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Autore: Mikyklaine    22/07/2014    2 recensioni
"Ma Ian lo sta guardando come se lui avesse tutte le risposte. E lui vuole dargliele, ma non sa ancora quali siano o come fare a dargliele."
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Gallagher, Mandy Milkovich, Mickey Milkovich
Note: Missing Moments, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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NOTE TRADUTTRICE:
E’ da quando ho iniziato Shameless che muoio dalla voglia di scrivere di questi due. Ma non ne sarei mai e poi mai stata capace. Quindi ho pensato bene di fare l’unica cosa che mi riesce: tradurre. E ho preso una oneshot della mia autrice Gallavich preferita in assoluto, mandyfuckingmilkovich. Qui potete trovare il suo blog http://mandyfuckinmilkovich.tumblr.com/ , questo è link della fanfiction originale http://archiveofourown.org/works/1001825?view_adult=true, e questo è lo screen del messaggio in cui mi ha dato il permesso di tradurre la oneshot https://fbcdn-sphotos-h-a.akamaihd.net/hphotos-ak-xpf1/v/t34.0-12/10419014_10203597122682057_6723573561866153620_n.jpg?oh=cf4305dec31d376b7bb546ebafc42421&oe=53D09931&__gda__=1406186334_a2c5bbcca9861d109fb8ae650b8d18f8.
Nella storia l’autrice ha scelto di ignorare completamente tutti gli avvenimenti della seconda parte della terza stagione (e come darle torto..), quindi è da considerare un po’ AU.
E’ la mia prima traduzione Gallavich, siate buoni. Buona lettura!

 
I love you all the time, except when you are mine

“Mandy ha detto che conosce uno con cui potrei uscire.”
Ian è voltato di spalle, si sta infilando i jeans e stringendo la cintura. I suoi capelli corti sono scompigliati e umidi di sudore, e Mickey riesce ancora a vedere dei piccoli segni sulle spalle, marchi che ha fatto lui stesso con le labbra, con le unghie, con i denti. Il pensiero di quanto gli piaccia vedere Ian così gli pesa sullo stomaco.
“Che devo dirle?”
Mickey si abbottona lentamente i jeans, pensando a quello che ha appena detto Ian.
Mandy conosce un ragazzo per lui. Un appuntamento. Ian può fare quello che cazzo vuole, può fottersi chi vuole, e Mickey sa che lo ha già fatto. Entrambi lo hanno fatto. Non è questo che lo infastidisce. È tutto il resto della merda che viene insieme agli appuntamenti ad infastidirlo. È il solo pensiero di quello che farebbero, cose che anche lui e Ian fanno, ma in modo diverso, probabilmente in modo migliore, perché è il genere di cose a cui Ian allude quando sono ubriachi. Cose da fidanzati. Cose da relazione.
Il solo pensiero di Ian che fa cose del genere con un altro, beh, fa sentire Mickey piuttosto di merda.
Ian si volta a guardarlo quando lui non risponde, e le sue guance sono ancora arrossate. Cazzo. Mickey prende l’accendino, e le sue dita sono ancora tremanti.
“Mick, che devo di-”
“Perchè lo stai chiedendo a me?”
Ian sembra quasi perso per qualche secondo, e Mickey si trattiene dal fare un passo verso di lui. Piuttosto, rimane immobile ad odiarsi.
“Cosa vuoi che le dica?” chiede Ian lentamente, piegando la testa di lato.
Mickey gli dà le spalle, prendendo la sua uniforme della Sicurezza dalla mensola e infilandosela. L’unica cosa che vuole fare è dire a Ian di mandare Mandy a fanculo. Vuole che Ian non voglia cazzate come quelle. Vuole essere capace di fare cazzate come quelle.
Ma Ian lo sta guardando come se lui avesse tutte le risposte. E lui vuole dargliele, ma non sa ancora quali siano o come fare a dargliele.
Mickey digrigna i denti. Vuole semplicemente non volere, cazzo.
