi con tutta sé stessa, se voleva evitarlo. Ma non era mai stata troppo brava a rigare dritto. Da quando erano arrivati a casa della nonna ci aveva provato, e ci aveva provato davvero. Ma, in un modo o nell’altro, l’altra sua faccia, la sua mezza natura da semidea era arrivata a rovinare tutto.
Nascondere la sua vera identità diventava sempre più difficile. Come poteva stare in una stanza piena di persone convinte di conoscerla con la consapevolezza che in realtà non la conoscevano affatto?
Era snervante. E lei odiava quei continui sensi di colpa.
Doveva essersi fermata sulla rampa delle scale più del dovuto, persa com’era nei suoi pensieri, perché quando lo zio la raggiunse, sul volto aveva dipinto un sorrisetto piantagrane.
«Paura?» la stuzzicò, ricordandole il perché si trovava lì.
Skyler lo guardò, inarcando un sopracciglio ed incrociando le braccia al petto con aria di sfida. «Credi davvero che io possa averne?» domandò.
L’uomo si strinse nelle spalle. «Beh, la zia Carmen può essere davvero inquietante» giustificò, facendo spallucce.
Skyler soffocò una risata sarcastica. Fece per dire qualcosa, ma poi ci ripensò e mascherò la sua esitazione con un sorriso scaltro. «Ho visto di peggio.»
Finalmente, la nonna, a pochi metri da loro, aprì l’enorme porta di mogano. Il nonno era accanto a lei. Sembrava felice, ma se Skyler aveva imparato qualcosa da quando era lì è che nessuno avrebbe visto mai, mai quell’uomo con un’espressione triste in volto. A volte la ragazza si domandava se fosse davvero così ottimista nei confronti della vita, o se cercava di mascherare tutti i suoi demoni dietro un sorriso. Ma ogni volta, non riusciva mai a darsi una risposta.
Mentre il cardine della porta di legno cigolava, Skyler sentì lo zio metterle una mano sulla schiena.
«Diamo inizio allo spettacolo» le sussurrò all’orecchio.
La ragazza trattenne il fiato. Diamo inizio allo spettacolo.
La porta si aprì, e non appena lo fece, la nonna allargò le braccia raggiante, come se stesse aspettando che qualcuno ci si tuffasse dentro per stritolarlo in un abbraccio.
E infatti così fu.
Una donna che raggiungeva la soglia dei cinquanta l’abbracciò di slancio, lasciando cadere la valigia a terra.
«Hijita!» esultò nonno Pepe, esplodendo in una sonora risata. La donna lo raggiunse.
Skyler l’osservò. Aveva lisci capelli neri, che sarebbero stati lunghi fino alle costole se non fossero stati raccolti in uno chignon. Indossava un tailleur, molto probabilmente uno di quelli che utilizzava al lavoro. Gli occhi neri come la pece, il sorriso smagliante e sorprendentemente bianco contrastava con la pelle caffellatte. Era snella e slanciata, più alta del solito, considerando i dieci centimetri di tacco sui quali camminava.
A vederla così, sembrava una donna in carriera come tutte le altre.
Ma Skyler sapeva la verità. Riusciva a percepire anche da quella distanza l’enorme soggezione che disperdeva nell’aria.
Anche da lì, senza guardarla negli occhi, riusciva a sentirsi inadeguata, come se fosse sbagliato anche il solo restare immobile a fissarla. E forse per lei era davvero così.
Dopo aver abbracciato l’anziano padre, la donna si voltò verso di loro. A differenza di quanto si era immaginata, il suo sguardo indagatore non si posò su di lei, bensì sullo zio.
I due fratelli si fissarono, incapaci di proferire parola. Carmen fece qualche passo verso di lui, senza mai distogliere lo sguardo. Nell’aria calò il silenzio. Skyler faceva vibrare lo sguardo dall’uno all’altro, chiedendosi chi avrebbe fatto la prima mossa.
Ma mai si sarebbe aspettata quello che vide.
Perché, non appena fu abbastanza vicino, la donna esitò un attimo e poi lo abbracciò.
Lo zio sembrò stupito da quell’inaspettato abbraccio, ma superato lo sconcerto iniziale ricambiò la stretta, nascondendo il viso nell’incavo del suo collo.
