Non sia mai ch'io ponga impedimenti all'unione di anime
fedeli;
Amore non è Amore se muta quando
scopre un mutamento o tende a
svanire quando l'altro s'allontana. Oh no! Amore è un faro
sempre
fisso che sovrasta la tempesta e non vacilla mai; è la
stella-guida
di ogni sperduta barca, il cui valore è sconosciuto, benché
nota la
distanza. Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra
e gote
dovran cadere sotto la sua curva lama; Amore non muta in poche ore
o settimane, ma impavido resiste al giorno estremo del
giudizio:
se questo è errore e
mi sarà provato, Io non ho mai scritto,
e nessuno ha mai amato.
Shakespeare, sonetto 116.
Volevo dirti che TI AMO
Tre settimane.
Tre interminabili settimane.
Tre infelici settimane.
Soltanto tre misere settimane la separavano dal finto ti amo detto dalla persona che
voleva per davvero.
Tre settimane in cui lei era cambiata, mentre tutto intorno a lei stava
tornando dolorosamente alla normalità.
Tutto stava tornando come era sempre stato: Oliver aveva ricominciato a
vedersi con Laurel e lei restava ovviamente in un angolo in disparte a leccarsi
le ferite.
Tutto...come sempre.
Ma se era sempre tutto uguale, quando si sarebbe abituata? Quando
avrebbe fatto meno male?
Quando, si chiedeva ogni sera prima di addormentarsi tra le lacrime, si
sarebbe semplicemente arresa al fatto di essere la seconda scelta?
O meglio, quando avrebbe capito che lei un'opzione non lo sarebbe stata mai?
Per suo padre era stato facile abbandonarla.
Per sua madre...beh, sua madre
era sua madre. Non l'aveva mai voluta una figlia, figuriamoci se si fosse mai
presa la briga di informarsi se fosse viva o morta.
E Oliver...
Oliver l'aveva usata. Si, usata.
Cosa credeva? Che lei un cuore non ce l'avesse?
Credeva davvero che poteva dire ti amo ad una ragazza con quello
sguardo, quel suo maledetto sguardo, per poi darle una pacca sulla
spalla e dire "ehi, complimenti anche a te! Io ho fatto così bene finta
di amarti che Slade ci è cascato!"?
Il punto era proprio questo.
Slade non se l'era bevuta perchè Oliver le aveva semplicemente detto ti amo.
No, Slade aveva creduto a quel teatrino perchè lei
aveva reagito come se fosse stato maledettamente vero.
E per lei lo era, dannazione!
Ma se Oliver era stato un insensibile, lei era stata una vigliacca.
Quando sull'isola Oliver l'aveva guardata diritta negli occhi con quel
sorriso ancora più falso del ti amo, lei avrebbe potuto dirgli che non aveva
affatto recitato. Avrebbe potuto afferrarlo per le spalle e dirgli "Brutto
testone, io ti amo per davvero!".
E invece era stata zitta. Non aveva detto niente di tutto ciò.
Si era relegata ancora una volta nella sfera della migliore amica. Non
sarebbe mai uscita da quel ruolo perchè quello della fidanzata perfetta
era sempre stata occupata da Laurel.
La Laurel che si era ripresa tutto quello che aveva perso negli anni in
sole tre settimane.
Forse non doveva più arrovellarsi il cervello con tutti quei pensieri:
Laurel non si era proprio ripresa nulla, perchè Oliver era sempre stato suo.
Se la loro vita fosse stato un telefilm, Oliver e Laurel sarebbero stati
la coppia principale, l'amore storico della serie.
Ma purtroppo la sua vita non era un telefilm. Se lo fosse stata, lei
avrebbe potuto abbandonare il ruolo della segretaria innamorata del suo capo.
Magari avesse potuto amarlo per finta,
come per finta lui aveva detto di amarla.
