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Autore: peciota    22/07/2014    3 recensioni
Si tratta di una mia piccola versione di cosa poteva succedere dopo la 5X19. Ne ho solo visto spizzichi e bocconi ma ne sono rimasta molto impressionata. Per chi, come me nutre una sana passione per Martin Deeks e spera che non ci facciano troppo languire dietro due personaggi che funzionano così bene insieme. I commenti sono ovviamente molto graditi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kensi Blye, Marty Deeks
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Sentiva l’aria gelida che veniva dalle montagne insinuarsi sotto il giaccone, era stanca e infreddolita. Dolorante e triste.
Vide Deeks aspettare e poi, piano piano, dirigersi verso di lei, quasi impacciato, nervoso.
Lo sentì parlare e senti se stessa rispondere, come un automa. Lo sentì abbracciarla, sentì le sue braccia che la tenevano stretta, come mai era successo e Sam e Callen che le parlavano mentre loro due si separavano perché due partner si possono abbracciare ma non per troppo, non sarebbe appropriato. Perché erano una squadra e lei non era una bambina spaventata, perché appena si era mossa per girarsi verso Callen lui si era spostato, subito, come ritratto.
Solo che poi non riusciva a tenere lo sguardo dritto di fronte a sé, sentiva solo freddo, così tanto freddo, e paura. Una paura profonda e solitudine.
E riuscì solo a dire che era stato bruttissimo e voleva ancora parlare, voleva pronunciare parole che la facessero sentire viva ma, in un secondo, in un momento, le braccia forti di Deeks la cinsero ancora e qualcosa crollò, si spezzò e lei pianse mentre sentiva il suo fiato che le diceva che lui era lì, che sarebbero tornati a casa e in quell'abbraccio sentiva che si, era finita, era finita. Era viva e lui era lì per lei.

Non sapeva quanto tempo rimasero lì, in piedi con lei che lo stringeva come si può stringere un tronco in mezzo ad un fiume in piena, mentre i singhiozzi le scuotevano le spalle e gli occhi diventavano sempre più gonfi. Non si staccò da lui neppure quando, piano piano, si diressero verso la mensa, le loro spalle erano unite, non c’era bisogno di appoggiarsi perché lui era lì come un muro, come una roccia. E Kensi finalmente si raddrizzò, si sentiva protetta mentre stava seduta in un angolo della mensa con Dekks a destra e Callen a sinistra e Sam che andava a prendere da mangiare per tutti. Le sembrava di avere la bocca foderata di sabbia e la lingua incollata al palato. Dovette prendere la tazza del caffè con due mani perché le tremavano, per il freddo e lo shock. Deeks le mise il suo giubbotto sulle spalle e tutti e quattro iniziarono a mangiare. Kensi mangiava lentamente, aveva fame ma anche lo stomaco chiuso, guardava i suoi compagni, anche loro in silenzio ma un silenzio che valeva più di mille parole, vide i piccoli segni che aveva imparato a conoscere e che la fecero sentire protetta e, finalmente, con persone che conosceva quasi come se stessa. Vide Callen che prendeva un pezzo di pane da intingere nel sugo dello stufato, vide Sam tagliarne una fetta con il coltello tenuto con la lama verso di se e vide Deeks che si scostava i capelli dagli occhi e poi si girava verso di lei, sorridendole in silenzio. La guardavano ma senza farle domande, la avvolsero con la loro presenza in una sorta di coperta calda e rassicurante.
Non si accorse neppure quando le si chiusero gli occhi, quando qualcuno le tolse la tazza dalle mani mentre lei sprofondava in un dormiveglia irrequieto.
“L'aereo è pronto per partire” disse Callen a Deeks che aveva passato un’ora immobile per permettere a Kensi di appoggiarsi a lui e riposare. Tutti  avevano cercato di dormire nell'attesa della partenza ma lui no, lui non era riuscito, sia perché aveva l’impressione che se si fosse mosso anche solo di un centimetro Kensi si sarebbe svegliata, cosa che comunque continuava a fare, e poi perché troppi pensieri gli stavano attraversando la mente. pensava troppo? Non aveva il giusto distacco che veniva richiesto in questi casi? Probabilmente sì, ma non credeva fosse una questione di allenamento ma di predisposizione.
Il fatto che fossero pronti per partire lo distolse momentaneamente dai suoi continuo pensieri, scosse leggermente Kensi che subito aprì gli occhi.
“Sei gelato” le disse lei con tono monocorde e gli passò la giacca con un mezzo sorriso mentre si alzava dalla sedia. Le sembrava di avere ruggine nelle giunture e dovette fare qualche passo impacciato prima che si riattivasse la circolazione. Prima di salire sull'aereo si volse indietro per un attimo, le parve di scorgere Jack, in lontananza, ma non poteva essere lui, lui era partito subito dopo averla salutata. Deeks si era fermato ad aspettarla e poté vedere lo sguardo pieno di angoscia e di dolore che aveva ma lei sembrò non accorgersene. Si sedette su uno degli scomodi sedili di quell’aereo da trasporto, si mise i tappi per le orecchie che gli passò Sam dopo averle messo una mano sulla spalla e averle quasi sorriso, una cosa incredibile per lui.
Deeks si avvicinò con una coperta e gli la mise addosso, delicatamente, sfiorandola appena, poi si sedette a fianco a lei. Kensi lo guardò, si appoggiò alla sua spalla senza imbarazzo, si tirò su la coperta fino al mento e poi, con la complicità di una ispida coperta dell’esercito gli prese la mano e sentendo che lui gliela stringeva forte si addormentò mentre l’aereo decollava.

