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Autore: bik90    22/07/2014    8 recensioni
-Sei il mio ponte tra questi due mondi!-
Martina si fermò e un brivido la scosse. Eleonora non si lasciava mai andare a parole troppo dolci, quello che era riuscita a dire era già troppo per lei. Si voltò verso la diciottenne.
-Allora perché ti comporti così?- domandò con le lacrime agli occhi.
La bionda chinò il capo con aria colpevole.
-Non posso...- mormorò semplicemente.
Già, non poteva. Sarebbe stato troppo difficile per lei ammettere di tenere tantissimo a quella ragazza che le stava di fronte.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Si era svegliata sentendo sua madre rientrare dopo aver fatto la notte in ospedale. Fulvia si era diretta in bagno per farsi una doccia e cambiarsi ma, nel notare Eleonora in piedi, optò per preparare il caffè. Mentre la caffettiera era sul fuoco, arrivarono anche Federico e Claudia.
<< Potevate dormire un altro po' >> disse mettendo sul tavolo tre tazzine e un tazza più grande per Eleonora che preferiva il tè. 
Claudia scosse il capo guardando il calendario appeso in cucina e storse il naso ricordando che quella mattina di solito era dedicata ad abbellire la casa con le tipiche decorazioni natalizie.
<< Studio ancora per domani e poi vado da Serena >> affermò sedendosi e iniziando a mangiare una fetta biscottata senza niente sopra.
<< C’è lui con Serena? >> chiese Eleonora poggiando la schiena al frigorifero cercando di non far cadere le calamite.
Le dava tremendamente fastidio che avesse compreso che tipo di rapporto intercorresse tra le due ragazze ma era una cosa che avrebbe affrontato non appena sua sorella fosse stata meglio.
Sto rimandando troppe cose, pensò guardando tutti i presenti.
Fulvia annuì sorseggiando il suo caffè.
<< So che non ti piace questa cosa >> aggiunse subito dopo << Non piace nemmeno a me ma è pur sempre vostro padre e domani avremo i risultati del test di compatibilità. Quest’incubo potrebbe finire presto >>.
La ragazza si strinse nelle spalle senza aggiungere altro.
<< Come è andata la notte? >> domandò Claudia.
<< È passata >> rispose semplicemente Fulvia abbassando lo sguardo.
Tutti compresero da quella breve frase che le cose non stavano andando nel migliore dei modi. Già il giorno prima Eleonora e Federico avevano notato che la sorella aveva iniziato ad accusare i primi malori a causa della cura che aveva iniziato. Non aveva voluto mangiare se non sotto insistenza dei due fratelli per poi avere un conato di vomito subito dopo. Eleonora immaginò che durante la notte la situazione fosse solo potuta peggiorare. Strinse una mano a pugno per l’impotenza di poter solo aspettare e ricacciò le lacrime che si stavano formando. 
<< Incrociamo le dita >> disse Federico passando un braccio intorno alle spalle della sorella << Funzionerà. Altrimenti ci siamo anche noi >>.
Eleonora posò il capo sui pettorali dell’altro e si limitò ad annuire. 

Era stato strano passare da casa sua a quella di Martina che traspariva aria natalizia da tutti i pori. La ragazza dai capelli rossi le era andata ad aprire col tipico cappello di Babbo Natale sulla testa e un enorme sorriso sul viso.
<< Ciao amore >> la salutò dandole un lieve bacio sulle labbra. 
Eleonora sentì un piacevole calore alla bocca dello stomaco a quell’appellativo che la fece sorridere.
<< Sei carina con questo cappello >> le disse sfiorandole una ciocca di capelli.
Martina si toccò la punta dell’indumento arrossendo leggermente prima di farla entrare. Chiuse la porta conducendola nel salone dove era riunita tutta la famiglia Capasti. Alice rideva mentre abbelliva l’abete e sia lei che Sofia indossavano lo stesso cappello della ragazza più grande. Nel vedere quella scena, ad Eleonora vennero in mente Ilaria e Serena, all’incirca della stessa età di Alice. 
<< Ciao Ele >> disse allegramente la bambina.
