Serie TV > Sherlock (BBC)
Ricorda la storia  |      
Autore: Alley    22/07/2014    3 recensioni
“Senta” sbotta alla fine “Lei non ha il diritto di interferire, a meno che – e dubito che sia così - non faccia parte del governo inglese.”
L’uomo sorride in maniera decisamente inquietante e Greg pensa che, se anche si accorgessero della sua scomparsa, di sicuro non troverebbero il cadavere.

[Sherlock&Lestrade; lievi accenni Mystrade]
Genere: Comico, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Mi rendo conto che le indicazioni relative al tipo di coppia potrebbero risultare contradditorie, quindi, a scanso equivoci, preciso che la storia non è incentrata su alcun pairing (da qui l'avvertenza "Nessuna") e che Greg è sposato (per questo "het"). Gli accenni Mystrade sono così lievi che m'è parso eccessivo segnalare lo slash, ma ci sono *O*









“Quando hai intenzione di riverniciare la camera da letto?”
 
Se i rimbrotti non lo irritassero tanto, Greg si riterrebbe addirittura fortunato; quella mattina, Lara gli ha concesso il tempo di sorseggiare il caffè in santa pace prima di cominciare a sbraitargli contro.
 
“Quando avrai scelto il colore” replica, sperando che la risposta suoni abbastanza condiscendente da troncare la discussione. Non ha voglia di inaugurare l’ennesima giornata con una lite coniugale, e non è nemmeno sicuro che i suoi nervi sarebbero in grado di reggerla.
 
“E come fai a sapere se l’ho scelto? Non me lo chiedi mai!”
 
Speranza vana. I nervi sono destinati a patire ancora.
 
“L’hai scelto?”
 
“Non puoi chiedermelo adesso, è troppo facile!”
 
Greg ha già un mal di testa mastodontico. E non è ancora arrivato in ufficio.
 
*

Greg è intento ad arrovellando su un caso di cui non riesce a venire a capo quando qualcuno spalanca la porta e si precipita come una furia nel suo ufficio.

Il qualcuno in questione è il signor Johnson, l’uomo che, un mese prima, ha sporto denuncia per l’ennesimo furto subito dalla sua catena di ipermercati; i documenti che Greg stava esaminando riguardano proprio il suo caso.
 
“Signor Johnson, le assicuro che siamo a un passo dall’individuare i colpevoli.” Non risulta credibile nemmeno alle sue orecchie, e a giudicare dal volto paonazzo dell’uomo e dal suo incedere furioso, non basterà borbottare qualche scusa per placarlo.
 
“Signor Johnson, la prego, si calmi. Stiamo facendo tutto il possi-”
 
Johnson non l’ascolta nemmeno; lo raggiunge dietro la scrivania, e Greg ha giusto il tempo di intravedere due giovani agenti comparire alle sue spalle e di sentirlo ringhiare un furente siete dei buoni a nulla prima di ricevere un pugno in pieno volto.
 
*
 
“Sei sicuro che non vuoi che ti accompagni?” gli chiede Donovan, mentre si tampona l’occhio gonfio con la busta del ghiaccio - se il signor Johnson non si fosse buttato nell’agroalimentare avrebbe avuto una carriera assicurata come pugile.
 
“Non ce n’è bisogno, davvero.”
 
Gli ha sempre fatto piacere fare quattro passi per tornare a casa, perché camminare lo rilassa e prolunga il tempo da trascorrere lontano dall'isteria di Lara. Oggi, inoltre, potrà sfruttare il tragitto per inventarsi una storia sufficientemente credibile da propinarle; non ha intenzione di dirle che è stato aggredito nel suo ufficio perché incapace di smascherare un ladruncolo da quattro soldi.
 
“A domani, Sally.”
 
*
 
Greg è troppo concentrato sul proprio malumore e sulla bugia da raccontare a Lara – le dirà d’aver fatto a botte con un malvivente intento a rubare la pensione ad una vecchietta. È credibile, e anche piuttosto eroico - per notare la Limousine nera che lo sta pedinando. Solo la voce cristallina che riecheggia alle sue spalle a metà del tragitto riesce a riscuoterlo dai suoi pensieri.
 
