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Autore: contagiouscream    23/07/2014    2 recensioni
“Il problema è che ho un segreto troppo grande dentro me. Un segreto che nemmeno io conosco, è qualcosa che mi fa stare talmente bene da farmi male, un segreto che non riesco più a sopportare, da cui vorrei liberarmi ma a cui sono legata da sempre e per sempre…” dissi a bassa voce, la testa tra le mani e la confusione in cuore.
Intercorsero pochi secondi di silenzio, prima che lui riprendesse a parlare, più esitante che mai.
“E… E se fossi io quel segreto?” Mi sussurrò delicatamente, stringendo maggiormente la presa sulla mia vita per avvicinarmi a sé.
Il cuore mi si fermò per un istante. Probabilmente l’istante più lungo di tutta la mia vita, ma bastò per farmi capire tutto ciò che fino a quel momento avevo considerato un mistero. Era lui il mio segreto, e non avrei potuto capirlo in modo migliore.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jaime Preciado, Nuovo personaggio, Vic Fuentes
Note: OOC | Avvertimenti: Triangolo
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Chapter 2

 

 

 

“Allora, come sono andate le tue prime lezioni da liceale?”

Sussultai, voltandomi immediatamente verso quella voce spuntata all’improvviso alle mie spalle, sorridendo in modo quasi stupido nel rivedere il ragazzo di questa mattina.

Come d’istinto portai una mano a sistemarmi il ciuffo di capelli davanti al volto, rispondendogli frettolosamente e nel modo più impacciato possibile: “Ehm, bene credo!”

Vic sorrise, esaminando il mio volto per diversi secondi con aria curiosa, riprendendo successivamente a parlare: “Toglimi una curiosità… Come mai sei così nervosa quando ti rivolgo parola?” mi chiese tutto d’un tratto, cominciando a camminarmi affianco in quei lunghi corridoi.

Immediatamente scossi il capo e, arrossendo sulle guance dopo essermi accorta del suo sguardo indagatore, cominciai a balbettare: “Io.. Io non sono nervosa, davvero.”

Il ragazzo si bloccò improvvisamente, sgranando proprio come la prima volta che lo vidi i suoi grandi occhi scuri. “Non devi essere così timida con me, non voglio farti nulla di male!” disse, rivolgendomi poi un dolce occhiolino. Aveva uno sguardo così sincero che faceva quasi male.

Mi irrigidii leggermente alle sue parole, voltandomi verso di lui con aria quasi persa.

“Non ho mai pensato tu volessi farmene, non ci conosciamo.” asserii con un tono di voce piuttosto confuso.

Lui mi rivolse un enorme sorriso e continuò a guardarmi con quei suoi grandi occhi da cerbiatto per una manciata di secondi, prima di rispondermi: “Allora dato che non ci conosciamo, ti aspetto domani dopo la scuola. Non mancare, ti prego.”

Non feci in tempo a rispondergli che sparì verso l’uscita di quell’immenso edificio ed io, ancora più confusa dal suo comportamento, presi a camminare a passi incerti verso la sala professori, per ritrovare mio padre e poter andare finalmente a casa.

Il tragitto scuola-casa col mio vecchio ovviamente non mancò di domande e, una volta arrivata a casa la situazione non migliorò. All’interrogatorio prese parte persino Matisse, il mio enorme gatto grigio scuro, che ad ogni domanda posta da mia madre, miagolava con insistenza.

“Allora tesoro, come ti sembra la scuola? Hai fatto qualche nuova conoscenza? Come sono i tuoi compagni di classe? Alla mensa mangi bene? Lo sai che se preferisci preparo qualcosa per te ogni mattina!” domandò a raffica mia madre tutta indaffarata nel preparare la cena.

Mi limitai a fare spallucce, rispondendo con sufficienza ad ogni domanda nonostante lo sguardo truce di Matisse che, appollaiato accanto a mia madre, attendeva impaziente risposte più articolate.

