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Autore: kwrites    23/07/2014    2 recensioni
Ashton aveva tutte le risposte alle domande di Bridgette, ma doveva rimanere in silenzio per il suo bene.
[ATTENZIONE: La storia non è mia, io la traduco solamente.]
Genere: Horror, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: AU, OOC, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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So che avevo detto che non avrei messo note al di fuori di quelle originali o inerenti alla traduzione, ma l'altra volta mi sono scordata di darvi i miei contatti per qualisasi cosa, chiedo perdono xD
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2 || Storie e silenzio
 
Rientrai in casa giusto in tempo per sentire il profumo del pesce cucinato invadermi le narici. Amavo il pesce che faceva mia madre, lo adoravo così tanto che mi fece quasi dimenticare la conversazione con Michael sulla casa apparentemente infestata dall’altra parte della strada. Seguii il profumo fino in cucina e trovai mia madre intenta a frullare il purè di parate.
« Hey mamma. » la salutai, sbirciando quello che c’era in pentola
« Com’è andata la passeggiata? » mi chiese, chiudendo la pentola con il coperchio d’acciaio e girandosi verso di me.
Quello mi fece decisamente ricordare la mia conversazione con Michael. Scrollai le spalle, appoggiandomi al bancone. « Bene. »
« Hai incontrato qualcuno del vicinato? »
« Sì, un ragazzo. A dire il vero, due ragazzi. »
Sul viso di mia madre fece capolino un sorriso biricchino. « Davvero? »
« Non è niente di che, mamma, okay? » sospirai. « Uno si comportava da deficiente e l’altro non parla nemmeno. »
L’espressione felice di mia madre sparì. « Be’, sono sicura che ci sono persone migliori in città. Vedrai. »
« Oh, esco con uno di loro stasera. » le dissi.
Lo sguardo che mi rifilò mi fece quasi ridere. Mi guardò come se le avesse appena chiesto di elencarmi i diversi tipi di cibo per cani. Sospirò e ruotò gli occhi, tornando ad occuparsi del cibo in pentola.
« Va bene, » disse finalmente. « Ritorna a casa per le dieci, però. »
Lasciai la cucina e salii in camera mia per fare qualche ricerca, prima di cena. Accesi la lampada sul comodino e mi misi sul letto, mettendomi il computer sulle gambe. Sistemai i cuscini sul poggiatesta e vi sprofondai dentro. Aprii il mio computer e andai su Google a cercare Westfield Drive nella mia città. Spuntarono fuori un mucchio di articoli di giornale. Aprii il primo risultato e il titolo catturò la mia attenzione.
Intera famiglia trovata morta al numero 30 di Westfield Drive. Doveva trattarsi della Casa degli Hemmings. L’articolo, in parole povere, diceva esattamente quello che Michael mi aveva già detto. Passai all’articolo successivo. Ragazzo rimasto ucciso in un incidente stradale. Quello non parlava decisamente della Casa degli Hemmings.
Un ragazzo è stato coinvolto in un incidente in moto il 23 Settembre 2013. La sua famiglia ha richiesto di mantenere l’identità privata, ma è stato rilasciato che fosse appena diciottenne. Nessuno è stato testimone o sa cosa sia successo. Il ragazzo è stato ritrovato qualche metro più in là del suo veicolo, che è scivolato per la strada.
« Bridgette, la cena è pronta! » mia madre mi chiamò dal piano di sotto.
Avrei dovuto chiedere a Michael più tardi. Chiusi il mio computer e raggiunsi la cucina per mangiare. Erano le 7:03 secondo l’orologio analogico del forno. Dopo cena avrei dovuto vedermi con Michael. Mi sedetti di fronte mio fratello e appoggiai i gomiti sul tavolo.
« Tua madre mi ha detto che esci con un ragazzo dopo. » investigò mio padre.
« Un ragazzo? » ridacchiò mio fratello, Jeremy « Quale ragazzo uscirebbe con te? »
Feci spallucce. « Si chiama Michael. L’ho incontrato dopo che mamma e papà mi hanno praticamente chiuso la porta in faccia. »
« Ci deve essere qualcosa di sbagliato in questo tipo se vuole uscire con te, » rise mio fratello. « Andiamo, è uno spacciatore? Rapinatore? Un serial killer? »
« Jeremiah! »  lo sgridò mia madre.
 Jeremy scrollò le spalle e prese la sua forchetta. « La sto solo mettendo in guardia. »
« Se “solo mettermi in guardia” è un nuovo modo per dire che “mi stai prendendo per il culo”, allora lo stai facendo magnificamente. » gli dissi.
« Zitti e mangiare il vostro pesce. » brontolò mio padre.