- Felicity! - si sentì chiamare a gran voce e solo in quel momento si
rese conto che John Diggle le stava sventolando preoccupato una mano davanti al
viso.
- Cosa?! - sbottò lei più scontrosa di quando avesse voluto, dopo essere
sussultata per lo spavento. - Scusa, Dig. - aggiunse poi con un sospiro. -Mi
stavi dicendo qualcosa? -
Diggle fece un mezzo sorriso e prese posto sulla sedia accanto a quella
della ragazza, lanciando per un attimo lo sguardo ai vari monitor che Felicity
aveva davanti. - Ti sembra una buona idea? -
- Ultimamente di buone idee ne ho davvero poche. Tu di preciso a quale
ti riferisci? - borbottò, alzando nervosamente gli occhi al cielo.
- Di preciso mi riferisco alla pessima idea di spiare
l'appuntamento di Oliver e Laurel dalle telecamere del ristorante mentre ti
ingozzi di gelato a cioccolato. - le spiegò lui, parlandole come si fa con i
bambini e accennando con la testa ai computer del covo.
Felicity si morse il labbro, colta in flagrante e posando il cucchiaino
che teneva convulsamente in mano nella vaschetta di gelato.
- Non è come sembra. -
Diggle sospirò, guardandola negli occhi. Aveva il tipico sguardo da
fratello maggiore apprensivo e iperprotettivo. Se la loro vita fosse stata un
telefilm, Diggle avrebbe avuto lo stesso ruolo che aveva nella realtà: la
famiglia che non aveva da molto tempo.
- Fel, non ti devi giustificare con me. -
recuperò il cucchiaino e prese un'abbondante quantità di gelato. - Non te l'ho
detto per metterti sulla difensiva, ma per evitare di farti stare ancora più
male. - concluse il suo discorso portandosi il cucchiaio alle labbra e
mangiando il gelato.
- Ehi, ladro di gelato consolatore! - Felicity mise un finto broncio
mentre afferrava il cucchiaio dalle mani dell'amico.
- Felicity... - tentò ancora lui, ma venne bloccato dalla ragazza.
- Lo so, Dig. - ammise con un sorriso amaro. - Ma forse se mi convinco
del fatto che si amano e che sono perfetti insieme, posso mettere un punto e andare
avanti.-
- E pensi di rassegnarti hakerando le
telecamere di sicurezza di un ristorante.- riprese John Diggle, facendole
capire solo in quel momento quanto fosse stupido tutto quello.
Maledizione, ma a che livelli arrivava il suo masochismo?
Dig aveva ragione, così non avrebbe risolto proprio nulla. Sarebbe
sempre stata innamorata di Oliver Queen e spiare gli appuntamenti con la sua
ragazza l'avrebbero convinta solo del fatto di non essere mai abbastanza.
- No, hai ragione... - sussurrò, affondando di nuovo il cucchiaio nel
gelato.
- Ma perchè non gli parli? Perchè non gli confessi tutto? -
Felicity alzò lo sguardo sull'amico e lo fissò come se avesse detto la
più grande assurdità del mondo. - E farmi sbattere in faccia quello che già so?
-
-Almeno potresti davvero fartene una ragione. - replicò Diggle, cercando
in tutti i modi di far ragionare l'amica.
- Diggle se gli confessassi ciò che provo lo perderei anche come amico.
Preferisco stare male per la sua presenza, piuttosto che per la sua assenza. -
- E' il gelato che fa uscire la tua vena poetica? - la prese in giro
Dig, cercando di stemperare la tensione.
Felicity ridacchiò, posando definitivamente il cucchiaio. - No, il
gelato a cioccolato mi fa solo uscire i brufoli. -
Anche Diggle rise, scompigliandole poco dopo i carezzi con fare
fraterno.
- Prima o poi aprirà gli occhi, Fel. -
La ragazza fece un'alzatina di spalle. - Non penso. Ha già tutto quello
di cui ha bisogno. - lanciò un'ultima occhiata ai monitor, poi decise di
spegnere tutto.