“L’ho vista più volte parlare con un ragazzo dell’ultimo anno.” esordì dal nulla mio padre, mentre con grandissima nonchalance guardava la posta ricevuta, dopo aver scagliato la bomba con mia madre.

Lo fulminai con lo sguardo, alzando successivamente quest’ultimo al soffitto, preparandomi per le mille domande di mia madre.

“Ah… E come si chiama il ragazzo?” chiese in modo quasi pacato mia madre.

“Non ne ho la minima idea…” affermai con insolita sicurezza data la mia poca teatralità, facendo spallucce.

“Victor Vincent Fuentes, classe 1983.” disse papà, quasi interrompendomi. “E’ un mio allievo, gran chitarrista ed ottima voce, peccato che non sfrutti appieno il suo talento.” terminò, sparendo in camera sua, sghignazzando come un bambino.

Come da programma, mia madre cominciò a riempirmi di domande su questo Vic, con cui avevo appena scambiato qualche parola. Ad ogni sua domanda mi limitavo a rispondere con dei “non lo so” di circostanza, cercando di fare la vaga il più possibile.

Dopo tutto non era successo nulla, no?

Improvvisamente, immersa in quel mare di domande, sentii vibrare il mio telefono nella tasca dei jeans.

In quei pochi secondi che impiegai nell’estrarlo e guardare il messaggio pregai più e più volte che fosse qualcuno pronto a salvarmi da quella sottospecie di inferno.

 

Jaime – “Sei tornata da scuola vero? Sappi che è una domanda retorica perché ti ho vista entrare in casa!”

 

Avrei voluto mettermi a piangere dalla gioia alla vista di quel messaggio. Frettolosamente gli risposi, continuando a fare brevi cenni col capo in direzione di mia madre ad ogni sua domanda, per farla contenta.

 

Mia – “Interrogatorio in corso, ti prego salvami.”

 

Presi un lieve sospiro appena inviato il messaggio, sentendo improvvisamente suonare il campanello di casa. Mia madre si zittii velocemente, guardando subito fuori dalla finestra.

Successivamente la sentii sospirare per poi schiarirsi la voce: “Dai… Esci a giocare tesoro.” asserì con tono quasi rassegnato dopo aver visto Jaime tutto sorridente salutarla con la sua finta aria innocente dalla finestra.

“Grazie mamma, sei la migliore!” dissi con tutta la felicità che avevo in corpo, avvicinandomi a lei per schioccarle un enorme bacio sulla guancia prima di sparire dal mio migliore amico.

Corsa fuori di casa, non diedi il tempo materiale a Jaime di accorgersi della mia presenza che mi buttai letteralmente tra le sue braccia, stringendolo più forte che mai.

“Ehi, così mi soffochi!” disse lui, abbracciandomi al meglio che poteva dato il poco fiato.

Immediatamente allentai la presa, continuando però a trovare rifugio tra le sue braccia.

“Non volevo!” sussurrai, ridacchiando come una bambina per poi prenderlo per un braccio.

“Andiamo al parco come quando eravamo piccoli? Devi raccontarmi tutto!” ripresi io, sorridendogli.

Scosse la testa, come fanno i genitori senza speranza coi figli, per poi seguirmi, sorridendomi a sua volta.

“La scuola è bella, sai? Ho conosciuto un sacco di belle ragazze grazie al mio nuovo amico Tony! Tu invece, come ti trovi? Era così tragica come pensavi?” disse, cominciando a incamminarsi accanto a me verso il nostro parchetto infondo alla strada.

Risi del suo enorme entusiasmo, stringendomi nelle spalle: “La scuola è molto bella, ci sono un sacco di corsi interessanti, ma contrariamente a quanto ho detto a mamma, non ho parlato praticamente con nessuno.” asserii, assumendo un’espressione impacciata.

Jaime sospirò alle mie parole. Mi conosceva fin troppo bene e sapeva quanto fosse difficile per me rapportarmi con nuove persone.

