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Autore: avalon9    05/09/2008    2 recensioni
La storia dei Cavalieri attraverso le riflessioni e i commenti di chi è sempre stato loro accanto, avvolto nell`ombra,ma per questo non meno partecipe
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I DESTINO

UNA VITA

 

 

Volti al travaglio

come una qualsiasi

fibra creata

perché ci lamentiamo noi?

 

Mariano, il 14 luglio 1916

 

Destino, G. Ungaretti

(dall’Allegria)

 

 

I DESTINO

 

Scelti, predestinati.

 

Non so come potrei chiamarvi, so solo che voi siete gli eletti. Dovete esserlo!

 

Bimbi sperduti, impauriti. Crescerete nel dolore, su campi di addestramento dispersi nel mondo.

 

Bambini…Non avete neanche più il diritto di essere chiamati così. Ormai, siete solo piccoli germogli che cresceranno in fretta.

 

…Troppo in fretta, forse…

 

Un’urna, un foglietto, un destino. Ecco cosa ho fatto io per voi.

 

Mi chiamate aguzzino, mi odiate.

Avete ragione, ad odiarmi. Perché in questo assurdo gioco di potere ed equilibrio siete voi, voi, quelli che ne portano il peso.

 

Merce di scambio, tributo chiesto dal fato.

 

Vi ho dispersi come l’autunno le foglie. E voi siete foglie piccole e fragili. Basta una folata di vento per strapparvi all’albero…alla vita…

 

…Quella vita che sarebbe vostra…

 

…Quella vita che non è mai stata vostra…

 

…E forse mai lo sarà…

 

Perché vivrete sul filo di un rasoio; in bilico fra un passato lieve ed effimero e un futuro oscuro.

 

Dovrete costruirvelo, quel futuro.

Dovrete guadagnarvelo.

Col sudore e col sangue, stringendo i denti.

 

Perché sarete cavalieri.

 

 

Alman di Toohle.

 

 

 

 

II PESCHETO

 

Rapito.

 

Io sono qua, distesa a terra.

E tu te ne stai andando, contro tua volontà.

 

Abbasso la mano, la batto con forza per terra. Perché non l’ho avuta prima, questa forza? Perché ho lasciato che ti portassero via?

 

Mi alzo piano, barcollando. Mi sento le gambe deboli, molli, faticare a sorreggermi. Mi fanno male, sono piene di lividi, sono tutte escoriate.

Sento il sangue caldo colare su questa mia pelle tremante.

 

Tremo.

Tutto il mio corpo è percorso da brividi, come di freddo.

Ma non è freddo, quello che provo in questo momento, e neanche paura. E’ rabbia, semplice rabbia, che mi fa ribollire il sangue…e versare ancora più lacrime…

 

Strascico qualche passo, inciampo.

Sono di nuovo a terra. Guardo con occhi febbricitanti questa strada che ti ha sottratto a me. Provo a illudermi che quella macchina adesso ti riporterà indietro…da me…

 

Invece, tu non torni.

 

La tua mano che si stende verso di me, i tuoi occhi spaventati pieni di lacrime, un grido disperato che diviene sempre più flebile, movimento muto sulle labbra di un bambino.

 

Ti hanno preso che dormivi sulle mie spalle.

Ti sei dimenato; non è servito. Ti hanno rinchiuso oltre quel vetro che mi ha separato da te.

 

Attorno a me, i petali che avevamo raccolto. Sono fragili, abbandonati, coperti di polvere; li hanno calpestati, schiacciati.

Come hanno fatto con me e te.

Domani saranno secchi, accartocciati.

 

Sono le lacrime del mondo cui sei stato strappato…Sono le mie lacrime…

 

 

Patricia.

 

 

 

 

III CATENE

 

Non mollare! Puoi farcela!

 

Chiudi gli occhi, e stringi i denti. Non esitare, affonda il colpo. Anche se non lo vorresti.

 

Sei anni.

Ti ho visto crescere, un bimbo impaurito e tremante.

Avevi negli occhi lo smarrimento di chi è stato costretto ad una scelta che è estranea alla sua natura.

 

Sei anni.

Siamo cresciuti assieme, io e te. Fra giochi di guerra che lasciano cicatrici vere sulla pelle. Quante ferite ti ho medicato, e quante volte tu hai medicato me.

 

Ormai ho perso il conto…non lo so…

 

Hai negli occhi buoni l’ardore di una promessa: ritornare. Per dimostrare che anche tu vali qualcosa; che non sei un peso morto.

 

Dominale, ora, quelle catene che ti hanno legato a questa vita.

Spezzale, piegale, falle tue!

Traccia tu stesso la tua via fra le stelle.

 

Sto piangendo.

Sappiamo entrambi a cosa vai incontro. Sei troppo giovane per affrontare le prove che ti si pareranno davanti.

Sei giovane…troppo…

 

…per soffrire…però…non c’è un’età…

 

Ho paura, tremo.

Ci siamo sorretti a vicenda fino ad ora, ma vorrei farti scordare tutto quello che hai imparato.

