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Autore: saramermaid    19/07/2014    2 recensioni
Una discussione, una porta sbattuta e l'intenzione di farsi ampiamente perdonare. Perchè anche pochi giorni possono trasformarsi in un incubo per Thad e Sebastian quando non si ha accanto la persona che si ama.
Dal testo:
«Come sta?»
«Come vuoi che stia? E’ completamente distrutto, si rifiuta persino di andare a lavoro.»
«Duval io-»
«Perché hai chiamato, Sebastian?»
«Perché ho fatto una cazzata e mi manca.»
«D’accordo, ti credo.» Ci fu una breve pausa. «E’ nel vostro appartamento e, Sebastian, questa volta cerca di non fare altre cazzate.»
«Grazie Duval.» [...]
Genere: Fluff, Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jeff Sterling, Nick Duval, Sebastian Smythe, Thad Harwood | Coppie: Nick/Jeff, Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Life After You







Last time we talked the night that I walked
Burns like an iron in the back of my mind
I must've been high to say you and I
Weren't meant to be and just wastin' my time

Oh, why did I ever doubt you?
You know I would die here without you

All that I'm after is a life full of laughter
As long as I'm laughin' with you
I'm thinkin' that all that still matters is love ever after
After the life we've been through
'Cause I know there's no life after you









«Come sta?»

«Come vuoi che stia? E’ completamente distrutto, si rifiuta persino di andare a lavoro.»

«Duval io-»

«Perché hai chiamato, Sebastian?»

«Perché ho fatto una cazzata e mi manca.»

«D’accordo, ti credo.» Ci fu una breve pausa. «E’ nel vostro appartamento e, Sebastian, questa volta cerca di non fare altre cazzate.»

«Grazie Duval.»


Nick chiuse la chiamata e buttò il cellulare sul divano sospirando rumorosamente sotto lo sguardo preoccupato di Jeff che, frattanto, aveva finito di sistemare le stoviglie dopo averle lavate. Quella situazione era stressante per entrambi e nessuno dei due era contento del fatto che i loro migliori amici stessero affrontando quella crisi. Da circa una settimana Thad non faceva che restarsene chiuso in camera, piangendo, con le tende chiuse ed il profumo di Sebastian impresso sui cuscini del letto matrimoniale. Sebastian d’altro canto non faceva che chiamarli in continuazione con la scusa di fare due chiacchiere ma con il solo scopo di sapere come stesse Thad.

«Era ancora Sebastian, non è vero?» Gli chiese Jeff accomodandosi accanto a lui ed iniziando a passargli amorevolmente una mano tra i capelli scuri.

«Si era ancora lui. E credo che questa volta abbia davvero l’intenzione di sistemare le cose con Thad.» Rispose stringendo la mano libera di Jeff e portandosela alle labbra per posarvi sopra un bacio.

«Credi che riusciranno finalmente a superare la cosa?» Mormorò pacatamente il biondino accoccolandosi sulla spalla dell’altro.

«Lo spero tanto, Jeffie. Per quanto Sebastian sia indubbiamente un cazzone e Thad meriti di meglio, sappiamo tutti che non possono fare a meno l’uno dell’altro.» Concesse Nick con assoluta convinzione portando un braccio attorno alle spalle di Jeff in modo protettivo. Stettero così per interminabili minuti, in silenzio, facendo congetture ed ipotesi e pregando che Smythe riuscisse a sistemare il casino che aveva combinato.

«Promettimi una cosa Nicky», proruppe l’altro all’improvviso, «se mai dovessimo litigare in modo serio giura che non mi lascerai mai da solo andando via di casa e sparendo per giorni.»

Nick sorrise intenerito di fronte all’espressione insicura e spaventata del suo ragazzo posandogli un bacio sulla tempia prima di rispondergli.

«Non succederà, tesoro. Non ho nessuna intenzione di lasciarti né adesso né mai perché ti amo e sono assolutamente certo che la mia persona speciale sia soltanto tu.»

«Ti amo anche io Nicky», rispose l’altro visibilmente commosso dalla dolcezza e dalla tenerezza che il suo ragazzo gli dimostrava ogni singolo giorno della sua vita, «Che ne dici di andare a dormire?» Aggiunse sbadigliando rumorosamente.

Nick annuì prendendolo per mano ed iniziando a salire le scale che li avrebbero condotti nella loro stanza al secondo piano dell’attico dove abitavano. Avevano comprato quell’appartamento dopo tanti sacrifici e lavori sottopagati, ma alla fine erano riusciti a coronare il sogno di convivere insieme amandosi come il primo giorno e come quando erano ancora adolescenti.







Sebastian osservava con finta attenzione il traffico di New York che scorreva intorno al taxi in cui si era fiondato subito dopo aver terminato la chiamata con Nick. In preda all’agitazione aveva raccolto freneticamente le sue cose riponendole in un borsone blu e dopo aver velocemente spiegato la situazione ad un Trent del tutto sorpreso e ad un Hunter abbastanza compiaciuto era uscito in tempo record chiudendosi la porta alle spalle senza lasciare ai due la possibilità di un saluto.