Se lui poteva fare finta di amarla.
Lei avrebbe fatto finta che quella situazione le andava bene.
Quella mattinata era cominciata male e si stava prospettando ancora
peggio.
Dopo essersi svegliata in ritardo, non aver avuto il tempo nemmeno di
prendere un caffé, aver preso quasi una distorsione
alla caviglia per correre su quei maledetti tacchi, era arrivata finalmente
alla QC (conquistata dopo molte fatiche!), ma le arriva un messaggio da parte
di Oliver, che la pregava di raggiungerlo a casa Queen.
Aveva riletto almeno tre volte quel messaggio, mentre la testa le si
riempiva sempre più di dubbi. Cosa aveva mai di così urgente da dirle da non
poter aspettare di arrivare in ufficio?
Così, con mille pensieri nella testa, era arrivata poco dopo a casa
Queen. Peccato che ora era immobile a guardare la porta, senza avere il
coraggio di premere quel maledetto campanello.
- Oh, andiamo! Il peggio è che si sposa con Laurel e mi chiede di fargli
da testimone! - blaterò, ma alla sola idea che fosse proprio quello, sentì il
corpo scosso da brividi e lo stomaco chiuso in una morsa.
Fece un profondo respiro, decidendosi finalmente a suonare e cercando di
tenere a bada l'ansia crescente.
Dopo qualche secondo si ritrovò Oliver Queen davanti, ovviamente
bellissimo anche di mattina.
Indossava una camicia bianca e dei pantaloni scuri dal taglio costoso.
Sembrava essere uscito da una meravigliosa favola, peccato che non fosse lei la
sua principessa...
- Ciao. - la salutò lui, spostandola di lato per farla entrare.
- Ciao, Oliver. - rispose al saluto e cercando di non incrociare i suoi
occhi, entrò nell'abitazione. - Allora, cos'è la cosa importante che vuoi
dirmi? - continuò lei poco dopo, grattandosi la tempia, come succedeva sempre
quando era nervosa.
- Quanta fretta. Posso offrirti qualcosa da bere? - Oliver fece un
sorriso tirato, puntandole addosso i suoi meravigliosi occhi azzurri.
- Mi sembrava piuttosto urgente. -
- Se non ti conoscessi, direi che vuoi correre via da me. - esclamò
Oliver, portandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
- Beh, allora è una fortuna che tu mi conosca! - disse, sperando di
riuscire a nascondere la vena ironica che non era riuscita a trattenere.
- Già. -
Tra di loro calò un pesante silenzio. Felicity non riusciva a capire
tutta quella situazione. Se possibile, Oliver era ancora più criptico del
solito.
- Felicity... - finalmente Oliver si era deciso a parlare, anche se la
ragazza non era poi molto sicura di essere pronta a sentire ciò che lui aveva
da dirle.
E se lo avesse perso per sempre?
- Dimmi, Oliver. - cercò di sembrare più calma possibile, cercò di
comportarsi come sempre, ma aveva la netta sensazione che da quel momento le
cose sarebbero cambiate.
Se in positivo o negativo proprio non sapeva dirlo.
- Di certo non ho immaginato di dirtelo nell'ingresso di casa mia, ma
forse non è poi così importante il luogo. - Oliver si passò una mano tra i
capelli, facendo poi un sospiro.
Felicity stava diventando sempre più tesa. Se davvero le avesse detto
che si sarebbe sposato con Laurel, probabilmente il nodo che sentiva allo
stomaco si sarebbe trasformato in vomito.
- Così mi fai preoccupare, però. -
- Felicity... - cominciò Oliver, senza darle ascolto e facendo un passo
verso di lei. - Ieri sono uscito a cena con Laurel. -
Si, lo so.
Fece un mezzo sorriso, portandosi una mano davanti alle labbra.