“Fai quello che vuoi, amico.” E poi esce dal retro negozio, cercando di liberarsi la testa e il petto da sensazioni che assomigliano alla gelosia.
Si ferma accanto alla pila di riviste, sfogliando People e Us Weekly, e non si volta quando sente Ian sfiorarlo per riaprire la porta ed andarsi a sedere dietro il bancone.
Il cellulare di Mickey gli vibra nella tasca, e gli angoli della sua bocca si sollevano di qualche millimetro quando legge “dopo ho un po’ di tempo libero. Tu?”
//
"Non sarebbe un problema per lei."
Mickey guarda Ian, guarda il fumo lasciargli la bocca, guarda le piccole gocce di sudore che ha sulla fronte, guarda il modo in cui i raggi del sole che filtrano dalla finestra rotta della stanza di Mickey gli fanno brillare gli occhi. Esala un sospiro con una gola infiammata dal sesso e dalle sigarette.
Ian ricambia lo sguardo; disinvoltura, sicurezza e bellezza unite in un miscuglio da cui Mickey non riesce a non essere attratto. Per quanto cazzo si sforzi, non riesce a non esserne attratto.
Sono stesi sul letto di Mickey, le coperte aggrovigliate ai loro piedi. Un futile tentativo di stare più freschi nella sua stanza angusta in uno dei cazzo di giorni più caldi dell’estate. La sua casa è sorprendentemente priva di padri ubriachi e fratelli idioti, Mandy è fuori a fare qualsiasi cosa faccia con Lip. Quella è l’unica ragione per cui sono ancora stesi lì, spalla a spalla. Mickey ha chiuso entrambe le porte a chiave però, la prudenza non è mai troppa in una casa come la sua.
"Per Mandy," chiarisce Ian, come se Mickey fosse un cazzo di idiota, e fa un altro tiro di sigaretta. Solo perchè ha voglia di fare lo stronzo, Mickey gliela sfila dalle labbra.
Ian rotea gli occhi.
"So di chi stai parlando, cretino.”
Ian gli si avvicina un po’, appoggia la gamba su quella di Mickey. Sfiora il suo stomaco con le dita.
“Sul serio. Credimi. Non è stato un problema per lei, quando le ho detto di me. Non sarebbe una tragedia.”
Mickey non dice niente, inala il fumo e lo esala dal naso. Lo sarebbe, invece. Una tragedia. Non si tratta solo del pessimismo di Mickey, o del fatto che sottovaluti la sorella. Non è particolarmente incline all’idea che troppe persone lo sappiano.
E Ian continua a non capirlo. Mickey immagina quanto cazzo debba essere piacevole, guardare tutto con quell’approccio da bicchiere mezzo pieno, la vita, Mandy, l’essere gay; ma lui non è così, non lo è mai stato. Non sa come essere così. Quel tipo di libertà non gli è mai stata permessa, e probabilmente mai lo sarà.
Però sa come fare questo, sa tenersi strette le cose dentro di lui, senza lasciarle sfuggire. Non vuole neanche pensarci, a quello che potrebbe succedere, a quello che potrebbe perdere, se succedesse.
“Se le dicessimo-“
“Sono sicuro che se lo facessimo, non sarebbe di certo lei il problema.”
Non sarebbe di certo lei ad essere seppellita sei metri sotto terra da mani Milkovich se non riuscisse a tenere la bocca chiusa è quello che non aggiunge, anche se vorrebbe.
Ian emette un sospiro lungo e stanco, la sua mano sullo stomaco di Mickey si ferma. Mickey riesce quasi a sentire la sua delusione. Ed è una sensazione di merda.
Guarda la sua espressione, lo vede chiudersi immediatamente in se stesso. Poi abbassa lo sguardo sulle sue labbra, rosse e piene, e le vuole. Le vuole e basta, sempre. Di nuovo, è una sensazione di merda.
