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Autore: itseulalia    18/07/2014    2 recensioni
New York, anni '50.
"Come riesci a superare la perdita?”
Magnus strabuzzò gli occhi e allungò il collo: “la perdita di cosa, scusa?”
Raphael si passò la mano tra i capelli e parlò piano, lentamente: “la perdita di qualcuno; hai sempre dei compagni diversi e sei sempre completamente preso da loro, è come se ti innamorassi ogni volta, ma, quando devi lasciarli andare, non ti fa male?”.
storia incentrata su Raphael Santiago e un nuovo personaggio.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Magnus Bane, Nuovo personaggio, Raphael Santiago
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Birdland

 

 

23 Novembre, 1952

 

Probabilmente quella sera faceva freddo a Broadway: le donne si chiudevano nelle lunghe pellicce mentre si spostavano sui marciapiedi, le mani inguantate attorno al bicipite muscoloso del marito che faceva il gran signore a testa alta e spalle dritte.
Broadway gli piaceva, era una strada affollata, e la sera si riusciva sempre ad intravedere, dai grandi finestroni dei teatri, qualcuno che sul palco cantava e ballava facendo sognare ai molti di essere lì sopra con loro, al centro di ogni attenzione.
Però lui amava di gran lunga più la Cinquantaduesima, o, come la chiamavano tutti, La strada che non dorme mai.
Lì non eri spettatore, eri parte della vita, eri vita.
Arrivavi e cominciavi a ballare, e magari la musica non ti era mai piaciuta, ma in quell'istante la sentivi dentro, la sentivi scorrere nelle vene, un flusso di note accompagnato da adrenalina pura.
Allora ti veniva voglia di correre come un matto, di arrampicarti sui palazzi, di chiudere gli occhi ed urlare, tutto insieme, ma non potevi fare altro che stare fermo e contemplare il paesaggio di colori e gioia che sprigionava.
Inoltre nell'esatto punto in cui la cinquantaduesima faceva ad angolo con Broadway si ergeva il Birdland, il locale che ormai era sulla bocca di tutta New York City, se non di tutta l'America stessa; dove i più grandi musicisti scatenavano la folla a ritmo di jazz e dove si poteva finire con il chiacchierare spensieratamente con Frank Sinatra sul suo prossimo disco.
Raphael si affrettò a pagare il suo dollaro e mezzo e non fu sorpreso che lo lasciassero entrare anche se il suo viso dimostrava quindici anni.
Si mosse esperto verso il bancone scansando corpi che si muovevano a ritmo.
Non era esperto di musica ma ogni volta che entrava nel Birdland era come se la sua anima si ricreasse, letteralmente.
Forse era l'atmosfera o forse solo il sassofono.
Appoggiò i gomiti sul legno irregolare e fece cenno al barman di servigli qualcosa di forte, avrebbero pensato che fosse uno duro, uno che sapeva reggere tutto, e non si sbagliavano affatto.
Una donna si avvicinò ridendo al suo fianco e si stravaccò sul bancone, lentamente girò il viso verso Raphael che si voltò a sua volta e mantenne il suo sguardo.
Restarono così per qualche secondo, lei era bella, di una eleganza inconsueta, visibile anche se le sue gote erano rosse per aver ballato, era sulla ventina, odorava di fresco, di sudore, che le imperlava leggermente la pelle chiara, e di sangue, dovette trattenersi dal non saltarle addosso e addentarle il collo, sentiva i canini cominciare a graffiare le gengive.
Indossava un vestito con un ampio scollo a V che lasciava scoperte le spalle e gran parte del seno, era nero e dalla vita si allargava fin sotto il ginocchio, dei tacchi la rendevano leggermente più alta anche se alta lo era già.
“Il prezzo è di cinque dollari ad ora- disse lui, e notando il suo sguardo chiaramente confuso continuò- sai, tutti i capolavori vengono pagati per essere contemplati”.
Lei rise, una risata cristallina e contagiosa, ma Raphael non si scompose e continuò a guardarla di sottecchi, con quell'aria un po' altezzosa che aveva assunto da una decina di anni a questa parte.
“Non sei un troppo piccolo per stare qua dentro, ragazzino?” chiese lei espansiva, e come risposta ricevette solo un lieve movimento delle sopracciglia, di cui lei non comprese il significato, ma era un gesto di scherno perché, tra i due, il più grande era lui.
Decise di tentare di nuovo: “È la prima volta che ti vedo, non vieni qui spesso, giusto?”.
“A te cosa importa, se sono un ragazzino stai solo sprecando il tuo tempo”, lei sorrise, gli strinse il polso e cerco di trascinarlo verso il centro del locale, dove era ammucchiata gran parte della gente.
“Per essere un ragazzino sei forte! Perché non vieni a ballare?”
“Non so farlo!”
“Ti insegno io”
Si lascio trasportare e si ritrovò in una folla multietnica che lo portò a pensare a quanto tutte quelle persone fossero diverse, ma che in quel momento erano comunque riunite sotto quel palco, a ballare quella musica e si rese conto che, sì, forse anche i mondani sanno fare magie.
La ragazza cominciò a muoversi a ritmo e a lui scappò un sorriso al lato della bocca ma lei non se ne accorse, pian piano si era avvicinata al suo orecchio e aveva sussurrato “Frances”, l'alito che gli scuoteva una ciocca di capelli.
“Raphael” pronunciò sovrastando il suono della tromba.
“Ciao, Raphael” disse scomparendo tra la folla, portandosi dietro un sorrisetto malizioso.


