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Autore: Letz    24/07/2014    3 recensioni
Vagamente ispirata alla canzone "Infinito" di Raf.
Quando il tuo ex, che dopo anni di fidanzamento e convivenza ti ha lasciato per inseguire i suoi sogni a Londra, l'unica cosa che puoi fare è rimettere insieme i pezzi della tua vita. Ed è quello che Grantaire cerca di fare, ma come puoi tenere insieme i pezzi quando il tuo ex, di cui sei ancora perdutamente innamorato, decide di ritornare a Parigi dopo quattro anni di silenzio?
“Teso, ero a pezzi ma un sorriso in superficie nascondeva i segni d'ogni cicatrice. Nessun dettaglio che nel rivederti potesse svelare quanto c'ero stato male. Quattro anni scivolati in fretta e tu, mi piaci come sempre, forse anche di più”
Coppie exR, brevi accenni di altre coppie, Modern!AU
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Enjolras, Grantaire
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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“Amore, sono a casa”, gridò Grantaire spalancando la porta dell’appartamento. “Amore?”, ripetè con voce incerta non avendo ricevuto risposta.
“Sono in cucina”. 
Enjolras era seduto al tavolo della cucina. Appoggiati davanti a lui c’erano due calici di vino ma, a giudicare dal livello di liquido nella bottiglia, Enjolras si era già abbondantemente servito.
“Cosa festeggiamo?”, sorrise Grantaire. “Se tiri fuori il vino deve essere una cosa decisamente grossa”.
“Mi hanno promosso”.
“Amore è stupendo”. E Grantaire cercò di abbracciare il suo ragazzo, che si sottrasse a quel contatto. Qualcosa non andava, Grantaire lo aveva capito appena entrato in casa ma non voleva ammetterlo.
“Mi offrono un posto da corrispondente a Londra”.
Quindi era quello il problema: Enjolras voleva la sua opinione sul trasferimento.
“Amore è un occasione splendida. Hai sempre voluto lavorare all’estero. Puoi partire e in un paio di settimane ti raggiungerei, il tempo di sistemare le cose con i clienti, tanto sai benissimo che lavoro principalmente da casa”.
“Non voglio trasferirmi a Londra con te”. Le parole di Enjolras erano ghiaccio. “Stiamo insieme dall’università e mi sembra di aver sempre vissuto in simbiosi con te. Non mi sono mai sentito libero di fare quello che volevo, perché non me la sentivo di lasciarti. Ma ho ventisei anni e ho bisogno di fare questa cosa. Da solo”.
Grantaire cercò di non iperventilare. Le cose non erano così brutte come sembravano.
“Va bene, possiamo vivere separati e vederci ogni mese. Non si tratterà di molto tempo giusto?”.
“Due anni di “apprendistato” e due di contratto ufficiale”.
“Quattro anni?”, sobbalzò Grantaire. “Hai intenzione di vivere per quattro anni a Londra lasciandomi qui ad aspettarti?”.
“No Taire, non voglio che tu mi aspetti. La verità è che ho chiesto io di essere trasferito. Ho bisogno di cambiare aria, di ricominciare da zero. La verità è che non so più se ti amo oppure no”.
Grantaire era completamente gelato da quelle parole. Ma aveva ancora un po’ di dignità, e a ventisette anni non si sarebbe messo a piangere come un bambino. Quindi fece un bel sorriso, come se andasse tutto bene.
“Ti auguro tanta felicità”, disse – con il tono con cui avrebbe potuto dire “ti auguro di finire sotto un tir” – “ora puoi anche andartene dal nostro appartamento. Avvisami quando verrai a prendere le tue cose, cercherò di non farmi trovare in giro”.
“Grantaire”. E per un secondo Grantaire sperò che Enjolras avesse cambiato idea, e che fosse tutto uno scherzo. “Che cosa farai?”
“Continuerò a lavorare. È una cosa che mi riesce bene. E imparerò a vivere senza di te”. Questo invece non mi è mai riuscito, completò la frase nella sua testa.
 