«Otto anni sono troppi anche per noi, Ben» gli sussurrò lei, per poi allontanarsi da lui quel tanto che bastava per prendergli il volto fra le mani e scrutarglielo.
Lui sorrise. Sembrava davvero felice di vedere la sorella, nonostante i rapporti fra loro non fossero sempre stati dei migliori.
Nel vedere quella scena, Skyler sentì una fitta di nostalgia per Leo, e anche per Microft. Aveva voglia di rivederli, e si consolò con l’idea che l’avrebbe fatto presto, quando tutto questo sarebbe finito.
Cogliendola un po’ alla sprovvista, lo zia spostò rapida lo sguardo su di lei, e la ragazza fu sorpresa nello scoprire la facilità con la quale riassumeva la sua solida compostezza.
La scrutò per alcuni secondi, nei quali Skyler si sentì come uno di quei sospettati che nei film polizieschi vengono accecati dalla luce dell’interrogatorio.
La zia fece un passo deciso verso di lei, senza smettere di fissarla. Skyler decise di non esitare. Neanche quando la donna allungò una mano e lei pensò stesse per tirarle uno schiaffo si mosse.
Anche se non riuscì a nascondere una certa sorpresa quando quella le accarezzò i capelli.
«Come sei cresciuta» si complimentò la donna, con un sorriso. «Sembri proprio Maria.»
Skyler abbozzò un sorriso incerto, ringraziandola con lo sguardo per quel complimento. Non sapeva cosa dire, per cui aspettò che la zia aggiungesse qualcos’altro.
Questa, infatti, lanciò un’occhiata al fratello, per poi spostare lo sguardo sui genitori. «Se non mi aveste detto che era lei, non l’avrei mai riconosciuta» scherzò.
I nonni risero sommessamente, mentre le labbra dello zio si stendevano in un sorriso forzato.
Solo in quel momento Carmen sembrò accorgersi che all’appello mancava qualcuno. Si voltò verso la porta, rimproverando con lo sguardo qualcuno aldilà della soglia.
«Madison! Jacob!» sbottò, con tono calmo ma anche deciso. «Venite a salutare vostra cugina, forza!»
Skyler sentì il cuore mancare un battito, mentre distrattamente si accarezzava il tatuaggio sul braccio.
Il primo a fare il suo ingresso fu un bambino grassottello sugli undici anni. Era bassino, con le guance paffute ed una zazzera di capelli neri ad incorniciagli il volto. Skyler avrebbe saputo anche di che colore erano gli occhi, se non fossero stati incollati ad un videogame, che il ragazzino teneva a pochi centimetri dal viso.
«Ciao, tesoro» lo salutò la nonna, schioccandogli un sonoro bacio sulla guancia.
Lui alzò appena lo sguardo. «Uhm? Oh, ciao» borbottò, con noncuranza. Il nonno gli scompigliò i capelli, ma lui non si scompose, come se fosse ormai abituato a quel gesto e oramai non se ne accorgesse proprio più.
Skyler capì subito che non avrebbe ricevuto nessun trattamento speciale, né tantomeno un “bentornata, cugina!” o un “da quanto tempo!”.
Emise un sospiro tremante, cercando di decidere se quello fosse un bene o un male.
«Jacob!» esclamò lo zio, andando verso di lui. «Cavolo, quanto sei cresciuto!» si complimentò, menandogli una pacca sulla spalla. «L’ultima volta che ci siamo visti avevi, quanto, tre anni? Ora sei un giovanotto, figliolo!»
«Uhm? Oh, sì» fu il suo unico commento, prima che ritornasse con gli occhi sullo schermo.
Se lo zio era deluso dal suo atteggiamento, non lo diede a vedere.
Skyler aveva appena deciso che la parte peggiore era passata, quando una voce attirò l’attenzione di tutti.
«Non staccherà gli occhi da quel gioco neanche se lo paghi!»
Skyler seguì la direzione degli sguardi di tutti.
Sulla soglia, con le braccia incrociate al petto ed un’aria spavalda, c’era una ragazza. Aveva circa la sua età, ma di simile a Skyler, lei, non aveva nulla se non l’altezza.
