Il
Dio Della Pioggia
3
K
Dopo soli quattro giorni, poteva affermare che quello era lavorare.
Lavorare divertendosi.
Quella era la lavorazione di un album più liscia che ricordasse.
Mana era tranquillo, rilassato, modificava basi musicali e parole con la
stessa facilità con cui si potevano spostare i pezzi su una scacchiera.
C’erano dei momenti in cui sembrava estraniarsi,
ma erano quelli la norma.
C’era un’incredibile confidenza fra lui e Mystery. Empatia allo stato
puro.
Tale da gettare nella confusione anche Seth.
Più di una volta aveva visto il chitarrista toccarla come se fosse la
cosa più naturale del mondo. Un braccio, una spalla, circondarle la vita con un
braccio per guidarla fuori dalla stanza, addirittura accarezzarle una guancia
chiedendole se fosse stanca.
Era evidente che, da parte sua, il vocalist passasse buona parte del
tempo a chiedersi chi fosse quella donna. Fortunatamente la sua concentrazione
davanti al microfono non ne risentiva, almeno sino a fine giornata quando
l’attenzione di quel ragazzo tendeva a decadere peggio degli atomi, ma, come lo
aveva prontamente informato Seth, era nel suo DNA visto che era nato a
Hiroshima.
Seth la definiva anche la
decadenza giornaliera dei neuroni, con conseguente colica da risate dei
presenti.
Incastonate nella fitta rete di ironia dei suoi compagni di ventura, aveva
visto scene da non credere.
Lilac of damnation era un demo lasciato indietro perché a Mana non tornava. Espressione che poteva
significare qualsiasi cosa, ma che nella fattispecie indicava che le parole non
si incastravano nella musica come dovevano fare nella testa del chitarrista.
Seth aveva provato a cantarla in almeno dieci modi diversi e… niente. Il
giorno prima, Mystery aveva ascoltato tre o quattro versioni, alla fine Mana
aveva sbottato, «Capisci??? Maledizione… hai presente quando…?» si era
interrotto cercando, evidentemente, le parole per esprimere da gentiluomo un
concetto da scaricatore di porto.
«… porca troia?» aveva suggerito la ragazza senza fare una piega.
Mana aveva sbattuto una mano sul piano del mix, «Sì!»
Si erano piegati a ridere tutti quanti, Seth si era dovuto appoggiare al mix
per non finire in terra.
Mystery si era alzata e si era rivolta a Seth, «Hai presente quando a
scuola il professore di musica con il pugno chiuso ti ferma e con l’indice di
fa partire?»
Seth aveva capito al volo cosa intendeva, «Credevo che solo lo stronzo
che insegnava a noi facesse così!»
Mana aveva sussultato quasi scattando in piedi.
«No, purtroppo non hai avuto questo privilegio in esclusiva.
Proviamoci. Mi è venuta un’idea.»
«Ok.»
Mystery si era parcheggiata dietro le sue tastiere e Seth si era
fermato davanti a lei, poco distante dallo strumento.
Mystery gli aveva detto di iniziare.
Seth aveva cominciato a cantare, gli occhi fissi su di lei, e aveva
seguito le indicazioni della ragazza (che fra l’altro aveva accennato la
melodia con una sola mano!)
fermandosi quando chiudeva il pugno e ricominciando quando lo puntava con
l’indice.
Alla fine, Mana e lui erano scattati senza neanche guardarsi e avevano
afferrato le rispettive chitarre, mentre Hayato si era precipitato alla
batteria e Sugiya al basso. Avevano ricominciato a suonare tutti insieme e Seth
a cantare, sempre sotto la direzione di Mystery, che non aveva usato più le
mani ma la testa per dargli
indicazioni, completando così il tessuto musicale usandole entrambe per suonare.
Alla fine erano rimasti a fissarsi increduli. Più che altro Mana e
Seth.
Lui si era fatto un’idea precisa di come doveva essersi sentita quella
disperata di Alice nel Paese delle Meraviglie: stenti a capire cosa succede,
spesso non lo capisci proprio, ma vai avanti fiducioso in compagnia di folli
personaggi.
«Ottimo Seth» aveva detto Mystery. «Complimenti ragazzi.»
«Adesso la registriamo esattamente
così‼» aveva deciso Mana.
Quella che sembrava essere la valle della morte annunciata dell’album,
era stata archiviata con una facilità quasi inquietante.
Quando arrivarono, quel venerdì pomeriggio, al demo di Dispell bound fu
proprio Seth a convincere Mystery a provare a cantare… e, neanche a dirlo, la
cosa funzionò benissimo.
