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Autore: _Hydrangea_    24/07/2014    2 recensioni
Do Kyungsoo è un diciannovenne affetto da una grave malattia mentale che gli causa allucinazioni e deliri.
La sua condizione non sembra migliorare e anzi, dopo esser stato trasferito all’Ospedale Psichiatrico di Baengmasan le sue visioni si fanno sempre più frequenti, e le voci nella sua testa sempre più forti.
 
- dal testo –
 
« Kyungsoo, basta! Jongin non esiste, è tutto nella tua testa! » gli urlava contro il dottor Kang, cercando di fermare il suo autolesionismo.
Ma lui non voleva crederci.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: D.O., D.O., Kai, Kai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yehet a tutti!
Finalmente la mia prima fanfic sugli EXO. *applausi*
Devo dire un paio di cose. Prima fra tutte è che l’immagine qui sotto non è mia ma essendo che l’avevo salvata e poi ho perso l’indirizzo, sono stata costretta a caricarla sul mio tumblr per riuscire poi a caricarla anche qui.
Quindi, non posso mettere i credit, scusatemi.
La Kaisoo è una delle mie OTP preferite, quindi, non potevo risparmiarli dal farli soffrire come piace a me. Amo l'angst e dopo che avrete letto soffrirete tutti MUAHAHAH 
Apparte gli scherzi, se siete facilmente impressionabili (?) o non so, sensibili o cose del genere, forse è meglio se non leggete. Non voglio traumatizzarvi.
. . .
Ma niente di troppo preoccupante, andate tranquille ヽ(゜∇゜)
Detto ciò, spero possa piacervi. ~☆

 
PS: libera interpretazione sul finale.
PPS: I commenti/recensioni mi fanno molto piacere °٢°
PPPS: Se avete domande o perplessità, io sono qui ~  

PPPPS: Basta con tutti questi ‘PS’. Buona lettura ~ 

 

 

 

   

« Kyungsoo. »

« Kyungsoo, smettila di ignorarmi. Lo sai che sono reale »

« Kyungsoo, parlami » 

 

Seduto sullo sporco pavimento di quella stanza spoglia e bianca, Do Kyungsoo portò le gambe al petto cingendole con le braccia, dondolandosi in avanti e indietro.

Dall’altro lato della stanza, poggiato con la schiena al muro, vi era una figura che Kyungsoo stava provando ad ignorare già da troppo tempo ormai.

« Parlami, Kyungsoo »

« Sta zitto! » aveva risposto, finalmente.

La sua testa era talmente affollata da pensieri, pensieri orribili, spaventosi, folli. Doleva, doleva terribilmente. Anche il più piccolo rumore riusciva ad infastidirlo.

Era stanco... di tutto. Anzi, di più: era arrabbiato, furioso, depresso.

Tutto ciò che voleva era stare un po’ da solo. Anche solo per un po’... due o tre minuti. Anche solo uno andava bene.

Ma lui non lo lasciava mai solo. Mai. Non gli era permesso questo.

« Mi ami, non negarlo » dopo questa frase Kyungsoo alzò il capo e andò alla ricerca di quello che ormai, era diventato qualcosa dal quale non riusciva a liberarsi.

« Ti prego, Jongin... »

« Va via... vattene... » continuava a pregarlo, Kyungsoo.

« Tu non vuoi davvero che io vada via. » rispondeva sempre “Jongin”.

Gli occhi del moro si velarono di lacrime, le mani poggiarono sulla testa, il corpo scivolò piano sul pavimento.

Da quel che ricordava la sua malata mente, questa storia andava avanti già da troppo tempo ormai. Erano passati giorni, settimane, mesi, anni.

Aveva undici anni il dolce Kyungsoo, quando conobbe qualcuno che stravolse la sua vita.

Quel giorno era impegnato a dondolarsi su un’altalena. Era una calda domenica, il sole era alto nel cielo e le nuvolette bianche sembravano batuffoli d’ovatta, soffici e morbidi.