<< Ciao Eleonora >> fece la donna consegnandole una pallina << Ci dai una mano? >>.
Le strizzò l’occhio prima di tornare a concentrarsi sulla grande scatola contenente le varie decorazioni. 
<< Volentieri >> rispose la diciottenne togliendo la borsa che aveva a tracolla e posando per terra il casco. 
Non decorarono solo l’abete. Una volta terminato l’albero e aver controllato che tutte le luci si accendessero, Eleonora scoprì che la signora Capasti aveva anche un servizio da tè natalizio che usarono, una palla di vetro di quelle che se agitate fanno cadere della finta neve su un gruppo di bambini intenti a giocare con gli slittini e un Babbo Natale che, appena inserita la presa della corrente, cantava e si muoveva. Martina scoppiò a ridere quando suo padre porse ad Eleonora un pesce orrendo e viscido che, appena toccò le mani della ragazza iniziò a muoversi come se fosse vivo. 
<< Tranquilla, è il suo giochetto preferito. Lo fa con tutti >> affermò dopo che la più grande si fu scusata per averlo scaraventato per terra a causa dello spavento << Vogliamo andare adesso? >>.
L’altra ragazza controllò l’ora e annuì. Suo fratello probabilmente era già lì e non voleva che passasse troppo tempo da solo con Augusto. 
<< Grazie per avermi fatto venire >> le disse guardando l’albero << Sono stata bene >>.
Martina la baciò approfittando di un momento in cui nessuno le stava guardando.
<< Ne sono contenta >> rispose << Mamma, noi andiamo! Ci vediamo per cena >>.
<< Aspetta un attimo, Marty! >> urlò Sofia dalla cucina.
Quando le raggiunse, tra le mani stringeva una piccola busta di carta.
<< Porta questo a tua sorella, Ele >> continuò.
Eleonora afferrò la busta con aria interrogativa e, dopo aver controllato, gli occhi le si velarono di un misto tra malinconia e imbarazzo. Dentro c’erano un altro cappello rosso e una decorazione natalizia di legno a forma di pupazzo di neve.
<< Non dovevi, Sofia >> disse per poi voltarsi verso Martina.
<< È solo un pensiero, Ele >> ribatté l’altra << E poi è stata mamma che ha insisto >>.
<< Ho semplicemente pensato che avrebbe portato un po’ di allegria >> disse la donna accarezzandole la guancia << E il pupazzo di neve è di legno perché il vetro è troppo delicato >>.
<< Grazie, a Serena piaceranno entrambi >> mormorò la ragazza più grande. Inaspettatamente fu abbracciata da Sofia che cercò di trasmetterle il suo calore << Anche per questo >> aggiunse sciogliendosi. 
Prese il casco da terra e salutò aspettando che Martina facesse lo stesso.

<< Conta fino a dieci prima di dire qualunque cosa>> proclamò Federico non appena vide la sorella.
Eleonora si passò un mano tra i capelli.
<< È con Serena? >> chiese << O c’è mamma? >>.
<< È fuori la stanza >> rispose il ragazzo salutando anche Martina << Qualunque cosa dica, tu non dargli corda. Starai solo una merda dopo >>.
La sorella si limitò ad annuire mentre entrava in reparto. Voleva consegnare i regali di Sofia a Serena e voleva farlo senza inframmezzare l’azione da urla e cattiverie. Federico aveva ragione, la calma era la prima cosa cui doveva appellarsi. Strinse la mano della più piccola avvicinandosi alla camera e la lasciò nel preciso momento in cui Fulvia ne uscì per andare in bagno. La donna salutò entrambe le ragazze soffermandosi ad osservare un po' più a lungo Martina prima di allontanarsi e in quell’attimo anche Augusto terminò la chiamata che stava facendo. Fece per muovere qualche passo verso di loro ma si bloccò quando Eleonora s’infilò velocemente in stanza trovandovi sia Ilaria che Michael. Si domandò quanto comprendesse quel bambino di tutta quella situazione visto soprattutto che non parlava italiano. La tredicenne si rivolgeva al fratello in inglese coinvolgendo anche Serena che, però, aveva poca voglia di fare conversazione e la più grande dovette ammettere che Ilaria aveva un’ottima pronuncia. 