Rimette la sigaretta dove l’aveva presa, tra le labbra di Ian, e scivola verso la fine del letto, premendo la bocca sui fianchi di Ian e infilandogli una mano nei boxer. Mickey non fa mai questo genere di cose ma stavolta ne ha voglia, e Ian smette quasi di respirare, con le dita a mezz’aria sopra i capelli di Mickey, come se avesse paura di toccarlo. Come se, se lo toccasse, Mickey potrebbe alzarsi e andarsene.
Non è un pensiero del tutto irrealistico, realizza Mickey mentre si lecca le labbra.
“Non devi per for-“
“Sta’ zitto e basta.”
Ian geme, e quelle lunghe dita arrivano finalmente a stringerli i capelli.
“Ok,” è la sua risposta senza fiato.
//
Quando Terry torna a casa dall’Alibi ubriaco fradicio, si convince che Mickey lo faccia di proposito a stargli tra i piedi.
Lui si presenta al lavoro il giorno dopo con un labbro spezzato e la guancia destra e le costole ricoperte di lividi. Gli fa male respirare, ma poteva andargli peggio. Ha visto e subìto di peggio.
Ian serra le labbra in una linea tesa quando Mickey gli dice di andare a fanculo e di smetterla di guardarlo come se da un momento all’altro potesse crollare o qualcosa di ugualmente debole e ridicolo. Non è niente che non possa affrontare, niente a cui non sia abituato. Per Ian vale lo stesso, Mickey lo sa.
Ricevono un camion di consegne nel pomeriggio, e a Mickey sembra di essere sul punto di morire, andando avanti e indietro con le casse pesanti premute sul petto.
Ian falsifica i conti dell’inventario, prende di nascosto una cassa di Wiskey e la posiziona sotto il bancone. Mickey lo guarda inarcando un sopracciglio e tiene d’occhio le scale che portano da Linda come Ian gli dice di fare.
Quella sera vanno al campetto e si siedono a gambe incrociate sulla linea della prima base. Iniziano a bere, ed intorno alla seconda bottiglia Mickey si sente brillo e felice, mentre guarda il ragazzo di fronte a lui.
Ian gli racconta della volta in cui Veronica Fisher ha usato le tette per distrarre un camionista mentre Ian rubava latte e burro dal retro del furgone. E Mickey non sa cosa ci sia che non va nel suo cervello, ma per qualche ragione lo trova estremamente divertente.
Un momento dopo, si ritrova steso sulla schiena, e non riesce a smettere di ridere. Le costole e la gola gli fanno un male infernale, e non riesce a smettere di ridere. Si sente incredibilmente stupido e l’intera situazione gli sembra incredibilmente stupida, ma Ian lo sta guardando con un mezzo sorriso, e dietro di lui il cielo scuro è tappezzato di stelle.
Ian gli tocca una mano, sempre senza parlare. Sempre guardandolo.
Mickey negherebbe anche sotto tortura che sia stato quello a cambiare tutto. Direbbe che è stato l’alcol e la storia di Ian e il fatto che si comporta sempre un come un totale idiota quando è ubriaco, ma guardando Ian, guardando quel sorriso che sembra brillare più delle stelle sopra di loro, avverte un bruciore agli occhi a cui non è decisamente abituato. Li apre e li richiude velocemente più volte, ma dopo qualche secondo un paio di lacrime gli scivolano sulla guancia e cadono sul terreno sotto di lui.
Sta ancora ridendo, ma ora i suoni che emette sono più simili a singhiozzi, non riesce a respirare dal naso e gli brucia la gola.
Ian si stende accanto a lui, e la sua mano copre ancora quella di Mickey.
“Fottutamente stupido,” mormora Mickey. Stupido, debole e così fottutamente gay da fargli venire voglia di morire.
“No,” gli risponde semplicemente Ian.
Appoggia la testa sulla spalla di Mickey, premendoci sopra le labbra. Mentre Mickey cerca di calmare il battito del suo cuore, crede di sentire Ian mormorare ripetutamente, “Mi dispiace,” contro la stoffa della sua maglietta.