Sin da piccolo Kyungsoo fu sempre stato costretto a spostarsi di città in città a causa dei suoi genitori: colpa del lavoro. 

Kyungsoo aveva sempre cambiato scuola e aveva pochissimi amici.

Era un bambino molto chiuso ad allora, si imbarazzava per qualsiasi cosa e si ritrovava spesso a dover giocare da solo.

Proprio quel giorno, mentre si dondolava su quell’altalena un ragazzo si avvicinò a lui:

“ Ciao! Mi chiamo Jongin, ti va di fare amicizia? ”, gli aveva detto.

Era la prima volta che qualcuno si comportava così con lui, Kyungsoo ne era rimasto piacevolmente colpito.

Divennero amici; col passare del tempo Kyungsoo ne parlò anche con i genitori, parlo di quanto gli piacesse passare le giornate con Jongin, giocare con lui, parlargli di quello che gli succedeva.

In un primo momento i genitori credettero che Kyungsoo avesse davvero un nuovo amico: ma quando lo videro seduto a terra a gambe incrociate, mentre parlava da solo, arrivarono alla conclusione che Jongin era solo un amico immaginario.

Ma comunque non si preoccuparono più di tanto, è normale che un bambino abituato a stare sempre solo si creasse amici immaginari.

Col passare degli anni però, capirono che in lui c’era qualcosa che non andava.

A quindici anni Kyungsoo trattava ancora Jongin come una persona reale. Parlava da solo (anche in pubblico -quelle poche volte che usciva di casa- ), si comportava in maniera strana e anche quando ne parlava con loro diceva cose come: “Mamma, oggi Jongin...” oppure “voglio tanto bene a Jongin” o ancora “mi ha raccontato di quella volta che...”.

Col tempo Kyungsoo peggiorò sempre di più, passava le notti sveglio per parlare con lui, o a volte veniva sorpreso a grattare con le unghie sulle pareti, e si rifiutava di uscire di casa.

Non voleva neanche più andare a scuola.

“Jongin mi ha detto che la scuola non serve”

“Mi ha detto che posso rimanere con lui per sempre”

“Non vuole che parlo con altri”.

E da lì, la situazione iniziava a diventare seria. 

Quando venne chiuso in manicomio, tutti speravano che sarebbe riuscito a riprendersi, che sarebbe riuscito a guarire.
 
Invece... continuava a peggiorare. Sempre di più. 

 

~

 

« Vattene via Jongin... lasciami in pace... so che non esisti, tu non sei reale! » Kyungsoo si rifiutava di guardarlo.

« Stai mentendo » Kyungsoo vide il ragazzo biondo avvicinarsi a lui.

« Sai che stai mentendo. Sono loro ad averti convinto di questo? » continuò Jongin.

« Loro vogliono aiutarmi »

« Loro vogliono separarci, Kyungie! Come puoi fidarti? »

Per la prima volta lo sguardo di Kyungsoo si posò su quello del biondo. Non voleva guardarlo.

Non voleva neanche parlargli, in realtà.

Non voleva niente da lui.

« Kyungsoo, non mi piace quando mi ignori » il moro non rispose.

« Non devi mai più farlo » ancora, nessuna risposta.

« Mi farai arrabbiare. » terminò Jongin.

Kyungsoo ricominciò a dondolarsi in avanti e indietro, come per cercare di calmarsi. In quella squallida stanza vuota non c’erano finestre, solo una porta blindata, un letto e nessun’altro oggetto.

Gli mancava sua madre; gli mancava la sua famiglia, che poteva vedere solo poche volte al mese.

Tutti quei farmaci iniziavano a nausearlo; tutti quei medici- iniziava ad odiarli.

Loro dicevano che non potevano lasciarlo andare; dovevano curarlo.