Per non doverti accompagnare, cavaliere, a questa nave.

 

Rido. Una risata malata, roca. Per soffocare quest’angoscia

Mi stringo le braccia, ascolto assente le tue parole. Forse ti rispondo, ti consiglio. La mia bocca compone parole che la mente non afferra.

 

…La promessa di seguire i consigli che ti ho dato…di non dimenticare quello…quello…Cosa? Le sofferenze di questi anni?...Degli anni della tua adolescenza?...

 

Ti consegno a questa vita che ti ha scelto, ma vorrei portarti via. Perché questo mondo cinico e ipocrita non ti ferisca ancora.

Perché tu sei ancora un ragazzo…solo un ragazzo…

 

 

Nemes.

 

 

 

 

IV TUNNEL

 

Soffio sulla fiammella, spegnendola.

 

La risposta che mi hai dato è sempre uguale…Nulla…

 

Ti rimetto le bende, ti stringo la mano…e ti trascino fuori, nel sole…

 

Hai bisogno del sole. Camminiamo fra le ombre del passato. Rido e scherzo, sorrido e parlo, mi fingo arrabbiata con te…come un tempo…

 

Fingo soltanto, però…Perché dentro sto male, mi sembra di impazzire.

Ti conduco per mano, sono i tuoi occhi. Non ti voglio lasciar solo.

La tua mano nella mia, la sento tremare di frustrazione. Sento la tua rabbia, e il tuo sconforto.

 

E stringo i denti forte, per non urlare.

 

Toc,toc

E’ un rumore sordo quello del pestello in questo grande mortaio di pietra. Lo batto con rabbia, con dolore. Ci metto tutta la mia forza; per sfogarmi, per cercare di sciogliere quel nodo che mi prende alla gola ogni volta che ti guardo.

 

Ti voglio preparare una tisana.

Per questo ho raccolto tutte queste erbe, un groviglio di fibre vegetali che schiaccio con disperazione. So già che non servirà a niente.

Forse ti ridarà solo l’illusione di un po’ di speranza. Quella di tornare in quel mondo che ti ha ferito.

 

***

 

Mi hai detto di essere sereno. E che te ne vuoi andare.

Ti ho guardato in volto quando me ne hai parlato.

Ho guardato le tue iridi vuote…e vi ho visto brillare una luce antica…

 

Avrei voluto che non si riaccendesse più, quella luce!

Trattami come una bambina che non capisce, egoista e viziata…ma io vorrei che tu restassi qui, lontano dalle battaglie, vicino a me.

E so che in fondo lo vorresti anche tu.

 

Mi osservi aspettando il mio permesso per andare.

So già che non ho la forza di fermarti.

Non l’ho mai avuta.

E poi…rimarresti?...

 

Ti vedo sempre partire, ma non so mai se ti vedrò tornare. E vorrei poter aiutarti di più. Essere un sostegno migliore.

 

Anche se so che non sei solo.

Perché quello che soffri è troppo grande.

 

 

Fiore di Luna.

 

 

 

 

V TORMENTI

 

Sono qui; in cima a questa scalinata che vi è costata tanta fatica, e tanto dolore.

 

Sono sola.

Voi…voi siete stati portati via; corpi stanchi, coperti di lividi e ferite; anime dilaniate, costrette a subire le infamie di quel mondo in cui vi hanno trascinato.

 

Mi chiedo cosa resterà, di voi, dopo tutto questo.

Guarirete, di questo ne sono certa. Il corpo si rigenera, le ferite si cicatrizzano, ombre chiare sulla pelle.

 

Sì, vi ristabilirete, nel corpo. Ma nello spirito?

Che ne sarà del vostro spirito?

Avrete ancora la forza di aprire gli occhi su questo mondo?

 

Vi ho visto crescere.

Veterani di guerre.

Veterani di dolore.

Cos’altro avete ricevuto, voi, se non dolore? Da tutto e da tutti.

 

…anche da me…

 

Eravate disposti a renderla alle stelle per me quella vita che ora tenete stretta. Quella vita di sacrifici e sofferenze. Questa vita di lacrime.

 

Lacrime che i vostri occhi hanno versato per gli altri, mai per se stessi.

Perché nei vostri cuori c’è solo bontà. Non quella di chi si piega e accetta; quella di chi si ribella, anche per chi non ha la forza di farlo.

 

Bontà che spinge a piangere per chi si deve uccidere, che spinge a morire per spianare una strada, per impedire ad una fiamma di estinguersi.

 

Corpi svuotati, fragili come il cristallo.

Vi hanno portato via braccia amiche; ma nei vostri volti esangui, tumefatti, imbrattati dal sangue, c’erano solo ombre di sorrisi, di tranquillità.

 

Ma i sorrisi non bastano a fugare lo strazio di cicatrici imprese in carni di ragazzi, in anime di bambini.

 

 

Isabel.

 

 

 

 

VI ÁSGARÐR IN ROSSO

 

Caldo, arsura…mi sento soffocare, svenire.

Ma la mano che stringo è gelida; è una mano che non si chiuderà più attorno alla mia.