Dopo un viaggio lungo e rumoroso atterrarono alla base di Edwards, Hetty aveva mandato un’ambulanza per Kensi, voleva che si facesse vedere da un medico e Deeks si offrì di accompagnarla in ospedale.
L’infermiera che la prese in carico disse che ci voleva almeno tutto il pomeriggio per fare tutte le analisi e i controlli necessari.
“Non è necessario che resti, Deeks”
“Scherzi, vero? Sei ancora in debito di una gelatina, adesso aspetto che te la portino e poi te la mangio io. E poi non vorrei mai che ci fosse una bella infermiera che mi perdo”
Patetico, dai, sei patetico , si disse da solo. Il punto è che non puoi pensare di lasciarla sola per un solo attimo, ecco questo è il punto.
“Deeks…” disse Kensi sedendosi faticosamente sulla sedia a rotelle che avevano portato per lei e mentre parlava lo guardava con aria divertita
“Che c’è?” rispose lui con finta sorpresa

Il suono del telefono interruppe il momento di imbarazzo, l’uomo prese il telefono dalla tasca e si allontanò di qualche passo
“Si Hetty dimmi”
“Signor Deeks come sta l’agente Byle?”
“Il medico inizierà a visitarla tra poco ma sta abbastanza bene, sembra più che altro molto provata, qui ne avrà per un po'”
“ E lei, signor Deeks?”
“Io? Bene… sto bene… sporco e sudato ma sto bene”
“L’agente Callen ma ha già fatto un primo rapporto, signor Deeks. Ottimo lavoro. Ora si rimetta presentabile e si assicuri che Kensi torni a casa. Prendetevi un paio di giorni di riposo. Vi aspetto mercoledì mattina in ufficio”
“Va bene Hetty, riferirò, grazie”

“Il dottore la sta aspettando, venga” disse la bella infermiera a Kensi
“Vai a casa, Deeks, vedi qui non c’è nulla da fare, poi quando ho finito me ne vado anche io e mi faccio una bella doccia” disse Kensi cercando di mostrarsi allegra.
“Buona la prima parte della frase ma non la seconda. Mi avete detto che ne avete per tre ore circa, ok, tra due ore e mezza sono qui e ti porto io. “ e poi rivolto all'infermiera “Mi raccomando, non la fate andare via da sola”

Effettivamente si sentiva strati di sudore mischiati a sabbia in ogni parte del corpo, voleva lavarsi via quegli ultimi giorni e ripresentarsi da Kensi come il solito Deeks. Andò a casa, chiamò l’amico che gli teneva Monty per sapere se andava tutto bene e se poteva lasciarglielo ancora un po', si tolse i vestiti che aveva addosso ormai da giorni e si fece una doccia lunghissima. Si rivestì con un buon paio di jeans e una camicia, era quasi elegante. Uscì di casa con i capelli ancora umidi e prese la macchina per andare all'ospedale.