E fu allora che Mana sembrò andare in blackout totale.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Mana
Vederli entrare in tre in sala dopo gli ultimi tre giorni di
contrattazioni, uno sport in cui lui decisamente non eccelleva mentre K e Seth
si erano rivelati autentici fuoriclasse, era un momento utile
all’autocelebrazione, ma aveva altro a cui pensare.
A dispetto di momenti drammatici come quello in cui Ra… Mystery, giusto
il giorno prima, aveva accennato al professore di musica, e Seth aveva capito
al volo archiviandolo miracolosamente senza
far domande (ma lui aveva sfiorato l’infarto multiplo), spesso si trovava a
sorridere da solo, o peggio ancora a ridere
da solo, ripensando a momenti vissuti con quei due più di quindici anni
prima, ed era tutta la settimana che raccontava a Kaede aneddoti dell’epoca.
In particolare, vedendo quella donna capitolare proprio davanti a Seth.
Quante volte Seiji era capitolato davanti a quella
gran rompiballe di Rain?
Seiji
aveva immediatamente iniziato a far muovere l’indice della mano destra da
destra a sinistra e vice versa, come un pendolo rovesciato.
«Che
significa?» aveva chiesto Rain.
«Ti
do un indizio: non sto imitando un tergicristallo» era stata la risposta di
Seiji.
«Stai
cassando l’idea senza neanche starmi a sentire?» aveva chiesto Rain con il tono
“neanche io ti credevo talmente idiota”.
«Cantare??
Io?? In pubblico??» era esploso a quel punto Seiji incredulo «Cosa ti sei
fumata senza dividerlo con noi??»
«Ascoltami
e ascoltami bene, perché non te lo ripeterò una seconda volta. Mio padre ha
deciso di organizzare una festa per il compleanno di mia madre e non è meno di
un miracolo. Sono riuscita a convincerlo ad inserire un gruppo. Adesso devo
convincere anche te?»
«Ma
non ho mai cantato in pubblico!»
Rain
aveva fermato l’indice di Seiji prendendo la mano nella sua, «Non è mai troppo
tardi per cominciare! Manabu suona la chitarra, io il piano e posso sopperire
la mancanza della batteria e del basso. Vi preparo io le basi. E’ un ingaggio
d’oro Seiji. Ragiona.»
Lo
aveva visto distogliere lo sguardo, insofferente, ancora mano nella mano con
lei. «Stiamo di traverso a tuo padre, non accetterà mai…»
«Non
vi sopporta più di quanto non sopporti me» aveva concluso Rain. «Ma voi non
resterete in casa sua dopo la festa, quindi siete avvantaggiati.»
«Non
voglio che poi se la riprenda con te o che te la faccia pagare in qualche
modo.»
«Non
preoccuparti per questo: dubito possa fare peggio di come sta già facendo.»
Serrò i pugni al ricordo.
La razionalità spietata che quella donna aveva sempre applicato, in
primis verso se stessa, era diventata una guida anche per lui. Senza rendersi
conto l’aveva assimilata. Era grazie a quella che aveva sciolto i Malice Mizer
prima che il gruppo lo uccidesse. Poi per fortuna aveva avuto Kaede a
raccogliere i cocci con lui.
Sua madre e quella di Seiji, come anche i loro rispettivi padri,
adoravano quella ragazza. Sembrava che gli unici genitori che non riusciva a
conquistare, erano quelli biologici.
Quando Seiji aveva avuto una febbre da cavallo unita ad una bronchite
da record, era stato acceso il riscaldamento al massimo in casa Matsudo. La
madre di Seiji aveva detto che, al di là delle condizioni del figlio, era più
tranquilla per quanto riguardava Rain, perché in casa loro rischiava di
ammalarsi.
La ragazza l’aveva tranquillizzata, la creatura al vetriolo che aveva
imparato a conoscere ed apprezzare spariva come nebbia al Sole davanti ai
genitori di Seiji e ai suoi. Poi quando erano andati via, nel calduccio della macchina
con autista che il padre le metteva a disposizione…
«Capisco
la preoccupazione della signora Matsudo, appaio molto fragile vero? Quello che
quella donna non può sapere è che in casa sua c’è un calore che io non avevo
mai provato prima: quello dell’amore dei genitori verso il figlio. Lo adorano,
Manabu. Esattamente come i tuoi adorano te. Io sono nata femmina e sono inutile
per gli scopi di mio padre, perché in una coppia io mi troverei nella posizione
di inferiorità rispetto a mio marito e lo stesso farebbe mio padre nei
confronti del suocero, e una potenziale rivale per mia madre.»