“Salve, ispettore.”
 
La donna che lo saluta sembra apparsa dal nulla; lo sguardo che punta su Greg è inverosimilmente neutrale.
 
“Devo chiederle di seguirmi.”
 
“Seguirla?” domanda Greg, aggrottando la fronte “Dove?”
 
“È un’informazione riservata” risponde lei e magnifico, adesso è finito in uno di quei ridicoli film spionistici in cui tutto è un’informazione riservata. Non è decisamente dell’umore giusto per stare al gioco.
 
“Mi ascolti, ho avuto una brutta giornata e non ho alcuna voglia di-”
 
“La prego, non mi costringa ad essere scortese.”
 
“Scortese?” Greg sente le tempie pulsargli ancor più forte - proprio oggi doveva dimenticare le aspirine? “Mi lasci in pace” sbotta, dandole le spalle, ma prima che abbia il tempo di fare un solo passo qualcosa gli copre il viso e un paio di braccia lo afferrano per trascinarlo all’indietro. Greg grida contro la stoffa di quello che pare essere un passamontagna e prova a dimenarsi, ma la presa che lo stringe è ferrea e non riesce a vincerla.
 
“La prego di non opporre resistenza, o dovremmo essere ancor più sgarbati.”
 
Mentre viene lanciato nel retro della Limousine Greg pensa con rammarico che, visto l’andazzo delle indagini a Scotland Yard, se lo uccidessero probabilmente non se ne accorgerebbero nemmeno.
 
*
 
Dopo un tempo che a Greg pare lunghissimo giungono a destinazione e lui viene tirato fuori dall’auto. A togliergli il passamontagna è una sottospecie di gorilla in giacca e cravatta. Al suo fianco c’è un altro uomo della stessa corporatura e, alle sue spalle, la donna: ha lo sguardo fisso sullo schermo di un cellulare ultrasottile e le sue dita picchiettano ad una velocità che Greg non credeva umanamente possibile.
 
“Tanto valeva che me lo ordinasse, invece di chiedermelo” si lamenta. La la donna non stacca gli occhi dall’aggeggio con cui sta armeggiando.

“Vada, la sta già aspettando” dice in tono monocorde, e a quelle parole i gorilla si attivano come due robot.
 
“Aspettando? Chi mi sta aspettan-”
 
Gorilla Numero Uno non gli lascia il tempo di finire. Lo spintona in avanti e con un cenno gli ordina di seguire Gorilla Numero Due. A Greg non piacciono tutte quelle imposizioni e gli piacciono ancor meno quei modi così brutali. Chiunque lo stia attendendo, avrà pane per i suoi denti.
 
Gorilla Numero Due lo guida per un dedalo di corridoi, mentre Gorilla Numero Uno lo segue ad un passo di distanza – a Greg non è chiaro il motivo dal momento che, se anche volesse fuggire, sarebbe impossibile venir fuori da quel labirinto.
 
Gorilla Numero Due si ferma all’improvviso e Greg quasi gli piomba addosso.
 

“Siamo arrivati?”
Gorilla Numero Uno e Gorilla Numero Due si limitano a scambiarsi una rapida occhiata prima di sistemarsi ai lati della porta. Greg lo interpreta come un invito ad entrare e poggia la mano sulla maniglia.
 
*
 
“Buongiorno ispettore. Si accomodi.”
 
L’uomo gli indica la poltrona posta di fronte alla sua scrivania – un’elegante scrivania intarsiata, molto diversa da quella logora che si trova nel suo ufficio. Forse, si ritrova a pensare Greg, le scrivanie riflettono l’aspetto di chi le possiede. Lui è un uomo decisamente consumato – dal tempo, da un matrimonio che non ha mai funzionato, da un lavoro che ama ma che ogni giorno gli ricorda, insieme a Lara, quanto poco valga -, mentre quello che gli sta dinnanzi è straordinariamente raffinato, pieno di quella grazia innata che non ha bisogno di gesti per trapelare.

Greg si ricorda che si tratta della persona che l’ha fatto rapire e il suo cipiglio torna a inasprirsi.   
 
