Erano passati tre anni da quando i Neuroi erano stati sconfitti e regnava la pace, anche se le guerre non cessavano mai e per Mio diventava sempre più dura. Tutti quanti a Fuso le portavano rispetto ed era conosciuta da tutto il paese: qualche volta si ritrovava anche a fare un salto nella sala ambulatoria dei Miyafuji, sia per salutare anche Yoshika, sia per sottoporsi a qualche controllo dopo le missioni che il Brigadiere Generale le dava. Quel giorno, dopo essere passata dai Miyafuji per consegnare una cosa all’amica, andò dritta alla base della milizia aeronautica, dove avrebbe ripreso il suo solito lavoro davanti alla scrivania.
“Tenente Colonnello, bentornata alla base.” Uno dei cadetti la salutò e la ragazza ricambiò con un cenno del capo, sorridendogli, per poi dirigersi nel suo ufficio spedita, abbandonandosi sulla poltrona e osservando stanca il mucchio di documenti vari che regnavano sul tavolo d'ebano.
“Accidenti, altre scartoffie da controllare. Quando finirà tutto questo lavoro? Preferivo cento volte di più andare per i cieli e combattere con le 501 JFW… ” Ripensando a quello che era successo qualche anno prima, quando ancora volava e combatteva affiancata dalle sue compagne, un sorriso dapprima malinconico e poi affranto comparì sulle sue labbra, ma senza perdere l'entusiasmo si scrocchiò le dita e riprese in mano la situazione.
“Bene, basta pensare al passato, è ora che mi metta a lavoro.” Così guardò verso il calendario e vide che quel giorno, l'undici Marzo, era cerchiato in blu; osservandolo e ricordando il perché l'avesse segnato, sorrise debolmente e iniziò a controllare i fogli sul tavolo. “Prima finisco e prima posso andare a prenderlo.” Disse allegra e si perse tra lo scrivere, timbrare e buttare i documenti.
Dall'altra parte della strada Minna, con in mano una carpetta e con la sua divisa impeccabile addosso, si dirigeva verso l'ufficio del Generale di Fuso, per consegnare dei documenti di estrema importanza. Si fermò davanti l'entrata della base, aspettando che le guardie le aprissero il cancello: uno di loro però, insospettito da quel viso che non aveva mai visto, le si parò davanti chiedendole i documenti.
“Chi siete e cosa volete?”
“Sono il Maggiore Wilcke di Karlsand, ho un incontro con il Generale per discutere di questioni top secret.” Disse la donna dai capelli rossi mentre si sistemava il berretto sopra la testa, in modo distaccato; l'uomo non disse nulla e la fece passare, indicandole la sede del Generale.
Dunque percorse il lungo e desolato corridoio grigio, tappezzato di quadri che raffiguravano vascelli e costruzioni navali di ogni genere: all’improvviso però percepì un brivido lungo la schiena, e fermandosi un attimo volle accertarsi che nessuno la stesse pedinando.
< Sarà stata solo una mia impressione... > Pensò continuando a camminare verso la corte e, non appena arrivata davanti una porta colossale, bussò ed entrò. Minna vide davanti ai suoi occhi due uomini di mezz'età, con gli sguardi spenti e barbe bianche rasate appena.
“Voi dovete essere il Maggiore Wilcke.” Disse quello che aveva gli occhiali, squadrandola dalla testa ai piedi. La donna annuì e gli porse la cartella che aveva in mano, mettendosi poi sull'attenti e con le braccia dietro la schiena.
“Esatto. Come mi avete chiesto la volta scorsa per lettera, ho portato i documenti riguardanti il traffico di armi che sta avvenendo nella zona nord-est della Orussia, precisamente nella zona industriale.”
“Direi che avete svolto un eccellente lavoro, Maggiore Wilcke. Non potevo aspettarmi di meglio dal capitano della squadra delle streghe che hanno liberato la Britannia e la Romagna dai Neuroi.” Affermò l'uomo robusto mentre quello occhialuto, dovendo essere il Segretario generale della Difesa, prese la cartella e la mise dentro un cassetto, chiudendola poi a chiave e uscendo dalla stanza senza dire una parola.
“La ringrazio per i suoi complimenti Generale Akiyama, ma non sono stata la sola a sconfiggere il nemico. Ci sono tante altre persone che erano con me quella volta.” Rispose chinando il capo, stringendo i pugni dietro di lei mentre il Generale fece schioccare la lingua, guardandola freddamente.
