Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: The_Grace_of_Undomiel    19/07/2014    2 recensioni
Sam è un ragazzo di sedici anni mezzo, che si è appena trasferito in una nuova città.
A causa del suo carattere un po' timido ed insicuro, il giovane non si era mai sentito accettato dai precedenti compagni di classe ed era spesso deriso o emarginato. In conseguenza a ciò, Sam vede nel trasferimento un'opportunità per incominciare una vita migliore della precedente ed è molto ansioso, oltre che timoroso, di iniziare la nuova scuola. Purtroppo però, le cose si mettono subito molto male per il ragazzo, diventando sin dal primo giorno il bersaglio dei più temuti bulli di tutto l'istituto, I Dark, e da quel momento in poi, la vita per lui diventa il suo incubo personale.
Ma col passare del tempo, imparerà che a volte non bisogna soffermarsi solo sulle apparenze e le che le cose, a volte, possono prendere una piega del tutto inaspettata...
Dal testo: "I Dark si stavano avvicinando sempre di più, ormai solo pochi metri li separavano da Sam e Daniel. Avanzavano uno vicino all’altro, formando una sorta di muraglia, tenendo al di fuori tutto quello che c’era dietro di loro"
Genere: Commedia, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
L’aula magna dell’istituto era ormai piena di studenti, i quali, nell’attesa che il professor  Conway prendesse parola, facevano un caos allucinante. Alcuni di loro parlottavano con le file dietro, altri con le file davanti, qualcuno con gente che si trovava dalla parte opposta della stanza e altri ancora erano in piedi che girovagavano un po’ ovunque. Uno di questi era Daniel, che non faceva altro che ballonzolare da una parte all’altra in cerca di Chanel, con l’intenzione di parlarle e ricoprirla di complimenti che, a detta del ragazzo, l’avrebbero senza dubbio conquistata.
Al contrario, Sam se ne stava seduto tranquillo al suo posto, nell’ottava fila a sinistra, e si guardava attorno. Constatò che l’aula magna era davvero molto grande, infatti riusciva a contenere più di quindici classi. I muri erano sul verdino, colore tipico della scuola, con un totale di cinque finestre che davano tutte sul giardinetto dell’istituto.
Molte file dopo rispetto a dove si trovava lui, si ergeva un rialzo ricoperto da un tappeto rosso, su cui sopra era stata messa una cattedra di legno, più un piedistallo col microfono. Intorno al banco confabulavano il professore di Arte, il preside e la professoressa di Sociologia, mentre al centro del rialzo stava in piedi la professoressa  Ellist che cercava inutilmente di riportare l’ordine.
-Fate silenzio, per favore!- strillò acutissima, con la voce rotta. Per tutta risposta le arrivò una pallina di carta in testa.
Sam sbuffò sonoramente. Si stava annoiando a morte. Daniel era scomparso chissà dove, mentre Mark, che stava seduto alla sua sinistra, continuava a parlare della verifica di Inglese con un altro ragazzo.
 Non riusciva a capacitarsi del perché li avessero chiamati se poi i professori non erano ancora pronti, avrebbero potuto benissimo farlo dopo, si sarebbero risparmiati del caos inutile. Dulcis in fundo si udì un urlo da cavallerizzo in fondo all’aula.
Proprio in quel momento ritornò Daniel, che si sedette nella sedia vuota vicino a Sam.
-Allora?- chiese quest’ultimo con non molto interesse –Sei riuscito a rintracciare Chanel?-
Il biondo annuì e affermò compiaciuto –Sì, sono riuscito a trovarla! Mi sono seduto vicino a lei e ho iniziato a parlarle...-
-E lei che ha fatto?- domandò l’altro, all’improvviso un po’ più incuriosito.
Daniel scrollò le spalle –Non mi ha considerato e ha cambiato posto. È andata a sedersi vicino a quell’imbecille di Nick- fece una smorfia –Come fa a stare con un tipo così? Spero che lo scarichi in fretta per mettersi col sottoscritto, so che in realtà è quello che desidera. Stravede per me, solo che fa fatica a dimostrarlo!- e iniziò a fissare il soffitto con lo sguardo perso.
Sam osservò il ragazzo con un sopracciglio inarcato, poi scosse la testa rassegnato. Inutile, Daniel proprio non voleva capire che non avrebbe mai avuto nessuna speranza con quella ragazza, bastava solo vedere il modo in cui lo trattava, disprezzandolo ed evitandolo. Ma lui continuava ad illudersi e a sperare e a non fare altro che correrle dietro come se fosse stato  il suo galoppino.
-Bah, se lo dici tu...- commentò, mentre l’altro continuava a sognare ad occhi aperti.
