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Autore: flatwhat    20/07/2014    1 recensioni
Il terzo figlio di Christine Daaé e Raoul de Chagny scrive un curioso aneddoto a un certo Monsieur Leroux.
Conducevamo una vita tranquilla e serena, con i nostri genitori e nonna Valérius. Tuttavia, potevamo osservare, già in tenera età, momenti anche prolungati di malinconia e tristezza da parte di nostro padre e nostra madre, momenti che ci provocavano dispiacere e anche un po’ di curiosità- non sapevamo ancora a cosa potessero essere legati.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Christine Daaé, Nuovo personaggio, Raoul De Chagny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All’attenzione di Monsieur Leroux.


Vengo a conoscenza con grande stupore e gratitudine della rapida diffusione della storia del Fantasma dell’Opera. Quando mia moglie mi ha accolto a casa reggendo il vostro manoscritto, le mie mani tremavano per l’emozione. Ho finalmente potuto leggere la storia ricostruita del tutto, come la conoscevo io. Non vedo l’ora di poter mostrare il vostro libro ai miei genitori- a meno che non ne siano già a conoscenza.

Io sono il terzo figlio di Raoul de Chagny e Christine Daaé.

Le scrivo soprattutto per ringraziarvi di aver finalmente annullato ogni sospetto che ancora macchiava i nomi dei miei amati genitori e aver fatto luce una volta per tutte sulla vicenda. Nessuno avrebbe creduto a un De Chagny.

Visto che avete espresso desiderio di contattare la mia famiglia, vi invito a continuare questa corrispondenza e- se un giorno ne avrete l’occasione- di venirmi a trovare di persona. Vi lascerò, in futuro, anche gli indirizzi dei miei fratelli e dei miei genitori, per darvi modo di contattare anche loro. Preferirei prima avere la conferma da loro personalmente, accertarmi che abbiano effettivamente desiderio di intrattenere una simile discussione- in particolar modo, voglio essere sicuro che per mio padre e mia madre non ci sia alcun rischio di sconforto, spero capiate.

Ho il piacere di raccontarvi un aneddoto della mia infanzia: il modo in cui ho scoperto la storia del Fantasma per la prima volta. Questa storiella è interessante anche per il modo in cui si intreccia con altri avvenimenti del passato della mia famiglia.

È un racconto spinto dalla mia emotività e nostalgia, quello che mi accingo a farvi. Siete libero di non curarvi di esso, anche se, dal vostro resoconto del mistero del Fantasma, posso indovinare che l’aspetto emotivo vi interessi tanto quanto quello puramente di cronaca.


Noi tre fratelli eravamo ancora piccoli quando venni a sapere del Fantasma. Io non potevo avere più di tre anni, e loro avevano rispettivamente sei e cinque anni.
Conducevamo una vita tranquilla e serena, con i nostri genitori e nonna Valérius. Tuttavia, potevamo osservare, già in tenera età, momenti anche prolungati di malinconia e tristezza da parte di nostro padre e nostra madre, momenti che ci provocavano dispiacere e anche un po’ di curiosità- non sapevamo ancora a cosa potessero essere legati.
Nostra madre era la roccia su cui posavano le fondamenta della famiglia. Vacillava di rado, ma quegli attimi di vulnerabilità colpivano per questo ancor di più i nostri cuori di bambini.
Se nostra madre portava la stabilità, nostro padre portava la spensieratezza.
Non sono stati dei genitori perfetti, ma nel corso dei lunghi anni che li hanno legati, si sono trasmessi forza a vicenda e l’hanno trasmessa anche a noi.
Tuttavia, alle volte il me stesso di allora si convinceva- erroneamente- di essere, insieme agli altri figli, il motivo della tristezza che troppo spesso si insidiava silenziosamente in quella casa.
Fui io a mettere il tarlo in testa ai miei fratelli, come si usa dire. Li convinsi a chiedere spiegazioni.