“Non prendeteli come complimenti, vi siamo solo grati per aver svolto il vostro lavoro, ma niente di più. Adesso che avete finito potete pure andare.” La liquidò con un gesto della mano, andando via e lasciandola allibita. La rossa rimase scioccata per qualche istante, con le labbra serrate e le mani che si stritolavano a vicenda. Arrabbiata, ma senza darlo a vedere, quindi uscì dalla sede centrale, percorrendo a grande falcate la scalinata e poi tutto il campo che pullulava di jeep, soldati e altro ancora, a cui non fece caso.
“E con questo ho finito. Sottotenente Tainaka, può portare questi al Colonnello? Io adesso stacco perché ho una cosa importante da fare.” Nel frattempo Mio diede la pila di fogli compilati alla ragazza vicino a lei e uscì dal suo ufficio, sistemandosi la cinta dei pantaloni e successivamente anche la coda di cavallo.
Camminò con passo affrettato verso l'uscita, salutando gente di qua e di là, finché non notò una persona dai capelli rossi come il fuoco che le sembrava familiare: si avvicinò a lei ed ebbe la conferma, vedendo quel viso che sognava molte notti. “Qual buon vento ti porta qua, Minna?” Le appoggiò le mani sulle spalle, facendo trasalire la diretta interessata quando la vide.
“Mi.. Maggiore Sakamoto!” Strillò lei, spaventata e con un leggero colorito sulle guance, quando si rese conto di chi aveva alle spalle.
“Sono Tenente Colonnello adesso, e tu?”
“Maggiore …”
“Sei salita di livello, congratulazioni.”
“Anche tu e di ben due gradi, continui a superarmi in tutto… comunque grazie.” Disse la rossa, riprendendo il controllo di se stessa e sospirando: Mio le sorrise e iniziarono a camminare lungo la base, parlando del più e del meno. Arrivarono al cancello e poi delle guardie lo aprirono e potettero uscire: Minna però si fermò davanti ad esso, prima che l'altra svoltasse l'angolo.
“Cosa succede?” Le chiese Mio mentre si avvicinava a lei. “Qualche problema?”
“No, nessuno. Solo che io devo andare dall'altra parte, ho la macchina posteggiata lì.” Ammise ridendo nervosamente indicando un veicolo poco distante. L’altra annuì e la prese per mano, andando verso la macchina della rossa e soffiandole poco dopo le chiavi via dalla mano, facendola salire e montando a sua volta: mise dunque in moto il veicolo e partì. “M-Maggiore Sakamoto, ma cosa..!?”
“Chiamami Mio.” La mora glielo intimò con serietà, guardando dritto verso la strada.
“Ma io…”
“Voglio che tu mi chiami per nome, e ti ho già detto che non sono più un Maggiore.”
“Scusami…” Era rimasta senza parole: non sapeva come prendere Mio in quel momento, e neanche Mio stessa sapeva che altro fare effettivamente.
“Perdonata. Allora, dove ti porto?” Cercò quindi di alleggerire la tensione, parlandole come se nulla fosse.
“Come scusa?”
“Ti ho appena chiesto dove ti porto. Sei diventata vecchia mi sa, in questi tre anni… stai perdendo colpi all'udito.” Rise con gusto, mentre l'altra chiuse gli occhi affranta. < Queste persone di Fuso sono veramente strambe, non le capirò mai... > Pensò solo questo mentre si teneva la fronte con la mano, ormai esasperata.
“È meglio che non ti rispondo. Per me va bene qualsiasi posto, basta che poi mi riporti in hotel.”
“Che sofisticata, stasera dormi da me.”
“S-Sei impazzita? Non posso certo farlo!”
“Perché no? Tanto ci abito solo io.” Mio sorrise divertita mentre Minna invece arrossì di colpo, girando la testa verso il finestrino e indurendo le mascelle: era proprio perché sapeva che c'era solo lei che non voleva.
Il suo cuore palpitava da matti, era da tanto che non vedeva quella donna e riaverla accanto le faceva uno strano effetto; per non parlare della sensazione di formicolio che avvertiva alle labbra, al ricordo di quel bacio che era scappato tra di loro anni prima.
L’altra, dal suo canto, era contenta di avere di nuovo al suo fianco l'amica perduta, qualcuno con cui condividere le glorie, le perdite, le gioie, i dolori, tutto: quel giorno era speciale e avrebbe reso la sua compagna la più felice dell'universo.
La mora decise di portare la donna sedutale accanto in un negozio di vestiti, dunque parcheggiò davanti ad un albero e la fece scendere. Minna non sapeva il perché l'avesse portata lì, ma sicuramente non era niente di buono, se lo sentiva dentro. Si fece trascinare ed entrarono nella boutique: una delle negozianti fece subito la sua comparsa e, non appena vide il Tenente Colonnello, le brillarono gli occhi.