Finalmente, dopo un po’ di tempo, il preside riportò l’ordine, richiamando l’attenzione su di se parlando al microfono. Tutti gli alunni ammutolirono all’istante e nell’aula scese un silenzio tombale.
L’uomo di chiamava Alfred Peabody, era un tipo molto basso, di corporatura grassoccia e il suo sguardo duro e severo aveva poco da spartire con la faccia tonda e paonazza che si ritrovava.
Si schiarì la voce, poi incominciò –Molto bene ragazzi, vi ringrazio per la vostra attenzione.  Come ben sapete, in questo periodo siamo soliti ad organizzare progetti di vario tipo, perciò è per questo motivo che vi abbiamo radunati tutti qui, per illustrarvi quello ideato per quest’anno. A farlo, saranno il professor Conway e la professoressa  Loveace, gli ideatori. Lascio la parola a loro- detto questo il preside si mise da parte, accompagnato da un echeggiare di applausi.
-Ciao a tutti ragazzi! – esclamò il prof di Arte, allegro –Allora, quello che la professoressa Loveace ed io abbiamo intenzione di fare è di illustrarvi al meglio il progetto su cui abbiamo lavorato in questi mesi, perciò vi prego di seguirci attentamente- fece una breve pausa, poi riprese –Come immagino abbiate intuito, l’attività di quest’anno sarà mettere in pratica le vostre competenze artistiche!-
Dagli studenti si levò un brusio, tutti  si erano messi subito a fare considerazioni.
Conway batté rumorosamente le mani e gli alunni tacquero nuovamente.
-Per favore, lasciatemi finire di spiegare! Stavo dicendo...Ah, si! Di mettere in pratica le vostre competenze artistiche. Ora, vi spiegherò bene nel dettaglio: il vostro obbiettivo sarà quello di raffigurare su dei cartelloni le emozioni umane, come la felicità, la rabbia, il dolore ecc... Per fare questo, dovrete lasciar andare la vostra fantasia, o ritrarre cose che avete visto che suscitano in voi quei sentimenti.  Semplice no? Potrete rappresentarli utilizzando le tecniche che più vi piacciano: disegnando a matita, con i carboncini, dipingendo con le tempere, con gli acquarelli,  facendo dei collage, dei mosaici, usando la tecnica dei tratteggi, dei punti...Insomma, tutte quelle che vi ho insegnato più tutte le altre che vi vengono in mente!- concluse raggiante.
Non appena il prof ebbe finito di parlare, gli alunni ricominciarono immediatamente a commentare. C’era chi era entusiasta del progetto, più di tutti Sam, chi era del tutto indifferente, come Chanel e la sua combriccola,  chi era un po’ deluso, ad esempio Daniel, e chi la reputava una cavolata vera e propria, in primis i Dark.
-Mi scusi professor Conway- intervenne ad un certo punto  Robert, alzandosi in piedi –La mia classe ed io non abbiamo capito alcuni passaggi...Non è che potrebbe riportarci un esempio?-
-Certamente Fears!- sorrise l’uomo , si mise a ragionare un attimo poi rispose –Allora, ciò che rappresenterete deve essere molto intuitivo: ad esempio, mettiamo il caso che dobbiate riprodurre il dolore. Qual è la prima cosa che vi viene in mente se pensate a questa emozione? Oppure, vi è capitato qualcosa che vi ha fatto soffrire? Ritraetelo! Vedete qualcosa di triste? Raffiguratelo! In sostanza, siete liberi di fare ciò che volete!-
Robert annuì, soddisfatto della spiegazione, e si risedette. Nel frattempo, gli altri continuavano a parlottare.
-Hey Daniel!- sussurrò Sam, con un sorriso luminoso –Che ti sembra?-
Il biondo si era afflosciato sulla sedia e aveva un’espressione tra l’annoiato e lo scocciato –Uffa, che palle- borbottò infatti –Non potevano affibbiarci nulla di peggiore!-
-Perché dici questo?- domandò stupito Sam.
-Perché a me non piace disegnare! Non ne sono capace e lo sai bene! Non so raffigurare un albero (ho preso sei e mezzo di quello là che avevo fatto) figuriamoci rappresentare le...le emozioni umane!- sbottò, esasperato.
-Ma dai, non essere così melodrammatico! Sarà divertente, vedrai! E poi scusa, a te cosa piace fare?- chiese Sam.
Daniel rimase un attimo spiazzato dalla domanda, poi disse in un sussurro appena percettibile –A me piace scrivere...-
All’improvviso Conway richiamò di nuovo l’attenzione, sbattendo sulla cattedra un dizionario, poi disse –Ehi Ehi! Mi fa piacere che questa cosa abbia suscitato in voi le reazioni più disparate, ma non abbiamo ancora finito. E qui, lascio proseguire la professoressa Loveace-
La donna si fece avanti e si affiancò al professore di Arte.  Avrà avuto all’incirca la stessa età di Conway, quindi era piuttosto giovane.  Aveva i capelli  lunghi molto mossi, rossi, e gli occhi tendenti al verde acqua. Portava una giacchetta blu e una gonna al ginocchio in tinta. Il suo sguardo era pacato e gentile.