//
Mandy ha l’abitudine di annegare nell’alcol qualsiasi cosa provi.
Quando erano piccoli e qualcosa la innervosiva, la faceva piangere, o la rendeva felice, mangiava. Ora, a 17 anni, il mezzo è cambiato ma il metodo è rimasto lo stesso. È pelle ed ossa e si nutre esclusivamente di toast, sigarette e una dose quotidiana di spietatezza. Crescendo, perdere una madre e diventare l’unica ragazza in una casa di uomini le ha inevitabilmente indurito il carattere. Mickey si è sempre preoccupato per lei, a volte lo fa ancora, ma lei gli ha dimostrato di sapersela cavare da sola. Lui è fiero di lei.
Non gli racconta più quello che le succede. Forse perchè non ha mai ricevuto nulla in cambio da lui, cosa che a volte gli fa notare con fastidio, quando è particolarmente nervosa. È un po’ come con Ian.
Mickey torna a casa tardi una sera e trova Mandy sdraiata sul divano, intenta ad inseguire gli ultimi sorsi di una bottiglia di vino, la bocca macchiata di rosso, e sa che c’è qualcosa che non va. Fruga tra gli avanzi nel frigo, scaldando un piatto di maccheroni e formaggio e mangiandolo con le dita.
Spinge le gambe di lei giù dal divano e crolla al loro posto.
“Stronzo,” biascica lei con un mezzo sorriso, prima di appoggiare i piedi sulle sue gambe. È tristemente divertente come lei sia l’unica della famiglia a diventare relativamente felice quando è ubriaca. Lei alza sempre gli occhi al cielo e lo spinge via quando lui la prende in giro per questo (“Tu fai esattamente la stessa fottutissima cosa, o era Iggy a cantare a squarciagola con la testa sulle mie gambe l’altra sera?”).
Lui mastica gli ultimi maccheroni rimasti e guarda qualsiasi cosa ci sia sullo schermo del televisore senza vederla veramente.
“Odio Lip.”
“No, non è vero.”
“No, non è vero.”
Si scambiano un piccolo sorriso. Lei giocherella con una ciocca di capelli rigirandosela tra le dita, poi se la posiziona sotto il naso, come se fossero dei baffi. È in momenti come questo che Mickey ama sul serio sua sorella, in cui gli piace essere a casa sua.
“Si sta comportando di merda con me, però.”
Mickey considera la cosa. “Vuoi che faccia qualcosa?”
Lei gli colpisce lo stomaco col piede ma lui lo avverte a malapena. “No. Lo ha già fatto Ian.”
Mickey odia che il suo corpo reagisca di sua spontanea volontà smettendo quasi di respirare solo al suono del cazzo del nome di Ian, eppure succede ogni dannata volta. Che schifo.
Mandy sospira, e la ciocca di capelli le ricade sulla bocca. “Ian è mio amico.” Sembra triste, e tutto quello che può fare Mickey è annuire.
“Già…lo è.”
E lui ne è davvero fottutamente grato. Grato per Ian Gallagher e per il modo in cui tiene a Mandy. Grato per capelli rossi e occhi verdi e sorrisi luminosi che non sono mai privi di un significato preciso. Grato per cose che non riesce nemmeno ad esprimere a parole, cose che sente quando Ian si addormenta nel suo letto, quando vede Ian indossare una sua felpa, quando Ian si limita anche solo a guardarlo.
“Prima credevo di amarlo.”
Lei sta tracciando con le dita i disegni della vecchia trapunta che copre lo schienale del divano, e lui cerca di rimanere il più immobile possibile.
“E’ solo che lui è così… Ian. È difficile non farlo.”
Forse è questo che sta annegando nell’alcol adesso. Non può avere Ian nel modo in cui vuole Lip e non può avere Lip nel modo in cui vuole Ian.