«Teme
che tuo padre le sottragga affetto per te?»
«No,
non c’è affetto fra di loro, non si sono sposate due persone, ma due patrimoni…
e questa macchina, quell’autista, mi vengono dietro per ricordare al mondo
quanto è ricco mio padre. Mia madre teme che possa attirare l’attenzione degli
uomini che interessano a lei.»
«Merda.»
«Esatto.
I miei non dureranno ancora a lungo insieme. A parte questo, come pensi che mio
padre abbia saputo di te e di Seiji? Durante un’allegra chiacchierata fra padre
e figlia? L’autista gli riferisce tutto quello che faccio, ovunque vado. Sono
un’intrusa nella casa dove sono nata, Manabu, è questa la realtà. Ciò che manda
in bestia mio padre di te e Seiji, è che non può controllarvi, quindi non può
allontanarvi da me.»
Aveva
lanciato un’occhiata all’autista in questione, visto che poteva ascoltare… e di
seguito riferire.
Rain
gli aveva preso una mano, «Non preoccuparti. Se mio padre mi chiudesse in casa,
non potrebbe più usarmi come pubblicità.»
«Ho
sempre pensato che tuo padre vedesse me e Seiji come potenziali fidanzati, e
che visto la differenza di classe sociale volesse… proteggerti.»
«Logica
vorrebbe che fosse così, e anche messa così sarebbe discutibile… ma se
rimanessi incinta, sarebbe l’occasione d’oro per disconoscermi… e non ho
intenzione di renderla così facile a mio padre. Senza contare che tu e Seiji
siete troppo preziosi per me: siete gli unici amici che ho. Non ho alcuna
intenzione di mandare tutto a puttane per qualche settimana di sesso… ah, a
proposito… come è andata ieri con quella ragazza che hai conosciuto giorni fa?
Kaede, vero?»
Aveva
finito con il raccontarle il primo appuntamento con quella che sarebbe
diventata la sua compagna di vita.
Quelle due donne non avevano fatto in tempo ad incontrarsi se non dopo
quindici anni, ma ormai aveva capito che a tutto c’era un perché.
Doveva andare così.
«Mana, tutto ok? Cosa c’è?» chiese Sugiya in un sussurro.
Si riscosse, «Mh? Ah… sì, tutto ok, stai tranquillo… pensavo ad altro.
Per fortuna ho registrato.»
«Sicuro?»
Gli sorrise appena, «Assolutamente.»
Sua madre e suo padre gli avevano dato un altro tassello per capire
quella creatura, proprio lo stesso giorno in cui avevano avuto quello scambio
in macchina.
«Manabu,
si può sapere che hai oggi?» aveva chiesto sua madre quando aveva scansato
qualsiasi cosa commestibile presente sulla tavola. «Hai visto di nuovo Kaede?
Va tutto bene?»
«Sì
mamma, anzi… è confermato che dopo domani la conoscete. Pensavo a Rain.»
«Cosa
è successo?» aveva chiesto suo padre.
Aveva
riassunto cosa era successo quel giorno, incluso che fosse spiata dall’autista,
il discorso della gravidanza e della situazione con i suoi genitori e sua madre
aveva scosso la testa, incredula.
«Ci
credo che è forte. E’ la persona più sola che abbia mai incontrato. E’ abituata
a muoversi come un’ombra. Si sente minacciata dai suoi stessi genitori. Tu e
Seiji le dovete stare vicini.»
«Ci
provo mamma, ma non è facile. A volte la sua corazza la rende inavvicinabile
anche a me e a lui.»
Suo
padre aveva dato un rumore di gola, «Questa è una tua paura, Manabu. Credimi,
non è così. Tu e Seiji siete forse gli unici dall’altra parte del muro con
lei.»
Ci
aveva pensato un attimo, «E’ vero papà, grazie.»
Suo
padre aveva agitato la mano come a scacciare una mosca, «Figurati. Potresti
presentare Rain e Kaede, già che ci sei.»
Aveva
annuito. «Lo farò di sicuro, Kaede è gelosa da morire e Rain è molto bella.»
Suo
padre aveva sancito la decisione con un cenno della testa. «Occhio a non combinar
disastri.»
Sorrise al pensiero che, come al solito, suo padre era una fabbrica di ultime parole famose. Era riuscito non
solo a combinare un disastro, e a
tirarci in mezzo anche un Seiji febbricitante, ma alla fine quelle due si erano
conosciute dopo quindici anni… e sembravano anche andare molto d’accordo!