~
 
La testa di Grantaire stava letteralmente scoppiando. Non riusciva proprio a trovare la giusta sfumatura di verde per quella dannata campagna e le tre ore di sonno non lo aiutavano decisamente. Gli serviva un bel caffè, decise passandosi una mano tra i ricci ribelli. A volte rimpiangeva la decisione di essersi fatto crescere i capelli, gli succedeva soprattutto quelle notti in cui il ricordo di Enjolras lo teneva sveglio. Enjolras che amava i suoi capelli e che passava ore a scompigliarglieli.
Bene, che bei pensieri. Ed erano solo le cinque di mattina. Meglio correggere quel caffè, se voleva arrivare vivo a fine giornata.
La cucina era un disastro, la casa intera era un disastro e anche lui era decisamente un disastro. Quel lavoro lo aveva tenuto così impegnato che non si era fatto una doccia in tre giorni, e non osava nemmeno avvicinarsi ad uno specchio. La sua barba aveva decisamente bisogno di una spuntatina, lo sapeva benissimo anche senza guardarsi.
Nell’ordine: caffè, doccia, barba, rispondere ai messaggi degli ultimi tre giorni. Poteva farcela.
Con i capelli ancora umidi e l’accappatoio addosso si sedette sul divano del salotto. Enjolras lo avrebbe ucciso se lo avesse visto, detestava che poggiasse il suo culo bagnato sui bellissimi divani in pelle nera del loro salotto. Il vantaggio di vivere da solo era quello di poter fare quello che voleva, anche se a trent’anni suonati avrebbe dovuto mettere la testa a posto e fare la persona adulta. Grantaire si accoccolò ancor di più sul divano, come per vendicarsi di Enjolras. Tu mi hai lasciato e io distruggo i tuoi divani. Così impari, bastardo.
Afferrò il cellulare. Venti messaggi? Si era preso solo tre giorni di pausa dal mondo e i suoi amici sembravano improvvisamente non poter fare a meno di lui. Un paio di messaggi di Bahorel in cui gli chiedeva di vedersi. Tutto nella norma. E diciotto messaggi di Combeferre. Decisamente fuori dalla norma.
 
Ti devo parlare.
 
Appena leggi chiamami.
 
Taire chiamami immediatamente.
 
Che fosse scoppiata la terza guerra mondiale? Che Jehan si fosse tagliato i capelli? O forse quell’idiota di Pontmercy era finito sotto un tir. Grantaire prego ardentemente che fosse quello il caso. Compose il numero di ‘Ferre che rispose al primo squillo.
“Cristo Taire, sono tre giorni che ti cerco”.
“Lavoro, sai che quando ho delle scadenze smetto letteralmente di vivere”.
“Ok, non c’è un modo facile di dirtelo. Sarò rapido e brutale. Enjolras è tornato”.
Per un secondo si fece tutto buio, e Grantaire credette di svenire. Lentamente la vista tornò, anche se dei preoccupanti puntini luminosi gli ballavano davanti agli occhi. Non aver ingerito nessun cibo solido nelle ultime venti ore non aiutava.
“Sei ancora lì?”.
“Ah ah”.
“Stasera ci sarà la festa di bentornato per lui al Musain. Ovviamente sei invitato”.
“Non crederai che dopo quattro anni io corra da lui come un cane? E poi ci sarà anche Pontmercy e piuttosto che rivedere la sua faccia mi butto giù dal balcone”.
“Taire sono passati otto mesi. Potresti anche perdonarlo…”.
“Perdonarlo? Dopo che ha divorziato da Eponine per mettersi con quella zoccoletta ventenne che gli faceva da segretaria? No grazie. Preferisco portargli rancore per tutta la vita. E sappiamo entrambi che l’unico motivo per cui parli così è che sei innamorato di ‘Ponine da anni, e ora finalmente hai la tua occasione con lei servita su un piatto d’argento”.
La notizia del ritorno di Enjolras lo aveva scombussolato, normalmente non avrebbe mai trattato così ‘Ferre, che gli era stato così vicino dopo la rottura con Enjolras.
“Sono un totale stronzo ‘Ferre, scusa”.
“Tranquillo. È la verità, solo che detta da te suona molto più…vera? La festa è alle 9. Lui dice che ti aspetta”.
“Lui può anche andare a farsi fottere, magari dal suo fidanzato inglese”. E con queste parole chiuse rabbiosamente la comunicazione.
 