I due insegnati si sorrisero appena, poi la donna prese parola.
-Infatti, per ora vi abbiamo illustrato solo la parte “di base” del progetto- affermò, con una voce calma e cristallina –Adesso vi dirò la seconda parte e cioè il modo in cui dovrete organizzarvi. E qui, salta fuori la parte di sociologia, sono o non sono l’insegnate di questa materia? – sorrise, poi riprese –Perciò, per fare questo lavoro, sarete divisi a coppie!-
A quella parola, Sam scattò sull’attenti. A coppie? Ciò voleva dire che avrebbe dovuto collaborare con qualcuno! Riprese ad ascoltare, adesso un po’ più teso.
-Quindi, la cosa si complica un po’ per voi, poiché dovrete riuscire a trovare un punto d’incontro su quello che vorrete rappresentare- proseguì la donna.
-Ma le coppie le potremo scegliere noi, giusto?- chiese una ragazza bruna con i codini.
-Sbagliato- ridacchiò la Loveace e la giovane che aveva parlato sgranò gli occhi -Le coppie verranno sorteggiate!-
Dalle classi si levarono esclamazioni di disapprovazione più totale. Sam, dal canto suo, si era messo le mani sul viso ed era diventato ancora più teso e nervoso. Non riusciva a crederci, non solo dovevano stare divisi a coppie, ma in più queste venivano sorteggiate! Con chi sarebbe capitato? Già lui contava di fare il lavoro con Daniel e con questa novità i suoi programmi si erano infranti. Infatti, le probabilità di finire con l’amico erano bassissime. E se fosse capitato con qualcuno con cui non andava d’accordo? O peggio, se fosse finito con un dei Dark!? Sam iniziò seriamente a preoccuparsi.
Al contrario, il biondo era esaltatissimo  -Nooo, che figata stratosferica!  Ma ti rendi conto!? Se ho un po’ di fortuna potrei addirittura finire con Chanel!-
Sam preferì soprassedere su quell’ultima affermazione del compagno.
-Mi dispiace per voi, ragazzi miei. Ma così abbiamo deciso e non cambieremo idea-  dichiarò Conway.
In quel momento arrivò la Symons, la quale teneva  stretto tra le braccia un grosso barattolo di vetro contenente una moltitudine di foglietti di carta ripiegati. Appoggiò il contenitore sulla cattedra, poi, dopo aver squadrato gli studenti con aria torva, ritornò da dove era venuta.
-Oh, un ultima una cosa!- esclamò Conway, prima di estrarre il primo nome –Mi sono dimenticato di dirvi la terza ed ultima parte! Ogni volta che avrete terminato un cartellone, vi verranno assegnati dei punti. Coloro che, terminato il progetto, avranno il punteggio più alto saranno proclamati vincitori e riceveranno un premio!-
Di questa ultima affermazione, le classe furono già più entusiaste.
-E in che cosa consiste il premio?- domandò con aria superiore Konrad Astor.
-Lo saprete a tempo debito, è una sorpresa- gli rispose la Loveace.
Così, il prof di Arte incominciò a prelevare i bigliettini. I primi nomi erano per Sam del tutto estranei, in quanto appartenevano a persone di altre classi. Il professore andò avanti per un bel un po’ e il giovane sentiva il cuore fare una capriola ogni volta che l’uomo prendeva in mano un foglietto, chiedendosi quando sarebbe arrivato il suo turno.
Nel frattempo, molte coppie erano già state formate: Astor era finito con un ragazzo della C, Mark era capitato con un ragazzetto del B e Travis faceva a coppia con uno della F. Quest’ultimo era scoppiato in lacrime.
-Vediamo un po’ chi c’è qui...Daniel Lipton...-
Il biondo strinse i pugni , chiuse gli occhi ed incominciò a sussurrare in continuazione il nome di “Chanel”.
Sam invece sperava che nominassero lui e notò anche che pure Hetty, che si trovava tre file davanti, si era fatta stranamente attenta.
-Con Robert Fears!- esclamò Conway.
Daniel emise un sospiro affranto, poi si voltò verso Robert e gli rivolse un sorriso allegro.
La procedura proseguì a lungo e molte altre coppie furono formate: Jennifer, l’amica di Chanel, era finita con Kay, che le aveva lanciato un’occhiata carica di malizia, Tony e Hazel erano finiti insieme e i due avevano esultato dandosi un sonoro cinque e Hetty era capitata con Chanel.