E Jongin era la causa di tutto ciò. Tutta la colpa era sua, Kyungsoo ne era convinto.

Voleva liberarsi di lui; voleva anche liberarsi delle voci nella sua testa, voci che lo tormentavano, voci che gli dicevano cose assai brutte.

Kyungsoo vedeva cose che non esistevano; sentiva voci che nessun’altro poteva sentire.

E queste voci... mai, mai lo lasciavano in pace.

« NON MI IGNORARE! PARLAMI, SMETTILA DI FAR FINTA CHE IO NON ESISTA! LO SAI CHE SONO REALE! » Jongin iniziò a urlare.

Ogni suo urlo e il cuore del moro batteva forte nel petto, quasi volesse uscire fuori dalla cassa toracica. Ogni urlo e la sua testa doleva terribilmente.

Kyungsoo portò le mani alle orecchie, cercando di coprirle.

« NON TI LIBERERAI MAI DI ME! NON NE USCIRAI MAI, IO NON TI LASCERO’ MAI ANDARE VIA! »

Il moro si sentiva sempre peggio, il corpo sudava e la testa stava per scoppiare.

Picchiò con le mani sulla sua testa arrivando a farsi male sempre di più.

« VA VIA! VATTENE! LASCIAMI IN PACE! »

 


***

 

« Kyungsoo... Kyungsoo, mi senti? Ti ricordi di me? »

Ore 11:45 di un mercoledì mattina.

Seduti ad una scrivania, Kyungsoo ed il suo medico, uno psichiatra specializzato sul campo della schizofrenia, stavano avendo una delle loro ormai frequenti sedute.

La stanza nella quale si trovavano era abbastanza simile a tutte le altre; bianca e spoglia, se non fosse per qualche altra sedia qua e là e qualche finestra.

Lo psichiatra che aveva in cura Kyungsoo da quando era arrivato, era il signor Kang Hyon Su, un uomo all’incirca sui cinquant’anni, alto, dai capelli scuri e sempre ben ordinati, e l’immancabile camice bianco.

Si capisce subito quando una persona ci tiene al suo lavoro; il dottor Kang erano uno di questi. Amava follemente il suo lavoro, studiare la psiche umana e ci metteva sempre tutto se stesso con i suoi pazienti, motivo per cui era uno dei più stimati medici all’interno dell’ospedale.

« Sì, mi ricordo. »

« Oh, lo vedi allora! Come andiamo oggi? » il dottor Kang sfoggiò uno dei suoi più bei sorrisi. Bisognava sempre partire con positività, pensava sempre.

Al contrario suo Kyungsoo si sentiva vuoto, vuoto dentro. Gli occhi vitrei, persi in un punto non preciso del pavimento e le profonde occhiaie erano la prova che stava male.  

Kyungsoo non resisteva più là dentro. Come biasimarlo?

Erano sei mesi che era rinchiuso in quel manicomio.
La sua cartella clinica diceva:

Do Kyungsoo, nato il 12 gennaio 1993, preso in cura il 22 maggio 2011, dimostra gravi disturbi al relazionarsi con gli altri, tendenza ad isolarsi;

ll paziente presenta anche difficoltà nel ricordare alcuni eventi, difficoltà a distinguere la realtà dalla fantasia, allucinazioni complesse e deliri di vario tipo.

La diagnosi fu schizofrenia di tipo paranoide: Kyungsoo era assai malato.

Quando i genitori decisero di portarlo da uno psicologo, egli disse che la mente di Kyungsoo era già abbastanza malata, che la schizofrenia era una malattia che in pochi casi poteva essere curata ma non trascurabile, e che Kyungsoo aveva bisogno di essere curato.

Così, decisero di portarlo all’’Ospedale Psichiatrico di Baengmasan’ dove il giovane venne appunto preso in cura dal dottor Kang.

« Sto uno schifo » si limitò a rispondere.

Beh, di certo non poteva passarsela bene lì dentro.