Kensi passò quelle ore come addormentata, gli fecero analisi del sangue, lastre, tac. Le palparono tutte le parti del corpo che le facevano male, cioè tutto a parte il gomito sinistro. Le diedero integratori di sali e sistemarono i suoi valori elettrolitici. Stavano venendo fuori i tutti i lividi e il suo corpo sembrava una cartina. La esaminaro tutta, dalla testa ai piedi, non aveva nulla di rotto, incredibilmente, e i traumi erano dovuti alle percosse ma nulla che, fisicamente parlando, non guarisse in qualche giorno. Il dottore le diede una pomata, degli antiinfiammatori e antidolorifici e le stava parlando quando Deeks arrivò. Kensi ebbe una specie di tuffo al cuore, non gli era mai capitata una cosa così, ma sentì come se lo stomaco si fosse capovolto. Si sentiva come un’adolescente che guarda da lontano il ragazzo che le piace solo che questo ragazzo aveva gli occhi puntati sui suoi.
“Adesso si deve riposare. Riposo assoluto. Cibi sani e leggeri e riposo. Prenda l'antidolorifico prima di dormire ma non esageri: è piuttosto forte”
“Grazie dottore, sì” rispose lei alzandosi e sentendo che le girava leggermente la testa. Non voleva mostrarsi debole, era una cosa che detestava, vedersi debole. Non sopportava di vedere quelle donnette che per avere un briciolo di attenzione da un uomo si riducevano a mostrarsi ancora più deboli di quello che erano.
“Hey! Ninja girl” il tono scherzoso di Deeks la riscosse dai suoi pensieri “la macchina è di qua”. Si stava comportando come una stupida, ma riuscì a rilassarsi solo quando si sedette sul sedile e vide che sfrecciavano veloci sulla superstrada.
Piano piano iniziò a sciogliersi i capelli cercando di districare i nodi che si erano formati, non parlarono fino a quando furono nei pressi della casa di Kensi, Deeks stava per girare l’angolo quando lei disse
“Mi porteresti al mare?”
“Al mare?”
“Si, vorrei vedere il tramonto dalla spiaggia”