 

23 Dicembre, 1952

 

Raphael passò la mano sulla schiena nuda di Frances.
Era un mese esatto dopo il loro primo incontro, si meravigliava di esserselo ricordato, non era di certo il tipo da romanticherie.
Cominciò a baciarle le spalle e salì sul collo, cercava di concentrarsi per imitare il più possibile il respiro umano.
Lei mugolò e si girò posando la testa sul cuscino che adesso sembrava un quadro a sfondo bianco che i suoi capelli color pece avevano macchiato di nero.
I loro visi erano a pochissima distanza e lui poteva vedere le sue pupille dilatate per l'eccitazione.
Lei lo spinse verso il basso così da poter sistemarsi sopra di lui, cominciò a muovere il bacino regolarmente e ridendo si avvicinò alla sua bocca: “Una volta uscivo solo con quelli maturi”.
“Ma noi non usciamo” rispose sarcastico guardandola negli occhi, stavolta fu lui a spingere il bacino contro il suo.
Frances ansimò e rise di nuovo: “Ti ho preso un regalo”.
Raphael si fermò, lei scese dal letto, senza avvolgersi nelle lenzuola: adorava come le piacesse mettere in mostra il suo corpo.
“Non ho avuto il tempo di impacchettarlo” disse e tornò ad accoccolarsi di fianco a lui, gli porse una collana, era di metallo, la catenina era lunga e alla fine vi pendeva un ciondolo a forma di nota.
“Ho pensato che potesse piacerti, sai, per tutta la storia del Birdland” era in imbarazzo, ed era strano perché solitamente lei si sentiva tutto fuorché a disagio.
“Per la storia del Birdland” ripeté il quindicenne sorridendo mentre la ventiduenne gli accarezzava dolcemente l'addome.

 

 

24 Dicembre, 1952

 

 

Il vampiro suonò il campanello e dovette attendere qualche istante prima di sentire i passi avvicinarsi verso la porta che si aprì subito dopo.
Per un attimo riuscì a vedere solo una massa di colori e luccichii, poi mise a fuoco e si accorse che in realtà quello che aveva davanti era una camicia e che c'era qualcuno che la indossava.
A Raphael scappò una risata.
“Cosa vuoi? Non ti aspettavo”
Si ricompose brevemente e lo guardò serio, trasse un respiro profondo, più per abitudine che per vera necessità.
L'altro sbuffò e biascicò un “entra” mentre si spostava dall'ingresso.
Quel giorno, stranamente, l'appartamento di Magnus era sobrio, nel salone vi era una poltrona e un divano sui toni del verde, per terra vi era un tappeto persiano e alle finestre tende bianche.
Lo stregone si sedette e indicò all'ospite di fare altrettanto, poi fece comparire tra di loro un tavolino e due tazze colme di caffè.
“Dimmi, cos'è che ti turba?”
“In questo momento? Tu senza pantaloni!” rispose l'altro con ovvietà.
“Ti disturba? Ti senti attratto da me, per caso?” disse lo stregone assumendo una posa che per lui doveva essere attraente.
“Dio, un po' di serietà, per favore. È piuttosto strano per me, ma: come riesci a superare la perdita?”
Magnus strabuzzò gli occhi e allungò il collo: “la perdita di cosa, scusa?”
Raphael si passò la mano tra i capelli e parlò piano, lentamente: “la perdita di qualcuno; hai sempre dei compagni diversi e sei sempre completamente preso da loro, è come se ti innamorassi ogni volta, ma, quando devi lasciarli andare, non ti fa male?”.
Lui chiuse gli occhi e fu come se il salone fosse invaso da un dolore estremo, un dolore primitivo, un dolore che fece quasi piangere il vampiro, poi pronunciò una frase che Raphael non avrebbe mai dimenticato: “Una mia amica, una volta, mi ha detto che ci sono amori che valgono anche il dolore di perderli.”

 

 

 

Così non funziona, non possiamo continuare.”

Ma, Raphael, l'hai voluto tu tutto questo.”

Lo so, mi dispiace.”

Cosa... Raphael, parlami. Raphael, torna qui.”

Mi dispiace.”

 

Ci sono amori che valgono anche il dolore di perderli.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Salve, è la prima volta che scrivo in questo fandom e sono veramente emozionata.
Ho deciso di scrivere questa one-shot su Raphael perché è uno dei miei personaggi, inoltre ho cercato di restare il più vicina possibile all'immagine che la Clare ha dato di lui e allo stesso tempo di allontanarmici completamente, infatti ho provato a scrivere della sua parte “romantica”, del suo primo amore, cosa che mi sarebbe piaciuta leggere all'interno della saga, e che spero di essere riuscita a fare oggi.
Per me Cassandra avrebbe dovuto dargli un ruolo più significativo, perché, sinceramente, non ne ho mai abbastanza di Raphael Santiago.
La frase “Ci sono amori che valgono anche il dolore di perderli” è una frase che ho preso da Città del fuoco celeste e spero che non vi arrabbierete per questo piccolissimo spoiler, ma mi sentivo in dovere di specificarlo, inoltre, credo che sia palesemente chiaro chi è l'amica di Magnus.
Spero che vi sia piaciuta.

Con affetto,
itseulalia.

 

 

  
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