Con un fisico slanciato ed una pelle molto più abbronzata di quanto il sole estivo permettesse, i capelli biondi le ricadevano lisci sulla schiena, ordinati da un piccolo cerchietto verde.
Il suo sguardo era uno di quelli che la sapevano lunga. O che almeno credevano di saperla lunga. Due grandi occhi azzurri, infatti, scrutavano i presenti come se la situazione li divertisse, contornati da delle ciglia nere grondanti di mascara.
Indossava un semplicissimo jeans ed una camicetta, e sarebbe sembrata a tutti una ragazza come tante se i suoi vestiti non fossero stati firmati e se non avesse avuto quell’aria da figlia di papà.
A tracolla, aveva una borsa. Le arrivava fino al ginocchio, ma Skyler avrebbe giurato che non c’era niente, lì dentro, che potesse rivelarsi relativamente utile ad una visita dalla nonna.
Masticando rumorosamente una gomma alla fragola, la ragazza esibì un sorriso smagliante, allargando le braccia verso lo zio e stringendolo forte. «Ciao, zio» trillò, con un po’ troppo entusiasmo.
Lui ricambiò la sua stretta, contento. «Tu, invece, eri solo una bambina. Cavolo, Madison! Sei una donna, ormai.» La prese per le spalle e le sorrise.
Lei abbassò lo sguardo, imbarazzata. «Ti ringrazio.»
Poi spostò lo sguardo su Skyler.
Il suo sesto senso da mezzosangue si mischiò alla sua iperattività, facendole tendere i muscoli e mettendola in allerta.
La ragazza si avvicinò, con passo leggiadro.
Quando fu a circa mezzo metro di distanza, si fermò.
Le due si soppesarono con lo sguardo. Skyler aveva visto cose peggiori di una semplice ragazzina viziata e impomatata, eppure quegli occhi azzurri riuscivano comunque a metterla in soggezione.
Inaspettatamente, Madison sorrise, cogliendola alla sprovvista. «Però, cugina, siamo cresciute parecchio!» Rise alla sua stessa battuta.
Notando lo sgomento di Skyler, corrucciò le sopracciglia divertita, attirandola in un abbraccio. «Che fai lì impalata? Abbracciami, no?»
Skyler era sbigottita. Forse ricordava male. Forse Madison non la odiava così tanto.
Eppure, nonostante il suo abbraccio fosse sincero, avvertiva che c’era qualcosa che non andava. Che c’era qualcosa che non la convinceva.
La bionda si staccò dalla cugina, facendole un occhiolino complice mentre la nonna le raggiungeva.
«Forza, cari. Vi mostro le vostre stanze!» esclamò. E, come suo solito, iniziò a dettare ordini, mentre tutti la seguivano per le scale.
Prima di imitarli, Skyler vide lo zio andare verso di lei, un sorriso compiaciuto stampato in faccia.
«Visto?» fece, allargando le braccia. «Non sono così male come credevi.»
Sono peggio, pensò Skyler, ma si mantenne bene dal dirlo.
Poteva anche essere vero, e loro potevano anche non essere come li ricordava.
Ma il suo istinto da mezzosangue le suggeriva che non erano persone di cui fidarsi.
E l’istinto di un mezzosangue non sbaglia mai.
 
Ω Ω Ω
 
Ascoltare per l’ennesima volta la nonna che spiegava il perché di ogni singola stanza della casa era uno spettacolo che Skyler aveva deliberatamente scelto di evitare.
Per questo era salita in camera sua, si era fatta una doccia e aveva deciso di rilassarsi un po’ prima che lo zio salisse a chiamarla per la cena.
Mentre si trovava lì, stesa sul suo letto a fissare un punto indefinito nel soffitto, non poteva fare a meno di pensare che molto probabilmente da giovane anche sua madre faceva lo stesso.
Ogni cosa, in quella stanza, le ricordava lei. Forse era normale, dato che quella era stata effettivamente la sua stanza, eppure Skyler odiava non riuscire ad impedire ai ricordi di tornare a galla.
A remarle contro, poi ci pensava soprattutto quel maledetto portagioie di legno.
Skyler moriva dalla voglia di sapere cosa c’era dentro, ma aveva anche paura di aprirlo, per dei motivi che neanche lei riusciva bene a spiegarsi.