«Allora, che ne pensi?»
Come spesso succedeva da qualche giorno, la voce di Seth lo riportò a
forza in quella stanza.
«Mi sono distratto, scusate. Ho registrato tutto, me lo studio con
calma… ok?»
Rain…
Una settimana di pratica non è servita a
niente: è Rain il primo nome che mi sale alle labbra, o peggio ancora “tesoro”.
… lo fissava come se volesse oltrepassarlo da parte a parte.
«E’ ora di andare a casa» decise Seth.
Si trovò ad annuire. «Direi di sì.»
Fu costretto a fare una pausa, come sempre prima di rivolgersi a quella
donna, «Mystery, posso parlarti un attimo da solo?» chiese prendendo una
decisione su due piedi.
La ragazza si diresse alla porta senza una parola.
Seth, quando gli passò accanto, lo bloccò per un braccio, «Che hai?»
chiese pacato.
«Niente, davvero. Un attimo di blackout. Siamo a venerdì e abbiamo
lavorato come pazzi per tutta la settimana. Puoi fermarti ancora? Vorrei che
venissi a cena da me e Kaede stasera.»
«Sicuro.»
Senza contare che il suo comportamento ormai aveva seriamente messo sul
chi vive anche l’amico.
Raggiunse Rain. «Che ti è preso?» chiese preoccupata la ragazza «Quello
non era uno dei tuoi soliti stati di trance autoindotta.»
Sorrise, a dispetto di tutto. «Se te lo dico non ci credi.»
«Provaci.»
«Mi è tornato in mente il discorso del calore familiare e di tuo padre.»
La vide aprire la bocca sconcertata.
Fece un passo verso di lui e gli appoggiò una mano su un braccio.
Si accorse solo in quel momento di avere le braccia conserte… il gesto
di auto difesa più eclatante del suo repertorio. Un gesto che almeno un paio di
persone conoscevano più che bene.
«Manabu» soffiò. «Non stai più parlando con una ragazzina di sedici
anni. Ti garantisco che ho superato la cosa di non avere un padre e una madre
degni di questa definizione. Cosa ha…?»
Scosse la testa, «Lo so, lo so perfettamente. E’ che quando ti vedo
interagire con Seiji vengo travolto dai ricordi. Che ne dici di chiudere questa
messinscena? Funzioni benissimo con il gruppo, e non ho mai avuto dubbi a
riguardo, sto parlando di…»
«Togliere questo accidente di maschera?»
«Esatto.»
La vide arrivare alla maschera con entrambe le mani in un lampo.
«No no no, aspetta. Per favore. Fammi fare a modo mio» disse
fermandola.
«Sei un rompiballe da manuale.»
Scoppiò a ridere, seguito da Rain.
«Ascolta, vieni anche tu a cena da me e Kaede stasera, preferisco che
Seiji lo sappia fra… intimi.»
«Giusto, chissà che reazione potrebbe avere. Scommetto che è convinto
che non lo veda.»
La fissò senza capire.
«Ci sta osservando.»
«Stai scherzando?»
«No.»
Sospirò, «E’ proprio arrivato il momento di gettare quella maschera.»
«A che ora a casa tua?»
«Mi fermo ancora un po’ e cerco di tenere Seiji con me. Diciamo che per
le 20.30 siamo a casa? Ce la fai a passare da casa tua?»
«Sì.»
«Avverto Kaede.»
«Eh, sarebbe il caso.»
«Rain?»
«Dimmi.»
«Lascia la maschera a casa.»
«Più che volentieri. Tanto non si ricorda.»
«Scommetti cento Yen che ti chiama per nome?»
«Se ti avanzano cento Yen… va bene.»
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Seth
Si chiamava proprio spiare,
ma cazzo Mana lo stava preoccupando.
Si scambiarono poche battute, poi la vide avvicinarsi a lui e appoggiargli
una mano su un braccio.
Chi era quella donna? Quale esponente del sesso femminile poteva avere una
tale intimità con Mana senza voltarsi al nome di Kaede?
Anche l’amico la toccava senza problemi.
Sugiya, giusto il giorno prima, gli aveva confidato di aver sentito Mana
rivolgersi a lei con tesoro.
Volendo anche ignorare la tragedia che si sarebbe abbattuta sulle loro
teste se Kaede fosse venuta a conoscenza di una cosa simile, appurata la
notoria gelosia propria di quella donna, era impensabile che Mana avesse un’amante e soprattutto che la mettesse
sotto il naso proprio a lui, vista
l’amicizia che lo legava anche a Kaede… no, Mana amava Kaede, non ce n’era.