“Chi è lei?” chiede, restando in piedi davanti alla porta. L’uomo afferra una delle due tazze poste sul vassoio al centro dello scrittoio e se la porta alle labbra.
 
“Perché sono qui?”
 
“Gradisce del tè?” Greg pensa tra sé e sé che la tendenza ad ignorarlo che il mondo intero ostenta sia estremamente fastidiosa. “So che avete bisogno d’aiuto a Scotland Yard” dice l’uomo all’improvviso, e la calma assoluta con cui parla è la goccia che fa traboccare il vaso. 
 
“Potrebbe per favore rispondere alle mie domande?! Potrei denunciarla per sequestro di persona, oltraggio a pubblico ufficiale e-”
 
“Conosco qualcuno che potrebbe contribuire alla diminuzione del tasso di criminalità della città” lo interrompe l’altro, la voce sempre intrisa di nonchalance “Mi risulta che sia spaventosamente alto.”
 
Greg incrocia le braccia e gli lancia un’occhiata torva. “Cosa le fa pensare che la polizia non sia in grado di occuparsene?”
 
“Oltre al suo occhio nero, intende?”
 
Greg schiude le labbra, ma non riesce a trarvi fuori alcun suono. Vorrebbe chiedergli come faccia a sapere che quello ha a che fare col suo lavoro, ma ha ormai capito che le sue domande sono destinate a restare irrisolte e, soprattutto, non è affatto sicuro di voler conoscere la risposta.
 
“Senta” sbotta alla fine “Lei non ha il diritto di interferire, a meno che – e dubito che sia così - non faccia parte del governo inglese.”
 
L’uomo sorride in maniera decisamente inquietante e Greg pensa che, se anche si accorgessero della sua scomparsa, di sicuro non troverebbero il cadavere.
 
“Si tratta di mio fratello.”
 
“Suo fratello?” domanda, stupito “È un poliziotto?”
 
L’uomo ridacchia ed è strano, perché qualcosa nel suo viso aveva portato Greg a pensare che non sapesse nemmeno cosa volesse dire ridere, e invece ha una risata così- naturale, completamente diversa da quella gracchiante e forzata di Lara, e molto piacevole.
 
“No, non direi” risponde, una volta che la risata s’è smorzata “Ma le garantisco che contribuirà a risolvere le indagini. A meno che prima non lo mandi via a calci.” 
 
“E perché dovrei?”
 
L’uomo si alza e Greg s’accorge solo allora che stringe un ombrello tra le mani; lo poggia accanto alla scrivania e afferra l’altra tazza prima di avanzare nella sua direzione.
 
“Sherlock è un ragazzo…singolare.
 
“E quale ragazzo non lo è?” chiede Greg, scrollando le spalle, mentre l’uomo si ferma di fronte a lui e gli porge la tazza di tè. Greg la fissa dubbioso per qualche istante, come se s’aspettasse di vederla esplodere da un momento all’altro, ma alla fine si decide ad afferrarla. C’è qualcosa di terrificante nei tratti serafici dell’uomo e nella piattezza del suo tono ma, per un motivo che trascende la logica, Greg sente di potersi fidare.
 
“Mycroft Holmes” dice all’improvviso, mentre Greg sorseggia il suo tè – che si rivela essere buonissimo e, almeno all’apparenza, non avvelenato “Lieto d’aver fatto la sua conoscenza, ispettore.”
 
*
 
Due giorni dopo l’incontro con Mycroft Holmes suo fratello – Sherlock – si presenta nell’ufficio di Greg. Non ci sono contratti né clausole di cui discutere, dal momento che il ragazzo non verrà assunto ma sarà una sorta di collaboratore esterno, come l’ha definito Mycroft, ma Greg ha insistito affinché il loro primo incontro avvenisse in un contesto un po’ più tranquillo di una scena del crimine.
 
A dispetto delle avvertenze di Mycroft, Sherlock sembra normalissimo. Risponde a monosillabi e per la maggior parte del tempo pare non ascoltarlo nemmeno, ma è tipico dei giovani essere perennemente annoiati e non mostrarsi loquaci con gli adulti, quindi Greg non dà peso alla cosa.  
 