~
 
Ovviamente non sarebbe andato alla festa. Era assolutamente fuori discussione. Si vantava di essere una persona senza peli sulla lingua, quindi non sentiva proprio il bisogno di festeggiare il ritorno a casa del suo ex fidanzato di cui aveva sentito schifosamente la mancanza e per il quale, quattro anni dopo, soffriva ancora. Scemo si, masochista ancora no. Se ne sarebbe rimasto in casa a ubriacarsi come ai vecchi tempi.
Normalmente avrebbe chiamato Bahorel, si sarebbero visti e avrebbero scopato un po’. Ma Bahorel sarebbe stato a quella dannata festa solo per vivisezionare Enjolras-e-le-sue-discutibili-scelte-di-vita. Grantaire non poteva realmente biasimare Bahorel per aver chiuso la loro storia. Due anni prima tutti gli Amis erano ormai convinti che il suo periodo di lutto dovesse finire ed era stato Bahorel a prendere il coraggio a due mani e ad invitarlo fuori. Parlando di fronte ad un piatto di spaghetti era saltato fuori che Bahorel aveva sempre avuto un debole per Grantaire.
“Non ho mai potuto competere con Enjolras. Nessuno potrebbe farlo. Tu lo guardavi in un modo, come se fosse la perfezione che camminava per le strade di Parigi”.
Grantaire si era sentito una merda, perché Bahorel aveva ragione: lui non si era mai accorto di niente perché esisteva solo Enjolras.
Ci avevano provato davvero a far funzionare la cosa. Il sesso era fantastico ed andavano veramente d’accordo ma mancava sempre qualcosa. Un paio di volte Bahorel lo aveva sorpreso alzato nel mezzo della notte a dipingere a memoria il viso di Enjolras. Non avevano mai parlato della cosa, ma sei mesi prima Bahorel aveva chiuso la loro storia.
“Sapevo di non poter competere con lui in carne ed ossa. Ma non credevo di dover combattere anche contro il suo fantasma”.
Grantaire si era sentito la persona peggiore in tutto il fottuto universo. Ma chiaramente Bahorel doveva metterci il carico da novanta. “Lui ha fatto di te un fottuto disastro e ora non sei più capace di innamorarti. Spero che non torni mai, o lo ammazzerò”.
E Grantaire aveva pianto sulla spalla di Bahorel tutte le lacrime che non aveva pianto da quando Enjolras era partito, spappolando il suo cuore come un uovo.
 