“Sakamoto-sama! E' venuta per i vestiti?”
“Si, sono pronti?” Disse con calma l’interpellata, sfoggiandole uno dei suoi allegri sorrisi e tenendo per mano Minna, che divenne ancora più rossa in viso a quel contatto inaspettato. < Sei troppo vicina Mio! Staccati! > Le ordinò mentalmente ma rimase in silenzio e inerme a tutto, tutto sommato contenta per quanto stesse succedendo.
“Certamente! Glieli porto subito.” La donna quindi si allontanò, dirigendosi in un'altra stanza. Minna nel frattempo sbottò all’improvviso, pungolando il dito sul braccio della mora.
“Ma insomma Mio! Mi vuoi far morire dall'imbarazzo?”
“Mh... no. Ho davvero bisogno di un motivo per fare ciò che desidero con la persona che amo?” Rispose senza peli sulla lingua, notando il viso dell'altra dipingersi di stupore. La rossa non poteva crederci: Mio le aveva appena fatto una confessione d'amore senza battere ciglio… come diamine c’era riuscita?
“Sakamoto-sama, eccoli.”
“La ringrazio. Possiamo usare i camerini per indossarli?” Prese la busta che l'altra le aveva appena offerto e aspettò che la donna rispondesse. Minna era confusa, non capiva il senso di quello che stava succedendo, stava andando tutto troppo velocemente.
“Ma che domande? Ovvio che potete!” La commessa le rivolse un sorriso, che le andava da un orecchio all'altro, e fece loro strada. “Da questa parte.”
“Grazie ancora. Tieni, Minna, questo è tuo.” Mio le porse la busta con dentro un capo d'abbigliamento che la rossa non sapeva cosa fosse: non ebbe neanche il tempo di chiederle informazioni in merito, visto che l'altra era già sparita dentro il camerino. Sospirando, entrò anche lei e si spogliò, prendendo poi dalla busta il misterioso contenuto.
“Ma che..?” Fu sorpresa nel vedere che, in mano, aveva un vestito di colore bordeaux lungo fino alle caviglie, con le maniche ricamate in nero a tematica floreale che si tenevano ferme al dito medio; c'erano anche delle scarpe con il tacco, non più alto di cinque centimetri, dello stesso colore delle maniche.
Nell'altro camerino, la donna dai capelli più scuri stava finendo di abbottonare la camicia bianca, indossando poi la giacca e legandosi i capelli con un fiocco candido, identico al papillon che aveva la collo. Era un semplice frac, ma che la faceva sembrare molto più matura di quanto non desse a vedere.
Minna, senza esitare un attimo, volle provare subito quel vestito, indossandolo senza problemi ad eccezione per la cerniera che aveva sotto le scapole. Mugugnò qualcosa tentando di chiudersi la zip ma fallì subito, finché non sentì un soffio caldo sulla nuca. La rossa avvampò e volse lo sguardo, incrociando gli occhi con quelli dell’altra, che la guardava con una luce strana negli occhi… che fosse bramosia?
“Bisogno di aiuto?” Il suo tono arrivava caldo e particolarmente sensuale alle orecchie di Minna, che arrossì ancora di più e si appoggiò con i palmi contro il muro, sentendo le mani dell'altra dietro la sua schiena.
Mio poté constatare quanto la sua pelle di lei fosse calda, e i suoi muscoli contratti sotto i palmi: fece un ghigno e si chinò appena per poterle baciare la nuca, visto che la rossa aveva spostato i capelli di lato in avanti, in modo che potesse chiudere la cerniera del vestito.
“M-Mio… non perdere tempo, d-datti una mossa …” Sussurrò in un ansito il Maggiore, avvertendo un forte tremore alle ginocchia per il caldo che iniziava a percepire; la mora quindi annuì e fece salire lentamente la zip, in modo da stuzzicare un po' l'altra.
“Ecco fatto.” Disse soddisfatta, facendo girare la donna verso di sé e osservandola: non era cambiata di una virgola, ma per Mio era come se la vedesse per la prima volta. “Sapevo che questo vestito ti sarebbe stato d’incanto… sei stupenda.”
“Stupida… a-anche tu stai bene con quel vestito.” Ammise Minna, notando solo ora quanto si fosse alzata la sua vecchia amica: sebbene indossasse i tacchi, l'altra rimaneva comunque più alta di lei. Mio notò che la rossa la stesse guardando con stupore e le sorrise, accarezzandole una guancia con la mano e sistemandole i capelli, spostandole una ciocca dal viso.