All’improvviso, vuole dirglielo. In quel preciso istante. Probabilmente per la prima volta nella sua vita, vuole dirle che lui e Ian sono quello che sono, che lui vuole che continuino ad essere quello che sono, che lui vuole Ian. Apre la bocca ma ne esce solo aria, i maccheroni gli pesano sullo stomaco come sassi, e poi lei si alza, barcollando verso la cucina e prendendo una bottiglia di vodka dal frigo.
Lui si addormenta sul divano insieme a Mandy, con la testa di lei sulla sua spalla e un peso insopportabile sullo stomaco.
//
A volte fanno sesso nello stesso modo in cui litigano, quando Ian schiaccia Mickey contro il muro di un vicolo o quando Mickey spinge Ian su una panchina di legno sotto gli spalti del campetto, e denti mordono spalle e mani lasciano marchi, duro e veloce e rumoroso, mentre la mano di Ian si muove velocemente sul corpo di Mickey e Mickey si morde la lingua fino a sentire il sapore del sangue. È in questi casi che Mickey riesce a sentire il calore attraversargli tutto il corpo, salire su per la sua spina dorsale ed esplodere riducendolo ad un ammasso di tremiti e sudore.
Altre volte, quando sono a letto o nel magazzino del negozio e devono essere più silenziosi, Ian preme le labbra sul collo di Mickey, succhiando e mordendo, muovendo i fianchi lentamente, senza fretta, ma col respiro affannato e irregolare. Le mani di Mickey si distendono sulla sua schiena, aggrappandosi alle sue spalle, tenendolo vicino, e lui non riesce a trattenere un occasionale gemito. In quei casi lo sente bruciare lento nello stomaco, prima che si espanda a tutto il corpo. Ovunque. Quando Ian lo bacia, e quando si addormenta con la bocca aperta, con il naso immerso nel cuscino, quel bruciore gli arriva alla gola e lo fa respirare a fatica. Ne vuole di più.
//
Ian vuole fare cose con lui. Cose come andare in giro e passare del tempo insieme e parlare e vedere film ed intrufolarsi alle partite di baseball e fare la strada insieme dopo il lavoro. È fastidioso quanto tutto questo faccia stare bene Mickey.
Una mattina Ian gli manda un messaggio, gli dice che ha bisogno di un giorno libero e ha voglia di saltare la scuola e l’ROTC, e che Mickey può andare da lui se non ha niente da fare.
Mickey non ha niente da fare.
Chiude il cellulare senza rispondere e fuma le ultime tre sigarette del pacchetto una dopo l’altra.
Si fa una doccia prima di uscire. Alla fine, è passata un’ora quando bussa alla porta di casa Gallagher. Non ha alcuna voglia di essere Quel Ragazzo, quello che corre immediatamente ogni volta che il cazzone con cui si sta vedendo glielo chiede, ma mentre aspetta lì sul patio, Mickey realizza con orrore che è esattamente quello che sta diventando.
Ian apre la porta con addosso solo un paio di boxer e una maglietta di Mickey.
Gesù Cristo.
“Hey.” Ian sorride, felice e luminoso, e Mickey non riesce a respirare. “Vieni dentro, ho bisogno di te.”
In salotto, i cuscini del divano sono sul pavimento, sul tavolino ci sono il cartone di una pizza dal contenuto ormai freddo e qualche bottiglia di birra mezza vuota. Ian si posiziona sui cuscini davanti alla TV e lancia un joystick verso il posto vuoto accanto a lui.
“Sto per essere ucciso per la cazzo di quarta volta. Ho bisogno di te.”
Mickey si siede sui cuscini, ho bisogno di te, ho bisogno di te, ho bisogno di te, Ho. Bisogno. Di. Te. gli risuona incessantemente nel cervello.