- Era tutto perfetto. Abbiamo parlato, scherzato...andava tutto bene.
Poi, all'improvviso, Laurel mi prende la mano e mi dice che mi ama. Era tutto
come avevo sempre desiderato, come avevo sempre pensato di desiderare. -
Ecco, adesso le avrebbe detto che si sarebbero sposati.
Si portò una mano sullo stomaco, cercando di reprimere le lacrime che
già minacciavano di uscire.
- E perchè lo dici a me? - tremò mentre gli faceva quella domanda. Aveva
paura che tutti i suoi peggiori incubi si avverassero.
- Laurel è la ragazza che ho sempre pensato di voler accanto. Ho sempre
pensato che fosse quella giusta. O che lo sarebbe diventata quando sarei
diventato più giusto io. Ma... - si bloccò un attimo, per poi riprendere a
parlare. - Ma quando non sono proprio riuscito a dirle che la amavo anche io,
ho cominciato a pensare. E ho pensato tutta la notte, finchè le cose non mi
sono state chiare come il sole. -
Felicity aggrottò le sopracciglia. Non era riuscito a dirle che la
amava? E cosa si aspettava? Che lei da buona amica le facesse da psicologa?
Forse Dig aveva ragione: doveva mettere un punto a tutto quello.
- Non sto capendo poi molto, Oliver. -
Oliver colmò quei pochi metri che li separavano, piazzandosi davanti a
lei e inchiodandola con i suoi occhi.
- Ho capito che era molto più vero il ti amo che ho detto a te
per finta, che tutti quelli che ho detto a Laurel per davvero. -
- Non... non... - aveva completamente scollegato il cervello. Non
riusciva ad afferrare il senso delle parole di Oliver, o forse aveva solo paura
di sperarci troppo.
- Felicity... - Oliver sorrise. Sorrise come faceva sempre. Come si era
illusa che sorridesse in quel modo solo a lei. - Non sono riuscito a dire a
Laurel che la amavo, perchè è te che amo. -
Felicity si immobilizzò al suo posto, con gli occhi fissi su Oliver.
Poi, dopo un attimo di puro smarrimento, cominciò a guardarsi intorno.
-Beh, di certo questa non è la reazione che mi aspettavo, ma sono
abituato alle tue stranezze. - si grattò la testa, per poi fermare Felicity per
le spalle, dal momento che lei sembrava non voler smettere di guardarsi
intorno. - Posso sapere che stai facendo? -
- Sto cercando la telecamera. -
Oliver ridacchiò, cercando di mascherare il nervosismo con una calma che
non aveva. - Non c'è nessuna telecamera. -
Felicity aprì e richiuse gli occhi più volte, non riuscendo ancora a
credere alle sue orecchie. Forse non era ancora svenuta per il semplice fatto
che non credeva del tutto alle parole di Oliver.
Come poteva?
Aveva troppa paura di scoprire che fosse tutta una bugia.
- Tu... -
- Ti amo. - la guardò sgranare gli occhi. - Per davvero. - aggiunse, sperando
che finalmente fosse riuscita a convincerla.
Felicity credeva che fosse tutto così incredibile.
Oliver aveva avuto il coraggio di dirle ciò che lei avrebbe sempre
voluto dirgli e sentirsi dire.
Gli buttò le braccia al collo e lo strinse, nascondendo il viso
nell'incavo del suo collo.
Lo stringeva così forte perchè aveva paura che potesse sfuggirgli.
- Se fosse stato per finta anche questa volta, ti avrei conficcato una
freccia nel... -
- Si, ho capito. - ridacchiò lui, avvolgendole la vita con un braccio. -
Significa che mi ami anche tu? - chiese, con il cuore in gola.
- In tutta onestà, credo di esserlo da sempre. -
Oliver sorrise, assaporando per la prima volta il gusto della felicità.
- E perché hai aspettato così tanto tempo? - la prese meglio, facendo in
modo che le gambe di lei gli circondassero i fianchi.