“Mia, Mia, Mia… Vuoi dirmi che in un intera giornata nessuno si è innamorato del tuo bel visino?” disse col suo classico tono da genitore amorevole, cingendomi le spalle con un braccio per poi scoppiare in una tenera risata. “Devi scioglierti tesoro, davvero! Pensa di avere me accanto, ad ogni ora del giorno come abbiamo sempre fatto, ti verrà più facile.”

A quelle parole sentii un leggero tuffo al cuore. “Jaime…” sospirai, abbassando lentamente lo sguardo. “Per me non è facile… Poi tu non ci sei e anche se ci fossi io non cambierei, perché starei solo con te oppure aspetterei una giornata intera, come oggi, per vederti. Sei l’unica persona di cui mi voglio fidare, sembra stupido ma ho paura che qualche estraneo possa ferirmi e nel frattempo allontanarci…”

Immediatamente mi mostrò un enorme sorriso, quasi commosso. “E’ per questo che sei la mia migliore amica.” sussurrò, stringendo il braccio attorno alle mie spalle. E lui era indubbiamente il migliore degli amici che potesse mai capitarmi.

Fatti gli ultimi pochi passi, finalmente arrivammo al parchetto e, velocemente, prendemmo posizione sulle due altalene libere, lui rimase fermo mentre io cominciai a dondolarmi.

“Ma l’esibizione com’è andata? Ricevuto complimenti?” mi chiese improvvisamente, sgranando i suoi dolci occhi furbetti.

Annuii brevemente, tentando di nascondere il lieve rossore sulle guance. “Uno dell’ultimo anno.”

Lui subito scattò in piedi, guardandomi con stupore: “Ma cosa stavi aspettando a dirmelo? Devo davvero farti il terzo grado come tua madre? Suvvia, chi è?”

Scoppiai a ridere. “Ti prego, mia madre no!” dissi, schiarendomi appena la voce. “E’ un allievo di papà, si chiama Vic. E’ un musicista come me a quanto ho capito…” sussurrai, arrossendo sempre più in volto nel pronunciare il suo nome.

Ci fu qualche secondo di silenzio prima che la sua voce fosse pronta a riempire nuovamente il silenzio di quel parchetto: “E’ dell’ultimo anno Mia… Stai attenta, mh?” disse con tono serio.

Mi voltai velocemente verso Jaime, ma lui teneva lo sguardo fisso a terra, come se qualcosa detto o fatto da me l’avesse spaventato o ferito.

“Non.. Non capisco cosa vuoi dire.” ammisi in un sussurro, alzando lo sguardo al cielo.

Lo guardai fare spallucce e sorridere in modo quasi malinconico “Sei arrossita, tu non arrossisci mai.”

Mi portai istintivamente una mano alla guancia, trovandola quasi rovente. Scossi velocemente il capo, portando dunque il discorso da tutt’altra parte, cancellando il viso ed il nome di quel ragazzo dalla mia testa… O almeno, ci provai.

Riprendemmo a parlare, ridere e scherzare nella più totale tranquillità fino al tramonto, dimenticandoci totalmente di quella strana conversazione avuta poco prima. Era così bello essere spensierati insieme a lui.

Pronti per tornare a casa, scattai in piedi da quell’altalena, avvicinandomi al mio migliore amico per un breve abbraccio pieno d’affetto fraterno.

“Mi prometti che continuerai ad esser presente nella mia vita?” gli chiesi, col sorriso sulle labbra sicura di cosa avrebbe risposto.

“Assolutamente.” disse lui in tono più che convinto, ricambiando il mio sorriso mostrando in modo fiero le sue fossette. Immediatamente ci affondai un dito, come spesso facevo da piccola, per poi scoppiare a ridere insieme a lui.

“Ti voglio bene, non smetterò mai di dirtelo.” gli dissi in tutta sincerità.

“Anche io te ne voglio, e non smetterò mai di dimostrartelo.” concluse lui, cingendomi le spalle col braccio per poi incamminarsi accanto a me.

Eravamo davvero inseparabili.

 

 

 

Tengo a ringraziare di cuore Layla e CarapherneliaAi per le recensioni sempre gradite! J

   
 
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