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Autore: wilderthanthewind    23/07/2014    2 recensioni
| Raccolta di fanfiction ispirate ad ogni canzone dell'album dei 5 Seconds Of Summer. | La storia non ha scopi di lucro bla bla bla insomma Ashton è una brava persona e lo sappiamo tutti. |
Ogni più remoto desiderio di morire era scomparso: era circondata da buone occasioni, e ciò la rassicurava. Si sentiva libera. Riusciva quasi a toccare quella sottile linea che separava la vita dalla morte; sapeva che solo lei poteva controllarla, nessuno avrebbe potuto impedirle di prendere una decisione piuttosto che un'altra.
Sembrava così forte, affrontando il mondo su quei tacchi.
Sembrava così debole, nascondendosi nella sua chioma.
Ashton Irwin avrebbe cercato in tutti i modi di renderla sua.
Come la bambola più pregiata di una numerosa collezione, come l’oggetto più raro di un mondo sperduto.
Genere: Song-fic, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Don’t stop.


 

Attirava l’attenzione di tutti, nei suoi pantaloni estremamente attillati e sgargianti: a primo impatto pareva una semplice esplosione di colori; con uno sguardo più attento si poteva notare il motivo di una galassia, ogni stella proiettata nell’infinito, ogni corpo celeste, ogni colore, si fondeva con il resto delle meraviglie che soltanto l’universo può offrire, si mescolava creando una strabiliante magia. Una magia all’altezza dei suoi occhi, magnifici a tal punto da distogliere lo sguardo dalle labbra tinte di un rossetto rosso fuoco. Le sue iridi castane avevano sempre fatto ricredere tutti coloro pensassero che la bellezza è riservata soltanto a un paio di occhi azzurri. Le sue iridi rinnegavano quel noioso luogo comune. Le sue iridi erano un universo a sé stante. Un universo molto più vasto e colorato di quello stampato sui suoi pantaloni.

Si muoveva seguendo il ritmo della musica che rimbombava nella sala a volume altissimo, dondolando sui suoi tacchi neri, adorni di tante sottili stringhe che le fasciavano il collo del piede intrecciandosi e creando particolari decori. Oscillava il capo chino rilassandosi all’atmosfera piacevole con un bicchiere in mano e lasciando che la lunga chioma mossa e castana ondeggiasse con lei.

Attorno a lei la gente era intenta a bruciare ogni briciola restante di dignità non preoccupandosi minimamente di rapportarsi in modo eccessivamente intimo agli altri invitati della festa o di perdere totalmente il controllo tra alcool e droga; la musica era assordante e la fanciulla si sentiva stordita: di certo non era la prima volta quella sera che assaggiava la bevanda alcolica contenuta nel suo bicchiere. Tuttavia, si sentiva bene. Ogni più remoto desiderio di morire era scomparso: era circondata da buone occasioni, e ciò la rassicurava. Si sentiva libera. Riusciva quasi a toccare quella sottile linea che separava la vita dalla morte; sapeva che solo lei poteva controllarla, nessuno avrebbe potuto impedirle di prendere una decisione piuttosto che un'altra.

Talvolta qualche ragazzo barcollante si avvicinava a lei, posizionandosi alle sue spalle poggiava le mani sui suoi fianchi e le scorreva lentamente verso l’alto, cercando di raggiungere i seni. Lei puntualmente inclinava la testa e si lasciava andare tra le sue braccia, ma nel momento in cui egli cominciava ad assaporar l’idea di aver trovato la propria preda, la ragazza si voltava e lo guardava con un sorriso furbo, nonostante il lieve cipiglio.

«Non mi avrai mai»

Ashton la guardava da lontano, incantato dalla visione.

Agitava delicatamente il bicchiere, divertendosi alla formazione di cerchi concentrici sulla superficie della bevanda, nonostante la sua attenzione fosse comunque rivolta alla splendida fanciulla. Pensò che fosse la ragazza più bella che avesse mai visto, ne era convinto.

Sembrava così forte, affrontando il mondo su quei tacchi.

Sembrava così debole, nascondendosi nella sua chioma.

Quando alzava il capo, mostrando quel suo sorriso smagliante che lui cercava di interpretare in tutti i modi, quell'universo esplodeva, disperdendosi in ogni angolo della sala, e allora tutto brillava.

Pensò, sorseggiando talvolta il suo drink, che fosse la creatura più bella del mondo. Di gran lunga migliore di tutte le altre ragazze, i paesaggi mozzafiato, i momenti più felici. Era più bella delle vacanze nelle grandi città piene di misteri, nelle fresche baite di montagna o sulle rive delle spiagge più incantevoli.

Pensò, tenendosi appoggiato al bancone col gomito, che fosse perfetta: i suoi lineamenti, i suoi occhi, le sue labbra, il suo portamento. Tutto combaciava: quella ragazza rispecchiava precisamente il suo modello di perfezione.

Già, quella ragazza era perfetta.

Ashton Irwin avrebbe cercato in tutti i modi di renderla sua.

Come la bambola più pregiata di una numerosa collezione, come l’oggetto più raro di un mondo sperduto.

Chiuse gli occhi lasciando che la musica e le urla delle persone che affollavano la sala svanissero lentamente.

