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Autore: _eco    16/07/2014    7 recensioni
[3x06] [Missing Moment] [Stydia] ♥
Parla come se qualcosa le pungesse la gola. Una farfalla con le ali spezzate, un fiore che qualcuno ha colto distrattamente, non curandosi dei suoi delicati petali vermigli.
La sua Lydia.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lydia Martin, Stiles Stilinski
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Intro: Io avevo bisogno di un po' di fluff, okay? Okay. Quindi ho scritto questa schifezza ambientata nella 3x06, durante la notte in cui Stiles, Lydia, Scott e Allison dormono nello scuolabus. Per chi non ricordasse, Stiles ha sospettato che Lydia potesse essere colei che sacrificava esseri umani innocenti. Vabbuò, buona lettura, vado ad affogare nella depressione post-4x04.
Baci ♥
S.
 
Take my hand
 
Il sedile duro e cigolante dello scuolabus non è l'apoteosi della comodità, ma Stiles lo ritiene comunque molto più sicuro del letto di un motel dove ben centonovantotto persone si sono tolte la vita nei modi più vari.
Nel giro di un'ora, dev'essersi svegliato di soprassalto almeno tre volte. E l'ultima è stata circa venti secondi fa, quando Scott, raggomitolato su un fianco, ha inavvertitamente mollato una ginocchiata al sedile di Stiles, facendolo sobbalzare.
《 Grazie tante, amico. 》 borbotta con la voce impastata per il sonno, lanciando un colpo alla cieca da qualche parte oltre il suo sedile.
I fasci di luce di un paio di lampioni ronzanti rischiarano lo scuolabus, accarezzando i profili addormentati di Scott, Allison e Lydia.
Sembrano tutti così sereni. Sembrano.
Allison è semi distesa su due sedili uniti alla destra di Scott. La schiena poggiata al finestrino, il capo lievemente inclinato e incorniciato da una massa di capelli scuri, le gambe appena appena rannicchiate, Allison Argent sembra essere capitata in quello scuolabus ombroso quasi per caso. Se non fosse per l'espressione corrucciata e per i movimenti impercettibili delle mani, che artigliano il tessuto del sedile, Stiles penserebbe quasi che stia dormendo sul serio un sonno sereno.
Mentre si rigira scompostamente alla ricerca di una posizione che possa conciliargli il sonno, si sofferma a osservare la figura minuta che se ne sta rigidamente seduta a due passi da lui, oltre lo stretto corridoio.
Sembra un po' un paradosso il fatto che Lydia rimanga immobile, scomodamente seduta, quando, piccola com'è, sarebbe l'unica tra loro a potersi stendere senza doversi rannicchiare troppo.
Eppure se ne sta lì, ferma nella stessa posizione di quando Stiles l'ha vista per l'ultima volta. Forse è stato una ventina di minuti fa, forse una quarantina.
In lui s' instilla l'istinto di alzarsi e aiutarla a distendersi. Lo farebbe con studiata delicatezza, sfiorandole le braccia e la schiena, guidando le sue gambe e facendole stendere comodamente. Lo farebbe con la stessa delicatezza con cui coglieva i gerani, in giardino, per farne un mazzolino da regalare alla sua mamma.
Il fatto è che Stiles, per quanto s' impegni, non riesce mai ad ammutolire i movimenti involontari del suo corpo. Non vorrebbe svegliarla e guastarle il sonno più di quanto non lo sia già.
Lydia scuote il capo impercettibilmente, come il pendolo di un orologio. A ogni inclinazione del capo, ciocche ramate si appiccicano sempre di più alla sua fronte, imperlata di minuscole gocce di sudore.
Ma non quel sudore che ti fa venire sete, ti secca la gola e ti fa desiderare ardentemente una doccia ghiacciata. Lydia suda freddo, perché le tremano le spalle, le vibrano le labbra e le fremono le dita.
Ora che ci fa caso, dalla bocca di Lydia non escono solo sospiri tormentati, ma anche parole biascicate in un soffio.
《 Non posso... 》
Stiles corruga la fronte e prova ad ascoltare meglio.
《 Non posso farci niente. 》
Vorrebbe svegliarla. Vorrebbe stringerla e dirle che è solo un terribile incubo. E non importa se poi lei potrebbe prenderlo per maniaco, respingerlo e rifilargli una delle sue frecciatine.
Gli pare di aver letto da qualche parte che non si devono svegliare bruscamente le persone che soffrono di sonnambulismo, parlano mentre dormono o sono preda di sogni tremendi e incredibilmente reali.
E quello di Lydia sembra esserlo.
Cosa vedi? Cosa succede, Lydia?
《 Mi dispiace. Mi dispiace così tanto. 》 piagnucola.
Parla come se qualcosa le pungesse la gola. Una farfalla con le ali spezzate, un fiore che qualcuno ha colto distrattamente, non curandosi dei suoi delicati petali vermigli. La sua Lydia.
Completamente svestita della sua maschera da ragazza popolare, inflessibile, prepotente, impenetrabile. Fragile, tremante, distante. Ma non nel senso che molti potrebbero intendere. Non nel senso che Stiles ha inteso per dieci anni.
Intrappolata in mura invisibili e macchiate di sangue, di morte. La sua Lydia.
《 Non sono io... non è colpa mia...》pigola ancora.
Stiles non capisce. Prova a ipotizzare gli scenari a cui Lydia potrebbe assistere in questo momento. Tizi sconosciuti che si strangolano, la donna di prima che annega il bambino, un uomo di mezza età che si punta le canne di un fucile in bocca.
Gente che urla, gente che conta, gente che piange. Gente che muore.
《 Devi credermi. Non è colpa mia. 》 mormora, tirando su col naso.
Le palpebre sottili vibrano, come se gli occhi si muovessero febbrilmente, indecisi sulla direzione verso cui guardare. Non come. Si muovono e basta. Stiles ha letto anche questo, che anche quando dormiamo i nostri occhi continuano a guizzare di qua e di là.
Cosa guardi, Lydia?
《 Non... è... colpa... mia. 》 articola Lydia a fatica, ogni parola seguita da un sospiro carico di tensione e insicurezza.
Ed è allora, mentre la bocca di Lydia vibra e minaccia di sgretolarsi sotto il peso di quelle parole, che Stiles capisce.
Chi è il tuo quarto sospettato?
Lydia.
Non sono io.
Devi credermi.
Non è colpa mia.