<< Ehi >> salutò Eleonora posando una mano sul ginocchio della bambina << Come stai Sery? >>.
Serena non rispose limitandosi a guardarla con occhi stanchi. La flebo che aveva attaccata al braccio le aveva prodotto un livido che doveva dolerle.
<< Forza, piccola >> continuò << Guarda cosa ti ho portato, è un regalo da parte dei genitori di Martina >> disse estraedolo dalla busta e porgendoglielo.
La sorella prese entrambe gli oggetti rivolgendo ad entrambe le ragazze un sorriso.
<< Grazie >> disse sporgendosi per abbracciare sia Eleonora che Martina per tornare subito dopo sdraiata.
La ragazza dai capelli rossi sorrise alla bambina prima di notare Augusto appoggiato allo stipite della porta che osservava la scena. Entrò invece Federico che, dopo aver dato alla sorella un bacio sulla fronte, salutò tutti i presenti promettendo che sarebbe tornato tra qualche ora, il tempo di andare a casa a studiare filosofia per il giorno seguente. Insieme a lui uscì anche Eleonora desiderosa di fumare e di stare lontano dal padre ora che sarebbe rimasta, in un certo senso, sola. Con un cenno della mano salutò il fratello che si allontanò verso l’uscita principale mentre lei si voltò verso quella di emergenza. Martina le andò dietro vedendola appoggiarsi alla parete e fare un respiro profondo. Si guardarono mentre le loro dita s’intrecciavano.
<< Tua sorella migliorerà, vedrai >>.
Eleonora annuì osservandola. Aveva lasciato i capelli sciolti che, col casco e il vento, ora erano leggermente spettinati. Ne prese una ciocca e si accorse che Augusto le stava osservando. 
<< Cosa ne pensi di tornartene dentro? >> domandò rivolta all’uomo.
<< Mi incolpi di essere finalmente felice, Eleonora? >> chiese a sua volta suo padre.
<< Io ti incolpo d’aver costruito la tua felicità sulla nostra infelicità! >> esclamò la ragazza staccandosi dal muro << Ci hai abbandonate! Così, all’improvviso! Mi hai lasciata da sola! >>.
Nel parlare le sue guance si erano imporporate.
<< L’ho fatto perché non avevo altra scelta >> rispose Augusto << Tuo nonno mi aveva ingabbiato e io non riuscivo più a reggere >>.
<< Smetti di incolpare nonno! >> urlò Eleonora che non sopportava che suo padre parlasse così di Ennio << Questi sono i tuoi errori non i suoi. Lo diceva sempre che eri la mela marcia della famiglia! >>.
Gli occhi dell’uomo si assottigliarono.
<< Diceva questo? È solo colpa sua se sono arrivato a tanto, come fai a non capirlo? Voleva che fossi una persona che non ero e non volevo nemmeno essere! Tutto quello che ho fatto, sposarmi e creare una famiglia, l’ho fatto perché era lui che me l’aveva imposto! Dopo che tua madre... >>.
<< Perché è stato così difficile per te volermi bene? Eppure io ero perfetta, cazzo! Facevo qualunque cosa per compiacervi! >>. 
<< Perché non ti volevo, Eleonora! Non ti ho mai voluta! Non ho mai voluto essere padre quando Fulvia rimase incinta! >>.
A quelle parole calò il silenzio tra i tre. Martina si portò una mano sulla bocca sconvolta da quella rivelazione mentre l’altra era una statua di pietra.