Aveva avuto modo di riflettere attentamente e con calma nei giorni precedenti, approfittando dell’ospitalità di Clarington e Nixon che, senza dire nulla, gli avevano offerto il divano di casa loro come giaciglio temporaneo per dormire. Nessuno dei suoi vecchi compagni della Dalton l’aveva riempito di insulti o preso a calci nel sedere, nonostante sapesse di meritarselo per essersi comportato in modo così stupido.

E quei giorni erano stati fin troppo pesanti da sopportare senza il calore del corpo di Thad stretto al suo, l’odore del caffè che l’altro puntualmente gli preparava - avendo cura di metterci dentro un po’ di Courvoisier perché a lui piaceva così – e senza le risate che normalmente riempivano il loro appartamento quando davano il via ad una vera e propria battaglia di cuscini prima di andare a lavoro. Nella sua testa la sera in cui avevano litigato, ed in cui lui era andato via di casa sbattendo la porta, bruciava come ferro rovente. Inutile dire di come Sebastian si fosse già pentito di quel gesto dopo nemmeno ventiquattr’ore e di come avesse aspettato per giorni prima di decidersi a rimediare perché aveva paura. Paura che Thad non volesse più vederlo o non potesse perdonarlo.

Ma adesso era del tutto pronto ad affrontare qualsiasi tipo di insulto che l’altro gli avrebbe gettato contro ed avrebbe implorato il suo perdono anche in ginocchio se necessario. Pagò il tassista e salì le scale tre gradini per volta col rischio di cadere ad ogni passo a causa del borsone che sbilanciava il suo equilibrio. Si fermò soltanto una volta giunto davanti alla porta chiusa osservando con nostalgia la targa di metallo, posta accanto al campanello, con incisi sopra i loro cognomi. Le sue dita lunghe percorsero con delicatezza ogni lettera della scritta Smythe – Harwood e gli sembrò che ad ogni tocco i pezzi del suo cuore tornassero al proprio posto.

Recuperò le chiavi dalla tasca della giacca a vento e quando la serratura scattò si accorse che gli sudavano le mani e che il suo stomaco era attorcigliato dalla tensione. Il salotto gli apparve fin troppo silenzioso e buio a causa delle imposte socchiuse e la cucina era fin troppo immacolata, segno di come non fosse stata utilizzata per nulla nei giorni precedenti. Una fitta dolorosa, molto simile al senso di colpa, lo colpì dritto al petto mentre lasciava cadere il borsone sul tappeto e chiudeva la porta. Il suo istinto gli intimava di lasciar cadere tutto e correre su per le scale spalancando la porta della stanza da letto per stringere tra le proprie braccia il corpo di Thad.

Eppure, per quanto non aspettasse altro, si costrinse a procedere a tentoni accorgendosi soltanto in quell’istante di come gli fosse terribilmente mancato l’odore di casa – che somigliava vagamente al profumo preferito utilizzato da Thad. Salì al piano superiore aggrappandosi al corrimano in legno, non del tutto certo che le gambe avrebbero retto, e si fermò sulla soglia della camera da letto immersa nel buio. Sotto le coperte, nonostante l’oscurità, poteva chiaramente distinguere il corpo dell’altro scosso da singhiozzi soffocati nel cuscino.

Thad, notò Sebastian, era disteso nella parte di letto che di solito era la sua e stringeva al petto il cuscino ancora pregno del suo profumo. Con cautela si sedette sulla parte di materasso libera, mentre l’altro sussultava appena, e si distese su un fianco stringendolo tra le sue braccia. I singhiozzi ripresero un po’ più forti ma Sebastian si premurò di rafforzare la presa iniziando a passare le dita tra quei capelli scuri sperando di calmarlo. Stette in silenzio per alcuni minuti, cercando di mandar giù il magone che gli si era formato in gola, mentre gli occhi verdi diventavano incredibilmente lucidi.

«Thad», sussurrò, «mi dispiace.»

«Dimmi solo perché, Sebastian.» Gli chiese Thad con voce spezzata e pregna di delusione.

Non avrebbe mai voluto ferirlo né tantomeno deluderlo, ma non aveva potuto impedire che accadesse. Si era tormentato da solo a causa di quella consapevolezza, avvolto da una coperta di fortuna procuratagli da Hunter e restando sveglio tutta la notte per impedirsi di cedere lasciandosi finalmente andare ad un pianto liberatorio che avrebbe dimostrato quanto in realtà anche lui stesse soffrendo.

«Sono stato uno stupido, non sarei mai dovuto andar via di casa. Quello che avrei dovuto fare era abbracciarti, chiederti scusa e dirti cosa provavo. Ero spaventato e lo sono ancora, non credo di essere pronto per un passo così importante. E non perché non ti ami o non voglia stare con te, ma perché non sono in grado di essere un buon padre e non volevo leggere sul tuo volto la delusione.» Mormorò per la prima volta insicuro allentando la presa dell’abbraccio per permettere all’altro di voltarsi nella sua direzione.