Lo psichiatra serrò le labbra in una linea dritta, e dopo aver preso un taccuino ed una penna, iniziò ad appuntarci sopra qualcosa.

« Kyungsoo, stai prendendo gli psicofarmaci? Lo sai che devi prenderli. Li nascondi ancora sotto il materasso? È così? » ad un tratto l’espressione del moro diventò seria.

Le mani iniziarono a tremare, gli occhi erano già pieni di lacrime e il suo sguardo spaventato e supplicante.

« I-io... n-non voglio più prendere quelle pasticche... n-non mi piacciono... non mi piace niente di questo posto... v-voglio tornare a casa » sembrava davvero spaventato.

Anche le gambe iniziarono a tremare, e le lacrime presto bagnarono il suo bel viso. Sembrava il pianto di un bambino.

Il dottor Kang non riuscì a non provare pena e una profonda tristezza per quel ragazzo; ma non poteva farci niente.

Non era diventato pazzo; non ancora almeno. Era gravemente malato, ma non pazzo.

« Non puoi tornare a casa Kyungsoo. Non piangere... io sono qui per aiutarti. Lo sai che vogliamo aiutarti, vero? »

Kyungsoo continuava semplicemente a piangere, torturandosi le dite delle mani e muovendo la testa in un tic nervoso.

« Ti va di parlare con me, vero? Mi puoi parlare delle voci che senti? Lo sai che voglio aiutarti » il dottor Kang posizionò la penna sul taccuino pronto a scrivere.

Aveva bisogno di sapere: essendo il suo psichiatra doveva registrare i suoi progressi, se migliorava o peggiorava, capire i suoi comportamenti, insomma, studiarlo.

Per i primi secondi Kyungsoo esitò.

« No. » rispose infine.

« Perché no? Sono loro a dirti di non parlarmi? »

« Jongin me lo dice. Lui ti odia, vi odia tutti »

« Perché? Perchè, Kyungsoo? »

Il moro non rispose, ma iniziò a mordersi le unghie delle mani nervosamente. Non sembrava avere intenzione di rispondere.

Lo psichiatra continuò a scrivere appunti sul suo taccuino e dopo qualche altra domanda senza risposta si limitò ad osservare il comportamento del suo paziente.

Gli occhi di Kyungsoo erano rossi e gonfi, probabilmente si stava trattenendo dal piangere ancora.

Le unghie mangiucchiate delle mani erano diventate così piccole che alcune dita stavano prendendo a sanguinare.

Ogni singolo muscolo era teso e il corpo tremava.

Era spaventato, questo era chiaro.

Poi prese a parlare.

« Non riesco più a dormire » aveva detto.

« Lui non mi lascia dormire »

« Non voglio più vederlo »

« Io... non voglio continuare ad essergli amico »

« Non voglio più fare quello che mi dice lui! »

Quando lo psichiatra si accorse che Kyungsoo stava iniziando ad agitarsi, a battere i piedi a terra senza riuscire a stare fermo provò a tenergli le braccia tentando di calmarlo, senza riuscirci.

« Ho paura! »

« Kyungsoo, ascoltami. Stai calmo! Non devi aver paura, capito? Lui non esiste, è solo nella tua testa! Dev- »

Il medico si bloccò quando Kyungsoo saltò dalla sedia iniziando a urlare contro praticamente nulla.

Urlava forte, probabilmente stava avendo un’allucinazione.

Dal lato opposto alla stanza, anche Jongin urlava contro di lui, ma ovviamente, il dottor Kang non riusciva a vederlo, essendo frutto dell’immaginazione di Kyungsoo.