-No, che fortuna! Quasi quasi chiedo ad Hetty se vuole fare cambio!- esclamò Daniel, evidentemente troppo forte in quanto  le sue parole giunsero sino alle orecchie della Loveace.
-Mi dispiace deluderti, Lipton, ma è vietato scambiarsi le coppie- gli spiegò.
Lui sbuffò e incassò la testa nelle spalle.
L’estrazione riprese e Sam iniziò a pensare che il suo nome non sarebbe mai stato chiamato, fino a quando:
-Allora...Mh, Sam Wild...- disse Conway, buttando il bigliettino nella spazzatura e segnandosi il nome del ragazzo su un registro in cui erano contrassegnate le varie coppie.
Il giovane inchiodò il suo sguardo sulla mano del professore, che stava estraendo un bigliettino.  Sam non sentiva più nulla intorno a se, se non il proprio cuore che batteva,  e gli pareva che i movimenti dell’uomo si fossero fatti improvvisamente più lenti. Egli stava giusto per aprire il foglietto quando questo gli cadde di mano e, con tutta la calma del mondo, lo recuperò.
Sam aveva i nervi a fior di pelle e temeva che,se quello lì non si fosse dato una mossa a leggere, avrebbe urlato. Era più teso di una corda di Violoncello.
-...con...con...- il prof si divertiva a creare della suspense, mentre il ragazzo stava per collassare a causa della tensione.
-Kyda Stowe!- esclamò infine.

Non poteva essere. Questa fu la prima cosa che pensò Sam non appena udì quel nome. Non. Poteva. Essere.
Come se fosse stato in trance, il ragazzo si voltò in direzione di Kyda, che a sua volta lo aveva appena guardato con la coda dell’occhio, prima che il resto dei Dark iniziassero a confabularle qualcosa tutti concitati.
Sam ebbe la sensazione di cadere nel vuoto. Ciò che fino all’ultimo aveva sperato non succedesse era infine successo.  Era morto, indissolubilmente morto. Una delle persone che aveva tentato in ogni modo di evitare sarebbe diventata quella con cui avrebbe dovuto  passare la maggior parte del suo tempo. La sua mente gli passò rapidamente in rassegna tutte le bastardate che Kyda gli avrebbe potuto fare, ora che era completamente finito, per forza di cose, nelle sue grinfie. Inoltre, per mezzo di lei, i rimanenti Dark sarebbero potuti arrivare molto più velocemente a lui e Travis si sarebbe finalmente vendicato. Aveva ancora un pestaggio in sospeso da riservargli.
Sarebbe rimasto in stato catatonico ancora a lungo se la voce di Daniel non lo avesse richiamato alla realtà.
-Ohi, Sam! Va tutto bene?- chiese allarmato, scuotendolo per un braccio.
-Eeeh? Cosa?- farfugliò il giovane, stralunato.
-Ti ho chiamato due volte! È da una manciata di minuti che te ne stai fermo immobile a guardarti i piedi- poi aggiunse scrutandolo in volto –E ti è venuto anche un pessimo colorito-
Sam si passò una mano sul viso, poi rispose –Stai tranquillo, sto bene. Sono rimasto solo un po’...ehm...sorpreso nello scoprire con chi starò in “squadra”-
Daniel lo guardò obliquo –Alla faccia del sorpreso!- replicò –Sei a dir poco scioccato!-
-Puoi forse biasimarmi?- mormorò, sospirando abbattuto.
Daniel lo guardò triste, poi rispose abbassando lo sguardo –No...-
Alla fine tutti i nomi vennero estratti e le coppie furono formate. Prima che Conway congedasse le classi disse loro che l’emozione da rappresentare per quella settimane sarebbe stata...La noia.
Tutti  lo avevano guardato a dir poco esterrefatti, poi ognuno era ritornato nella propria classe.
Sam subì passivamente il resto della mattinata, senza ascoltare una sola lezione. Era troppo perso nei suoi pensieri  per rimanere attento. Avrebbe dovuto parlare con Kyda e avrebbe dovuto farlo quel giorno stesso anche  perché rimandare non sarebbe servito a nulla, ma era a dir poco terrorizzato all’idea.  Dopotutto, quel progetto era obbligato a farlo con lei e, volente o nolente, doveva organizzarsi con la ragazza per decidere quando vedersi per iniziare a pensare a qualcosa. Vedersi. Sam ebbe un brivido, solo l’idea già lo inquietava. Inoltre, era sicuro che Kyda avrebbe fatto fare tutto il lavoro a lui, in quanto probabilmente non era interessata a un minimo al progetto, apatica e menefreghista qual’era. Ma da un lato meglio, almeno avrebbero  avuto a che fare il minimo indispensabile.