Le voci minacciano di fargli esplodere il cranio. Ha dubitato di lei. L'ha inserita nell'elenco dei possibili killer mentre cercava di evitare che il suo cuore andasse in pezzi. Scrivere il suo nome sul foglio immaginario che aveva in testa era stato un martirio, quasi le lettere s' imprimessero a sangue nella sua carne.
Lydia.
La sua Lydia.

Includerla aveva significato ammettere la possibilità di farle del male, in un futuro molto prossimo, se non fossero riusciti a fermarla con le parole.
Stiles ha letto da qualche parte che non bisogna svegliare bruscamente chi parla nel sonno. Adesso si chiede se questo potrebbe destarla improvvisamente e trasformarla in una mitraglia di parole poco piacevoli e tanto altro.
Proverà a muoversi in silenzio. Come se fosse polvere, come se fosse una nuvoletta del profumo che Lydia si spruzza addosso al mattino.
Piano piano. Per non svegliarla. Piano piano. Per tranquillizzarla.
Allunga il braccio quel tanto che basta per raggiungere il sedile accanto. Aiutandosi con la poca luce che filtra da fuori, cerca la mano di Lydia e inizia a sfiorarne il dorso.
《 Lo so. 》sussurra.
Abbandona il capo contro lo schienale. Rinuncia a stendersi su un fianco come prima. Chiude gli occhi e stringe le labbra.
È giusto che si senta così in colpa? È giusto che Lydia se la prenda tanto solo perché lui ha dubitato della sua innocenza?
In fondo, è soltanto Stiles. E Lydia non apporrà mai l'aggettivo suo accanto al nome di uno come lui.
《 Ti credo. 》
Le dita di Lydia sono fredde e umide. Vibrano un po', e Stiles, nel suo piccolo, prova a costruire per loro un riparo, intrecciandole alle sue.
In silenzio. Piano piano. Lydia non deve svegliarsi.
 
 
《 Stiles? 》
È ancora notte quando Lydia lo chiama. In realtà, non sa quante volte abbia dovuto dire il suo nome per farlo riemergere dal sonno.
D'istinto, Stiles ritira la mano rapidamente e se la porta sul braccio sinistro.
《 Pensavo fossi Scott. 》 si giustifica debolmente.
Il nervosismo minaccia di divorargli lo stomaco. Lydia ha gli occhi ancora assonnati, un po' rossi, e lo guarda come se fosse l'esemplare di una specie in via d'estinzione. Curioso, strano, bizzarro. Forse anche prezioso, in qualche modo.
《 Vi tenete la mano di solito? 》 domanda lei, che non perde il suo pungente sarcasmo nemmeno quando non ha praticamente dormito per ventiquattr'ore.
《 Capita che diamo sfogo al nostro lato... gay. 》
Quando articola l'ultima parola, il viso di Stiles si accartoccia in una smorfia. Se potesse, si colpirebbe la fronte sino a svenire e perdere la memoria. 
Immagina già l'espressione sconvolta di Scott quando gli racconterà in che situazione l'ha appena cacciato. Per il momento, lo sente ronfare dietro di lui.
《 Carino. 》 commenta Lydia, emettendo uno sbuffo che somiglia tanto a una risata.
《 Non immagini quanto. 》risponde Stiles a denti stretti.
Scuote la testa e si dà dello scemo mentalmente. Lydia adagia il capo allo schienale, la massa di capelli rosso fragola che si diramano come tempera liquida intorno al suo viso di porcellana.
Stiles spera che l'ora di sonno che le resta possa cancellare il ricordo di quella improponibile e imbarazzante conversazione.
Scemo. Scemo. Scemo.
《 Stiles? 》
《 Dici a me? 》
Lydia annuisce e mugola un verso di assenso.
《 Riconosco di non avere il fascino del lupo mannaro, ma non ti ho detto di lasciarmi la mano. 》
Stiles strabuzza gli occhi e quasi si affoga con la sua stessa saliva. Incerto, conduce la mano verso quella di Lydia, che non si è mossa dal bracciolo su cui era poggiata anche prima.
《 Dormi un po', okay? 》
Chiudono gli occhi. In silenzio. Piano piano. Nessuno dei due vuole più svegliarsi, ora.
  
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