Con i capelli ancora bagnati sparsi su tutto il cuscino, Skyler tentò di portare i pensieri da qualche altra parte.
Quasi fosse stata spinta di un riflesso incontrollato, la sua mano volò sul suo fianco, e i suoi polpastrelli sfiorarono la sua ormai non più fresca cicatrice. La pelle si increspava rosea e irregolare, e a volte le sembrava ancora di avvertire quel leggero prurito che l'aveva formata quando Michael aveva versato sulla sua ferita la lacrima della Fenice.
Quello era il segno che tutto ciò che era successo l'estate scorsa era reale. Quando Skyler dubitava di aver immaginato tutto, le bastava toccarla, sentirla ancorata al suo fianco, per ricordarsi che neanche la sua mente iperattiva avrebbe potuto inventare qualcosa di tanto bello.
Si accarezzò il tatuaggio, distrattamente.
Pensò al Campo Mezzosangue.
Pensò a Leo, e alla loro stanza segreta nel quale avrebbero progettato la prossima cosa da costruire.
Pensò a John, e alle numerose lezioni di tiro con l’arco nelle quali, alla fine, non avrebbero fatto altro che scherzare.
Pensò ad Emma, e alle notti passate di nascosto sotto le coperte a mangiare schifezze e a parlare di ragazzi.
Pensò a Michael, e alla sensazione di ritrovarsi di nuovo fra le sue braccia; e di appoggiare il capo sul suo petto, ed ascoltare il battito del suo cuore; e sentire quel dolce profumo di salsedine della sua pelle, e il calore del suo corpo, mentre lui le spostava una ciocca di capelli dietro l’orecchio, accarezzando delicatamente i lineamenti del suo volto quando pensava che stesse dormendo.
Qualcuno bussò alla porta. Skyler non si era resa conto dell’orario. Si tirò su a sedere con un po’ di fatica. Mentre stiracchiandosi urlava sommessamente un: «Arrivo!»
Scese dal letto, corse in bagno e si diede un’ultima occhiata allo specchio. Fece una smorfia. Aveva dimenticato di avere ancora i capelli bagnati.
Si concentrò un attimo. Sentì il suo corpo riscaldarsi, ed ogni poro della sua pelle allargarsi mentre raggiungeva una temperatura elevata.
Poi, il calore cominciò a spostarsi, concentrandosi nelle sue mani. Skyler se le posò sul capo. All’inizio non successe niente. Ma poi, lentamente, l’acqua che li impregnava cominciò ad evaporare, e in men che non si dica erano asciutti e un po’ crespi.
Si li pettinò velocemente con le dita, per poi passarci con foga la spazzola.
Fece un sospiro, si spostò una ciocca scura dietro l’orecchio ed andò verso la porta.
Quando la aprì, sobbalzò per lo stupore.
Davanti a lei non c’era lo zio, bensì sua cugina Madison.
Skyler sentì il nervosismo attanagliarle lo stomaco.
La bionda le sorrise, e lei cercò inutilmente di ricambiare.
«Madison» disse, ancora un po’ confusa. «Che ci fai qui?»
La ragazza fece spallucce, fingendosi noncurante. «Niente. Non ci vediamo da un sacco di tempo, e ho pensato che forse ci avrebbe fatto bene parlare un po’.»
Skyler corrucciò le sopracciglia, interdetta. «Certo» asserì, poco convinta. «Di cosa, per esempio?»
Madison fece finta di pensarci. «Mh… non lo so. Andiamo per gradi, che ne dici? Per esempio… parlami di te.»
Skyler digrignò i denti, ma non rispose. Non aveva nessuna intenzione di parlarle di lei. Non aveva nessuna intenzione di parlarle e basta.
Madison sembrò notare la sua esitazione, perché fece un sorriso sghembo. «Okay, ho capito. Comincio io.» Incrociò le braccia al petto. «Dunque, vediamo. Mi chiamo Madison, ho sedici anni e vivo a Phoenix. Il mio colore preferito è il rosa, e amo i tacchi alti.» La guardò con un sorriso, piena di aspettativa. «Coraggio, adesso tocca a te.»