<< Io e tua madre ci frequentavamo da otto mesi quando scoprì di aspettarti. Solo otto cavolo di mesi. L’avevo conosciuto ad una festa di amici in comune, mi era piaciuta, iniziai a parlarci. Così cominciammo a uscire insieme, lei aveva ventotto anni e io ventinove all’epoca. Lavoravo già all’estero ma ero stato rimandato a casa per seguire dei corsi di aggiornamento e non avevo nessuna intenzione di sposarmi. Fulvia era una gradevole compagnia, bella e intelligente, si stava preparando per un concorso a Bruxelles come interprete di lingua francese >> continuò Augusto deciso a raccontare tutto alla figlia nonostante l’espressione indecifrabile del viso << Ricordo ancora la chiamata che mi fece per comunicarmelo e il mio sconforto. La prima cosa cui pensai? L’aborto. Non ero ancora pronto a fare il padre, mi sentivo ancora un ragazzo! Ma tua madre... >> scosse il capo << Tua madre mi rispose che non avrebbe commesso nessun peccato mortale, che era contraria ad una simile cosa perché Dio tutto vede e tutto ascolta. E poi, figurati. Ho fatto l’errore di parlarne con tuo nonno per cercare un consiglio. Mi impose di sposarmi prima che la pancia di Fulvia fosse troppo evidente, prima che tutto il paese avesse avuto modo di parlare di un figlio illegittimo che sarebbe nato, di mettere la testa a posto e di prendermi le mie responsabilità. Figurati, eri la prima nipote col suo cognome, ti voleva molto più di me. Mi sono sentito con le spalle al muro e... >>.
<< Per favore >> lo interruppe improvvisamente Martina che non smetteva di cercare gli occhi di Eleonora << Basta >>.
Augusto posò il suo sguardo su di lei e scosse il capo prima di tornare a guardare la figlia rimasta immobile.
<< No >> disse << Voglio che mi ascolti attentamente, Eleonora. Perché il mondo non è bianco o nero come ti ha insegnato mio padre, non è tondo o quadrato. Siamo tutti diversi e allo stesso tempo uguali. Mi sono sposato. E, quando ho detto  il fatidico sì, avevo quasi creduto che avrebbe potuto funzionare, che avrei potuto trovare la serenità che fino a quel momento mi era mancata ma mi sbagliavo. Come si sono sbagliati tutti quanti. La conferma che non ero pronto la ebbi il giorno della tua nascita. Mentre tutti erano in sala d’attesa in febbricitante eccitazione, io sentivo quella gabbia d’oro che mio padre mi aveva costruito intorno serrarmi fino a farmi mancare l’aria. Non sarei mai stato un buon padre e un buon marito, non mi ero mai soffermato a pensare nemmeno al tuo nome! Mai una volta pensai a come avresti potuto chiamarti. Tredici mesi dopo nacque Federico. Credevo che un tradimento Fulvia non l’avrebbe mai accettato, che mi avrebbe lasciato ed io sarei stato finalmente libero di smettere di fingere di essere felice. Stava per essere così, sai? Tua madre all’inizio chiese la separazione, ma poi si mise in mezzo tuo nonno che la convinse a non farlo, a perdonarmi, a non gettare il nostro matrimonio in mano agli avvocati per te che eri ancora così piccola >>.
<< Sarebbe tutta colpa mia quindi? >> domandò semplicemente Eleonora con un filo di voce.
<< No! >> esclamò Martina prendendole il viso e costringendola a guardarla << Non è colpa tua, chiaro? Tu non c’entri niente >>.
<< Sono stato per dieci anni infelice e costretto in una vita che non volevo. Tu crescevi in maniera splendida e ricevevo complimenti da ogni dove. Ma più tu tendevi alla perfezione, come ti aveva insegnato tuo nonno, e più io mi sentivo inadeguato a farti da padre. Come con le tue sorelle. Così ho fatto l’unica cosa che mi restava da fare: sono andato semplicemente via. Avevo bisogno di ricominciare la mia vita di nuovo, lontano da tutti quelli che volevano mettermi in uno di quegli schemi che la società imponeva. E l’ho fatto. E mi dispiace aver creato la mia felicità sui vostri dispiaceri ma non sapevo come altro fare. Nessuno mi poteva aiutare e non c’era un modo migliore. Ne avevo bisogno come l’aria che respiriamo. Sono stato due anni in giro per il mondo, spostandomi continuamente sia per lavoro che per piacere. Ho conosciuto tante persone e visto tante cose finché un giorno ho capito che dovevo fermarmi perché avevo incontrato lei, Victoria, la madre di Michael. Improvvisamente mi sono sentito completo, appagato, felice come non lo ero mai stato. Nessuno mi costringeva a starci, lo volevo davvero, esattamente come ho desiderato con ogni fibra del mio essere che mi desse un figlio che fosse mio e suo, nostro. E la mattina mi sveglio contento accanto a lei. Ora sono un buon padre e un buon marito perché è la cosa che più desidero al mondo >>.