Passano il resto del pomeriggio a combattere gli alieni. A quale scopo, Mickey non ne ha idea, ma Ian sembra davvero preso, intento a cercare di battere il record di sua sorella. Mangiano pizza e bevono birra, e Ian si volta a guardarlo con gli occhi sbarrati e pieni di stupore divertito ogni singola volta che Mickey fa una cazzata e lascia entrambi i loro personaggi in pasto agli alieni (“Seriamente, Mick, che cazzo fai?!” “Ok, ok, fanculo.”). Spinge Mickey col gomito, sorride, mastica un pezzo di pizza, grida alla TV con la bocca piena.
Mickey lo guarda per qualche secondo in più di quanto dovrebbe, guadagnandosi un’altra spinta sul braccio quando vengono di nuovo divorati dagli alieni.
Mickey non ha la minima idea di cosa cazzo stia facendo, non solo nel videogioco.
“Abbiamo, tipo, un’ora prima che Fiona torni a casa.”
Il secondo dopo, i telecomandi vengono abbandonati sui cuscini e loro salgono le scale di corsa, Ian dietro di lui, il suo respiro caldo sul suo collo, le mani sui suoi fianchi. Dopo aver chiuso a chiave la porta, Ian gli afferra le gambe, lo solleva facilmente, troppo facilmente per uno che poco più di un anno fa era un minuscolo scricciolo mingherlino, e deposita Mickey sul suo setto. Odora di Ian, di sigarette e calore e Ian. Ian appoggia le mani ai lati della testa di Mickey, con un sorrisino che gli solleva gli angoli della bocca. A Mickey sembra di aver smesso di respirare.
Non ci mettono molto a togliersi i vestiti di dosso, e poco dopo Ian ha due dita dentro di lui, le gambe di Mickey allacciate intorno alla sua vita.
“Ok?” Ian è senza fiato e hanno appena cominciato. Mickey non può fare altro che annuire, con lo sguardo fisso sulla bocca di Ian.
Sì, non sa cosa cazzo stia facendo.
Ma sa che vuole provarci.
//
Guardare Ian che si allena diventa uno strano passatempo per Mickey.
Ha un paio di maglie mimetiche nell’armadio e lui e Ian hanno scopato sotto il suo sacco a pelo, e questo è sempre stato il massimo della sua partecipazione alla passione di Ian.
Ma dopo qualche giorno passato nell’edificio abbandonato in cui Ian ha sistemato il suo percorso ad ostacoli, quello per cui è esaltato come un idiota, Mickey ha memorizzato la maggior parte della sua routine.
100 flessioni, 100 sollevamenti, 100 piegamenti, e poi qualche giro di percorso con quel cazzo di fucile tenuto alto sopra la testa.
Mickey lo ascolta contare tutto quello che fa, preciso e meticoloso, con i suoi pantaloni mimetici e i suoi stivali alla caviglia, e lo guarda, fumando e cercando di non pensare a quanto tempo sia già passato da quando hanno iniziato a fare qualsiasi cosa stiano facendo, e a quanto ne passerà prima che finisca. Perché finirà. Deve per forza.
Perchè Ian è all’ultimo anno di liceo. Ha cominciato a parlare dell’esercito e di West Point e del futuro sempre più spesso, e la cosa rende Mickey estremamente nervoso. È ancora pieno autunno, ma Mandy ha cominciato a parlare delle stesse stronzate, anche se sarà un cazzo di miracolo se lei riuscirà anche solo a diplomarsi.
Ma Ian.
Lui ha già tutto chiaro, anche se a volte, sotto tutta l’esaltazione e il desiderio, sembra quasi insicuro, come se il suo sogno fosse troppo fuori dalla sua portata, e sussurra delle cose a Mickey quando pensa che lui stia dormendo. Gli sussurra che non ce la farà mai, non entrerà a West Point, i suoi voti non sono abbastanza alti, i punteggi dei suoi esami fisici e pratici non sono abbastanza. Lui non è abbastanza.
Che è un enorme cazzata.