Improvvisamente vide Mystery portare entrambe le mani alla maschera e
una scarica di adrenalina gli si riversò in corpo.
Se la toglie???
Scarica di adrenalina che si trasformò in puro istinto omicida quando Mana
la fermò. Istinto omicida che si evolse in versione plurimo quando scoppiarono a ridere tutti e due.
Scambiarono altre battute, poi tornarono verso la sala. Li precedette.
«Ok, per oggi direi che ci siamo» disse Mana entrando. «Tutti a casa,
tranne Seth e K. Vorrei riascoltare le parti vocali registrate. Ci vediamo
lunedì mattina.»
Sugiya e Hayato si bloccarono, «Ma è venerdì…» cominciò il primo.
«Lo so. Ma abbiamo lavorato bene questa settimana, sono molto soddisfatto
di voi… ci meritiamo il fine settimana libero.»
Sono ufficialmente preoccupato.
K, Sugiya e Hayato sorrisero in coro.
Mana si rivolse a Mystery, «Restiamo d’accordo così.»
Lei annuì, «Ok. Ciao ragazzi, buon fine settimana.»
«Grazie Mystery, anche a te» rispose a botta K.
«Ciao Mystery!» la salutò allegro Hayato.
«Ciao Mystery! Anche a te!» gli fece eco Sugiya.
«Grazie, anche a te» si sforzò di articolare tranquillamente.
Restare solo con Mana e K… era per definizione l’inizio di un problema.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Sugiya
Qualunque cosa fosse successa, Mana voleva affrontarla con Seth e K.
Poteva dire che non gli dispiaceva affatto.
Quei… vuoti in Mana non
preannunciavano niente di buono.
La parte cantata in tre gli era sembrata grandiosa, possibile che il chitarrista
avesse colto qualcosa che non andava?
Il culto della perfezione proprio di quell’uomo era leggenda, ma…
Lanciò un’occhiata a Mystery che si stava preparando per andarsene con
lui e Hayato e il pensiero che magari Mana avesse deciso che non andava bene…
un po’ gli dispiaceva.
No, gli dispiaceva tanto.
Era stata una settimana pazzesca, ma il tempo era volato.
«Complimenti per la parte cantata, sei andata alla grande… specie
pensando che era la prima volta che la provavi.»
Mystery gli sorrise, «Grazie Sugiya.»
Per quanto valeva la sua opinione, voleva comunque farla sapere.
«Mi unisco al coro di apprezzamenti» disse Hayato.
E lo stesso valeva per il batterista.
Improvvisamente si rese conto che c’era un silenzio impressionante.
Si voltò e incontrò Seth che stava muovendo elegantemente le mani in
direzione di Mana. Aveva saputo da K che era il loro linguaggio segreto.
Quel giorno gli si erano schiarite le idee: quanti segreti potevano
avere due uomini che si inventavano di sana pianta un linguaggio?
Mana rimase immobile per qualche secondo, gli sembrò muovesse gli occhi
verso Mystery che fra l’altro stava guardando Seth, poi si decise a rispondere
al solista che alzò gli occhi al cielo e mosse di nuovo le mani.
Era decisamente il momento buono per togliere le tende.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
K
Dire che rimase sbalordito davanti alla realtà che Mana li avesse fatti
rimanere davvero solo per riascoltare le registrazioni era un eufemismo di
bassa lega.
Erano almeno un paio di giorni che quell’uomo si spegneva ad intervalli
più che regolari.
Staccava proprio la spina dal mondo e le sue espressioni andavano dal
sorriso divertito, al fastidio, alla dolcezza, allo scoppiare a ridere da solo.
Nessuno dei due fece il gesto di comunicare con il loro linguaggio. Addirittura
Mana era sembrato pietrificato quando Seth lo aveva usato poco prima.
C’era qualcosa che gli sfuggiva, ormai era ufficiale… e doveva essere
qualcosa di a dir poco eclatante.
Batté in ritirata più che volentieri appena gliene fu data occasione.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Seth
K se ne andò circa mezz’ora prima di loro.
Vedere Mana incerto nel rispondergli era stata la goccia che aveva
fatto traboccare il vaso.
Non voleva più sapere niente fino a lunedì.
Qualunque cosa avesse l’amico, sperava solo che il fine settimana
libero fosse sufficiente a fargliela smaltire. Ormai dava per scontato che se
avesse avuto bisogno di lui, sapeva dove andarlo a cercare.
