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Autore: GRACE_WHITE    23/07/2014    1 recensioni
[La guerra dei mondi]
Anno 2045.
I protagonisti di questa storia sono Jena e Theo, figli di Rachel Ferrier, la più giovane superstite alla guerra dei mondi avvenuta nel 2005. I due si accorgono cogliendo i segnali collegati all'infanzia della madre, che i Tripodi sono tornati. Dovranno combatterli con le poche persone che saranno in grado di aiutarli, e capiranno che la prima guerra dei mondi non era niente, niente in confronto a quella che sta per scoppiare.
Genere: Azione, Guerra, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Movieverse, Otherverse | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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Jena
 
Scarlett mi ha consegnato degli abiti nuovi, non so di chi siano e non mi importa saperlo, so solo che non sono di mio gradimento. Sono costretta ad indossare una camicia a maniche lunghe rosa e una gonna a tubino. I capelli li ho dovuti raccogliere in uno chignon un po’ troppo elegante secondo i miei gusti, quindi decido di lasciare qualche ciocca davanti alle orecchie. Mi guardo allo specchio e vedo mia madre, ecco di chi è stata l’idea di farmi indossare quegli scomodi abiti. Avevano l’odore di sapone alla lavanda, il solito profumo che mi dava conforto da piccola.
Mi infilo le ballerine grigie ai piedi e metto la piccola borsa bianca in spalla. Sto per uscire, ma mi ricordo di prendere l’agenda di mamma che ho trovato nella soffitta della nostra vecchia casa quando avevo nove anni. Ci scriveva molte cose, le sue giornate più belle, i suoi incubi e i suoi ricordi.

La apro nella pagina che ho ormai consumato a forza di sfiorarla, inizio a far scorrere per l’ennesima volta gli occhi sulla penna blu con cui scriveva.

E’ incredibile quanto una sedia a dondolo in legno possa calmare una persona adulta e far addormentare una bambina irrequieta di tre anni. Sono quasi otto mesi che mio marito è partito per il Vietnam, non per guerreggiare contro altri soldati, ma, conoscendo il mio passato, quando gli anno detto che potevano esserci movimenti non terrestri sottoterra si è subito offerto di combattere.
“Lo faccio per te, tesoro.” ha detto prima di partire e non farmi ricevere sue notizie. La sua spedizione deve restare segreta perciò, sapendo di che rischio potrebbe trovare là, l’unica notizia che mi giungerà da lui sarà per la sua probabile morte. So che non devo pensare a queste cose, ma da quando mi hanno detto che i Tripodi potrebbero muoversi ancora sotto di noi riesco a pensare solo alla nostra probabile morte.
Per questo devo proteggere i miei figli, solo loro riescono a confortarmi quando li tengo tra le braccia, proprio come Jena riesce a rassicurarmi in questo momento. Theodor invece sembra molto più distaccato da me, sembra già un piccolo ometto anche avendo solo sei anni.
Li proteggerò, perché so che i Tripodi sono ancora tra di noi.

 
Volto pagina, l’ultima che ha scritto mamma qualche giorno dopo.

E’ morto.
Mi è arrivata la lettera questa mattina, quella che sto stringendo in mano ora, c’è scritto che è deceduto per mano di un Tripodo sottoterra, c’è anche il suo testamento. E’ confermato, sono ancora tra noi.

Questa cosa, mi hanno detto, deve restare segreta, sono una delle poche persone che lo sa. Ancora lo devo dire a Jena e Theo.
Non so come farò a proteggerli da sola, ma ci riuscirò.


E’ per queste parole che ho detto che quei mostri non se ne sono mai andati da qui, loro vogliono delle teorie? Io gliele ho date. Ho fatto quello che mi anno chiesto, e hanno fatto bene a seguire quello che ho detto a Rose Kowalski.
Esco dalla porta della camera e mi dirigo verso la sala da pranzo della Casa Bianca, con l’agenda dentro la borsa. Quando arrivo vedo a entrambi i capi del tavolo il presidente e la First Lady, Summer, vicino a lei è seduta mia madre. Davanti a lei c’è mio fratello e al suo fianco c’è una ragazzo di circa venticinque anni, il figlio di Summer e Andrew Civilian. Discretamente occupo il posto accanto al presidente e davanti a suo figlio. Theo ha i capelli bruni laccati all’indietro e indossa una camicia bianca con un paio di pantaloni formali, è molto ridicolo secondo me.
-Sei in ritardo.- commenta alla mia sinistra mia madre, a voce bassa. Io la guardo con la coda dell’occhio senza rispondere, dopo tutto mi ha costretto a partecipare lei. Annuisco solamente.

-Jena,- la voce del presidente mi fa alzare gli occhi su i suoi, tende un braccio verso sua moglie- non conosci Summer, vero?- scuoto la testa. La First Lady si china nella mia direzione e allunga la mano, la stringo e sorrido. Andrew guarda suo figlio- E questo è il mio campione, Alex!-
Ci guardiamo un attimo e poi stringo anche a lui la mano. Ha i capelli neri e gli occhi azzurri, l’abbigliamento è simile a quello del padre. Iniziamo a mangiare finché il silenzio non viene interrotto di nuovo dal presidente- Allora, Jena, ho saputo che oggi hai fatto l’interrogatorio al QG. E’ andata bene?-
Me lo ha chiesto davvero?! Vieni trascinata in una stanza dove vieni ammanettata e ti viene iniettato un siero che ti fa dire tutte le cose che vogliono, come può mai essere andata? Cretino.- Si,- rispondo cercando di mantenere la calma- è andata come avevate chiesto. Ho risposto a tutte le domande e loro ne hanno tratta una conclusione.-

