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Autore: dieleiden    18/07/2014    0 recensioni
Ho partorito questa storia una gelida notte di dicembre, precisamente il 31 dicembre, quando tutti i festeggiamenti erano in atto. Mi sono rifugiata nel mio mondo, ho preso carta e penna, e racchiusa nella mia perpetua tristezza mi sono lasciata sfuggire queste parole dal cuore. E' la prima volta che pubblico qualcosa di mio, spero in apprezzamenti, o ancora meglio, in critiche costruttive.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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1 gennaio 2014, 4.09 a.m




 
***

Quando ti ho visto per la prima volta ho pensato che sei disastrata, letteralmente.

Mi è bastato uno sguardo, uno sguardo che non dimentichi facilmente. Che ti si impianta nelle vene, nelle giunture dei polsi, nelle caviglie, sulle piante dei piedi, si

aggrappa sulle dita delle mani, sui capelli e ti rimane impresso, forse per sempre.

Poi ho guardato i tuoi capelli, ci crederesti mai? E la prima cosa che ho pensato è stata: “che belli”. Avrei voluto accarezzarteli, scioglierti tutti i nodi, ma forse no... te

li avrei lasciati così scompigliati ché ti donavano da morire, che profumavano di buono, di te.

La tua bocca ti conferiva un’aria triste, decisamente. Le labbra piegate all’ingiù e quell’abbigliamento risaltavano quello che avevi dentro, tutto quello che avevi

dentro.

Poi ho capito che io mi sarei innamorato di te, perdutamente innamorato di te.

Mi è bastata quella frazione di secondo per riuscire a capire che il sole poteva anche smettere di splendere per sempre, che le piante potevano anche morire una ad

una sotto i miei occhi, non mi interessava. Avevo davanti tutto quello che mi occorreva per sopravvivere, per spendere un attimo di eternità e per non ricadere nel

vuoto di qualcosa che è ma non c’è.

Ho pensato che sì, forse noi potremmo essere qualcosa. Sai, è difficile da credere, da pensare, capisco... con tutto quello che ti passa per la mente. Cosa ti passa per la

mente? Ogni volta che ti guardo me lo chiedo, ogni volta che ti guardo è... è un colpo al cuore.

Lo vedi l’effetto che mi fai? Come faccio a non amarti, a non odiarti? Mi hai rubato il cuore, la vita, il sonno, i sogni, tutto quello che di bello c’era in me. È nascosto

tra quei ricci, tra quelle mani che odorano di essenza alla vaniglia, tra quei maglioni ingombranti, me lo sento.

Chissà quanti ragazzi ti ameranno, chissà. Ci penso e mi viene da sbattere i pugni contro il muro. È normale? Sì, credo di sì. Sei troppo preziosa.

Sei una rarità, un fiore in mezzo al deserto, l’acqua dopo una giornata in palestra. Sei vita.

Hai mai sofferto? Dimmi, hai mai sofferto? Perché se così fosse mi prenderei tutto il male che il mondo ti ha serbato. Sai che lo farei, vero?

Guardami, ti prego. Ti ha mai amato qualcuno così tanto come lo sto facendo io ora? Non respingermi, lasciati ammirare ancora nella tua semplicità. Sei così bella

senza trucco, con le unghie intatte, gli occhi assonnati e l’aria persa. Sarebbe bello stringerti tra le mie braccia. Me lo concederesti? Ho il cuore che batte a mille.

Ti sto guardando da un’ora e venti minuti, sono qui seduto ad aspettare il treno insieme a te, ma tu questo non lo sai.

Aspetti qualcosa, suppongo qualcuno. Se solo alzassi lo sguardo vedresti i miei occhi piantati addosso a te. Come ti sentiresti? 

Sei triste, più del solito. Che ti succede, dolce fiore? Perché i tuoi occhi non brillano più al buio? Perché non ti ribelli più?

Hai le mani che tremano, le posso vedere da qui, non nasconderle. Quanto sei bella.

Hai l’anima di una persona tormentata.

Sei dentro di me, dentro ogni respiro. Posso amarti da lontano, se vuoi. Io sono qui, per te. E questo non lo sai. Chissà come stai. Chissà se mi vedi. Ehi, sono qui.

Allunga il braccio e toccami, ferma questa sovrannaturale felicità di sentirti così vicina a me. Potresti parlarmi, chiedermi una sigaretta magari, e poi presentarti,

dirmi come ti chiami. 

Com’è che ti chiami?

***
  
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