Arrivarono a casa di Mana abbastanza agevolmente e, visto che si erano
fermati al supermercato a prendere delle cose che gli erano sembrate
assolutamente inutili alle 20.00 di venerdì sera, era cosa non da poco.
A volte quell’uomo sfuggiva alla sua logica.
Parcheggiò dietro di lui e lo aiutò a prendere le buste.
Era riuscito a riempirne ben tre.
Mana controllò per l’ennesima volta l’orologio.
«Hai fretta?» s’informò.
«No, perché?»
«Comincia qualcosa che ti interessa alla televisione?»
«Seiji, ti stai specializzando in domande inutili?»
Si prese tre secondi per fissarlo senza espressione, poi… «Controlli
l’orologio da quando siamo usciti dalla sala prove, tant’è che non mi sono
meravigliato che ti dovessi fermare anche al supermercato.»
Mana si chetò.
Vallo a capire. Ma che ha? Mi chiama
pure Seiji.
Gli tolse un paio di buste dalle mani per fargli aprire la porta.
«Kaede? Tesoro? Siamo a casa» annunciò ancora prima di mettere piede
oltre la soglia.
Mah, speriamo davvero che gli passi per
lunedì mattina. Non ha detto più una parola su Mystery e da quello che ho visto
è soddisfatto del lavoro fatto. Forse si è già pentito di averci dato l’intero
fine settimana libero…
«Ah, eccovi qua! Finalmente! Vi stavamo aspettando!»
Qualcosa gli stonò nel discorso, ma era troppo occupato ad appoggiare
le buste in terra senza dare il via ad una pseudo partita a butta giù ipotetici birilli per tutta casa per soffermarsi.
Ha preso ogni frutto sferico esistente,
accidenti a lui. Ma che se ne fa di tutta questa frutta? Neanche gli piace!
«C’era fila alle casse» si giustificò Mana e sentì lo schiocco del
bacio a stampo che riservava alla compagna appena metteva piede in casa. «Ah, sempre
puntuale!»
Sbuffò impegnato a lottare contro le buste piene. «Mana, che ne dici di
darmi una mano? O vuoi correre dietro alle mele per tutta casa?»
Una risata roca riempì l’ingresso, «Cielo, Seiji, sei sempre il solito!
Un uomo, un danno! Manabu aveva ragione!»
Si bloccò a novanta gradi.
Mystery? Ma che…?
Sollevò lo sguardo ed incontrò un paio di stivali neri, lucidi… appena
più su, dopo un breve stacco di calze velate, iniziava una sottana di un caldo
marrone, scamosciata, stretta… dove finiva la sottana iniziava una camicetta di
seta bianca e cominciavano ad intravedersi capelli neri come la notte…
Improvvisamente gli tornò in mente la frase con cui Mana aveva salutato
Mystery, Restiamo d’accordo così.
Dei, aiutate Mana, perché se mi ha
organizzato un appuntamento a sorpresa al buio con la donna del mistero,
stavolta lo ucc…
Quando arrivò al viso, il cervello si mise in sciopero.
Rimase a fissarla a bocca aperta.
Quegli occhi. No, non può essere lei…
Chiuse e riaprì bocca senza esito per tre volte prima di riuscire a
pigolare un… «Rain?» che da solo avrebbe disintegrato la sua carriera di
cantante.
La vide staccarsi dallo stipite e con tre passi gli fu di fronte e gli
cinse il collo con le braccia, rialzandolo di botto.
E ciao busta. E ciao mondo.
«Mi hai riconosciuta!! Ho perso cento Yen ma va bene!»
Automaticamente le sue braccia si serrarono intorno a lei.
La strinse, finendo di sollevarla da terra. «Rain… per tutti gli Dei…
Rain, sei veramente tu? Ma… ma…»
Si separò appena da lui e si trovò quegli occhi a pochi centimetri dai
suoi.
«E’ un evento vederti senza parole, Matsudo! Non ci crederai! Io e
Manabu ci siamo incrociati in centro, fra l’altro è stato lui a riconoscermi,
aveva l’aria di una spia in incognito! Come stai?» gli chiese reclinando la
testa da un lato.
Rimase a fissarla come un ebete…
E’ più donna… per il resto è la Rain che
ricordo.
… poi la strinse di nuovo a sé affondando una mano fra i suoi capelli,
mentre un fiume in piena di ricordi lo travolse «Bene… sto bene… tu?» chiese
quasi senza voce.
«Non
hai mai ascoltato Prince?? Ma cosa mi tocca sentire…»
«Non
credevo ti piacesse questo tipo di musica.»