Skyler spostò il peso da un piede all’altro. Valutò l’opzione di sbatterle la porta in faccia e fare finta di niente, ma poi si strinse nelle spalle. «Mi chiamo Skyler, ho anch’io sedici anni, e con zio Ben viviamo a Baltimora.» Pensò a qualcos’altro da dire. «Io non ho… niente di straordinario» mentì.
Madison fece schioccare la lingua, con disappunto. «Non dire così» la rimproverò giocosamente. «Tutti abbiamo qualcosa da raccontare. Per esempio» Spostò lo sguardo su qualcosa, e solo quando lo indicò Skyler si rese conto che osservava le sue collane. «Potresti dirmi il perché di queste. Un cavallo alato che salta in un cerchio?» Madison sembrava divertita, mentre lo diceva. «Che diavolo significa?»
Skyler contrasse i muscoli, mentre conteneva l’irritazione che spingeva le sue mani a tirarle un pungo sul naso.
«Serve a stare bene con sé stessi» mormorò, a denti stretti.
La bionda annuì, fingendosi colpita. «Oh, capisco. E anche questa ha una qualche utilità spiritica?» disse, per poi soffocare una risata. Arricciò il naso. «Dio, Skyler, sembra l’abbia fatta un bambino di cinque anni.»
Skyler abbassò lo sguardo per capire a cosa si riferisse, e quando ci arrivò, il suo commento la fece imbestialire.
Quella era la collana del Campo. Un semplice spago di cuoio, al quale era infilata una sfera di cera, rappresentante la sua estate passata al Campo.
Per ora lei ne aveva solo una, a differenza dei suoi amici, e aveva inciso sopra un incudine con un martello, simbolo di Efesto.
Madison non aveva tutti i torti, perché effettivamente sembrava davvero una di quelle che i bambini costruivano a scuola. Ma nessuno doveva osare dirlo in sua presenza.
«Vedo che hai un’innata passione per questo strano simbolo» continuò la cugina con un ghigno, alludendo al tatuaggio che Skyler aveva sul braccio. Poi qualcosa attirò la sua attenzione.
«Oh, e questa?» chiese, indicando il suo ultimo ciondolo. La spada di Leo. «È una pietra preziosa?»
Fece per sfiorarla, ma Skyler si scansò prima che ci riuscisse. «Non toccarla» sibilò a denti stretti.
Madison parve un attimo stupita. Inarco le sopracciglia, squadrandola da capo a piedi. Poi le sue labbra si incresparono in un sorrisetto divertito.
«Okay» mormorò, annuendo sarcastica. «Passiamo a qualcos’altro, allora. Ti va? Parliamo delle regole di questa casa.»
Skyler aggrottò la fronte. Quali regole?
La ragazza fece un passo in avanti, fino a trovarsi ad un palmo dal suo viso. I suoi occhi azzurri si puntarono autoritari nei suoi, costringendola ad indietreggiare leggermente, interdetta.
Madison dovette interpretare quel gesto come un segno di debolezza, perché sorrise.
«Qui comando io» affermò, strafottente. «Questa è casa mia, e tu dovrai fare quello che ti dico. Non credere che solo perché i nonni non ti vedono da otto anni avranno un occhio di riguardo per te. Io ero, sono e sarò sempre la loro nipotina preferita.» Le lanciò un’occhiata minacciosa. «Prova a fare qualcosa di testa tua e ti renderò la vita impossibile.»
Skyler ebbe il serio impulso di afferrare la sua spada. Insomma, non se ne sarebbe accorto nessuno se l’avesse sguainata e avesse tranciato la cugina in due, no?
Capì di non aver sbagliato affatto sul suo conto. Lei era meschina. Meschina, e falsa proprio come una figlia di Afrodite che non si preoccupa di un’unghia rotta.
Quella della ragazza dolce e perfetta era solo una maschera per nascondere il marcio che c’era in lei.
Skyler digrignò i denti, stringendo i pugni così forte da crearsi dei piccoli segni a forma di mezzaluna nei palmi.
Aprì la bocca, pronta a risponderle per le rime, quando dei passi attirarono la sua attenzione.
Lo zio salì le scale. Non appena le vide lì, insieme davanti la camera della nipote, non poté fare a meno di aggrottare la fronte.
«Madison?» chiese, quasi fosse stupito. «Che ci fai tu qui?»