Frattanto, Daniel tentava in ogni modo di tirare su il ragazzo, raccontandogli cose futili e facendo battute su battute, alle quali Sam abbozzava un sorriso di tanto in tanto, anche se il suo umore non accennava a migliorare.
Durante le sue meditazioni, Sam arrivò alla conclusione che avrebbe dovuto parlare con Kyda all’uscita della scuola e, cosa più importante, doveva fare in modo di trovare un momento in cui la giovane fosse stata da sola, senza il resto del gruppo, ma ciò era una cosa molto rara, in quanto andavano sempre in giro in simbiosi.
Infine, la campanella segnò la fine dell’ultima ora. Tutti gli studenti si catapultarono fuori dalla classe, urlando e spintonandosi, mentre Daniel e Sam  fecero tutto tranquillamente.
Usciti fuori dall’istituto, Sam constatò con un sorriso che il tempo era migliorato. Da dietro le nuvole sbucavano dei pallidi raggi di sole.
Daniel trasse un lungo respiro  -Aaah, adoro le giornate così, tu no?- disse, issandosi lo zaino sulle spalle.
Sam annuì di rimando e fece per sistemarsi lo zaino, quando si accorse che non ce lo aveva. Evidentemente se lo era dimenticato in classe.
-No, che strazio! Devo tornare su a prenderlo- sbottò dandosi una manata sulla fronte. Possibile che fosse sempre così distratto?
-Va beh, su, ci metti due secondi- ridacchiò l’amico, poi aggiunse –Vuoi che ti aspetti?-
Il ragazzo declinò l’offerta, dicendogli di andare pure e che si sarebbero rivisti il giorno dopo, dopodiché rientrò a scuola, fece le scale di corsa e arrivò nel corridoio. Notò che lì vicino stava facendo le pulizie la bidella del loro piano e le chiese se per caso avesse chiuso l’aula, come era solente fare. La donna  gli rispose che era ancora aperta, in quanto anche un altro studente si era dimenticato qualcosa. Sam la ringraziò, poi si fiondò nella propria aula per recuperare lo zaino, ma si inchiodò sullo stipite della porta, nello scoprire chi era l’altro suo compagno sbadato.
-Kyda...- sussurrò d’istinto.
La ragazza era infatti poco distante da lui e stava armeggiando sotto un banco. Preso il suo diario, ovviamente di colore nero, alzò lo sguardo su Sam, ma i suoi occhi erano seminascosti dal cappello da baseball.
-Nuovo...- rispose lei, facendo un lieve cenno con il capo, poi ritornò sotto il banco e recuperò anche un astuccio blu con delle piccole stelle nere stampate sopra. Infilò tutto nel suo zaino, se lo mise su una spalla e uscì dall’aula, passando a fianco a Sam senza considerarlo.
Lui rimase per pochi attimi fermo, poi si riscosse e si riappropriò rapidamente dello zaino. Dopodiché, racimolato il coraggio necessario, uscì dalla classe e si mise a correre per raggiungere la giovane. Quella era la sua occasione per parlarle senza che ci fosse il resto dei Dark.
-Aspetta Kyda!- riuscì a chiamarla Sam. La sua voce riecheggiò per tutto il corridoio.
Lei si fermò  di colpo e voltò appena la testa, continuando però a dargli le spalle  -Che cosa vuoi?-  chiese.
Il ragazzo le si avvicinò e disse, a disagio -Ecco, io..io  volevo  parlarti di una cosa...Beh, come avrai sentito anche tu, per fare quel progetto di Arte dovremo lavorare insieme  dato  ci hanno sorteggiati e mi stavo chiedendo quando potremo vederci per...-
-Oggi nella biblioteca della scuola- lo interruppe Kyda.
Sam la guardò come se fosse appena caduto dalle nuvole e disse -Come?-
-Ho detto, oggi in biblioteca- ripeté lei.
-Ah, si si okay, non ci sono problemi, allora ci vediamo oggi! Per che ora facciamo?- domandò il giovane.
Kyda parve ragionarci un attimo su, poi guardò l’orologio verde da polso di Sam, e rispose –Per le 16:00. Prima io non posso, per te va bene?-
-Si certo, va benissimo!- si affrettò  a risponderle Sam –Allora, beh, a più tardi!- cercò di sorriderle.
La ragazza non lo salutò nemmeno e riprese a camminare. Quando uscirono da scuola, Sam si era mantenuto a debita distanza, Kyda prese da dentro il suo spazioso zaino lo skateboard  e ripartì a rotta di collo, sparendo presto dalla vista di lui.
Sam sospirò, sarebbe stato più difficile del previsto. Poi si incamminò verso casa.