Quando scese dall'auto respirò a pieni polmoni l’aria salmastra, non gli era mai mancato così tanto l’oceano come in quei mesi, lei che prendeva sempre in giro Deeks per la sua passione per la spiaggia e il mare sentiva che quella brezza dolce le stava portando via qualche cosa, il vento che veniva verso di lei le scompigliò i capelli e il sole, una palla rossa che si adagiava in mare, le illuminava il volto. Si tolse gli scarponi e le calze e portandogli a mano iniziò a camminare. Deeks era al suo fianco, in silenzio.
Si fermò e si sedette leggermente pesantemente sulla sabbia, aveva bisogno di una doccia ma in quel momento non riusciva a staccare gli occhi dal sole e dalle onde che si infrangevano sulla battigia. Le venne da pensare a quante cose assolutamente intime aveva diviso con Deeks: l’odore della sua pelle era fastidioso anche a se stessa e sapeva che se avesse avuto un’altra persona accanto si sarebbe sentita in imbarazzo, celato dietro una maschera di indifferenza, ma pur sempre imbarazzo. Ripensò alle ore passate in macchine roventi durante gli appostamenti, a quel periodo passato sotto copertura come marito e moglie, alla posizione che assumeva quando dormiva, una cosa che non poteva far finta di non conoscere, al loro odore di sudore che si mescolava quando si allenavano, all'ordine di casa sua e al fatto che sapeva quanto zucchero voleva nel caffè e cosa gli piacesse mangiare, ai suoi gusti in fatto di cinema, libri e sport. Alla sua passione per i musical. Pensò che conoscevano tutto del loro presente ma poco, molto poco, del loro passato.
E poi aveva fame, una fame atavica.
“Solo cose leggere e sane, vero?” chiede Deeks con fare sornione
“No, ti prego, se non mangio qualcosa di assolutamente schifoso e pieno di grassi e calorie potrei morire” rispose lei quasi ridendo
“Ok, non ti muovere, non spostare un solo muscolo, torno in 5 minuti” rispose lui alzandosi e mettendosi a correre lungo la spiaggia fino ad uno dei più buoni dispensatori di tacos della zona.
Le venne da sorridere, sembravano due ragazzini che si comprano dolciumi con la paghetta. Le venne in mente suo padre, le domeniche pomeriggio passate insieme, le cose che le comprava da mangiare alla fine della loro giornata. Non aveva mai amato nessuno uomo come suo padre. Prima di Jack. Jack con la sua aria sicura e buona era la persona che di più assomigliava a suo padre, a pensarci era come lui. Era un marine, era un uomo buono, un po' inquadrato forse, ma di quell'inquadratura che la faceva sentire bene, al sicuro, protetta, forte. Aveva perso suo padre e lo aveva ritrovato in Jack. E poi aveva perso anche lui.
Si ritrovò sotto il naso il più delizioso dei tacos, senza birra perché con tutte le medicine che aveva preso avrebbe fatto il botto, ma acqua fresca di fonte, come scherzosamente gli diceva il suo partner mentre si sedeva accanto a lei e iniziava a mangiare.
Mangiarono in silenzio anche se entrambi avevano invece voglia di parlare, lei voleva che iniziasse una solita sfilza di battute, voleva che la stuzzicasse e gli voleva rispondere a tono, voleva scherzare con lui e sentirsi come prima. Ma rimasero in silenzio, un silenzio complice e per nulla imbarazzato, poi Kensi si riprese e disse
“Adesso credo che a proprio l’ora che mi tolga tutta questa sporcizia di dosso e anche l’odore del disinfettante”
“Vieni ti porto a casa”

Quando si ritrovarono davanti alla porta di casa sua, Kensi si sentì perduta, quella giornata stava per finire e lei si sarebbe ritrovata con i suoi fantasmi da sola, ancora una volta. Si raddrizzò, alzò lo sguardo e si disse che sarebbe andata bene, che anche questa volta sarebbe andata bene, come sempre. Era forte e non c’era motivo di sentirsi sola, che sarebbe bastata un bella doccia e un buon sonno per sentirsi meglio. Si, tutto sarebbe andato per il meglio.
Si voltò verso Deeks per salutarlo e si ritrovò a osservare gli occhi più intensi che avesse mai visto. Diceva sempre che gli piacevano gli occhi scuri ma ora non capiva più nulla, le sembrava di guardare il mare.
“Vuoi che controllo che non ci siano mostri sotto il letto?” le chiese con il suo solito tono canzonatorio
“No, grazie… “ prese le chiavi e si impose di non tremare, aprì la porta di casa e accese la luce. Era tutto in ordine. Era tutto perfettamente pulito e in ordine, nulla era scomparso ma era tutto a posto. La casa sapeva leggermente di chiuso ma anche di pulito. Si voltò verso Deeks che era rimasto sulla soglia
“Scusami… ma ho pensato che quando tornavi magari ti avrebbe fatto piacere non dover mettere a posto,  una domenica non avevo nulla da fare e sono venuto a fare un salto. Non manca nulla, te lo assicuro. Neanche i tuoi intrugli assurdi, vedi?” disse entrando a grandi passi e digerendosi verso la cucina, aprendo gli sportelli uno ad uno “Gli ho messi qui, in alto a destra…”
Kensi non sapeva se arrabbiarsi o mettersi a ridere, non fece nessuna delle due cose
“Non hai trovato mostri sotto al letto?”
“No, quella volta no, oggi non so…”
“Magari controlli mentre io mi faccio una doccia, che te pare?” rispose lei senza quasi essersene resa conto.
“Ai tuoi ordini”