Skyler lanciò un’occhiata alla cugina, e si sorprese nel vedere quel finto sorriso raggiante farsi strada sul suo volto.
La bionda fece spallucce. «Non vedo la mia adorata cugina da così tanto tempo!» esclamò, con un po’ troppa enfasi per i gusti di Skyler. «Avevo voglia di parlare un po’ con lei.»
Lo zio sorrise, quasi fosse contento di quell’iniziativa. «Mi fa piacere» disse infatti. «E avete scoperto di avere qualcosa in comune?»
«Molte cose, direi» trillò Madison, felice. «Non è vero, Skyler?»
Le lanciò un’occhiata ammonitrice, ma Skyler non ci badò. Per un attimo, pensò di smascherarla lì, dicendo allo zio tutta la verità.
Ma poi lo guardò negli occhi.
Sembrava davvero orgoglioso di lei.
Orgoglioso del fatto che avesse accettato di parlare con la cugina. Orgoglioso che avesse messo da parte i pregiudizi e che le avesse dato una chance. Orgoglioso che si stesse impegnando perché tutto andasse per il verso giusto.
Trattenne un sospiro, mentre le sue labbra si stiravano in un sorriso forzato. «Sì. Sì, è vero» rispose in un mormorio.
Madison l’abbracciò, sotto lo sguardo commosso dello zio.
E mentre Skyler era sicura l’uomo pensasse che quell’abbraccio fosse pieno di affetto e nostalgia per tutti gli anni passati divise, nell’orecchio si sentiva sussurrare: «Benvenuta all’Inferno.»

Angolo Scrittrice
Bounjour! Oggi è martedì, ed io sono sempre qui! (ho fatto la rima? O.o)
Bien bien, tralasciando i miei momenti di ordinaria follia, ecco a voi il primo vero capitolo di questa storia.
Dei, come sono emozionata *^* Allora, vi è piaciuto? Spero di sì. Altrimenti mi ritiro :') Fatemi sapere cosa ne pensate! Per me conta molto, davvero, so che sono parole trite e ritrite ma è così.
Finalmente conosciamo più a fondo la famiglia della nostra Skyler! Ma andiamo per gradi.
Dunquo, c'è Carmen: perfezionista, autoritaria, è un avvocato di successo e (da come spero si sia capito) non solo non ha un bon rapporto con il fratello, dato che non lo vede da molto tempo, ma, a differenza sua, ha passato molto più tempo con i suoi genitori, e la disinvoltura con la quale si agira per la casa ne è la dimostrazione. Per chi l'avesse già intuito nel prologo, sì, lei è molto simile alla madre. E, citando Skyler: "
 È come avere una squadra di calcio composta da dieci ‘nonna Rosa’ in un unico corpo!".
Poi c'è Jacob: beh, su lui non ho molto da dire. E' il classico bambino grassottello e menefreghista che non apprazza l'affetto dei failiari, e che preferisce molto di più i suoi videogame alle persone. Non credo ce parlarà motlo. Anche perchè penso che uno così non abbia niente da dire. Ma mai dire mai, no? ;)
E, infine, c'è Madison: Oh sì, non sarà facile liberarsi di lei. E se all'inizio pensavate che fosse una ragazzina dolce e solare credo che dobbiate ricredervi, perchè (come si capisce dall'ultimo "bentornata" che rivolge a Skyler) darà del filo da torcere alla nostra semidea. Abituata ad essere sempre la numero uno, la cocca di casa che tutti credono perfetta e ineguagliabile, non apprezza molto la presenza di Skyler, nè tantomeno il fatto che lei e lo zio siano tornati lì per riallacciare i rapporti. Paura che la cugina possa prendere il suo posto? Risentimento perchè Skyler ha qualcosa che lei non avrà mai? Non lo so. O meglio, non ve lo dico. Lo scoprirete leggendo (y)
Credo che sia importante, per conoscere meglio un personaggio, conoscere anche la sua famiglia. E io spero che analizzando  insieme il comportamento dei suoi familiari potrete capire di più i sentimenti di Skyler, cosa prova, perchè agisce in un certo modo, e così anche quelli di Ben. Spero che possiate avvicinarvi di più a loro, ecco. Sentirvi più parte della storia. Incrociamo le dita, e spero vivamente di riuscire nel mio intento.