Per pochi secondi non si sentì nulla, nessuno parlò o emise alcun suono. Poi si sentì un singhiozzo che non apparteneva né a Martina né ad Augusto. Eleonora si voltò per non farsi vedere e si coprì la bocca per non far sentire che stava gemendo. Chiuse gli occhi e le lacrime iniziarono a fuoriuscire senza che potesse fermarle. Sapeva che era la verità quella appena ascoltata, era semplicemente la rude realtà dei fatti. Fece qualche passo verso l’entrata dell’ospedale ma la ragazza dai capelli rossi le si parò davanti.
<< Ele... >> riuscì solo a mormorare prima che l’altra alzasse una mano per allontanarla.
Entrò in ospedale diretta verso l’uscita principale. Ad ogni passo che faceva sentiva l’aria mancarle e aveva bisogno di restare sola. Sola con le parole che le aveva rivolto suo padre, sola con l’idea che si era costruita di suo nonno e dell’uomo che l’aveva creata. Mai come in quel momento si sentiva rifiutata da suo padre e da sua madre mentre dell’anziano signore pensava che l’avesse voluta per senso del dovere. Non era stata desiderata da nessuno, nessuno le aveva voluto bene per quello che rappresentava nonostante tutto quello in cui era riuscita. Suo nonno l’aveva resa quello che era adesso e la sensazione di vuoto la invadeva in modo opprimente. Non si accorse di stare correndo e solo quando si scontrò con Claudia, si rese conto che fosse la sorella. Si guardò intorno senza smettere di piangere e tremò nel sentire la mano dell’altra sfiorarle il viso.
<< Ele...ma cosa... >> mormorò in modo incerto.
<< Ele! >> esclamò Martina raggiungendole << Non devi credergli! >>.
Claudia scostò gli occhi dalla più grande alla ragazza che era appena arrivata.
<< A chi? >> chiese preoccupata << A papà? Che ti ha detto? >>.
Invece di rispondere Eleonora alzò lo sguardo su Tommaso che era rimasto in silenzio.
<< Puoi accompagnarla a casa per favore? >> domandò riferendosi a Martina.
Il ragazzo si limitò ad annuire senza fare domande vedendo in che stato fosse.
<< Certo, ci pensa Tom >> intervenne la sorella << Ma Ele, adesso non... >>.
Non fece in tempo a finire la frase che Eleonora si era già defilata. Martina non riuscì a fermarla, la vide salire sul suo motorino senza nemmeno indossare il casco e partire. Si voltò verso Claudia sospirando e sbatté con violenza la mano sulla porta a vetri fremendo subito dopo per il dolore.
<< Spero che qualcuno adesso mi spieghi >> affermò la quindicenne incrociando le braccia sul petto e guardando la ragazza che si massaggiava le dita.

Eleonora era uscita dalla doccia e si stava tamponando i capelli bagnati con un asciugamano pulito mentre camminava a piedi nudi verso la sua stanza. Prese l’iphone lasciato sul letto e cancellò le nove chiamate di Martina e i due messaggi in segreteria senza ascoltarli. Guardò l’ora sforzandosi di non sentire costantemente la voce del padre nella sua testa. Era rimasta a lungo sola e aveva pianto pensando che le si sarebbero consumati gli occhi con tutte quelle lacrime versate e poi si era diretta verso casa sapendo che ancora non c’era nessuno. Ciò che le aveva insegnato suo nonno, a essere sempre la migliore e a brillare in qualunque cosa facesse, si era dimostrato insufficiente per essere apprezzata davvero. E la cosa che più le faceva male era che l’uomo aveva perfettamente ragione. Se fosse stato vivo, Ennio mai avrebbe approvato che un suo nipote avesse una relazione omosessuale. Aveva stretto Augusto in una morsa e, per tornare a respirare, suo padre era scappato il più lontano possibile. E ora era felice. Lontano da tutti e da tutto, dalla sua vecchia vita, lui era felice. Perché a nessuno era importato di cosa lo rendesse contento e l’uomo si era preso quello che gli spettava con la forza, facendo soffrire altre persone, i suoi stessi figli poiché nessuno gli aveva insegnato come fare. Un po' come lei ora. Tremando, si era ritrovata a paragonarsi ad Augusto e a pensare se mai sarebbe stata costretta ad abbandonare la sua famiglia per stare con Martina. Di fronte a quella possibilità si sentì persa.