E non solo perchè Mickey potrebbe o non potrebbe aver visitato il sito internet di West Point un paio di volte, e sa che Ian ha tutto quello che loro cercano. Leadership, responsabilità, etica lavorativa.
È una cazzata perchè Ian è fin troppo per questo quartiere di merda, fin troppo per una vita confinato qui. E, Mickey non riesce a impedirsi di pensare mentre guarda Ian fare le sue flessioni, fin troppo per Mickey.
“Non credi di averne fatte abbastanza?” gli grida Mickey, con una sigaretta infilata tra le labbra.
“No,” grugnisce Ian e sì, ok, con quella voce strozzata dalla fatica e con un lembo della maglietta che continua a sollevarsi e a mostrare i suoi addominali, Mickey non può fare a meno di pensare a come sarebbe farlo nel bel mezzo del percorso ad ostacoli. Ignora la gigantesca parte di lui che gli grida che è egoista, che non se lo merita, non si merita Ian.
Ian lo guarda come se lui fosse tutto quello che ha sempre voluto. Forse questo può bastare.
//
Uno dei suoi fratelli apre la porta mentre Ian ha una mano totalmente immersa nei jeans di Mickey, e la lingua nella sua bocca.
Mickey spinge via Ian e passa accanto all’espressione estremamente confusa di Carl Gallagher (“Ian, sai che stai baciando un ragazzo, vero?”) e scende di corsa le scale, con il cuore e la testa che vanno a mille all’ora, col respiro mozzato in gola.
Ian lo afferra per il polso e Mickey si ritrae bruscamente, colpendo il muro della cucina con la schiena.
Ian alza le mani intimandogli di calmarsi, cazzo, e Mickey lo odia. Mickey odia il modo in cui le sue guance sono ancora arrossate, il modo in cui il suo petto si solleva e si abbassa rapidamente, il modo in cui la sua espressione è così preoccupata, aperta e intensa.
Lo odia per quello che gli sta facendo.
“Non gli importa.”
“Stai cominciando a sembrare un cazzo di disco rotto con questa stronzata, lo sai?” Sul serio. A Mandy non importerebbe. Alla sua famiglia non importerebbe. A Carl non importerebbe. Basta,cazzo. Importerebbe a tutti. E Mickey odia il fatto che gli importi che agli altri importi. Odia la consapevolezza di non essere come Ian e di non essere capace di prendere le cose come sono.
Ian non si muove, neanche respira. E nemmeno Mickey.
Ian continua a tenere le mani in alto e si avvicina a Mickey, gli tocca piano una spalla.
“Non gli importa.”
Mickey sospira, emette quasi una risata stanca, e le sue dita frugano nelle tasche dei jeans, alla ricerca di una sigaretta. Non si allontana però.
“Credevo avessi deciso di provarci.” Le dita di Ian premono contro la sua spalla, poi scendono sul braccio.
“Fottiti.” Anche mentre lo dice, fa un passo verso di lui, gli si avvicina tanto da odorare il suo respiro e il detersivo dei suoi vestiti e qualcosa di tanto familiare da far male.
Ian ride, una risata sollevata e roca. Gli occhi di Mickey rimangono fissi sulle sue labbra.
"E’ tutto a posto. Ti potrebbe fare qualche domanda ma puoi tranquillamente dirgli di stare zitto,” Ian sorride. “Probabilmente avrà più domande sulle pistole, e su quante persone hai ucciso a mani nude.”
"Magari può guardarmi mentre uccido te."
Ian ridacchia e gli dà una leggera spinta.
Mickey si morde l’interno della guancia fino a sentire il sapore del sangue. Ok. Ok. Cazzo.
Ian ha l’espressione di uno a cui hanno appena tolto un peso dalle spalle. Mickey si solleva un po’ sulle punte dei piedi e gli pianta un bacio sulle labbra, piccolo e veloce, prima che Carl entri nella stanza e lui si allontani immediatamente.