« VA VIA! VA VIA JONGIN, DEVI LASCIARMI IN PACE! »

« MA ALLORA NON VUOI PROPRIO CAPIRLA! TU NON TI LIBERERAI MAI DI ME, MAI, NEANCHE DOPO LA MORTE! IO TI AMAVO KYUNGSOO E TU... TU MI CACCI VIA! »

Kyungsoo dopo essersi gettato a terra rotolò svariate volte, tentò di strapparsi i vestiti e i capelli, picchiandosi la testa cercando scacciare via quelle voci.

Stava delirando.

Il dottor Kang dopo svariati tentativi di calmarlo e di fermare il suo autolesionismo, il più velocemente possibile andò alla ricerca di aiuto.

« L’hai voluto tu, Kyungsoo. Anche se mi odi, non ti libererai mai di me. Io e te resteremo insieme per sempre. Per sempre, amore mio.

Diventerò il tuo peggior incubo » aveva concluso Jongin.

Il moro continuava a picchiarsi la testa e a piangere.

« VA VIA! VA VIA! VA VIA! »

Finalmente tre uomini entrarono in stanza afferrando Kyungsoo per un braccio e portandolo via. Per adesso, aveva solo bisogno di quache farmaco.

Il dottor Kang portò una mano sulla fronte per asciugarsi il sudore, era l’ennessima volta che si presentavano scene del genere.

Dopodichè aprì la cartella clinica del giovane per scriverci sopra.

11 settembre 2011.

Dopo sei mesi in cura e l’assunzione non sempre costante di psicofarmaci, non sono stati riscontrati segni di miglioramento.

 

***

 

Era già passata una settimana dall’ultimo colloquio di Kyungsoo e il dottor Kang.

I medici continuavano  a somministrargli medicine, farmaci e cure che non portavano mai a niente. Kyungsoo... non aveva più speranza. Si era arreso all’idea che quelle voci, quelle allucinazioni, all’idea che Jongin non l’avrebbe mai lasciato in pace.

Non dormiva più, non mangiava più, semplicemente passava le giornate a fissare un punto non preciso della parete, immaginando chissà cosa.

Non parlava più con i dottori, o meglio, loro insistevano a fargli domande e lui rispondeva poche volte e passivamente. 

Che cos’aveva fatto di male per meritare ciò?

Perché vedeva cose che nessun’altro vedeva? Perché sentiva voci che solo lui riusciva a sentire?

« Kyungsoo. » ed eccolo, ancora lì.

« Kyungsoo, ti sei comportato male con me, lo sai? » ancora lì, a cercare di fingere di non sentire, a cercare di non vederlo.

« Non devi mai più farlo. Vieni con me » Kyungsoo spostò la testa verso il biondo.
Lui gli stava tendendo una mano.

« Non soffrirai più. Puoi rimanere con me per sempre »

Kyungsoo sembrava stesse per piangere. Stava soffrendo così tanto... alla fine lui era davvero affezionato a Jongin.

Voleva fosse reale. Lui gli era stato accanto per tutti questi anni, insieme stavano bene, erano fatti l’uno per l’altro.

E invece... invece Kyungsoo non aveva mai avuto nessuno. Solo... una menzogna. La sua vita era una menzogna.

« Quando avrò finito con te... finalmente, staremo insieme per sempre. » aveva concluso Jongin. 

 

***

 

Circa due settimane dopo, Do Kyungsoo fu trovato morto nella sua camera d'ospedale.

Le cause erano e sono tutt’ora sconosciute.
I medici dichiararono che si suicidò inalando troppi farmaci e antidepressivi; ma nessuno sa la verità dei fatti, e nessuno la saprà mai.
Nel 2013 l’Ospedale Psichiatrico di Baengmasan venne abbandonato, e un anno dopo fu chiuso.

Kyungsoo aveva solo diciannove anni; ha passato la sua vita nella solitudine, ha sofferto, poi ha avuto allucinazioni e deliri.

Anche Jongin, il ragazzo di cui era innamorato, non esisteva, era solo frutto della sua immaginazione.


Adesso almeno, resteranno davvero insieme per sempre... per sempre... 

  
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