Le spiegazioni le chiedemmo a nostro padre.
Non so cosa ci spinse ad andare da lui e non dalla mamma. Forse inconsciamente non volevamo darle ulteriori preoccupazioni. Lei le avrebbe gestite come faceva di solito, ma il suo sorriso sicuro avrebbe avuto impercettibili pieghe che noi avremmo potuto scorgere. Era quello che pensavamo all’epoca. Col senno di poi, posso dire che la abbiamo sottovalutata, e con più probabilità ci avrebbe dato le stesse risposte di nostro padre, seppure in modo diverso. Ma all’epoca eravamo piccoli e, in quel momento, paurosi di essere noi la causa del dispiacere dei nostri genitori.

Il maggiore ebbe il compito di spiegare il nostro stato d’animo.
Mi suscita un po’ ilarità ricordare quanto eravamo spaventati all’epoca e il sospiro di sollievo che emettemmo quando nostro padre ci sorrise con dolcezza e ci prese tra le sue braccia.
Qui inizio a trascrivere ciò che disse. Nonostante siano passati tanti anni, e nonostante la giovane età che avevo allora, mi rimasero impresse nella mente.
“Bambini miei”, disse, “Non dovete pensare una cosa del genere. Mai”.
Diede un bacio a ciascuno di noi.
“Io e la mamma siamo tristi, ogni tanto, non per colpa vostra, ma perché sentiamo la mancanza di qualcuno”.
“Chi, papà?”, chiesi.
Lui non rispose subito. Valutò su come darci la spiegazione migliore per la nostra età.
“Tre angeli, di cui voi portate i nomi”.

Questa rivelazione ci causò dapprima nuovamente sconforto. Significava che, dopotutto, la colpa ce l’avevamo realmente noi, che con i nostri nomi ricordavamo quegli angeli?
Nostro padre ci rassicurò di nuovo: i nostri nomi erano un tributo, non un motivo di lutto- perché di lutto si trattava ciò che non riuscivamo ancora a comprendere.
Pregammo nostro padre di raccontarci la storia di questi angeli, e dei nostri nomi, perché ora eravamo curiosi. Mai prima d’ora avevamo pensato che i nostri nomi fossero speciali, per mamma e papà.
Mio padre parlò al maggiore di noi.
“Tu, Gustave”, disse, “Hai il nome dell’angelo che fu il padre di tua madre, e fu un padre anche per me. Quell’angelo diede alla mamma il dono della musica e, purtroppo, tornò in Cielo quando sia lei che io eravamo ancora ragazzini. Non l’abbiamo mai dimenticato, e non lo faremo mai”.

Ammetto con un sorriso che la definizione di “angelo” che nostro padre sembrava volerci dare ci confondeva abbastanza. Non avevamo capito che intendeva parlarci di gente morta, ed eravamo meravigliati di scoprire in quel momento che nostro nonno era un angelo!

Mio padre si rivolse poi al secondo fratello.
“Tu, Erik, porti il nome dell’angelo di tua madre, colui che le fece perfezionare il dono del canto”.
Fu in quell’istante che sentii per la prima volta nominare il Fantasma dell’Opera.
Mio padre continuò.
“Lui… non era un angelo del tutto buono”.
Mio fratello Erik lo interruppe.
“Gli angeli possono essere cattivi, papà?”-
“Beh”, fece lui, un po’ in difficoltà, “Vedi, lui non era bello come gli altri angeli, e per questo era stato preso in giro continuamente. Lui, non potendone più, un giorno decise di diventare un fantasma”.
“Faceva molti dispetti?”, chiese Gustave.
“Sì, parecchi…”, rispose papà, sospirando, “Ne ha fatti molti anche a me e alla mamma”.
“Davvero?”, chiesi io.
“Sì. Ma un bel giorno, la mamma gli ricordò che era un angelo, e non un fantasma. E lui scoprì che, benché non fosse bello nel viso, poteva essere bello anche lui, nell’anima”.
Noi eravamo pieni di meraviglia, io avevo anche immaginato la mamma che combatteva di persona il fantasma e lo sconfiggeva, rendendolo nuovamente buono.
“Anche lui è salito in Cielo?”, chiese mio fratello Erik.
Mio padre alzò le spalle e rispose in modo quasi impercettibile.
“Credo di sì. Nonostante tutto”. Poi concluse: “La mamma lo ricorda ancora con sincero affetto, ed è anche per lui che continua a cantare”.

Questa era la storia di come ho udito per la prima volta, seppur molto adattata per orecchie infantili, la vicenda di Erik che coinvolse i miei genitori.