<< Ah, sei qui >> disse improvvisamente Fulvia salendo le scale del secondo piano e vedendo la figlia << Ho provato a chiamarti due volte >>.
<< Avevo il cellulare scarico >> rispose Eleonora mentre indossava l’intimo.
<< Dove sei stata? Sei scomparsa da un momento all’altro mentre eravamo in ospedale >>.
<< Volevo restare sola >>.
<< Hai portato di nuovo quella ragazza >>.
<< Si chiama Martina, mamma >> precisò la ragazza sbattendo un po' troppo forte l’anta del suo armadio.
<< Già, Martina >> ripeté Fulvia << Serena mi ha mostrato i regali che le hanno fatto i suoi genitori >>.
Un lieve sorriso increspò le labbra della figlia pensando a Sofia. Indossò un vecchio pantalone da ginnastica e una maglietta scambiata.
<< Sono stati gentili, non trovi? >>.
<< Che tipo di rapporto hai con questa ragazza? >> domandò in modo diretto la donna preferendo evitare di girarci troppo intorno.
Il volto di Eleonora prese letteralmente fuoco nel sentire quella richiesta.
<< Che cavolo di domanda è? >> sbottò passandosi una mano sulla fronte << Ti ho già detto che l’ho conosciuta a... >>.
<< Ricordo perfettamente quello che mi hai detto, Eleonora. Ma la mia domanda è un’altra. Ed esigo una risposta! Dio non voglia che sia quello che penso! >>.
<< E cosa pensi, mamma? >> incalzò Eleonora con rabbia.
Non era bastato suo padre quel pomeriggio, adesso ci si metteva anche Fulvia.
<< Dimmelo tu, Eleonora! Non ci starai mica insieme, vero? >> rispose la donna. Poi notò l’esitazione nel rispondere dell’altra << Oh, cazzo Eleonora! >> aggiunse urlando << Ma che cazzo ti passa per la mente? Siete due ragazze, è peccato! Dio non accetta gli omosessuali, andrai all’inferno! >>.
<< Peccato? >> esclamò sua figlia non riuscendosi più a trattenere << Inferno? È lo stesso motivo per il quale non hai abortito? Perché saresti andata all’inferno? >>.
Non le pareva di parlare con la madre ma con una bambina appena tornata dalla sua prima giornata di catechismo. Fulvia la fissò mentre si irrigidiva.
<< Non si uccide, Eleonora >> rispose fermamente radicata nelle sue convinzioni << E non si commettono atti impuri! Sono due dei dieci comandamenti! Non ti avrei mai tolto la vita >>.
<< Ma non mi hai nemmeno voluto! >>.
<< No che non ti volevo! Non in quel momento almeno, mi stavo preparando per un concorso da interprete quando ho scoperto di essere incinta ed era tutto quello che volevo dalla vita! Era il mio sogno, Eleonora! Però poi mi sono presa le mie responsabilità e mi sono sposata per te! E la cosa assurda è che ci ho creduto davvero in quel matrimonio, nell’amore tra me e tuo padre ma lui... >>.
<< Lui non era felice! E nemmeno tu lo eri! Non avreste dovuto sposarvi! Se non mi volevate, dovevi abortire! E invece mi hai fatto crescere con nonno! >>.
 << Ma che stai dicendo? Dio non perdona gli assassini. E la Bibbia dice anche: “Se due uomini soggiacciono nello stesso letto siano messi a morte entrambi”. È una cosa impura quella che stai facendo, devi smettere subito! >>.