«E
che tipo sarebbe?»
«Non
è rock.»
«Tu
ascolti solo musica rock?»
«Certo.»
«Seiji,
è ora che i tuoi limiti si spostino un po’ più lontano dal tuo naso…»
«E
con questo cosa vorresti dire??»
«Che
ti farò una cassetta di canzoni di Prince e tu la ascolterai, poi ne
riparleremo.»
«Come
riesci ad indispormi solo respirandomi vicino?»
«Non
dovresti fermarti a chiederti perché scateno delle determinate reazioni, ma
perché con me vicino non riesci a restare indifferente.»
«Guarda
che era una domanda retorica. Sei una rompiballe, punto.»
«I
simili si riconosco a distanza.»
«Appena
avete finito di scambiarvi coccole e caramelle, mi date una mano?» aveva
chiesto rassegnato Manabu.
«Tutto ok, non mi lamento… in quasi tre settimane Manabu mi ha
aggiornata anche su di te e…»
«Tre settimane??» La staccò
da sé per guardarla in faccia «Vi siete incontrati tre settimane fa e io lo scopro solo
adesso?? Non riesco a credere alle mie stesse orecchie!! Hai lasciato
Hiroshima anche tu! Quando?? Perché non mi hai cercato, maledizione?? Dovevi
scontrarti con questo qui in centro per accendere il cervello??»
Rain sorrise, si voltò verso Mana, «Si sta riprendendo…»
«Decisamente…»
«Seiji, se la lasci andare, possiamo mangiare…» disse Kaede divertita.
Staccò gli occhi da Rain per incontrare quelli brillanti della compagna
di Mana. «Non te lo ammazzo per un solo motivo: mi ha restituito lei» l’avvisò,
«ma guarda che c’è andato pericolosamente vicino stavolta!»
«Volevo farti una sorpresa» lo informò Mana.
Rain scoppiò a ridere, «Ci sei riuscito, ancora non ha chiuso la
bocca!»
Emana lo stesso calore che ricordavo.
Dei, non ci credo… è veramente qui…
La riposò in terra e la prese per mano.
«Cosa fai nella vita?» Si avviarono verso la sala, «Ah, ciao Kaede.»
«Ciao Seiji…» fu la risposta della donna dopo una sonora risata.
Rain rise a sua volta, «Ho assecondato la mia passione. Sono una
concertista.»
«Pianoforte» disse ricordandosi come lo suonasse divinamente ad appena
quindici anni.
«Esatto.»
«Suoni
il pianoforte? Mh, e ci arrivi?»
Lo
guardò accigliata. «Con tre cuscini sotto il culo.» Lo squadrò critica, «Forse
a te ne basterebbero due, includendo i tacchi ovviamente.»
Il
metro e settantadue di Manabu cappottò già dalla poltrona ridendo.
«Spiritosa.»
«Lo
so.»
Si
era alzata dalla poltrona che la ospitava, pantaloni della tuta e canottiera.
In quella casa faceva caldo, non come in casa sua.
Mai
avrebbe pensato di mettere piede a villa Sasakawa.
«Volete
sentire qualcosa?»
«Suonami
qualcosa di Bach» aveva preso la palla al balzo Manabu tornando a sedere.
Quel giorno, aveva
scoperto un nuovo mondo.
E con il tempo aveva
anche scoperto di avere un talento incredibile per combinare guai immensi
cercando di arginare quelli più piccoli.
«E hai ancora bisogno di tre cuscini sotto il culo per arrivarci?» la
punzecchiò.
Rain scoppiò a
ridere, «Adesso me ne basta uno!» lo informò.
Rise a sua volta ed udì perfettamente le risate di Mana e Kaede.
Dei, anche la prontezza di spirito è
sempre la stessa.
Le batté scherzosamente una mano sulla testa.
Doveva toccarla per convincersi che non fosse un sogno.
♠ † ♠ † ÷ † ♠
† ♠
Rain
Eccolo, il Seiji che ricordava.
Più uomo, più adulto rispetto
all’appena ventunenne che aveva visto l’ultima volta partire alla conquista di
un sogno, ma sempre lo stesso irriverente rompiballe.
Tutto sommato in sala prove si conteneva un minimo.
Le batté una mano sulla testa in un soffice pat-pat, «Beh, francamente
non mi sembri cresciuta» la informò. «Ma sono comunque sempre più alto io.»
«Includi o escludi i tacchi da modella che hai sotto i piedi?»
s’informò.
Lo vide scoppiare a ridere di nuovo, rovesciando la testa indietro…
come al solito.