L’aneddoto, però, non è ancora concluso.

“E io, papà?”, chiesi, volendo scoprire l’identità dell’angelo mio omonimo.
Non scorderò mai la nube di profonda angoscia che passò sugli occhi di mio padre, quando mi parlò.
“Tu”, mi disse con immensa tenerezza, “Hai il nome del mio angelo, Philippe. L’angelo che fu il mio adorato fratello. Prima di salire in Cielo anche lui”, si interrupe un attimo, per asciugarsi una lacrima, “Abbiamo avuto un… malinteso. Spero… spero che mi abbia perdonato”.
Avrei voluto dirgli che l’angelo probabilmente lo guardava da lassù, ma non lo feci. Invece, lo abbracciai con tutta la forza che un bimbo può avere.


Nostro padre ci parlò di tre angeli.
Fece bene? A spiegarci la questione in questo modo? Alcuni penseranno di no, altri di sì. In ogni caso, lui lo fece probabilmente in previsione, in particolar modo, del racconto su Erik. Non se la sentiva, immagino, di spiegare a dei bambini di pochi anni, fino a che punto erano arrivati i “dispetti del fantasma”.
Nostra madre, quando fummo più grandi, ci rivelò che i tre angeli erano in realtà tre uomini. Persone come lei, noi e voi, Monsieur.
Ma, come diceva mia madre, gli uomini appartengono al Cielo e alla terra.


Mi scuso di avervi tediato con questo breve racconto, Monsieur Leroux.
Capite che non è tutti i giorni che ho l’occasione di parlare con qualcuno di così interessato alla vicenda della mia famiglia, all’infuori di essa.
Vi ringrazio ancora una volta per aver pubblicato le vostre indagini. Che esse vengano lette e tramandate per sempre. In fondo, una storia di angeli e di fantasmi non può non rimanere nel cuore.
Ma prima di tutto, è una storia di esseri umani. E sono grato che voi lo abbiate compreso e ribadito.

Cordiali saluti,
Philippe de Chagny
 
Angolo autrice:
...
Oddio, ho scomodato Gaston Leroux. Mi dispiace.
Questa storia suona davvero, davvero pretensiosa. Colpa forse del linguaggio formale nel quale ho l'impressione di aver fallito miseramente.
Non chiedetemi perché Philippe de Chagny Jr. dovrebbe mai importunare Leroux con racconti della sua infanzia. XD 
La verità è che sentivo il bisogno di spargere amore su papà!Raoul. Mi dispiace, ALW, ma non mi bevo il tuo Raoul OOC.
Se non ricordo male, nel libro non è mai specificato il nome di babbo Daaé, quindi ho preso dal musical!verse. Quindi sì, il primogenito di mia invenzione si chiama come il bimbo di Love Never Dies. Ma allegro, Gustave! In questa storia, Raoul è il tuo vero padre e non è un brutto ubriacone antipatico.
Il secondo bimbo si chiama Erik perché l'idea mi faceva struggere da sola. *strugg strugg*. Che Christine tenga ancora a Erik nonostante tutto ciò che il nostro Fantasma ha combinato è canon, o lei non gli avrebbe dato l'affetto che gli ha reso possibile la redenzione. Ma mi piace pensare che Raoul sia stato d'accordo, a mettere il nome di Erik a uno dei suoi figli. Lui non conosce Erik come lo conosce Christine, e ci sono sicuramente dei fattori che limitano una possibile comprensione, ma penso che, fidandosi di Christine, possa accettare come vero il cambiamento di Erik. Non credo che Christine abbia nascosto a Raoul di voler tornare per seppellirlo.
Il terzo bimbo si chiama Philippe perché ho una vagonata di FEELS per i due fratelli De Chagny. E l'ho rivelato all'ultimo per la regola del drama.
Quando penso a Christine e Raoul come genitori, penso che, naturalmente, non possano essere dei genitori completamente perfetti.
Troppi traumi, troppi.... fantasmi.
Ma credo anche che renderebbero il meglio di sé, come hanno sempre fatto.
Se non l'aveste ancora capito, non ho una grande opinione di Love Never Dies
Alla prossima!
 
 
  
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