- Avevi una lunga lista di ragazze da accontentare. -
- Io credo, invece, che stessi solo cercando di diventare degno di te. -
Felicity sorrise, per poi alzare il viso e guardarlo diritto negli
occhi. - Quando si decide a baciarmi signor Queen? - disse angelica, facendo
scoppiare a ridere il ragazzo.
- Subito, signorina. -
Oliver avvicinò le labbra a quelle della ragazza, senza mai interrompere
il contatto con i suoi occhi.
Si baciarono.
E quello fu il contatto più voluto.
Più sofferto.
Più vero...
Lui la strinse ancora di più a se, come se cercasse di fondere i loro
corpi. Si erano tenuti così a distanza, che solo in quel momento capirono
quanto fosse stato stupido.
Sempre tenendola in braccio, la portò al piano di sopra, senza smettere
di baciarla. Aveva così tanta voglia di lei, che a quel punto credeva di non
aver mai desiderato nessuna prima.
Arrivò nella sua stanza e adagiò Felicity sul letto, per poi stendersi
su di lei, stando però ben attento a non gravarle addosso con il suo peso.
Felicity, dal canto suo, era completamente persa in tutto quello che
stava succedendo. L'aveva così fortemente voluto, che ora si sentiva come in un
sogno.
Oliver scese a baciarle il collo, sentendo il cuore battere sempre più
velocemente.
- Se vuoi mi fermo. - Oliver alzò il viso, guardandola negli occhi.
Felicity si soffermò sui suoi occhi. Aveva sempre desiderato perdersi in
quelle pozze cristalline.
Gli sorrise, col cuore in gola. Poi, con le mani tremanti, cominciò a
sbottonargli la camicia, senza però spostare gli occhi da quelli di lui.
Adesso subentrava una nuova paura: quella di non essere perfetta per
lui.
E se non gli fosse piaciuta?
Cercò di allontanare quei dubbi, beandosi solo del sorriso meraviglioso
che ora Oliver aveva stampato sul viso.
Dio, era così bello!
...E voleva lei!
Quella consapevolezza le sembrava ancora così incredibile.
Felicity, finalmente, sbottonò del tutto la camicia di Oliver e la fece
scivolare sulle spalle muscolose di Oliver.
Come sempre, si incantò alla vista del fisico perfetto di lui. Nemmeno
le cicatrici deturpavano la bellezza di Oliver. Anzi, lo rendevano ancora più
bello. Lo facevano apparire...vissuto.
A quel punto, anche Oliver cominciò a muoversi, sfilandole il leggero
abito color porpora.
Alla vista del corpo di Felicity si fermò. Voleva che tutto fosse
perfetto, non le sembrava il caso di saltarle addosso.
Felicity, però, interpretò il modo diverso quello sguardo. - Lo so che
sei abituato a super modelle con le gambe
lunghe e... -
Oliver bloccò l'imminente fiume di parole con un bacio. - Sei
bellissima. -
Lo sguardo di Felicity si addolcì e gli sorrise. Ritornarono a baciarsi,
mentre entrambi si liberavano degli ultimi indumenti rimasti.
Adesso erano nudi, stretti...uniti.
Pelle contro pelle.
Cuore contro cuore.
Bocca contro bocca.
Oliver scivolò piano in lei, rompendo definitivamente gli argini: ora
tutto l'amore che avevano cercato di contenere era straripato, colpendoli come
un fiume in piena.
Si unirono anima e corpo.
Oliver amò Felicity come non aveva mai fatto con nessun’altra e Felicity
sentì di aver trovato finalmente il proprio posto nel mondo.
Oliver spingeva in lei senza mai smettere di baciarla, di stringerla, di
toccarla.
Voleva fondersi con lei in tutti i modi possibili. Voleva che ogni
minima parte di lui fosse in contatto con quella di lei.