Era sicuro che Mycroft stesse esagerando; drammatizzare è tipico dei fratelli maggiori.
 
*
 
“Che diavolo stai combinando?!” Greg allontana il pennello dalla parete e si volta verso la soglia da cui la moglie lo fissa in cagnesco “Ti avevo detto che la volevo rosa!”
 
“Ma questo è rosa” ribatte, allargando le braccia a indicare quello che, a suo parere, è un palese – nonché orribile – rosa confetto.
 
“Non è rosa, Greg, è magenta.” Greg non è sicuro d’esser mai stato al corrente dell’esistenza di questo colore. “Da quando sei diventato daltonico?”
 
“Lara” comincia Greg, cerca di risultare conciliante “Ho già ridipinto due pareti, non potresti-?”
Greg si tappa le orecchie per attutire il tonfo della porta che sbatte.
 
*
 
Greg telefona a Sherlock appena arrivano sul posto. Il corpo martoriato di una donna è stato ritrovato dal marito al rientro da un viaggio di lavoro. È stato lui a chiamare la polizia, con la voce rotta dai singhiozza.
 
Non occorre un medico per capire che la donna è stata uccisa diversi giorni prima, dal momento che il cadavere è già in stato di decomposizione. Greg è felice di dover aspettare Sherlock fuori dalla villetta, perché l’attesa gli permette di eludere quel terribile spettacolo almeno per qualche minuto. Ha visto di peggio, in tutti quegli anni di servizio, ma ci sono cose a cui non si fa mai davvero l'abitudine.
 
“Ciao Sherlock” lo saluta Greg, andandogli incontro “La vista potrebbe non essere molto-”
 
“Se avessi voluto una bella vista, sarei andato a contemplare il tramonto.”
 
Il ragazzo lo supera senza dargli il tempo di ribattere, e a Greg non sfugge lo sguardo truce che Sally gli rivolge mentre entra in casa. Greg lo segue e lo vede chinarsi accanto al corpo seviziato senza fare una piega, per poi cominciare ad analizzarlo con la fredda lucidità che i medici riservano alle cavie di laboratorio. Greg è stupefatto, e non riesce a capire se il suo sia uno stupore positivo o negativo. Si domanda se Sherlock sia davvero indifferente a quello scenario o se si tratti solo di una facciata.
 
Quando il pianto sommesso del marito torna a risuonare tra le pareti della villa si ritrova a pensare a Lara e a come si sentirebbe se un giorno, rincasando, la trovasse in quelle condizioni. Sa che sarebbe lacerante, malgrado abbia smesso di amarla da molto tempo, e si chiede come possa una persona ricominciare dopo aver vissuto un’esperienza simile. È sempre possibile voltare pagina o certe cose ti spezzano in maniera irrimediabile?
 
“Santo cielo, Lestrade, penserà dopo ai diverbi con sua moglie!”
 
Greg trasalisce e si avvicina a Sherlock, ancora inginocchiato accanto al cadavere.
 
“È da almeno dieci minuti che cerco di attirare la sua attenzione.”
 
“Scusami, ero- distratto.”
 
“Me n’ero accorto.”
 
“Hai bisogno di qualcosa?”
 
“Sì. Che licenzi l’imbecille che si occupa della assunzioni a Scotland Yard.”
 
“Come?”
 
Decisamente non è la richiesta che s’aspettava.
 
“Sanders gioca d’azzardo, Davidson si ubriaca, Smith ha un’amante e Anderson è un idiota. Non che gli altri non lo siano.”
 
Frastornato dalla spietata disamina, Greg si strofina il viso con una mano e ingoia un sospiro – se Sherlock non avesse appena annientato quelli che ha sempre reputato i suoi migliori agenti sarebbe sorpreso per il fatto che ne abbia memorizzato i nomi così velocemente. “Sono io l’imbecille.”
 
Sherlock solleva lo sguardo per un istante e lo fissa in maniera imperturbabile, poi torna ad analizzare il cadavere senza replicare.
 
*
 
Quando le indagini giungono al termine e il corpo viene portato via, Greg si avvicina a Sherlock per porgli la domanda che gli ronza in testa da ore.
 