Il volto di Thad era completamente stravolto; gli occhi lucidi ed incredibilmente rossi e le labbra gonfie a causa dei denti che le avevano martoriate per impedire ai singhiozzi di venir fuori gli fecero incredibilmente male. Sebastian si sentiva colpevole ed orribile per aver fatto soffrire l’unica persona che amava con tutto se stesso. Non avrebbe facilmente dimenticato quel momento, non si sarebbe mai del tutto perdonato per quello. Eppure ancora una volta fu Thad a comprenderlo, a capirlo, a leggergli dentro rispondendo a quell’abbraccio ed asciugandogli le lacrime che non si era accorto di star versando.

«Avresti dovuto confidarti con me. Sei mio marito e non ti avrei mai giudicato, Bas.» Rispose Thad con voce più ferma stringendo l’altro al suo petto.

Sapeva che l’idea di diventare padre era il tallone d’Achille di Sebastian, il suo punto debole e la sua ossessione. Suo marito, a differenza sua, non era cresciuto in una famiglia affettuosa e presente. Il padre di Sebastian non era mai stato un genitore amorevole, si era limitato a crescere il figlio viziandolo con qualsiasi cosa desiderasse e spedendolo in una scuola privata dietro l’altra quando era venuto a conoscenza che fosse gay. Sebastian non lo aveva mai ammesso apertamente fin’ora ma aveva sofferto molto per quella mancanza e non voleva commettere gli stessi errori di suo padre.

«Mi dispiace. E’ stato un inferno stare lontano da te e continuavo a pensarc-»

«Va tutto bene, tesoro.» Lo interruppe il moro facendo combaciare le loro fronti e sentendo le labbra dell’altro sfiorare appena le sue. Gli erano mancate tutte quelle attenzioni, gli era semplicemente mancato Sebastian. «Non ho bisogno di un bambino per essere felice, mi basta avere te per tutta la vita anche se sono sicuro che saresti un papà perfetto.» Aggiunse.

Sembrava che i ruoli si fossero improvvisamente invertiti, come del resto succedeva spesso tra di loro. Un attimo prima era lui a disperarsi restando chiuso in casa e l’attimo dopo era Sebastian a mostrargli le proprie debolezze costringendolo a rassicurarlo. Thad amava quei momenti, quelli in cui finalmente suo marito lasciava cadere quella maschera che si ostinava ad indossare permettendo al vero se stesso di venir fuori. Era una prerogativa che concedeva soltanto a lui e Thad la custodiva gelosamente rendendola parte di quel cuore che batteva ormai solo per Sebastian.

«Ti amo così tanto Thad», rispose l’altro, «e sarei felice di avere per casa un piccolo Smythe – Harwood.»

Gli occhi castani del più basso si sgranarono leggermente mentre andavano a posarsi in quelli verdi di fronte a loro quasi come se stessero cercando una conferma alle parole appena pronunciate. Sebastian era del tutto sincero e Thad si chiese per quale assurdo motivo avesse cambiato idea così rapidamente nonostante l’ansia che, visibilmente, continuava a tormentarlo.

«Sei sicuro?», chiese quindi in modo serio.

«Si lo sono. Tutto ciò che voglio è una vita insieme a te piena delle risate di nostro figlio così simili al tuo sorriso.»

Le loro labbra si incontrarono in un bacio dolce e del tutto nuovo, un bacio che aveva il sapore di famiglia e di casa, mentre entrambi si liberavano dei vestiti per dimostrare a modo loro quanto si amassero e quanto fossero dannatamente perfetti insieme.







Frattanto sul volto di Nick si aprì un caloroso sorriso mentre, stando attento a non svegliare Jeff profondamente addormentato, leggeva il messaggio che gli era appena arrivato.

Da: Sebastian

«Grazie, Duval. Ricordami che ti devo un favore.»

Smythe non hai proprio idea di quanti favori mi devi, si ritrovò a pensare sprofondando di nuovo tra le braccia di Morfeo contento che i suoi migliori amici avessero finalmente fatto pace.












A/N

Nel giro di una settimana ho pubblicato più storie di quante ne abbia scritte in tutti questi mesi e, davvero, non so nemmeno io come abbia fatto. La cosa del tutto certa è che sto sfornando Thadastian a volontà e credetemi quando dico che la musica aiuta a curare ogni male fornendo tanta ispirazione. Questa volta la canzone che mi ha dato l’input è Life After You cantata da Chris Daughtry che sembra sia stata praticamente scritta per Thad & Seb. Se avete tempo ascoltatela perché ne vale davvero la pena e la band è formidabile. Come sempre se avete domande, dubbi o semplicemente volete farmi sapere la vostra opinione lasciatemi una recensione e sarò felice di rispondervi. Vi lascio alla lettura.

P.s. Non potevo non inserire dei piccoli spazi ritagliati ai miei pucciosi Niff ed alla Trunter ( che ho iniziato a seguire da poco).

xoxo

Sara
  
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