Oookaay... sto divagando. Passiamo ad altro, che è meglio.
Sì, sapete già di cosa parlo. E' il momento di ringraziare i miei Valery's Angels! Dei, come mi siete mancati! Credo che tutte le parole di questo mondo non siano sufficienti per dirvi quanto vi sono grata. Le vostre recensioni sono una più bella dell'altra, e io sono davvero fortunata, perchè avere delle persone che ti scaldano il cuore come voi lo scaldate a me è una cosa molto rara. Grazie di cuore a:
Cristy98fantasy, FoxFace00Flowers of Death, Francesca lol, Kalyma P Jackson, Ema_Joey, _angiu_, stydiaisreal, carrots_98, kiara00 e saaaraneedsoreo. Grazie, grazie, grazie! Grazie davvero.
Ora. Prima di andarmene e di lasciarvi in pace (lo so che non aspettate altro u.u) devo mostrarvi due punti:
1) Come
kiara00 mi ha gentilmente fatto notare (grazie, a proposito) ho dimenticato di ricordarvi una cosa importante. In questa storia, così come Skyler, ad ogni semidio, quando viene riconosciuto, spunta un marchio sul braccio, raffigurante il simbolo del loro genitore divino. E' nero e stilizzato, e può benissimo essere confuso con un tatuaggio.
Per chi avesse volesse avere un'idea precisa di come li immagino (e nel caso io, descrivendoli, faccia un disastro), vi posto qui sotto un disegno con il marchio/tatuaggio di tutti gli dei che mi sono venuti in mente fin'ora.

 
 Vi piacciono? ahah ^^ Ditemi se ho dimenticato qualche dio, così provvedo ad aggiungere ;)
2)
FoxFace00? Ci sei?
ahaha, sì, il secondo punto è per te. Dovete sapere che questa cara e dolce ragazza ha una passione per il disegno (o ho capito male?), e sa farlo anche molto bene! Al contrario di me, ovviamente. Nella sua fanfiction lei pubblica spesso i ritratti dei suoi personaggi, e ha chiesto a me di fare altrettanto, almeno con Skyler. Lo ammetto, all'inizio avevo rifiutato categoricamente. Ma poi lei mi ha pregato, e così ho ceduto (contenta? xD). Okay, in quest'ultima settimana ho fatto un bel po' di disegni, ma non li pubblicherò tutti, perchè davvero non si possono guardare. Ne ho scelti due, e diciamo che questi sono i meno peggio.
Okay, sono orribili. Ma una promessa è una promessa, e poi ormai è tardi per tirarmi indietro. D:


 


 
Sì, lo so. Fanno schifo. Nel primo ho disegnato solo alcuni tratti del viso, e ho colorato solo gli occhi perchè... perchè era l'unica cosa che sapevo colorare :'). Nel secondo, invece, inizialmente volevo disegnarla con una spada, ma poi ho pensato che Skyler non è famosa per le sue abilità con la spada, ma per le sue tecniche di autodifesa, dato che è da quando aveva sette anni che lo zio la allena nel corpo a corpo. E quindi, eccola lì, pronta per un combattimento. Qui mi sono impegnata di più con i colori e con i dettagli. Ha le ciocche rosse tra i capelli, ha la cicatrice sul fianco (a proposito, ve la ricordavate?), ha la sua immancabile coda, ovviamente, e poi ha quel bracciale, del quale poi scoprirete il segnificato. Le collane, poi, quelle non ci entravano xD
Ecco, questo è il meglio che sono riuscita a fare.
FoxFace00, piaciuta la sorpresa? ;P  ahahah! So che non sono bellissimi, ma mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensate, dato che mi sono impegnata nel farli :D Potete anche dirmi che non vi piacciono e che fanno schifo, don't worry. So già che sono bruttini, quindi non mi offendo ahahah :')
Okay, e ora... ehm. Oh, cavolo! Ho dimenticato cosa volevo dire! Ed Sheeran mi distrae D:
Va beh, pazienza. Mi verrà in mente la prossima volta.
Spero davvero che questo capitolo vi sia piaciuto, e che non abbia deluso le vostre aspettative.
Ci vediamo martedì prossimo! Un bacione enorme
Sempre vostra,

ValeryJackson
  
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