“Come facevi a sapere dei diverbi con mia moglie?”
 
“Le macchie di vernice sulle maniche” risponde Sherlock, un gigantesco è ovvio implicito nel suo tono “La prima volta che ci siamo visti ne avevi una magenta, oggi blu. Dev’essere indecisa sul colore con cui ridipingere la stanza, il che ti irrita e ti deconcentra. Inoltre non ti sta stirando le camice, quindi è arrabbiata con te. Probabilmente hai procrastinato troppo a lungo per i suoi gusti, oppure hai sbagliato il colore della vernice la prima volta. O magari entrambe le cose. Riguardo agli agenti-”
 
“Lascia stare, ti credo” lo interrompe Greg “Farò fare dei controlli a Sanders e a Davidson. Non a Smith. Il fatto che abbia un’amante non è rilevante.”
 
“E Anderson?”
 
“Non posso licenziare una persona perché la reputi un’idiota.”
 
“Non la reputo un'idiota; è un'idiota.”
 
Forse Mycroft non aveva tutti i torti.
 
*
 
“Avevo detto rosso carminio!”
 
“È quello che ho detto al negoziante!”
 
“Ma questo è rosso falun!”
 
“Cristo, Lara, non so nemmeno cosa diavolo sia il rosso falun! Si può sapere perché non te la compri da sola la vernice?!”
 
Il campanello tronca la risposta piccata che Lara era già pronta a fornire. Malgrado sia poco presentabile è Greg ad andare ad aprire, e prima di dirigersi verso l’ingresso deve sforzarsi per reprimere l’impulso di lanciare il pennello contro la smorfia contrariata che campeggia sul viso della moglie.
 
È così nervoso che nemmeno domanda chi sia.
 
“Sherlock” dice, in quello che vorrebbe essere un saluto ma che suona più come una constatazione sorpresa “Chi ti ha dato il mio indirizzo?”
 
“Mi serve il fascicolo sul caso Ashton” replica il ragazzo, secco e pragmatico “Credo d’aver trovato il colpevole, ma ho bisogno di controllare alcune cose.”
 
Un leggero rumore di passi si spande nell’appartamento. Un istante dopo, Greg vede Sherlock puntare lo sguardo su un punto oltre le proprie spalle e irrigidirsi.
 
“Ti porti il lavoro anche a casa adesso?” grida Lara “Vedi, pensi solo a quello!”
 
Greg vorrebbe che s’aprisse una voragine sotto i suoi piedi e lo inghiottisse.
 
*
 
Il mattino dopo, Greg passa a Baker Streat per portare a Sherlock il fascicolo richiesto. Il ragazzo pareva piuttosto seccato per il fatto che non l’avesse con sé ma, per fortuna, non gli ha chiesto di andarlo a prendere seduta stante. Probabilmente Lara gli avrebbe lanciato addosso l’intero servizio di piatti, se l’avesse fatto.   
 
Greg raggiunge l’appartamento e bussa, ma nessuno viene ad aprirgli. Tende l’orecchio e constata che dall’interno non provengono rumori. Chiama Sherlock a voce alta senza ottenere risposta. Prova a telefonargli, ma il cellulare squilla a vuoto. A quel punto decide di recarsi dalla padrona di casa, quella a cui Mycroft gli ha detto di rivolgersi in caso d’emergenza – all’epoca, Greg s’era chiesto a che tipo di emergenze stesse alludendo. In quel momento, si pente amaramente di non aver formulato la domanda a voce alta.
 
“Mi spiace, ispettore” gli dice la donna in tono costernato “Sherlock è uscito di casa all’alba e non è ancora rientrato.”
 
Le voce di Mycroft continuano a risuonargli nella testa, e un pessimo presentimento si fa strada tra l’eco di quelle parole. 
 