«Scappiamo»

Aprì la portiera dell’auto dal lato passeggeri, guardandola con un sorriso stampato sul volto, e gli occhi brillanti di speranza.

La fanciulla gli rivolse uno sguardo sorpreso; la sua mente si affollò di domande e riflessioni.

Dopotutto, chi era lui?

Chi era lei?

Avrebbe avuto la libertà, ma non sapeva a cosa sarebbe andata incontro.

Era un terno al lotto, e doveva scegliere se giocare.

Lasciò sconcertata che un mormorio fuoriuscisse dalle proprie labbra.

«Dove?»

«Dove vuoi tu»

«Quando?»

«Quando vuoi tu»

La ragazza scosse la testa. La sua espressione interrogativa non era mutata.

Ashton lo notò, e proseguì.

«Dimmelo tu» fece una pausa. «La scelta è tua, la lascio a te. Possiamo andare ovunque tu voglia. Adesso, domani o quando vuoi. Sei libera»

L’altra sussultò alla sua ultima parola: libera.

La libertà era tutto ciò che voleva.

Afferrò la portiera e s’infilò nella vettura, chinandosi per potervi entrare comodamente.

Il ragazzo sorrise soddisfatto osservando i suoi movimenti, e raggiunse l’altra portiera, mettendosi alla guida.

Partì.

Riaprì gli occhi: la musica più forte che mai, la fanciulla ancora si muoveva ritmicamente al centro della pista da ballo e lui… lui s’era invaghito.

Sul volto aveva dipinto un sorriso felice, la sola idea di averla con sé lo faceva stare bene. Il suo sogno sarebbe dovuto divenire realtà, a qualsiasi costo.

Facendo pressione sull’avambraccio si diede una spinta e stabilì il peso sui due piedi; l’alcool aveva il suo effetto e sentì una lieve vertigine. S’incamminò verso il centro della sala, dove la ragazza continuava a ballare in solitudine, innamorandosene di più ad ogni passo. Nonostante i nervi a fior di pelle e i numerosi bicchieri, ebbe la lucidità di evitare di dare nell’occhio: decise di spostarsi tra la folla improvvisando movimenti a ritmo e fingendo di interagire con gli altri invitati.

«Ciao»

Una figura alta e instabile si presentò alla ragazza, che accennò un sussulto all'ennesimo ragazzo ubriaco che le si proponeva.

«Ciao», rispose con indifferenza, continuando ad ondeggiare tra le luci accecanti della discoteca.

«Come ti chiami?» buttò Ashton, scuotendo appena il capo, disgustato dalla banalità della domanda; eppure non aveva saputo far di meglio. Le mani erano bagnate di sudore, le gambe tremavano e la testa gli girava.

«Diana» il tono della fanciulla non mutò.

«Come immaginavo» si lasciò sfuggire.

L'altra alzò un sopracciglio sorpresa, ma non diede peso alle parole del ragazzo.

«Tu?», fece annoiata, ripetendo le medesime battute di una conversazione avvenuta oramai decine di volte durante la serata.

«Ashton»

«Entusiasmante»

«Già» annuì, per poi proseguire impacciato. «Quanti anni hai?»

«E a te cosa interessa?»

«Pura curiosità»

«Diciotto», replicò lievemente irritata.

«Grandioso», esclamò, senza ricevere risposta. «Sei carina, sai?»

«Grazie»

«E sembri simpatica»

La ragazza scoppiò a ridere, divertita dalle affermazioni squallide e infondate del copione che uno dei tanti ragazzi senza un preciso scopo nella vita – ad eccezione di soddisfare secondarie necessità – stava recitando.

«Mi daresti il tuo numero?»

A quelle parole si fermò. Alzò il capo, puntò gli occhi vuoti sui suoi, e fissandolo con un sorriso sghembo quasi lo intimorì.

Non farlo. Non fermarti.

Si avvicinò lentamente a lui.

Cosa ho combinato?

Ho disturbato questa meravigliosa creatura.

Ti prego, non fermarti.

Continua a danzare.

Il giovane indietreggiò, sentendo il volto avvamparsi e le tempie, sulle quali scendeva disordinatamente qualche ciocca di capelli biondi e mossi, pulsare lievemente. Deglutì a fatica a causa del nodo che gli si era formato in gola; tentò poi invano di inumidirsi le labbra screpolate sentendo il palato asciutto. Improvvisamente la ragazza dalla lunga chioma castana gli afferrò con forza un polso, e in quel momento la mente gli si svuotò.

Non aveva la minima idea delle sue intenzioni, ma voleva più di ogni altra cosa assaporare le sue labbra; la fame di un suo bacio gli percorse interamente il corpo in un brivido.

La fanciulla gli si pose di fronte e avvicinandosi sempre più la distanza tra i loro corpi scomparve; alzò appena il capo, in modo da poter fissare lo sguardo basso sul suo volto, poi gli sfiorò il collo con le labbra di fuoco, sentendo il calore che accendeva la sua pelle.

«Non ho un telefono» sussurrò. «E devi starmi lontano», aggiunse, prima di strattonargli il polso e spingerlo a terra. Si voltò e s'incamminò a passo svelto verso il centro della pista, dove ogni luce s'incontrava mettendo in risalto il suo splendore, ignorando l'accaduto esattamente come le volte precedenti.

«Aspetta»


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