Entrò in bagno, che luccicava pure quello, arrossì un pò al pensiero che Deeks aveva guardato nelle sue cose ma poi notò che non aveva aperto cassetti e armadietti dato che lì il disordine imperava. Era stato discreto, discreto e incredibilmente gentile. Certo magari a lei poteva sembrare un po' ossessivo ma chi lo avrebbe mai detto, vedendolo così, un po' arruffato, che fosse l’uomo con il più spiccato senso dell’ordine che le fosse capitato di incontrare?
Si tolse lentamente tutti i vestiti e li lasciò cadere sul pavimento, alla faccia dell’ordine, fece scorrere l’acqua, prese shampoo e balsamo ed entrò in doccia. Si strofinò a lungo ogni centimetro di pelle, delicatamente dove aveva lividi, cioè praticamente ovunque e più energicamente altrove. Si lavò i capelli due volte e poi iniziò a spazzolarli sotto il getto dell’acqua. Erano pieni di nodi e ci impiegò molto tempo mettendo a dura prova la sua pazienza, le faceva male il cuoio capelluto ma continua ad insistere, aveva ciocche di capelli tra le dita, le fece scorrere con l’acqua e le raccolse diligentemente. Continuava a spazzolarsi anche se non c’era più nulla da separare, anche se i suoi capelli erano lisci e liberi. Continuava a spazzolarsi mentre le venivano in mente mani aggressive che le tiravano i capelli e le davano pugni e sberle sul viso, sui fianchi, sulle gambe. La aveva trattata come un uomo, non la avevano toccata in quel senso ma non si erano risparmiati.  Iniziò a piangere senza saperlo, singhiozzi le scuotevano le spalle, il rumore dell’acqua sulle piastrelle non copriva quello del suo pianto che continuava, continuava…
“Kensi?” chiamava Deeks da dietro la porta del bagno
“Kensi?” ripeteva preoccupato bussando in modo più insistente
“Kensi?” chiamava ancora da dietro la tenda della doccia 
La aveva sentita piangere, non era riuscito ad aspettare, era stato più forte di lui. Si sarebbe beccato un calcio nello stomaco, meglio, voleva dire che Kensi stava bene. Ma non stava bene, per niente, piangeva dietro ad una stupida tenda da doccia, da sola.
“Kensi?” chiamò per l’ultima volta Deeks prima di scostare la tenda e trovare la donna rannicchiata su se stessa e in lacrime. Chiuse l’acqua, prese un grande asciugamano e la avvolse più delicatamente possibile, cercando di non guardare troppo quel corpo così desiderato e così martoriato. La prese in braccio e la portò in camera sua, la adagiò sul letto, si sedette a fianco a lei e la abbracciò.
“Ti sto bagnando la camicia” fu l’unica cosa che lei riuscì a dire
“Non mi importa” rispose lui passandole un dito tra i capelli grondanti acqua
“Io sono qui per te, Kens. Se vuoi che vada via, andrò via, se vuoi che metta dietro alla porta, mi metterò dietro alla porta, se vuoi che resti, resterò. Sono qui per te. “
“Deeks...”
“Dimmi…”
Ma nessuna parola uscì dalle sua labbra, si accorse di essere così vicina molto vicina a cedere. Lui era lì, con il suo profumo di mare e limone, con i suoi occhi blu, le sue labbra morbide. Ma adesso sarebbe stato solo un rifugio, si sarebbe sentito come una tana nella quale lei si andava a nascondere. Però aveva così bisogno di un corpo caldo e vivo vicino a lei, di un contatto di pelle, non del tessuto ruvido della mimetica, non del freddo acciaio di un fucile di precisione, ma di carne e sangue, pulsante di vita. Avvicinò la bocca al collo di Deeks, scostò con un dito il colletto della camicia e poggiò le labbra sull'incavo della spalla. Non era un bacio appassionato, non era neppure un bacio, era un alito caldo che soffiava lentamente verso il basso. Allargò le braccia e gli cinse il collo mentre il nodo dell’asciugamano si scioglieva lentamente. Si sentivano solo i loro respiri, erano come in una zona senza tempo, immobili.
Deeks sospirò con un leggero affanno e mosse le mani lungo la schiena ormai nuda di Kensi. Una mano aveva iniziato, leggermente tremante, a farsi strada dalla spina dorsale verso il seno destro quando un gemito di Kensi li scosse come se fosse suonato un allarme.
“Lì ho una costola incrinata” si scusò quasi la ragazza ritraendosi e tenendo l'asciugamano con una mano.
Si guardarono negli occhi “e ho anche talmente tanti lividi che sembro un cavallo pezzato...”
“Come un mustang, Mustang Sally… anzi Mustang Kensi” disse semi ridendo Deeks mentre si sforzava di riprendere il controllo di se “il dottore ti ha dato qualcosa per i lividi?”
“Si, è di là nello zaino”
“Te lo vado a prendere”