 
***

Mi tirai su la zip del giacchetto non appena mi richiusi la porta d’ingresso alle spalle e scesi le scale della veranda. Mi sedetti sul bordo del marciapiede di fronte casa mia e aspettai che Michael arrivasse. Fissai il terreno e spostai un mucchietto di terra con il tallone. Poi notai un’ombra scura avvicinarsi. Alzai lo sguardo e i miei occhi incontrarono quelli di Michael.
« Ti diverti, Cooper? » sogghignò.
« Un sacco, » disse mi alzai, togliendomi la terra dai pantaloni. « Allora, dove andiamo? »
« Solo una passeggiata, » sospirò. « Va bene per te, Cooper? »
« Hai qualche problema con il mio nome? » gli chiesi mentre cominciavano a camminare verso casa sua.
Lui scrollò semplicemente le spalle. « Mi piace chiamarti Cooper. Hai qualche problema con il tuo cognome? »
« No, chiedevo soltanto, » gli dissi, e poi aggiunsi, « Clifford. »
Michael rise. « Carino, Cooper. Ma a nessuno piacciono i copioni. »
Camminammo per la strada finché non raggiungemmo la casa che aveva quell’albero enorme in cortile, quello dove era appoggiato Ashton quel pomeriggio. Michael mi guidò nel piccolo vialetto fino alla porta principale. Bussò due volte e poi aspettammo.
« Spero non ti dispiaccia se Ashton si unisce a noi. » disse mentre lo aspettavamo.
« Oh, lui lo chiami per nome. » gli feci notare.
Michael mi rivolse un piccolo sorriso. « Volevo solo essere sicuro che sapessi di chi stavo parlando. » si girò e bussò altre tre volte. « Hey, Irwin, andiamo! »
« Perché non parla? » gli chiesi a bassa voce.
Michael scrollò le spalle e disse « Non lo so » con un uno strano verso. « Non parla nemmeno con me. »
Ashton aprì la porta e uscii di casa, indossava ancora i suoi occhiali da sole. Michael si girò e prese il mio polso e mi riportò sui nostri passi, finché non raggiungemmo la strada. Ashton si mise al fianco di Michael e cominciò a camminare silenziosamente con noi.
« Irwin, ti ricordi di Cooper, vero? » chiese Michael, indicandomi.
Ashton guardò oltre Michael per rivolgermi un cenno del capo, come aveva fatto prima, quel pomeriggio. Ricambiai il cenno, con un piccolo sorriso, prima di abbassare lo sguardo sui miei piedi. Dovevo chiedere a Michael dell’incidente, ma come avrei potuto farlo senza sembrare inquietante? “Hey, vorresti parlarmi del tipo che è morto in mezzo alla strada?” Non era esattamente il modo migliore per chiederglielo.
« Allora Cooper, » cominciò Michael. « Quanti anni hai? »
« Diciassette, » replicai. « Avrò diciotto anni tra due settimane. Perché, quanti anni hai tu? »
« Ahw, sei una bambina! Io ho già diciotto anni, » sorrise orgoglioso. Ashton grugnì e Michael quasi inciampò sui suoi stessi piedi. « Cosa? Ah, sì, Ashton ha diciannove anni. »
« Ahw, sei un bambino! » lo imitai e Ashton mi sorrise, mostrando due fossette agli angoli della bocca.
« Non incoraggiarlo. » borbottò Michael, tirando fuori gli occhiali da sole dalla tasca e mettendoseli.
« Perché indossate costantemente gli occhiali da sole? » chiesi. « Sta facendo buio. »
« Perché siamo fighi, ecco perché. » disse Michael, a testa alta.