*
 
Greg sa che è stupido cercare una persona a Londra senza avere la benché minima idea di dove sia, ma non può farne a meno. Quel brutto presagio continua ad opprimerlo, e non gli riesce di tornare a casa ed ignorarlo. Non sa come rintracciare Sherlock, quindi non gli resta che girovagare nella speranza di trovarlo. Gira a vuoto per quasi tre ore e poi finalmente lo vede, ma non prova alcun sollievo. Sherlock è riverso sull’asfalto privo di sensi. Greg s’inginocchia al suo fianco e gli controlla il polso. È un gesto automatico, ma in realtà non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi che sia- non è possibile, quell’età non è fatta per morire, è ingiusto e Greg si rifiuta di crederci, anche se ne ha visti tanti, di ragazzi morti a quell'età, abbastanza da sapere che la data di nascita non è un dato rilevante, ma anche questo rientra nella lista di cose a cui non si può fare l’abitudine.

Il battito è lì, placido e regolare, e Greg s’accorge solo nel momento in cui rilascia l’aria d’aver trattenuto il fiato. Prende in braccio Sherlock – senza fatica, perché è incredibilmente leggero - e lo adagia sul sedile posteriore della sua automobile, guida fino a Baker Streat e lo riporta nel suo appartamento. Controllare le tasche del suo cappotto e la ricerca della chiave risulta piuttosto problematico, con Sherlock in braccio, ma Greg preferisce non chiamare la padrona di casa per evitare di allarmarla. Con molta pazienza e un paio di mosse da contorsionista riesce nell’ardua impresa di aprire la porta. Cerca a tentoni l’interruttore e accende la luce una volta individuatolo, trova la stanza di Sherlock e lo poggia delicatamente sul letto. Gli toglie il cappotto e sospira vedendo i buchi e i lividi che gli ricoprono il braccio.
 
*
 
Dopo aver sistemato Sherlock a letto Greg invia un sms a Lara, comunicandole che non tornerà a casa a dormire. Le dice che è per lavoro. Sa già che si arrabbierà, ma non gli importa; in fondo, il mattino seguente avrebbe comunque trovato un pretesto per prendersela con lui. Ripone il cellulare in tasca e va in cucina. Non ha cenato ed ha un leggero languorino. Raggiunge il frigorifero e lo trova tristemente vuoto, eccezion fatta per della carne in scatola sul primo ripiano e per delle- dita mozzate sul secondo.
 
Perfetto Greg. Adesso vedi dita mozzate nei frigoriferi altrui.
 
È decisamente troppo vecchio per stare in piedi a quell’ora.
 
*
 
Il mattino dopo, viene svegliato da una brusca scrollata.
 
“Dov’è?” domanda Sherlock, senza smettere di scuoterlo.
 
“Calma, sono sveglio” mugugna, sollevandosi dal tavolo su cui si è addormentato senza nemmeno mangiare la carne in scatola “Potresti almeno dire ‘buongiorno’.”
 
“Dov’è?” ripete Sherlock, scandendo le parole con rabbia, e Greg incrocia le braccia posando su di lui uno sguardo duro “L’ho buttata nel lavandino.”
 
“Cosa?! Perché l’hai fatto?”
 
“Perché per colpa di quella roba sei svenuto per strada, e chissà per quanto tempo ci saresti rimasto se non ti avessi trovato.”
 
“Quindi Mycroft ti ha chiesto di farmi da balia?” domanda Sherlock con disprezzo, e Greg pensa che cominciare la giornata con una litigata e con un mastodontico mal di testa debba essere scritto nel suo destino.
 
“Ero venuto per portarti il fascicolo. Non c’eri e ti ho cercato perché credevo che ti fosse successo qualcosa. Ti ho visto e ti ho riportato a casa, non me l’ha ordinato nessuno.”
 
“Esatto!” urla Sherlock “Non te l’ha ordinato nessuno, pertanto sei pregato di non immischiarti più in affari che non ti riguardano!”
 
Sherlock raggiunge l'uscio ed esce di casa sbattendo la porta. Greg si domanda cos’abbia fatto di tanto orribile nella sua vita precedente per meritare tutto questo.
 
*
 
Greg vorrebbe andare da Mycroft e prenderlo a pugni, ma l’unica volta che l’ha incontrato di persona è stato condotto da lui bendato e senza ricevere alcuna informazione in merito alla location in cui si stesse svolgendo l'incontro, pertanto non sa come fare a raggiungerlo. Non gli resta che aspettare che la Limousine nera torni a farsi viva; questa volta, non si fa pregare per salirvi.
 