Nei due minuti in cui Deeks stette fuori dalla stanza Kensi cercò qualcosa per vestirsi, almeno un la biancheria intima: mise una canotta senza reggiseno sotto anche perché il movimento per toglierlo le aveva dato delle fitte decisamente spiacevoli e quello per metterlo non sarebbe stato da meno. Prese il tubetto di pomata che il suo partner le porgeva e cercò di spalmarla sul fianco ma il movimento della spalla le provocò un’altra fitta.
“Lascia, faccio io” le disse Deeks che iniziò a cercare, con precisione chirurgica, tutti i lividi che c'erano. Le mise la pomata delicatamente, usando solo la punta delle dita ma anche così il suo tocco sconvolgeva Kensi. Poi lei prese un paio di pantaloni comodi che spesso usava come pigiama e iniziò ad asciugarsi i capelli con l'asciugamano. Le facevano male le mani, le dita, le dita dei piedi, anzi anche la pianta dei piedi. Le venne quasi da ridere. Deeks le prese la spazzola dalle mani e le pettinò i capelli in un gesto così intimo e delicato che si stupirono entrambi. Nessuno le aveva mai spazzolato i capelli negli ultimi 20 anni e lui non lo faceva a nessuna donna da altrettanti. Lo aveva fatto solo a sua madre, da ragazzino, quando lo spettro di un padre violento e alcolizzato si era, almeno in parte volatizzato e l’unico membro della sua famiglia sembrava di nuovo in sé.

Poi Kensi si alzò, andò verso il divano e cercò il telecomando
“Cosa danno di bello questa sera?”
“Magari qualche bel western” rispose lui accoccolandosi al suo fianco avendo comunque cura di togliersi le scarpe prima di appoggiare i piedi sul tavolino davanti a sé.
Kensi sentiva che l’antidolorifico che aveva preso appena arrivata a casa iniziava a fare effetto, il dolore nelle varie parti del corpo si stava attutendo e lei si sentiva leggera, quasi galleggiante. Si appoggiò in parte al divano e in parte alla spalla di Deeks e si addormentò ancora una volta, solo che ora sembrava molto più a suo agio della volta precedente e ben presto il suo respiro si fece più pesante e calmo. Quando fu sicuro che non si sarebbe svegliata tanto facilmente Deeks spense la televisione, la prese in braccio e la portò sul letto. Poi si sdraiò al suo fianco dopo aver coperto entrambi con una coperta leggera.
Stette per molto tempo in silenzio, su un fianco, a sentire il respiro regolare di Kensi, a guardare i suoi capelli e il suo petto che si alzava e si abbassava ritmicamente.
Poi si addormentò anche lui.
  
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