 

Mi abbandono contro il tuo petto, e piango lacrime silenziose. Ma tu le senti comunque queste mie lacrime, perché ti irrigidisci, e un tremito ti percorre.

 

Alzo con fatica la testa, e spio il tuo volto.

Un’espressione di dolore lo ha trasfigurato.

 

Sguardo che vaga lontano, smarrito.

C’è tutto il peso di una vita in quello sguardo. Lo strazio di chi sa cosa vuol dire dar morte, di chi conosce la solitudine di una casa vuota, di chi si è visto strappare tutto. E il peso di dover andare avanti, anche quando l’anima vorrebbe ribellarsi, e si contrae per le troppe ferite ricevute-

 

Quando combatti, porti nel cuore e sulle labbra un ideale. Ma questo non vuol dire non sentire, non vedere. Vuol dire solo rimandare.

Per cedere solo dopo alla disperazione, da soli.

 

Per chiedersi se ancora si ha il diritto di essere felici, di vivere.

 

Ci sono i riflessi di fantasmi terribili nei tuoi occhi.

Occhi spenti, bramosi di essere nutriti di lacrime.

Ma non le piangi, ti sembrerebbero ipocrite.

 

Corpo stanco, volto pallido.

E occhi incredibilmente belli, e terribilmente tristi.

In un volto di ragazzo.

 

E una voce, incrinata e roca, sussurrare piano sospiri che vorrebbero essere parole. Movimenti muti su labbra serrate e frementi.

 

C’è una rosa di sangue sul tuo corpo; e scintillio d’argento nei tuoi occhi

Mi guardi pronto a tutto, anche al disprezzo. Non hai parole di scusa per avermi tolto lui. Solo ombre di tristezza in fondo agli occhi chiari.

 

E sei solo un ragazzo.

 

…Un veterano…

Ma si può esser veterani a quattordici anni?

 

 

Flare.

 

 

 

 

VII ILLUSIONI

 

Insieme, per un istante.

 

In un’illusione effimera che fugge, come i sogni al mattino.

 

Ti sono sempre stata accanto.

Ricordo fermo in una mente che tanto vorrebbe cancellare: sofferenze e umiliazioni.

Rimpianti.

 

Non devi averne, rimpianti.

 

Ti ho visto bambino, la prima volta. Eri sofferente nel corpo, disfatto nello spirito. Merce di scambio per qualcosa che non capivi, che non volevi. Ma nei tuoi occhi ardevano fiamme.

Fiamme di vita.

 

Ti riabbraccio ora, da uomo.

E hai ancora negli occhi le medesime fiamme.

 

Ma anche tante cicatrici sul corpo, e tanta sofferenza dentro.

Desiderio di ribellarsi a un compito imposto, per poi accettarlo.

 

L’infanzia rubata è come questo istante.

Un disegno labile e incostante. Può essere questo istante.

 

Mi stringo al tuo petto, inizio a piangere.

Vorrei cancellare con queste lacrime ogni memoria triste che hai.

 

Cancellerei tutta la tua vita.

E quelle poche immagini che si salverebbero non avrebbero più alcun valore. Nulla le renderebbe speciali, preziose.

 

Pochi appigli cui aggrapparsi, per non cadere nello sconforto profondo, ombra incombente su ogni più piccolo gesto, su ogni timido sorriso-

 

Ti ho chiamato uomo.

Lo sei nel corpo, solo in quello.

Qui, nel tuo cuore, grida un bambino che non è mai uscito al sole.

Un’ombra di rimpianto in fondo a occhi scuri.

 

 

Esmeralda.

 

 

 

 

VIII IMPEGNO

 

 

Ta paidia erqan afhnw

       thn Aqhna se sena.

                           MikonoV

 

Ragazzi qui giunti

a voi affido Atena.

                  Micene

 

 

Questa promessa l’avete suggellata con lacrime e onorata col sangue.

 

Sangue di guerrieri, di veterani…sangue di ragazzi…

 

Di corpi che sanno cosa vuol dire soffrire, perdersi in neri sentieri d’incoscienza, per poi sorprendersi del proprio respiro, del battito del proprio cuore.

 

E in quei cuori, l’anima di ragazzi ancora bambini, incapaci di non sperare che i trastulli persi saranno ritrovati.

 

Anime diverse, in parte uguali.

Sempre ribelli.

 

Ribelli al destino, alle stelle.

Ribelli soprattutto al dolore.

 

Nella vostra promessa l’obiettivo di una vita, nei vostri cuori gli arabeschi di sogni lontani.

 

Veterani di guerre, corpi provati di ragazzi, anime candide di fanciulli.

 

Di chi ancora sa sorridere a una vita che gli ha dato solo sofferenza e dolore.

 

Tenetevela stretta l’innocenza e l’ingenuità che ancora brilla nei vostri occhi, perché la disillusione non vi prenda.

Perché sapete bene che i sogni svaniscono solo quando uno smette di sognare.

 

Non smettete mai di sognare.

Di sperare.

Voi che siete veterani di dolore.

 

…Veterani di vita…

 

Micene.

  
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