«Tacchi da modella, saranno
cinque centimetri, devi vedere le zeppe che sfoggiamo sul palco! Perché ce
l’hai così tanto con i tacchi?? Da sempre,
se non ricordo male! Comunque, usciamo ora dalla sala prove, non sono neanche
truccato! Vanto un metro e sessantadue… tu?»
Si imbronciò appena, «Mh… il mio solito metro e sessanta» ammise a
malincuore.
«Visto?»
Presero posto a tavola e Seiji le spostò la sedia per farla sedere.
Il gesto, la prese strepitosamente in contropiede.
A meno che non sia un trucco per
togliermela da sotto il culo al momento buono. Non era un gentleman quindici
anni fa. Quindici anni fa tendeva anzi ad usarmi come bersaglio mobile…
Lui non batté ciglio, come se fosse la norma… ma Manabu aveva gli occhi
fuori dalle orbite e l’espressione di Kaede non aveva eguali su quel pianeta.
Allora ricordo bene: non è la norma.
Prese posto accanto a lei, Kaede si sedette davanti a lei e Manabu
dall’altro lato, davanti a Seiji.
«Ti sei dato alla pirateria nel frattempo?» s’informò.
Seiji la fissò un attimo senza capire. Poi lo vide alzare una mano
verso la benda. «Cielo, ormai non ci faccio più caso. Metto la benda, indosso il
cappotto e la sciarpa ed esco di casa. E’ automatico. E’ una storia lunga,
prima mangiamo, poi ti racconto tutto.»
Con pochi gesti se la tolse.
Sì, è lui. Finalmente.
«Ma dimmi» riprese, «sto cercando di fare mente locale, ma non ricordo
di aver mai visto il tuo nome su qualche cartellone pubblicitario… dove fai i
concerti?»
«In Europa, principalmente. Anche in America da qualche anno.»
«Perché non in Giappone?» chiese perplesso.
Sorrise, «Mio padre non voleva che facessi la concertista e mi ha fatto
terra bruciata intorno in questo paese.»
Lo vide rabbuiarsi in un attimo. «Stai scherzando?» chiese quasi cauto.
«No, purtroppo no. Ma non parliamo di cose spiacevoli stasera» riprese
allegra, «sono comunque riuscita a fare di testa mia!»
«Mai neanche ipotizzato il
contrario…» le rese noto con il suo solito stile, poi sorrise, «Quando ti sei
trasferita a Tokyo?»
«Dieci anni fa.»
«Maledizione, possibile che non hai pensato di cercarci?»
«Lo ha fatto» disse Manabu.
Seiji si voltò verso di lui, «Come sarebbe a dire?»
«Ho riconosciuto Manabu su un cartellone, il gruppo si chiamava…»
«… Malice Mizer…» terminò lui in un soffio.
«Esatto, così ho avuto una data certa e un luogo dove andarlo a
cercare, ma la sicurezza non mi ha fatta passare, neanche hanno chiamato Manabu
per avvisarlo.»
Seiji tornò a guardare Manabu, «Non ci voglio credere.»
«Il peggio arriva adesso» lo avvisò l’amico.
Seiji tornò a guardare lei, «No, non mi dirai che…»
Annuì, «Sì. Il gruppo si chiamava Amadeus.»
Lo vide appoggiarsi al tavolo per nascondere gli occhi dietro una mano.
«Cazzo. Sapevo di vivere circondato da imbecilli all’epoca, ma questa le batte
tutte. Nei camerini girava di tutto e a te non…» Tornò a guardarla, «Perché non
ti sei rivolta a mia madre? Abita sempre nella stessa casa, stesso numero di
telefono» riprese.
«Non ci ho pensato» ammise. «Ti ho detto di essermi trasferita qui da
dieci anni, ma in realtà per sei ho vissuto a Parigi dove ho insegnato musica
al Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris. Sono
partita due settimane dopo quel concerto. E’ stato l’aver insegnato lì il mio
trampolino di lancio.»
Seiji la stava ascoltando concentrato.
«Buon appetito!» si inserì con un tempismo da primato Kaede.
Lei stessa sussultò rendendosi conto di avere il piatto pronto davanti.
«Kaede, ti aiutavo!» la rimproverò.
Per tutta risposta, la donna la liquidò con un gesto della mano.
Precisa. La degna compagna di Manabu, a lui bastava un’occhiata per
ottenere lo stesso risultato.
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NOTE:
Una breve gita fuori porta che mi ha portato una scottatura e… eccomi
qua con il cap. 3!