~
 
Non era ancora abbastanza ubriaco si disse. Era solo vagamente ubriaco, e questo non era accettabile perché Enjolras era di nuovo a Parigi e per quel che ne sapeva era tornato per restare. Se avesse creduto in un qualche Dio ora lo avrebbe pregato di riportare a Londra il suo ex, ma non era mai stato bravo a credere in qualcosa. A parte in Enjolras, ma quella era una dannata altra storia.
Ovviamente non si accorse di avere ospiti. Insomma, la sua vita era uno schifo e avrebbe ragionevolmente dovuto immaginare che potesse solo peggiorare. Ma di certo non si aspettava peggiorasse così tanto.
Enjolras era proprio in mezzo al suo salotto, con la faccia di uno che ha appena preso un bel pugno in faccia. Era maturato, constatò Grantaire. Quegli occhiali gli davano un’aria così seria – eppure hai solo trent’anni tesoro mio – e quell’impermeabile nero – così inglese dannazione – al posto della sua solita giacca rossa lo facevano sembrare così diverso. Quattro anni sono tanti, fattene una ragione Grantaire. Grazie tante cervello, perché non dici quanto invece siano brevi ora che me lo ritrovo qui davanti? Silenzio. Ecco appunto, chiudi il becco stupido cervello.
“Come sei entrato?”. Giusto, domanda intelligente. Non partiamo subito con il terzo grado.
“Ho tenuto le chiavi e tu non hai evidentemente cambiato la serratura”. Touchè.
“Non dovresti essere alla tua festa di bentornato?”. Continuiamo pure ad evitare le domande che vorresti davvero fargli. Bravo Grantaire, ti stai comportando decisamente bene. Sii superiore.
“L’atmosfera si è leggermente surriscaldata quando Combeferre ha rivelato che sta uscendo con Eponine e quel cazzone di Marius ha pensato bene di prenderlo a pugni. Il tutto di fronte alla ragazzina con cui se la fa, Cosette Qualcosa. E poi l’unica persona che volevo realmente rivedere non si è fatta viva”.
Grantaire ghignò. “Spero che ‘Ferre abbia restituito”.
“Con gli interessi”. Il sorriso di Enjolras scintillò e Grantaire si sentì perduto.
“Siediti, ti offro una birra”.
Enjolras si tolse il cappotto e lo gettò sul divano, come se fosse ancora casa sua. Maledetto bastardo, quel maglione glielo aveva regalato lui per il loro primo Natale insieme. Con tutti i vestiti che sicuramente aveva nel suo bel armadio proprio quel capo doveva tirare fuori? Sii superiore Grantaire. Grazie al cazzo cervello, la fai facile tu.
“Sembri piuttosto ben informato su quello che è successo qui negli ultimi quattro anni”. Cercò di non farla sembrare un’accusa, ma non ci riuscì del tutto. Si erano scambiati delle email, perlopiù roba fredda sul genere “com’è il tempo lì a Londra” e un paio di email decisamente imbarazzanti che Grantaire aveva scritto quando era così ubriaco da non reggersi in piedi e alle quali Enjolras non aveva mai risposto.
“Combeferre”.
Avrebbe dovuto immaginarlo, quei due erano culo e camicia da sempre, quindi era chiaro che ‘Ferre avrebbe spifferato tutto di tutti. Ma Combeferre era anche amico suo, quindi fingeva di non accorgersi quando Grantaire si sedeva al suo pc e leggeva le email che Enjolras scriveva a ‘Ferre. Per un tacito accordo però Grantaire non leggeva mai le email che Combeferre inviava. Quella era zona proibita. Quindi non sapeva realmente cosa Enjolras sapesse e cosa ignorasse.
“Quindi immagino saprai di me eBahorel”. Cercò di dare un tono spavaldo alla sua voce e si congratulò con se stesso per il risultato.
Gli occhi blu di Enjolras gli si incollarono addosso e Grantaire sentì lo stomaco chiudersi.
“So che vi siete lasciati sei mesi fa. Me lo ha confermato lui stesso oggi complimentandosi con me per la mia faccia tosta nel voler tornare qui e incasinare la tua vita di nuovo. Bahorel ha sempre avuto un debole per te”. Il viso di Enjolras era triste e questo fece infuriare Grantaire perché non aveva nessun cazzo di diritto di essere triste per lui, o per chi si scopava.
“Tu invece non vuoi parlarmi di quanto sei felice con James?”. Quando voleva sapeva essere davvero cattivo e l’espressione ferita di Enjolras gli confermò di essere riuscito nel suo intento.
“Chi te lo ha detto?”.
“Combeferre”.
Enjolras bevve un lungo sorso direttamente dal collo della bottiglia. I suoi occhi erano torbidi, come se l’alcool stesse facendo effetto. Non aveva mai retto molto bene ed era già alla seconda birra.
“Facciamo un gioco. Uno chiede e l’altro risponde. Sincerità assoluta. Quattro anni sembrano così tanti ma ora mi sembrano così pochi, come se avessi corso per ore solo per ritrovarmi di nuovo al punto di partenza”. Nella voce di Enjolras si avvertiva distintamente il dolore.
“D’accordo. Sincerità assoluta. Parlami di questo James”.
“Siamo stati insieme un anno. Quando è scaduto il mio contratto e ho deciso di tornare a casa mi ha chiesto di sposarlo e restare a vivere a Londra. Gli inglesi sono freddi, quindi non mi aspettavo tutto questo romanticismo da parte di James. Ora tocca a me. Eri innamorato di Bahorel?”.
“No, anche se avrei tanto voluto. Meritava molto più di quello che ho potuto dargli. Dopo quanto tempo ti sei scopato un altro?”.
Forse stava oltrepassando il limite ma non gli importava, voleva solo far sentire ed Enjolras il dolore di quei quattro anni senza di lui.
“Sei mesi. Si chiamava George. Tu invece?”.
“Due anni. Bahorel. Perché indossi quel maglione?”.
“Perché mi ricorda quanto sono stato felice con te. Perché vivi ancora qui?”.
“Perché mi ricorda quanto sono stato felice con te. Perché non hai detto di si a James?”.
Gli occhi di Enjolras erano quelli di un cervo inseguito dai cacciatori.
“Io non…”.
“Sincerità. Non puoi infrangere le tue stesse regole”.
Enjolras annaspò, come un pesce fuori dall’acqua.
“Ogni volta che mi scopava pensavo a te. Non esattamente il presupposto per una sana relazione. Vuoi scoparmi?”.
La domanda era un’altra, era chiaro. Ma a Grantaire non importava. Andava bene anche così.
“Sì, ovvio che voglio scoparti”.
Si baciarono con foga, come se da quel bacio dipendesse la loro intera vita. Grantaire spogliò Enjolras senza mai smettere per un secondo di baciarlo e lo buttò sul divano. Non fu delicato, né dolce, né romantico. L’unica cosa che Grantaire voleva era affondare in Enjolras e perdersi in quel corpo perfetto senza pensare a nient’altro che ad Enjolras che gemeva sotto di lui chiedendo sempre di più.
Mentre fumavano insieme la meritata sigaretta post sesso non si guardavano nemmeno negli occhi.
“Ho il diritto ad un ultima domanda”. Grantaire esalò lentamente il fumo.
“Tutto quello che vuoi”.
“Mi ami ancora Enjolras?”.
“Si. E questo mi conferma quanto sia assurdo e sopravvalutato e irrazionale l’amore. Perché ho passato quattro anni a star male per te quando avrei semplicemente potuto ingoiare l’orgoglio e tornare. Ed è perfettamente normale se tu sei andato avanti e non vorrai più vedermi”.
“Fare l’amore con te stanotte è stato come morire perché pensavo sarebbe stata l’ultima volta. Ti amo anche io, ma questo mi pareva chiaro perché in questa coppia l’idiota romantico sono io e sono anche quello che viene lasciato e preso a calci”.
Il ghigno di Grantaire scintillò nel fumo della sua sigaretta.
“Siamo due fottuti idioti. Ma due fottuti idioti che possono riprovarci”.
Enjolras annuì piano e posò la sua testa sulla spalla di Grantaire. Insieme ce l’avrebbero fatta. In un modo o nell’altro.
 