<< Dio? Stai nominando davvero Dio? E dov’era Dio quando Serena si è ammalata? Dove, cazzo? Perché sta facendo soffrire così una bambina di undici anni? Dammi una cazzo di risposta! E non voglio smettere, mamma! Io sto bene con Martina! Sono felice, cazzo! Perché è così difficile da capire? Stai basando le tue convinzioni su un testo che dice anche che la donna non ha diritto di parola in nessun contesto e che dovrebbe solo stare a casa sfornare figli! Mi sembra che ci siamo evoluti, dannazione! E Gesù ha predicato l’amore per il prossimo, non la guerra perché siamo tutti fratelli! Tu e mio padre avreste dovuto semplicemente provare ad essere felici nel modo che più volevate e forse lo sarei stata anch’io. Invece no, hai cercato di salvare le apparenze e hai avuto altri figli nell’inutile tentativo di tenerti stretto un uomo solo perché lo avevi sposato! Che senso ha avuto tutto questo? Guardaci mamma, guardami! Io sono il risultato di tutte queste scelte sbagliate che avete fatto! Perché io non sono perfetta come tutti credono, ho imparato presto a fare come voi. Salvo le apparenze col risultato di perdere me stessa. E mi sono ritrovata grazie a Martina. È vero, se non avessi affrontato l’argomento così direttamente te lo avrei ancora tenuto nascosto ma ho imparato da te che non hai mai avuto il coraggio di dirci che frequentavi un altro uomo! >>.
Fulvia inghiottì un groppo di saliva mentre le tremavano le mani e il labbro inferiore. Si era sposata il prima possibile dopo la scoperta di aspettare un bambino perché non voleva che tutto il paese sparlasse di lei e del futuro nascituro ma non era servito a farle essere una buona madre con la figlia. Per questo aveva iniziato ad appoggiarsi ad Ennio, credendo di essere ancora in tempo per salvare la sua carriera lavorativa. Era stato frustrante dover rinunciare per qualcosa che non si era nemmeno voluto. Era la prima volta che Eleonora le parlava in quel modo, così apertamente e con una rabbia che le aveva sempre celato. Sospirò una sola volta prima di abbassare gli occhi. 
<< Andrai all’inferno, lo sai? Stai peccando gravemente >>.
Non aggiunse altro e la ragazza comprese che sua madre non avrebbe mai accettato la sua relazione con una persona del suo stesso sesso. Non l’amava abbastanza da superare la rigida educazione che aveva ricevuto e che stava trasmettendo alle sue figlie. La diversità non era una cosa che andava premiata. Eleonora la vide allontanarsi in silenzio senza osare guardarla o fare altre domande. Aveva già deciso che ciò che stava facendo la figlia era sbagliato e non avrebbe cambiato idea. La ragazza strinse i pugni cercando di reprimere le lacrime che forzavano a uscire accorgendosi di essersi ferita i palmi con le unghie. Si domandò cosa ci facesse lì, in un posto dove non sarebbe mai stata accettata e dove tutti l’avrebbero disprezzata. E improvvisamente ebbe repulsione per se stessa, per quello che era, per quello che aveva fatto fino a quel momento nell’assurdo tentativo di far finta che andasse tutto bene. Scese al piano inferiore afferrando le chiavi del motorino lasciate sul tavolino basso e spalancò la porta di casa. Sua madre la vide ma non disse nulla per fermarla quando la chiuse alle sue spalle.

Martina e la sua famiglia avevano appena terminato di mangiare quando la ragazza si accorse che Eleonora era sotto casa, seduta sulla sua festa parcheggiata sul marciapiede, da chissà quanto tempo. Aveva provato a chiamarla diverse volte ma, non ricevendo risposta, aveva preferito lasciar perdere aspettando che fosse lei a farsi viva quando ne avesse sentito il bisogno. Ma i suoi pensieri era sempre stati rivolti a lei e alle parole che le aveva rivolto Augusto. In un quarto d’ora le aveva completamente stravolto l’immagine che aveva del nonno, mostrandole ciò che aveva tentato di fare col figlio. Per questo, non appena comprese che era lei, si affrettò a scendere. Notò che indossava semplicemente una maglietta e un pantalone da ginnastica non più nuovo e si chiese perché il suo sguardo fosse così vuoto.