Alle 16:00 precise, Sam si fece trovare puntuale in biblioteca.  Era riuscito, non senza difficoltà, ad accaparrarsi un tavolo e a sistemarvisi.  A quanto pareva,  molti degli studenti avevano avuto la stessa idea di Kyda e la maggior parte delle classi si era riunita lì per iniziare a discutere del progetto. Nella sala c’era moltissimo rumore e tutti parlottavano concitati sul da farsi, alcuni si erano già muniti di cartellone e colori.
Sam, nel dopo pranzo, aveva provato a farsi venire qualche idea, ma non gli era venuto in mente niente, o almeno niente di decente. Non era una cosa semplice rappresentare la noia, il giovane non aveva mai riflettuto più di tanto su quell’emozione, la trovava semplicemente...Noiosa. Ma il problema non stava solo nel farsi venire una buona idea, ma trovare anche un punto d’incontro con Kyda! Probabilmente lui e la ragazza avevano concetti di “noia” diversi e sarebbe stato difficile, se non impossibile, trovarne alcuni che li accumunassero.
Il ragazzo appoggiò il mento su una mano e cercò di ragionare nuovamente, ma senza successo. Lì per lì era stato molto entusiasta del progetto proposto da Conway, ma ora saltavano fuori tutti i lati negativi e soprattutto quelli complicati! Perché diamine il professore si era inventato una cosa del genere!? Non potevano organizzare qualcosa di più semplice?
Sam guardò l’ora sul cellulare. Kyda era in ritardo di ben un quarto d’ora;  perché ci stava mettendo così tanto? Iniziò a ponderare l’idea che la giovane gli avesse dato buca, quando ecco che la vide entrare nella biblioteca.
Lei scrutò attentamente la stanza, evidentemente in cerca di Sam. Quest’ultimo le fece un cenno con la mano, rivelandole la sua postazione, e a quel punto la ragazza lo raggiunse e si sedette proprio di fronte a lui.
Kyda buttò in mal modo il proprio zaino sul tavolo, tirò fuori l’astuccio e un block notes grigio, dopodiché si tolse il cappello da baseball e lo posò lì vicino. Infine appoggiò i gomiti al banco e piantonò i suoi occhi circondati di matita nera in quelli di Sam, che si affrettò a spostare lo sguardo.
Rimasero in quella posizione per qualche tempo, fino a quando la ragazza non disse, neutra –Allora,  Nuovo? Ti è venuto in mente qualcosa?-
Lui, che teneva lo sguardo fisso sull’astuccio di lei, le rispose –No,  non mi è venuto in mente niente...- poi aggiunse, cauto  - E a te?-
-Idem- sbuffò Kyda, aprendo con uno strattone il blocco di appunti –Ma sarà meglio farci venire un idea al  più presto, anche perché dobbiamo consegnare il cartellone entro la fine di questa settimana-
-Già, abbiamo poco tempo...- concordò Sam, giocherellando con una matita. Si sentiva tremendamente a disagio. Il lavoro da fare era già di per se complicato e avere come compagna di progetto Kyda non aiutava fatto, ma, anzi, peggiorava la situazione. Sam non sapeva che cosa dire e soprattutto il suo timore più grande era di dire qualcosa di sbagliato. Doveva tenere a mente che quella era un membro dei Dark, i suoi  aguzzini, per cui doveva fare attenzione e misurare ogni singola parola. Iniziò a pensare che non ne sarebbero mai venuti a capo, in quanto lui era bloccato per le sue ovvie ragione e lei non era proprio una persona che si poteva definire “eloquente”.
Vittima e carnefice costretti a collaborare: non avrebbe mai funzionato. Ma in ogni caso quel progetto  erano costretti a portarlo a termine e inoltre ci teneva troppo, perciò almeno in quella occasione avrebbe dovuto farsi forza e obbligarsi  a trovare il coraggio per intervenire. In più, quel silenzio stava cominciando a diventare opprimente.
Frattanto, Kyda si era messa a sfogliare nervosamente il quadernetto, visibilmente irritata.
-Tu che cosa intendi per “noia”?- sparò d’un tratto a bruciapelo il giovane.
-Come?- interloquì lei,  guardando verso di lui e inarcando un sopracciglio.
Sam le ripeté la domanda, ma tenendo lo sguardo ovunque tranne che su di lei. Non riusciva a parlare se lo fissava in quel modo.
-Vuoi sapere che intendo per noia?- disse Kyda sarcastica –Beh, se proprio ci tieni, per noia io intendo il dovermene stare qui a subire domande inutili di questo genere che dovrebbero aiutare a farci venire idee per questo stupido progetto, ecco per me che cos’è la “noia”-
Incredibile, quella ragazza aveva aperto la bocca solo per spruzzare veleno. Lui stava cercando un modo, per quanto disperato, di incominciare un dialogo e Kyda faceva qualsiasi cosa per rendere il tutto ancora più complicato.