 




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A quanto pare non riesco a trattenermi dallo scrivere cose tristi ma melense allo stesso tempo. Questa one-shottina è di almeno sei mesi fa, e nonostante mille piccoli ritocchi il nucleo centrale è rimasto sempre lo stesso. Stavo ascoltando la canzone di Raf e bam, mi è venuto in mente che sarebbe stata perfetta per una bella exR.
Non so che dirvi ragazzi, questi due testoni per me sono destinati a stare insieme anche se non sono disposti a farlo in modo normale e senza incasinarsi la vita.
Chiunque abbia letto la mia “Romeo e Giulietta” si sarà reso conto che ho una – inspiegabile, ve lo giuro – predisposizione a vedere Grantaire e Bahorel come fuck buddies. Non lo so, sono una di quelle coppie che dovrebbero essere male assortite ma che sono anche stranamente giuste. Ignorate pure l’accenno alla Epoferre se non vi piace la coppia – di nuovo, inspiegabilmente, non la amo alla follia ma quando ho scritto la storia avevo letto parecchio su di loro e non mi andava di cambiare troppo la storia. Marius, ti odio cordialmente ed Eponine è troppo figa per essere stata sposata con te (in generale non penso che Cosette sia una zoccoletta, ma nello specifico della storia e dal punto di vista del migliore amico della moglie tradita..eccome se lo è!).
Spero di farmi risentire presto, un immenso grazie a chi legge/recensisce/segue.
 
Lots of love,
Letz
  
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