-Si, mi hanno informato di questo.- mangia a bocca chiusa un pezzo di carne arrosto- Come hai fatto a dire che i Tripodi siano sotto di noi?- rabbrividisco guardando il piatto del presidente. “Povero animale,” penso, stringendo le labbra per il disgusto “come fanno a mangiare degli esseri viventi!” Questa è la reazione dei vegetariani come me.
Vedo mia madre trasalire, ma solo io me ne accorgo, forse nessuno le ha detto delle mie risposte- Intuito.- mormoro, masticando qualche foglie di insalata. Il presidente sembra essere stato zittito dalla mia ultima parola, forse con la noncuranza con cui l’ho pronunciata davanti a lui.
Lancio occhiate veloci da tutte le parti della stanza, ci sono quattro camerieri ai fianchi della First Lady e del presidente. C’è una guardia in ognuna delle cinque entrate della sala da pranzo. Ho finito il mio piatto e sto per prendere il calice che contiene il vino rosso, che di solito non bevo, quando vedo che al suo interno si formano dei cerchi concentrici che si rimpiccoliscono a intervalli di tempo. Come se qualcuno avesse sfiorato la superficie del liquido.

Questa volta sento tremare la sedia, mi alzo di scatto e anche Alex, forse anche la sua si è scossa. Gli altri seduti al tavolo ci guardano incuriositi, ma anche loro capiscono appena il pavimento trema come tutte le cose all’interno della stanza. Il presidente ordina a me, a mio fratello e al resto delle persone di nascondersi sotto il tavolo, noi obbediamo. La sala da pranzo diventa polverosa che impedisce di aprire gli occhi, inizio a tossire, cerco la mano di mio fratello, la trovo e la stringo. L’ho riconosciuta per via del braccialetto nero con una pallina da basket attaccata che nostro zio Robbie, il fratello di mamma, gli ha regalato. Sento un grido di una donna provenire pochi metri a mia distanza, gli sopraggiunge quello del presidente, che non si trova più accanto a me sotto il tavolo.
-Summer!- chiama, con la voce spezzata. Sento dei singhiozzi.

La terra trema di nuovo, nella casa bianca si diffuse il suono di decine di allarmi assordanti- Uscite! Uscite, presto!- gridò mia madre.
Mio fratello mi trascina fuori dalla stanza, dopo di noi esce Alex che a mala pena riesce a tenersi in piedi. Io e Theo lo aiutiamo, i corridoi e le stanze sono affollati da soldati e gente che lavora per il presidente. Dei calcinacci crollano ai nostri fianchi, ma con un salto usciamo in tempo dal portone della casa prima che crolli tutto.
Di fuori è tutto buio, molti elicotteri volano sopra di noi e delle macchine della polizia e jeep circondano tutto l’edificio. Tossisco e sputo sangue che macchia l’erba impolverata, Theo è disteso per terra e sta riprendendo fiato, sembra che non si sia fatto male. Al contrario di me invece, mi tocco la fronte con le dita e sento un taglio profondo che mi provoca dolori forti. Ma quando mi sono fatta male? Non me lo ricordo, forse in quella confusione un pezzo di cemento del soffitto mi ha colpito e per via di tutto quel caos non c’ho fatto caso.

Alex è in ginocchio, inarca la schiena e sembra stia per vomitare. Mi alzo e lo aiuto proprio mentre ha un conato, gli tengo una mano stretta nella pancia per alleviare il dolore degli sforzi. Quando ha finito cerca di rimettersi in piedi e fa dei respiri profondi, lui mi guarda e annuisce, come per ringraziarmi.
Non dico niente. Sono impegnata a guardare le macerie della casa bianca- Mamma!- grido, appoggiando le mani sulle cosce per sostenermi.
Sto per chiamarla di nuovo ma il suono dei Tripodi mi costringe ad accasciarmi a terra, le mani sono premute contro le orecchie per non sentirlo, ho gli occhi stretti. Theo cerca la mia mano, ma non gliela porgo, così lui mi stringe un braccio per assicurarsi che sono ancora qui.
Un bagliore troppo luminoso si accende davanti a noi, e mi costringe ad aprire gli occhi, vengo scaraventata via e batto la testa su un masso. La casa bianca è esplosa… con mia madre all’interno.

Un Tripodo sbuca dal fuoco e dal fiume ed emette il suo suono di trionfo, inizia ad avanzare verso di noi; io, Theo e Alex ci lanciamo verso destra per non essere calpestati, il Tripodo continua indifferente la sua marcia ignorando le persone sotto di se.
Un urlo riesce a fuggire dalla mia gola, non è possibile che sia successo, mi rifiuto di crederci. Inizio a piangere disperata, tenendomi le braccia strette in grembo, appoggio la testa sull’erba bruciata. Sento una voce femminile familiare, Scarlett ci ordina di seguirla, il suo volto è calmo e sicuro. Theo e Alex mi tirano su di peso e mi portano verso la jeep della soldatessa. La maggior parte degli altri soldati prende il proprio veicolo governativo e segue il nostro.
-Dobbiamo… dobbiamo aiutarli.- balbetto, indicando i soldati intenti a spegnere le fiamme e tentando di soccorrere le persone rimaste sotto le macerie.

-Sono morti comunque.- si affretta Scarlett, tenendo gli occhi sulla strada che stiamo percorrendo. Cerco gli occhi di Theo, seduto nel sedile davanti, lo supplico con lo sguardo di fare qualcosa ma lui scuote soltanto la testa.

-Mi dispiace, Jena.- dice mio fratello, fissando il vetro del finestrino- Non possiamo fare niente.-
   
 
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