- In effetti quella non era una gran domanda, ma è la prima cosa che mi è venuta in mente. Credo dovremmo sapere entrambi che cosa intendiamo per quell’emozione se vogliamo rappresentarla...- ribatté Sam.
-Molto bene, Nuovo, allora ti rigiro la domanda: per te cos’è la noia?-
Sam tacque e rimase per un po’ a ragionare, tormentandosi le mani. In realtà sapeva bene che cosa rispondere, ma anche in quel caso la sua preoccupazione più grande era che la sua affermazione potesse urtare Kyda. Avere a che fare con lei anche solo da dieci minuti lo stava facendo andare fuori di testa.
Dal canto suo, la giovane si era accorta che Sam ci stava mettendo davvero troppo, per cui disse ad un certo punto, secca –Allora, i motivi per cui non rispondi sono due: o nemmeno tu sai cos’è per te la “noia”, oppure stai indugiando. Nel caso sia la seconda ti invito a dire quello a cui stai pensando e di farla finita. Se questo ti rassicura, oggi, sottolineo oggi,  l’unica cosa che ho intenzione di fare è arrivare da qualche parte con sto’ cavolo di progetto di cui non mi frega assolutamente niente. Avrei altre cose da fare questo pomeriggio, ma sono inchiodata qui, perciò piantala di fare il vegetale e rispondi-
-Va bene, per me la “noia” è il momento in cui devo aspettare che sia pronto da mangiare!-  si affrettò a risponderle Sam, improvvisamente riscosso dal limbo di preoccupazioni in cui era caduto.
-Che sia pronto da mangiare?- lo guardò corrugando la fronte.
-Esatto, perché so che da un momento all’altro potrebbe essere pronto il pranzo, ad esempio,  e non riesco a fare dell’altro perché il mio pensiero principale in quel momento è mangiare. Perciò alla fine passo il mio tempo a ciondolare senza far nulla di attivo e di conseguenza mi annoio- sparò tutto d’un fiato.
Lei non disse nulla per qualche istante, poi commentò -Questo per me non ha senso...- fece un pausa, poi aggiunse –Comunque, forse la tua idea di esprimere i nostri concetti di noia non è poi così stupida, perciò...- gli lanciò un lunga occhiata- ho deciso che starò al gioco: ad esempio, io mi annoio quando devo portare a riparare il mio skateboard-
-E... come mai?- domandò il ragazzo, piano.
-Semplice, perché non posso usarlo se è in riparazione. Io ci passo la maggior parte del mio tempo, per cui quando non ce l’ho a disposizione mi annoio a morte. Non posso andare alla Coast Ramp senza...-rispose Kyda incrociando le braccia.
-Vuoi dire... quella zona di Via Light dove ci sono tutte le rampe?-  si informò Sam.
-Proprio quella e se non ho il mio skateboard non posso farmi le rampe in santa pace. Di certo non posso scalarle a piedi-
-No no, infatti...Ma tu, fai proprio tutte le rampe?- domandò ancora il giovane.  Avrebbe voluto smettere all’istante di chiederle tutte quelle cose, ma qualche ignoto motivo non poteva farne a meno.
 -Certo che le faccio tutte, che ci vado a fare allora, secondo te?- rispose lei.
-Quindi, pure quella rossa?- continuò Sam –Quella che si vede anche da un kilometro di distanza?-
-Ovvio, quella è la migliore. La Rampa Assassina. Ma  un momento Nuovo...-disse lei, indirizzandogli uno sguardo gelido –Qui stiamo divagando. Non dobbiamo parlare dei nostri hobby, ma di cosa ci annoia-
-Si si, giusto!- si affrettò Sam.  Si maledisse per averle fatto tutte quelle domande. Doveva stare attento e tenersi a mente chi aveva di fronte.
Scese nuovamente il silenzio.
Sam, che fino ad allora aveva guardato le proprie mani, si voltò per un attimo  per osservare la giovane. Ella aveva lo sguardo perso nel vuoto e anche in quel momento  i suoi occhi non trasmettevano nessuno tipo di emozione, se non durezza. 
Avrebbero dovuto rappresentare le emozioni umane, ma  lei provava dei sentimenti?  Il ragazzo ne dubitava.
-Però...- disse d’un tratto Kyda, destandosi dai suoi pensieri –Così non può continuare...-
-Che vuoi dire?- esclamò il giovane, ansioso.
-Voglio dire che così stiamo facendo un elenco delle cose che ci annoiano, ma noi abbiamo bisogno di sapere quali sono le cose che annoiano entrambi, quelle che abbiamo in comune...Ammesso che ce ne siano- chiarì, lanciandogli un’occhiata.