“Quando diavolo aveva intenzione di dirmelo?” 
 
“A tempo debito.”
 
“A tempo debito? Subito era il tempo debito!”
 
“Smetterà. Il suo cervello ha bisogno d’altro, e l’altro sono i casi.”
 
Sherlock aveva ragione a sospettare di Mycroft. Malgrado gli abbia presentato la faccenda sotto una luce completamente diversa, è chiaro che il suo intento fosse quello di controllarlo. Dev'essersi figurato Greg come una sorta di baby-sitter. Li meriterebbe davvero, quei pugni, ma a Greg non piace ricorrere alle mani e per qualche strano motivo picchiare Mycroft gli pare qualcosa di assolutamente-inopportuno, anche se avrebbe mille buone ragioni per farlo. 
 
“Quindi vuole soppiantare una dipendenza con un’altra” si limita a dire, la voce tagliente e piena di risentimento, e per la prima volta lo sguardo di Mycroft vacilla. 
 
“Lei non conosce Sherlock.”
 
Questa volta, la replica gli muore in gola.
 
*
 
“Il marito.” Sherlock si ferma accanto al tavolo a cui Greg è seduto e vi lancia il fascicolo consegnatogli la settimana prima. Dal giorno in cui hanno litigato, non si sono né visti né parlati. “È stato il marito ad uccidere la signora Ashton. Delitto passionale. Terribilmente banale.”
 
Greg fissa il dossier. Aveva escluso il marito dalla lista degli indiziati sin da subito, ma non ha dubbi sul fatto che Sherlock abbia ragione. Magari dopo gli domanderà come abbia fatto a giungere a quella conclusione.
 
“Siediti” gli dice e, contro ogni previsione, Sherlock lo fa. Greg gli chiede se abbia voglia di bere, e Sherlock rifiuta. Così, restano in silenzio. Greg butta giù un paio di sorsi di birra, poi parla tenendo gli occhi fissi sul bicchiere.
 
“Puoi dirmelo. Di mia moglie. Tanto lo so già.”
 
Quando solleva lo sguardo, trova quello di Sherlock puntato sul pavimento. Sembra a disagio, e Greg pensa che probabilmente non gli capiterà più di vederlo in quello stato.
 
“Come te ne sei accorto? Taglio di capelli, colore dello smalto…?”
 
“L’ho vista. Con Smith.”
 
È un brutto colpo, malgrado pensasse da tempo che Lara avesse un amante - un sospetto, per quanto forte, lascia sempre adito alla speranza. Non sa se il fatto che si tratti di un suo sottoposto renda la cosa peggiore. Probabilmente no. In fondo, non fa alcuna differenza.
 
“In ogni caso, era deducibile dal profumo. Non è da donna e non è il tuo.”
 
Il silenzio che segue è gravido d’imbarazzo. Greg non ha parole con cui colmarlo.
 
“Perché non la lasci?”
 
“Non lo so” ammette “Per paura, credo. Siamo sposati da vent’anni anni. Non saprei cosa fare, dopo. Tornare a casa e non trovare nessuno mi spaventa.”
 
È la prima volta che lo dice a voce alta, ed è liberatorio, in un certo modo. Sherlock non sembra la persona più adatta a raccogliere confidenze di quel tipo, ma Greg aveva troppo bisogno di buttare fuori quelle parole e non aveva voglia di inventarsi una scusa dietro cui nascondere la sua vigliaccheria – perché è di quello che si tratta, ne è tristemente consapevole.
 
“È sciocco aver paura della solitudine.”
 
È una frase dura, ed è quasi irreale sentirla pronunciare con tanta freddezza da un ragazzo così giovane. Anche vederlo chinarsi su quel cadavere una settimana prima gli era sembrato irreale. Forse, Sherlock proviene davvero da un altro pianeta.
 
“Può darsi. Gli essere umani fanno molte cose sciocche” acconsente Greg, poi fissa Sherlock e storce la bocca in un sorriso che non credeva di poter tirar fuori “La maggior parte, almeno.”
 
“E tu?” chiede, dopo qualche altro istante di silenzio “Perché ti rovini con quella roba?”
 