Alzai gli occhi al cielo. Bene, era giunto il momento di fare le cose sul serio prima che Michael se ne tornasse a casa. « Hey, posso farti una domanda? »
« Spara, Cooper. » disse Michael, fermandosi sulle strisce pedonali. Guardò da entrambe le parti prima di lasciare che io e Ashton attraversassimo la strada.
« Ho fatto qualche ricerca, » iniziai lentamente. « E apparentemente qualcun altro è morto in questa via. Non sono riuscita a leggere tutto, ma diceva che si è trattato di un incidente in modo. »
Michael si fermò di botto. Ashton mi guardò prima di strattonare Michael con un braccio e spostarlo dietro di lui, per poi ritrovarsi in mezzo a noi. Ashton guardò Michael e tenne le braccia spalancate, come se stesse cercando di proteggermi da Michael, la cui faccia era pallida non appena si tolse gli occhiali. Guardò nella mia direzione, ma era come se stesse fissando un punto oltre di me.
« Devo andare a casa. » disse, quasi in un sussurro.
Ashton si rilassò e lasciò che Michael si girasse e si allontanasse da noi. Superai Ashton gentilmente. « Che vuol dire che te ne devi andare? »
Michael si girò improvvisamente, sembrava furibondo « Lascia perdere, Bridgette, » feci un passo indietro, abbassando la testa. Michael sembrò calmarsi un poco. Si girò ancora. « Ci vediamo domani, Cooper. »
Rimasi a guardare Michael attraversare di nuovo la strada e continuare a camminare, mettendosi di nuovo gli occhiali a coprire i suoi occhi verdi. Ashton toccò delicatamente il mio braccio e mio mi girai a guardarlo. Aprì la bocca come se volesse dire qualcosa, ma poi la chiuse subito. Puntò il dito nella direzione in cui Michael era appena sparito.
« Giusto, vorrai tornare a casa. » dissi e lui annuii. Iniziò a camminare, ma poi si fermò e mi fece cenno di seguirlo. Mi affrettai e cominciai a camminare insieme a lui. Non riuscivo a pensare a niente per riempire quel silenzio, allora feci notare l’ovvio.  « Quindi... tu non parli? »
Ashton ridacchiò e scosse la testa.
« Da quanto tempo va avanti? » chiesi.
Ashton alzò lo sguardo e mi mostrò le dita, come se stesse contando. Sollevò sei dita.
« Sei anni? » esclamai. Lui scosse la testa. « Sei... mesi? »
Annuì.
« Ti stanchi mai di non poter parlare a nessuno? »
Lui scrollò le spalle e annuì un po’.
« Da quanto tempo sei amico di Michael? »
Ashton fece di nuovo la sua conta e alzò due dita.
« Due mesi? » chiesi, e lui scosse la testa. « Due anni? »
Annuì.
« Hai altri amici? »
Lui annuì di nuovo.
« Una famiglia? »
Annuì.
« Con loro ci parli? »
Ashton fece una piccola pausa, poi annuì ancora.
« E perché con loro sì e con gli altri no? »
Sospirò e scosse la testa.
« Giusto, probabilmente non riesci a spiegarlo. Sai, non parlando è un po’ difficile. »
Ashton rise e si passò una mano tra i capelli. Mi diede una pacca sulla spalla prima di mettersi le mani in tasca.
« Quindi... ti sto simpatica? » tirai ad indovinare.
Lui sorrise e annuì.
« Bene, » ricambiai il sorriso. « Anche tu mi stai simpatico. Così forse un giorno mi parlerai. »
Ashton fece spallucce, ma continuò a sorridere.
 
 

 
   
 
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