Il suo Sole, la sua Luna
Tutto
cominciò molto e molto tempo fa.
Era un tempo che i midgardiani
non riuscivano a far corrispondere con un periodo preciso terrestre;
era un tempo in cui Odino era già Padre di tutto, ma il
tutto era
molto più ridotto.
Parliamo di un tempo in cui Thor pesava assai
meno di Mjolnir e le sue guance avevano il colore di una pesca e
mancavano di quell'irsutismo tipicamente maschile, tipicamente
adulto.
Parliamo del tempo in cui la guerra di Odino contro
Laufey si era conclusa, un tempo in cui i sopravvissuti tornavano ad
abbracciare i propri cari in una patria rimasta lontana per troppo
tempo e le donne piangevano i mariti perduti in una maniera prematura
ed esageratamente violenta.
E come in ogni qualunque altro tempo,
toccava agli ignari e agli innocenti pagare uno scotto non giusto,
guadagnato da decisioni e colpe altrui.
Ed innocente, colui che
pagò, era anche quel piccolo gigante di ghiaccio raccolto
tra le
braccia di un estraneo; un neonato rifiutato dalla sua stessa terra
d'origine.
Asgard sarebbe stata la sua nuova casa. Loki il suo
nuovo nome. Dio degli Inganni il suo futuro appellativo.
Le
braccia di Odino lo deposero tra quelle della Madre degli Dei sua
sposa – e Loki ebbe così una nuova
possibilità per vivere.
*
«Thor,
piccolo mio, lui è Loki.»
Fu così che quel dio bambino conobbe
la sua personale altra faccia della medaglia. La medaglia che fino a
quel momento era stata completata solo per metà, di luce, di
sguardi
color del cielo terso.
L'infante Dio del Tuono era seduto a gambe
incrociate sul letto, gli occhi limpidi, vispi e vivaci che subito si
andarono a posare sul fagotto che Frigga teneva stretto al petto e
che adesso veniva proteso verso il biondino, permettendogli
così di
vedere.
Thor allungò il viso verso il nuovo arrivato, i palmi
delle piccole manine posate sui piedi – nudi, in quel momento
–
ed il viso stropicciato in un'espressione tra il curioso ed il
sospettoso.
«Lo...ki?»
Pronunciò ingenuamente, mentre
Frigga deponeva sul morbido materasso colui che - a tutti gli
effetti – considerava ora suo figlio.
«Sì, bambino mio. È tuo
fratello.» Aggiunse poi la Madre di tutto, rivolgendo ai due
figli
un dolce sorriso.
Thor si accigliò: quindi quello era un
fratellino!
Il maggiore tra i due bambini allungò una mano e
scostò quel po' di stoffa che bastava per poter scorgere il
viso del
nuovo arrivato. Loki aveva gli occhi chiusi, la pelle era bianca come
la neve e le due labbra erano umide e rosa come un petalo di fiore di
ciliegio, e, nella pace del sonno, formavano una tenera e delicata
'o' appena
schiusa.
E
Thor lo fissava,
già stregato da quel bambino così fragile che
sembrava potersi
infrangere come un cristallo da un momento all'altro.
«Loki?»
Era di nuovo la voce di Thor a pronunciare quel nome,
chiamandolo, volendolo vedere, volendogli poter sorridere.
Frigga
assisteva in silenzio, il cuore pieno, pensando che coloro che
avevano visto così pochi inverni non meritavano il male che
pervadeva i nove mondi interi. E poco importava quale fosse la terra
su cui avevano aperto gli occhi appena nati.
«Madre, non vuole
svegliarsi!»
Fu così che la Regina di Asgard si distrasse dai
suoi stessi pensieri, col tono lamentoso e squillante che aveva
utilizzato il suo primogenito. Frigga si ritrovò a
ridacchiare
compostamente a causa dell'adorabile broncio messo su da Thor, prima
di chinarsi verso i suoi figli.
«Evidentemente ha sonno!» Tentò
di spiegare la Madre al piccolo Dio del Tuono, che ricambiò
quelle
parole col marcare ancora di più il cipiglio che aveva
formato tra
le sopracciglia.
Ma a quel punto, neanche a farlo di proposito,
il poco più che neonato emise un vagito che
catturò all'istante
l'attenzione di Thor, distogliendolo così dal lamentarsi per
la
scarsa partecipazione del nuovo fratello.
Subito il biondo si
precipitò ad osservare quello scricciolo, sul cui visetto
tondo
adesso spiccavano due occhi verdi come le gemme non ancora sbocciate
che impreziosivano gli alberi in primavera.
«Ciao, Loki! Tu lo
sai che sei il mio fratellino?»
L'ampio sorriso che Thor gli
rivolse era così sincero e luminoso che avrebbe fatto
impallidire
persino il Sole. Poi gli pose una carezza leggera come un bacio di
vento sulla guancia.
Si guardavano negli occhi, rapiti, uniti.
Poi Loki si aprì in un gran sorriso di tenere gengive.
*
L'aria
era calda e sapeva di sesso.
Avevano avuto tempo di crescere, di
sapere, di conoscere. Avevano imparato cos'era l'amore – o
forse
l'avevano sempre saputo e con la crescita avevano solo imparato a
farlo.
Loki
era sdraiato su un fianco, il corpo nudo color del latte schiacciato
dalle pesanti e preziose lenzuola della camera del maggiore dei due
principi di Asgard.
Osservava Thor dormire, le labbra rosse,
consumate dai baci e dai morsi, che erano appena socchiuse e
soffiavano respiri pesanti e rilassati.
Poi, dopo un tempo troppo
dilatato da poter definire, il Dio del Tuono si stiracchiò
tra
mugugni e scricchiolii d'ossa, per aprire poi gli occhi, sbadigliando
rozzamente e biascicando con placidità.
Loki lo salutò,
osservandolo con quegli occhi impossibilmente verdi: «Ben
svegliato,
fratello.» Soffiò, mentre Thor richiudeva le
palpebre, passando un
braccio intorno alla vita magra del minore e se lo tirava
più
vicino, finché le loro carni non si congiunsero.
Loki gli
sorrise compostamente, ed anche se il suo era un sorriso fin troppo
diverso da quelli abbaglianti del biondo, trasmetteva così
tanto
amore e forza che avrebbe fatto nascondere la Luna.
Poi gli posò
una mano sulla guancia villosa, carezzandolo con un'infinita
dolcezza.
A quel contatto Thor socchiuse pigramente gli occhi per
potergli guardare il volto di porcellana, si sporse a lasciargli un
bacio sulla punta del naso e risolse il tutto con ciò che
sapevano
fare meglio: gli sorrise.