Felicity, invece, voleva fargli capire che aspettarlo era stata dura, ma
amarlo superava ogni immaginazione.
Raggiunsero il culmine insieme, l'uno gridando il nome dell'altro.
Oliver solo in quel momento sentì di essere ritornato veramente dall'isola,
perchè amare Felicity... era come
ritornare a casa.
Felicity teneva la testa sul petto di Oliver, mentre lui le accarezzava
i capelli.
Adesso era tutto come lei aveva sempre desiderato. Aveva tutto ciò per
cui era stata male e aveva lottato.
Era completamente felice. Mai si sarebbe aspettava di essere amata da
Oliver Queen. Lui le sembrava così irraggiungibile, così perfetto rispetto a
lei.
Lei si sentiva solo un fagotto, mentre Oliver era paragonabile a un Dio
greco per lei.
Sorrise, giocherellando con la leggera peluria sotto l'ombelico di lui.
- A cosa stai pensando? - le chiese lui, piegandosi per baciarle la
testa.
- Che sono felice. -
Oliver la attirò al suo petto, stringendola. - Lo sono anche io... - le
sussurrò all'orecchio, intrecciando una mano con la sua.
Felicity guardò le loro mani unite, perdendosi in mille pensieri.
All'improvviso, però, Felicity ridacchiò, appoggiando meglio la testa
sulla spalla di Oliver.
- E ora cos' hai da ridere? -
- Stavo pensando... - ridacchiò di nuovo. - Se la nostra vita fosse un
telefilm, chi sa come potrebbe essere chiamata la nostra coppia. - si sentì
immediatamente stupida. Ma cosa significava quel discorso?!
Nulla! ...Come tutte le cose sconclusionate che diceva.
- Non credo di aver capito che intendi. -
- Si, sai... quando i fan di una coppia mettono insieme i nomi dei
personaggi! -
- La vedo una cosa assurda. -
- Giusto, avevo dimenticato che quando eri adolescente tu i telefilm non
esistevano ancora. - lo prese in giro lei, beccandosi un leggero pugnetto. -
Lascia stare comunque, era un pensiero stupido. -
Si morse il labbro, sperando che lui non la reputasse troppo infantile
per lui.
Forse prima o poi si sarebbe reso conto che lei non era fatta per lui,
che voleva altro...
Calò un attimo di silenzio.
A cosa stava pensando Oliver? Che si era portato a letto una ragazzina
che fantasticava su come unire i loro nomi?
Che stupida!
Forse...
- Feliver? -
La voce di Oliver interruppe i suoi pensieri, facendola scoppiare a
ridere.
Allora non stava pensando che era una stupida, ma aveva appoggiato quel
suo bislacco giochino.
- No, non mi convince. -
- Mhm... Ofel? -
- Ofel? Ma sei pessimo con i nomi! - Felicity rise,
beandosi del finto broncio che aveva messo su Oliver.
- Almeno io penso a qualcosa! -
Felicity appoggiò di nuovo la testa sul petto di Oliver, poi, dopo poco,
scattò, puntando gli occhi in quelli di Oliver, rendendosi conto che anche lui
la stava guardando con un’espressione strana.
- Olicity! - dissero insieme,
per poi scoppiare a ridere e baciarsi.
Adesso Felicity non si chiedeva più come fosse stata la sua vita se
fosse vissuta in un telefilm, perchè stare tra le braccia di Oliver era meglio
di qualsiasi aspettativa.
Loro ora si amavano per davvero
... Mica per finta!
Salve!
Visto che la mia prima storia Olicity ha
riscosso un discreto successo, ho deciso di scriverne un'altra, questa volta
una one-shot però!
Spero possa piacervi...come è piaciuta a me scriverla!
Ringrazio in anticipo tutti coloro che decideranno di farmi sapere la
loro opinione, ma anche chi leggerà soltanto!
Baci e (spero!) alla prossima storia!