{ Uniforme femminile
Che durante l'adolescenza gli ormoni siano delle brutte bestie
lo si sa, non c'è niente da fare.
Lo sa bene Momotaro Mikoshiba, mentre silenzioso come un gatto sguscia nella
propria stanza di dormitorio fortunatamente vuota.
Nelle braccia allenate ma ancora decisamente esili
stringe una busta che appoggia con cura sulla scrivania subito dopo essersi chiuso
la porta alle spalle.
Sì, è davvero difficile tenersi a bada in certi momenti,
soprattutto quando l'istinto prende il posto del buon
senso e finisce per dare il comando agire più velocemente di quanto il pensiero
arrivi ad elaborare. O meglio - quando il pensiero è troppo lento ad elaborare, e le fantasie di candide gambe scoperte e
corpicini esili fasciati da deliziose uniformi non bastano più a soddisfare i
bisogni di un ragazzino nel momento più burrascoso della propria pubertà.
È anche vero che questo non giustifica ciò che ha combinato,
ed essere scoperto significherebbe essere preso e cacciato in un collegio
maschile ben più severo della scuola in cui è adesso (che comunque è una
tortura, perché nessuno gli ha ricordato che non c'erano ragazze da quelle
parti?); nessuno però deve necessariamente sapere che
la busta che ha protetto con le unghie e con i denti fino al suo ingresso in
camera contiene una delle uniformi scolastiche di sua sorella, paradisiaco
indumento sul quale non appena ha messo gli occhi sopra durante una delle
sporadiche visite a casa non ha potuto fare a meno di prendere in prestito
almeno per un po'.
Ha agito senza pensarci, appropriandosene proprio qualche
attimo prima di salutare mamma e papà e dirigersi di nuovo al dormitorio; e ora
eccolo lì, con le mani tremanti che esitano a toccare quella busta quasi sacra,
la gola secca, i denti che si affondando ansiosi nel labbro inferiore.
Deglutisce, e in un impeto di decisione si fionda sul
pacchetto, liberandone il contenuto e rimirandolo estasiato tra le mani: è una
divisa semplice alla marinara con la gonna a pieghe decisamente più lunga di quelle che vede di solito nelle
proprie elucubrazioni mentali, ma in quel momento ciò che gli si prospetta
davanti gli pare essere la via più breve verso il paradiso.
Chissà come sono belle
le ragazze con questa uniforme, si domanda.
E si domanda anche, in un punto remoto del proprio cervello,
se sia possibile soddisfare questo dubbio in qualche modo, cercando qualcuno
che indossi quegli abiti per dimostrargli come si sta.
È un problema, però, che intorno non ci sia nessuno, né
tantomeno ragazze.
Dubbioso si avvicina allo specchio, stringendosi l'uniforme al
petto.
E se la provassi? si chiede.
Alla fine è solo per
avere un'idea, continua.
Mi servirà come
riferimento, niente di più e niente di meno, si convince.
Prima che la ragione possa dire la sua ecco che in un attimo
quello si libera dei propri vestiti, infilandosi lesto nell'indumento bramato.
Addosso a lui è decisamente piccolo e
stretto, tant'è che la maglietta birbante si ferma un attimo sopra la gonna che
sembra persino più corta di ciò che dovrebbe effettivamente essere, lasciando
le gambe dai muscoli appena accennati scoperte sotto quel delicato ondeggiare
di plissettature.
È una visione assurda e insolita, ma non riesce a staccare gli
occhi dal riflesso che vede dipinto nello specchio.
Perché gli piace così tanto ciò che vede? Deglutisce, fingendo
di ignorare il rossore che gli sta imporporando le guance.
Perché si sente eccitare da quel contrasto così netto tra
maschile e femminile quasi più di quanto si senta emozionare quando vede
scolaresche di ragazze uscire tutte insieme da scuola,
immerse nella loro graziosissima femminilità, senza un briciolo di ambiguità
che vada a turbare il loro aspetto armonioso?
E soprattutto cosa sta facendo quella mano, che lenta scivola
in fondo alla gonna, sollevandola appena come curiosa di infilarcisi
sotto pur sapendo benissimo cosa aspettarsi? Perché l'idea di toccarsi mentre è
vestito in quel modo suona improvvisamente così tanto
invitante?
Vorrebbe darsi una risposta e sapere se tutta questa curiosità
può essere giustificata, ma un rumore improvviso lo distoglie da tutti i quei
pensieri.
Cazzo.
La porta.
Dovevo bloccarla.
Sono questi i tre pensieri salienti che gli riempiono la testa
in quella frazione di secondo, durante la quale l'unica cosa che può fare è far tornare entrambe le braccia parallele al proprio corpo.
E tacere, naturalmente, fissando come un ebete la porta che si
apre permettendo al senpai Nitori di fare il suo
ingresso.
Segue un silenzio di tomba, glaciale come l'inverno, pungente
come una manciata di ricci di mare.
- … torno più tardi. - è l'unica risposta del nuotatore del
secondo anno, che in fretta e furia si appresta a chiudere la porta.
Niente possono le giustificazioni
sbraitate di Momotaro, così come niente può un
tentativo vano di fermarlo che per poco non lo porta ad immettersi nel
corridoio, sfiorando la tragedia di essere visto da tutta la scuola in quella mise così poco consueta.
Lo riconosce sempre di più, ormai, gli ormoni sono delle
bestiacce.
Specie quando si impuntano e lo costringono a trovare attraente qualcosa che era sicuro di apprezzare solo in un contesto completamente diverso.
Salve
a tutti!
Questa era la mia entry per il tema ‘uniforme scolastica’ dello
#Spokon69minITA, da cui prendo vigliaccamente ispirazione per il titolo.
Non
so bene come mai, ma tra i vari pensieri che mi sono venuti appena letto il
prompt quello di Momotaro che trafuga un’uniforme
femminile (che ho deciso essere della sorella a cui si
fa cenno in uno dei drama cd) per poi finire per
provarsela e decidere che ciò che vede non gli dispiace affatto è quello che
più mi è parso valere la pena sviluppare.
Quindi, ecco qua! Ammetto che mi vergogno un po’ a postare questo genere di
cose, ma ormai la frittata è fatta. Scusami Minishiba,
sei nella serie da un paio di episodi e già ti costringo
a certe cose.
Al
solito ringrazio chiunque passerà-leggerà-eventualmente
recensirà, ogni opinione è sempre ben accetta!
Alla prossima ~