Sam ci ragionò un attimo su, poi rispose –Ehm, si hai ragione. Dobbiamo trovare un modo per...Ho un’idea!- esclamò, fin con troppa enfasi. D’impulso, prese il block notes di Kyda e fece per strappare un foglietto, quando si congelò sul posto. Ma era impazzito!? Permettersi  una libertà del genere con un membro dei Dark!?
Indietreggiò immediatamente, intimorito, notando che lei gli aveva indirizzato  un’occhiataccia, ma allo stesso tempo sentendosi patetico.  
In quel momento, la giovane prese il quadernetto degli appunti, strappò lei stessa un foglio e lo fece scivolare lungo il tavolo, fino a Sam.
-Sentiamo- disse, apatica.
Lui prese cauto il pezzo di carta, poi rispose –Ecco, stavo pensando che potremmo scrivere tutte le cose che ci annoiano su dei fogli, poi scambiarceli e vedere quali ci accomunano-
Kyda scrollò le spalle, indifferente –Come ti pare...-
E così fecero, poi dopo pochi minuti, di scambiarono i foglietti. Non appena Sam ebbe fra le mani il biglietto di Kyda, rimase un attimo ad osservare la sua grafia. Era una scrittura che aveva un so’ che di affrettato, alquanto disordinata e molte lettere si confondevano.
-Ehy, Nuovo, ti sei incantato?- lo rimbeccò lei, fredda.
-No, no!- rispose subito il ragazzo, che si affrettò a leggere. Sam scoprì così che molte delle cose che annoiavano Kyda, al contrario lui le trovava piacevoli. Ad esempio, la ragazza sosteneva di trovare noiosa l’alba, mentre per lui rappresentava qualcosa di mistico e nelle rare volte che la vedeva desiderava che essa non terminasse mai; oppure lei si annoiava  a guardare i documentari, mentre Sam li considerava estremamente interessanti. Continuò a leggere e notò con sgomento che lui e Kyda non avevano nessun punto in comune, finché non gli cadde l’occhio sull’ultima frase:
Mi annoio quando mi annoio”.
Era una frase che diceva tutto e niente e forse, la soluzione al loro problema.
Frattanto, la giovane aveva  terminato di leggere la lista di Sam, arrivando alla stessa conclusione del ragazzo.
-Come pensavo...- disse, lasciandosi andare sullo schienale della sedia –A quanto pare non abbiamo niente che ci accomuni, Nuovo-
Sam annuì, ma aggiunse –Però penso di aver trovato la risposta grazie a questa tua frase- gliela indicò sul foglietto.
Kyda inarcò un sopracciglio e domandò sarcastica –Quella? E in che modo?-
-Tu dove vai o cosa fai quando ti annoi?- chiese d’impulso Sam. Ormai aveva trovato il coraggio per iniziare e non si sarebbe fermato, non ora che era vicino alla soluzione.
-Cosa c’entra adesso?-
-Dai, fidati...Rispondimi...- la incitò il ragazzo, sforzandosi di sorridere. Lui quando si annoiava era solito ad affacciarsi alla finestra della sua stanza e di guardare fuori, abbandonandosi nell’oblio dei suoi pensieri. Bastava che Kyda rispondesse la medesima cosa e avrebbero saputo che cosa disegnare.
La ragazza lo scrutò in volto, dubbiosa, poi rispose infine –Vado nel mio posto preferito. Ovvero mi appoggio alla finestra della mia camera-
Bingo. Era fatta. Avevano trovato cosa rappresentare.
Sam le spiegò che era così anche per lui, perciò infine si accordarono sul raffigurare una persona che guardava fuori dalla finestra.
-Bene, siamo riusciti ad arrivare ad una conclusione. Ora devo andare, è tardi- affermò Kyda. Con rapidità infilò le proprie cose nel suo zaino e si rimise il cappello.
-Uh, che ore sono?- le chiese Sam, stralunato.
-Le sei e mezza...- rispose Kyda, guardando nervosamente l’orologio verde.
Il ragazzo sobbalzò. Era già passato così tanto tempo?
-Ora vado, ci vediamo domani qui, stessa ora, stesso tavolo- illustrò lei, asciutta.
-Stesso...stesso tavolo!?- ripeté Sam.
-Sì, stesso tavolo- e dettò questo se ne andò senza salutare.
Sam rimase seduto al banco, immobile. Quel giorno era infine passato ed era sopravvissuto.  Sarebbe stato così anche per il giorno successivo? Lo avrebbe scoperto solo  l’indomani.







*Note dell'autrice*
Salve! Allora, cosa ne pensate di questo capitolo? Fatemi sapere! ^^
Ah, L'immagine che ho messo rappresenta come mi sono immaginata la biblioteca e il tavolo in cui erano i due protagonisti x)

A presto!


The_Grace_of_Undomiel


 
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: The_Grace_of_Undomiel