“Non ti ho autorizzato a fare domande sulla mia vita.”
 
“Nemmeno io sulla mia.”
 
È una buona risposta, almeno a giudicare dal modo in cui l’espressione di Sherlock muta. “Puoi dire a Mycroft-”
 
“Smettila di pensare che sia il burattino di Mycroft. Non mi detto di lui di chiedertelo.”
 
Sherlock torna a fissare il pavimento, e a Greg pare quasi di poter sentire il rumore degli ingranaggi che si muovono nella sua testa.
 
“Ne ho bisogno” dice alla fine, e ci sono molte cose nella sua voce, frustrazione e disagio e rabbia per una debolezza che lui stesso fatica ad accettare “Ma non come gli altri.”
 
Greg ripensa alle parole di Mycroft, e capisce. Forse capire è una parola troppo grande, ma non sente il bisogno di fare altre domande.
 
“Non puoi prenderla se vuoi continuare a collaborare con noi. Cosa che, per inciso, mi farebbe molto piacere.”
 
Sherlock lo guarda, e annuisce. “Va bene.”
 
Greg afferra il boccale, sollevato, e inaspettatamente Sherlock riprende a parlare.  
 
“Ti perdono per quello che hai fatto l’altra sera.”
 
“Immagino sia il tuo modo per ringraziarmi e scusarti per la sfuriata.”
 
“Assolutamente no.”
 
Greg finisce la birra a grandi sorsate.
 
*
 
Quel giorno succede una cosa incredibile, così incredibile che la data meriterebbe d’esser segnata in rosso sul calendario. Sherlock arriva sulla scena del crimine con un uomo, e questo sarebbe già abbastanza stupefacente di per sé, dal momento che Sherlock non ha di certo bisogno di collaboratori e non ha amici, al di fuori di lui – Greg non è nemmeno sicuro che lo consideri tale. Il fatto che si sia presentato con una persona al seguito è anomale quanto sconcertante, ma la situazione rivela tutta la sua inconcepibile stravaganza quando Sherlock comincia ad analizzare il cadavere. Greg lo vede condividere le sue riflessioni con quell’uomo – e non c’è stata volta in cui l’abbia fatto con lui o con qualcun altro, in tutti quegli anni - e prestare attenzione alle sue osservazioni, e sembra che gli piaccia sia essere ascoltato sia ascoltarlo. Quando Donovan si avvicina e Sherlock fa per sbraitarle contro, l'uomo lo ammonisce con un’occhiata e Sherlock torna ad esaminare il corpo senza proferir parola.
 
Greg pensa che dev’esser tutta una gigantesca allucinazione o, in alternativa, che sia dotato di un qualche potere soprannaturale.
 
*
 
Quando l’uomo riceve una telefonata e s’apparta per rispondere, Greg ne approfitta per avvicinarsi a Sherlock e chiedergli delucidazioni.
 
“Sherlock, chi è-?”
 
“John. Da oggi verrà con me” ribatte, in un tono che non ammette repliche.
 
Greg vorrebbe dirgli che è già abbastanza difficile consentire a lui di aggirarsi indisturbato sulla scena del crimine e che servirebbero una dozzina di autorizzazioni per permetterlo ad un’altra persona e che almeno poteva chiederglielo, ma è troppo stupito per dar voce ad una sola di queste recriminazioni.
 
“È il mio coinquilino.”
 
“Coinquilino? Davvero?” domanda, e un ricordo vecchio di anni riaffiora nella sua mente “Pensavo fosse sciocco aver paura della solitudine.”
 
Le mani di Sherlock indugiano per un istante impercettibile lungo il braccio del cadavere, ed è un’esitazione che vale più di mille parole.
 
“Non ho paura della solitudine, ma delle spese” replica indispettito, senza staccare lo sguardo dal corpo “Sai, non è facile affrontarle quando lavori senza stipendio.”
 
“Certo. Le spese."

"Le spese. Esatto." 

Greg gli lascia l'ultima parola; per lui, la soddisfazione è una vittoria sufficiente.  


 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Sherlock (BBC) / Vai alla pagina dell'autore: Alley