Il ragazzino ha in mano probabilmente il coltello più affilato che Mickey abbia mai visto. Lo punta esattamente in mezzo agli occhi di Mickey senza nemmeno battere ciglio. Ian scoppia a ridere, lo stronzo.
“Significa che gli piaci,” dice a Mickey.
Quando Carl se ne va, correndo verso il soggiorno, tirando pugnalate all’aria, Ian gli prende la mano, anche se è un po’ sudata e ancora tremante.
Cazzo.
//
“Mi dici qualcosa?”
"Ho firmato la petizione per far avere a Leo quel cazzo di Oscar."
"No," Ian ridacchia, un suono basso che sembra provenirgli direttamente dal petto. Mickey sorride. "Qualcosa di reale."
Sono ancora a letto, lui è steso per metà sul petto di Ian, dove è crollato qualche minuto fa, dopo essere venuto; le sue ginocchia sono ancora ai lati dei fianchi di Ian, e lui si concentra sul ritmo regolare del suo respiro. Ha la guancia schiacciata contro il suo collo e il suo odore è fottutamente inebriante. Le mani di Ian sono sulla schiena, percorrono lentamente la sua spina dorsale. Di solito Mickey non rimane così a lungo, ma al momento sta così bene che non riesce a preoccuparsene. Ian non si sta lamentando, quindi va bene così.
“Mick?”
“Cosa vuoi sapere?”
“Qualsiasi cosa. Tu sai un sacco di cose su di me.”
“Tu condividi tutti i cazzi tuoi. Non è colpa mia.”
Ian gli pizzica un fianco e Mickey si divincola un po’ prima di sospirare.
“Non c’è molto da dire.”
Ian ride piano. “Stronzate.”
Rimangono in silenzio, Mickey si stende accanto a Ian, coprendo entrambi con le lenzuola, nascondendo la faccia nel cuscino di Ian. Ian lo guarda, alza una mano e traccia con le dita una lunga, spessa cicatrice sul suo mento.
"Rasoio?"
Mickey scuote la testa. “Papà.”
Gli occhi di Ian sono intensi e arrabbiati, e prima che possa iniziare un discorso su quanto la loro vita faccia schifo, Mickey afferra la sua mano.
“Ho paura,” dice, la voce attutita dalla federa del cuscino.
L’espressione di Ian non cambia. “Di me?”
Di lui. Di tutto quello che Ian gli fa provare e desiderare. Tutto quello che Ian gli ha insegnato ad essere e gli ha mostrato di poter essere. Egoista, apprezzato, al sicuro, terrorizzato, indispensabile. Un ammasso di emozioni del cazzo che Mickey non ha mai chiesto ma che ora non riesce in nessun modo a lasciar andare, perchè sono dentro di lui, in uno spazio che gli fa più male e diventa più grande ogni giorno che passa, ogni volta che vede Ian, ogni volta che Ian lo tocca, ogni volta che Ian lo bacia.
Annuisce e spera che la conversazione finisca lì.
Ian gli si avvicina un po’, gli copre le gambe con una delle sue e gli avvolge la vita con un braccio. Fa ancora più male. La testa di Mickey gira, pulsa per qualcosa a cui lui ha paura di dare un nome. Qualcosa che non è pronto ad ammettere. Non ancora.
//
"Mandy dice che è stato Lip a presentarle questo ragazzo. Dice che è carino e che potrebbe avere una buona influenza su di me. Sapevi che ho un disperato bisogno di una buona influenza?“
Mickey lancia uno sguardo a Ian, che continua tranquillamente a masticare popcorn e a guardare lo schermo del cinema. Lui e la sua cazzo di nonchalance.
Ian lo guarda e beve un sorso della Fanta che Mickey ha corretto col rum. “Che devo dirle?”
Le luci si abbassano e i titoli di testa cominciano a scorrere sullo schermo, e Mickey prende una manciata di popcorn, aggiustandosi sul sedile, sfiorando la spalla di Ian con la sua.
"Dille che stai frequentando qualcuno."
 
  
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