<< Ele >> disse accarezzandole il viso freddo << Da quanto tempo sei qui? Sei congelata >>.
Eleonora la guardò rendendosi conto che era stato il suo cuore a portarla fin lì e non la testa.
<< Non lo so >> rispose con un filo di voce.
<< Vieni dentro >> fece Martina << Hai mangiato almeno qualcosa? >>.
L’altra scosse il capo ma non si mosse.
<< Nessuno mi ha mai voluto >> affermò come se stesse parlando da sola << Nemmeno mio nonno. Era solo senso del dovere quello che provava, non voleva che mia madre abortisse perché sarebbe stato sconveniente >>.
<< Non dire così, lui ti voleva bene >> tentò di confortarla la più piccola << Ti ha voluto bene per quello che eri e te ne avrebbe voluto ancora di più adesso >>.
<< Non è vero! Mi avrebbe guardata con orrore sapendo di te! Esattamente come ha fatto mia madre! Non mi accetterà mai! Nessuno di loro lo farà! Non mi vorranno più nella loro famiglia >>.
Martina le prese il viso con entrambe le mani e la baciò con forza per cercare di zittire tutte le sue paure. Eleonora aveva le labbra fredde e screpolate e le sue guance erano umide di lacrime.
<< Io ti voglio, Eleonora >> le disse quando si staccò << E ti vorrò sempre. Non è vero che nessuno ti vuole, io voglio solo te. Voglio stare con te, voglio svegliarmi con te, voglio ridere con te, voglio vivere con te ogni giorno della mia vita! A me basta che ci sia tu per essere felice >>.
La baciò ancora, ancora e ancora; finché non la sentì sciogliersi lentamente. La ragazza posò la sua fronte su quella dell’altra e sospirò lasciandosi andare. 
<< Ciò che ci circonda non è importante >> incalzò Martina sommessamente << Nessuno probabilmente ci capirà fino in fondo e ci sarà sempre qualcuno che lo considera immorale. Ma ci importa davvero del giudizio degli altri? >>.
A quelle parole Eleonora la spinse contro di sé per baciarla ancora una volta tenendola per il bacino.
<< No >> rispose sentendo ogni incertezza scivolarle di dosso << Non ci importa per niente >>.

Era rimasta a dormire da Martina ben consapevole che nessuno l’avrebbe cercata per quella notte. La ragazza più piccola si era limitata a prenderla per mano e a farla salire fino in camera sua. Eleonora aveva visto entrambi i suoi genitori sorriderle bonariamente ma non aveva saputo contraccambiare esattamente come non era riuscita a dire nemmeno una parola. Si era accoccolata sul letto di Martina mentre l’altra le accarezzava i capelli e solo molto tardi, quando lei già dormiva, aveva preso sonno. 
A svegliarla fu la vibrazione continua del suo cellulare che Martina aveva lasciato sulla scrivania. All’inizio aveva lasciato che squillasse a vuoto ma, vedendo che non accennava a fermarsi, era stata costretta ad alzarsi dopo aver scostato il braccio della più piccola dalla sua pancia. Si soffermò ancora qualche secondo a contemplare il viso addormentato di Martina con un leggero sorriso che le increspava le labbra. L’aveva coccolata finché la stanchezza non l’aveva vinta, era davvero una ragazza speciale. In punta di piedi, per non svegliare nessuno, si diresse in salone e finalmente guardò il display. Davide. Subito dopo controllò l’ora, erano appena le sei e un quarto.
<< Davide >> disse cercando di parlare a bassa voce << Cosa… >>.
Sperò che avesse una buona motivazione per chiamare così presto e soprattutto dopo tutto quello che le era successo.
<< Scusa Ele >> rispose il ragazzo con voce tremante << Non volevo…ma… >>.
<< Cos’è successo? >>.
<< Diego è morto >>.
  
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