Stephan aprì gli occhi, rigirandosi nel letto.
Sbuffò, alzando
il viso verso il comodino. I numerini rossi apparvero sfocati
all'interno del quadrante. «Le...» - si
sfregò gli occhi - «le
2:30? Non ci posso credere! E ho anche evitato di bere
caffè!»
Lanciò la coperta a terra e posò i piedi sulla
moquette, gli
ricordava una distesa d'erba sempre pronta a solleticargli i calcagni.
"Da quanto sono sveglio? Un'ora, o forse due? E domani devo
anche andare a scuola..." si stiracchiò le braccia, mentre
uno
sbadiglio raggiunse la sua gola. "Che palle, ci sarà il
compleanno di Amy, e devo ancora trovare un regalo!". Un nugolo
di pensieri gli affollava la testa, mentre si trascinava verso il
bagno, accanto alla sua camera.
Click!
L'interruttore scattò, ma la luce al neon sopra lo
specchio
rimase nel buio.
«Dai, accenditi!» sbottò, premendo il
pulsante bianco una, due,
tre volte. Alzò le spalle, spalancando le manopole del
lavandino. Un
getto d'acqua precipitò sul fondo in ceramica, sollevando
spruzzi
sulle pareti. "Ci voleva proprio" pensò il ragazzo,
guardandosi allo specchio, le gocce d'acqua che gli colavano dal
viso. Strabuzzò gli occhi, fissando il vetro dello specchio.
Una
massa nera dietro di lui, alle sue spalle. Un'ombra che prese a
muoversi verso l'interruttore. Stephan si girò con uno
scatto, gli
occhi fissi sulla parete bianca. «M-mamma?». Solo
il ticchettio
dell'orologio al muro si udiva dalla camera.
Scosse la testa, trascinandosi nella stanza e barcollando sul
letto. «Devo dormire, ormai è da giorni che passo
le notti in
bianco, cazzo!» gettò la testa sul cuscino, e
socchiuse gli occhi.
Lo sguardo gli cadde sulle tapparelle che dondolavano alla finestra,
sbattendo sul vetro. Poteva sentire le fronde degli alberi muoversi
lì fuori, e già vedeva i loro tronchi piegarsi da
un lato
all'altro. «Speriamo che domani non piova!»
esclamò, mettendosi a
sedere. Il rumore delle tapparelle sul vetro riempiva l'intera
stanza. «Oh, basta!» sbottò Stephan,
fiondandosi verso il vetro e
spalancandolo. «Non sopporto questo rumore!»
esclamò, rendendosi
conto di aver appena urlato con la testa fuori dalla finestra. Alle
due-e-qualcosa di notte, per giunta. Si ritrasse di scatto, mentre
le guance diventavano calde. "Ecco, ora i vicini penseranno che
io sia pazzo!".
Rimase lì, gli occhi incollati alla finestra, ad osservare
le
cime degli alberi scosse dal vento, e le altalene del giardinetto a
fianco, che dondolavano verso l'alto, emettendo una serie di cigolii.
Un'anta sbattè dietro di lui. Si girò con un
sobbalzo, notando
l'anta del suo armadio socchiusa. "Ma che....". Si diresse
verso di essa a larghe falcate. Toccò l'anta con una mano,
ritraendola immediatamente.
Buio.
Il buio usciva dall'armadio, quel buio che riempiva la stanza
stessa. L'immagine di un uomo munito di un coltello, nascosto in un
armadio, con un ghigno malefico sul suo volto, gli riempì la
mente. Stephan scosse la testa, ridacchiando.
«Che cavolata...» - la mano si serrò
attorno al pomolo
dell'armadio - «davvero, siamo nel 2014, e ancora mi lascio
impressionare da certi ridicoli film...».
Spalancò l'anta, le pile di fumetti che da anni collezionava
apparvero davanti a lui, assieme ad alcune giacche dal colore
grigiastro che non aveva mai sfiorato. "Dovrò dire a mamma
di
spostarle...come faccio a girare con roba simile?" pensò,
toccandone una manica. Uno scricchiolio gli bloccò la mano
per aria.
Un altro scricchiolio, ora sembrava il suono della tastiera del suo
letto. Sgranò gli occhi, voltandosi verso il letto immerso
nel
buio. Una parte di coperta era ancora a terra, il cuscino conservava
ancora i segni della sua testa. Il ragazzo soffocò uno
sbadiglio,
raggiunse il letto e scivolò sotto le lenzuola.
«Sento gli occhi
così pesanti...beh, è un buon segno..»
gli angoli delle sue labbra
si curvarono verso l'alto. «Finalmente riesco a
dormire...» sussurrò,
tirandosi il lenzuolo fino alle spalle.
Mentre sentiva il corpo rendersi più pesante, ed il soffitto
svanire dalla sua vista, altre immagini gli attraversarono la mente,
come se stesse guardando un film, proiettato davanti a lui.
Fruscii sulla moquette, ed una mano, sempre più visibile da sotto il letto.
Un corpo che striscia sul pavimento, e si alza in piedi.
Una mano posarsi sul letto, ed agguantare le coperte, trascinandole a terra. Scricchiolii, ed un corpo seduto sul lenzuolo, accanto a quello di un ragazzo, ormai immerso nei sogni.
Una mano posarsi sul suo viso, nella quale è possibile vedere, alla luce della luna fuori dalla finestra, una serie di dita affusolate, terminanti in artigli, che esercitano una pressione sulla rosea pelle del ragazzo.
Ed il suono di una voce, acuta e sibilante, levarsi nella stanza, avvicinarsi sempre più all'orecchio del ragazzo.
"Dormi, Stephan".
----Short-story "non troppo seria", nata all'improvviso in un momento di studio! Lo studio risveglia la nostra creatività! (crediamoci u.u) Ditemi se avete apprezzato, se vi è piaciuta, se non vi è piaciuta, e non fatevi problemi nel lasciare commenti negativi\critici! Hallo, hallo!