“Sei sempre la stessa, è per questo che mi piaci.”
“S-Smettila di dire cose imbarazzanti, non credi che sia meglio uscire da qui?”
“Sì, vieni. Faremo tardi alla festa.”
“Festa?” La rossa cadde dalle nubi. A quale festa si riferiva? Mio la prese per mano e, dopo aver preso i loro vestiti nelle buste e salutato la negoziante, uscì con lei dal negozio e si misero in macchina. Minna guardò la mora prendere della giacca un orologio da taschino e controllare l'ora.
“Già, se non ci sbrighiamo arriveremo in ritardo… sono già le diciannove.” Precisò lei, mettendo in moto il veicolo e dirigendosi verso il centro della città.
Qualche minuto dopo, la conducente si fermò davanti un edificio di mattoni rossi, il tetto con le tegole nere come le finestre e un enorme portone aperto, dal quale pullulava gente vestita elegantemente. Minna iniziava a sentirsi a disagio, più per il fatto che gli altri invitati stessero puntando gli occhi su di loro che per altro, e strinse con forza la mano della mora, che le rivolse uno sguardo vacuo e poi le sorrise, ricambiando il gesto.
“Mio, perché mi hai portata proprio qui?” Le chiese la più imbarazzata in un sussurro, mentre la mora mostrava un foglio al guardiano della porta, che le fece passare tranquillamente. La più alta alzò la testa, come se stesse pensando e poi le rivolse uno sguardo divertito.
“È una sorpresa, ora vedrai tu stessa.” Non andarono verso la sala principale, dove tutta quella gente entrava, bensì in un'altra che si trovava al piano superiore: la rossa non ebbe da ribattere, fino a quando non rimase spiazzata nel vedere che in quella stanza c'erano tutte le sue compagne dello squadrone 501.
“R-Ragazze… cosa ci fate qui?” Disse, rimanendo di sasso e osservandole una ad una: erano tutte cambiate.
“Come puoi ben vedere, Minna, siamo tutte qui per te.” Charlotte, che indossava uno smoking affiancata da Lucchini vestita allo stesso modo, solo con i colori invertiti, le sorrise.
“Maggiore Minna, dovreste sapere che noi teniamo a lei.” Le disse Eila, che indossava un frac completamente bianco, tenendo a braccetto Sanya, che le sorrideva timidamente.
“Maggiore Minna, spero che quelle informazioni le siano state utili.”
“Sì Sanya, ti ringrazio.” Disse Minna imbarazzata, era difficile parlare di lavoro adesso. A loro due si avvicinarono di fretta il trio formato da Yoshika, Lynette e Perrine, tutte e tre con dei vestitini che arrivavano appena sopra le ginocchia, con i rispettivi colori ovvero giallo, verde e blu.
“Maggiore Minna! È un piacere rincontrarla!”
“Tenente colonnello Sakamoto, Maggiore Wilcke siete favolose.”
“Salve Maggiore Minna.”
“Ragazze…”
“Ehilà Minna!” Erica le si avvicinò spedita, seguita da una furiosa Gertrude mentre cercava di riprenderla: entrambe indossavano dei vestiti con una spallina da un lato ed entrambi di colore nero.
“Erica! Trude!” Minna si avvicinò a loro e le abbracciò. Era felice di vedere che tutte erano lì, tutte per lei, ma ancora non capiva il perché. “Che bello rivedervi! Come state?”
“Aiuto qualche volta Ursula quando ha bisogno di me.” Disse sorridendo Erica, mettendosi le mani dietro la nuca.
“Io sto sempre con Chris, ormai non la lascio sola un attimo da quando mi sono dimessa… pensa che litighiamo quasi tutti i giorni perché dice che sono troppo esigente.”
“Ehi, Barkhorn, secondo me tua sorella ha ragione, dovresti essere più sciolta.” La punzecchiò Charlotte pungolandole un dito sulla spalla, facendola imbestialire.
“Falla finita, Liberiana!” Risero tutte quante e poi Mio prese per mano nuovamente Minna, avvicinandosi appena al suo orecchio.
“Buon compleanno.” La rossa sussultò e si girò di scatto verso la mora, che la guardava con occhi lucidi: il suo cuore palpitava con forza, quasi sembrasse che stesse scoppiando nel petto.
“Mio … Ragazze …” Guardò uno per uno il viso di tutte le amiche presenti, che le sorrisero appena confermando silenziosamente che anche loro erano lì per lo stesso motivo della donna accanto a lei.
Poco dopo iniziò la festa e tutte quante si divertirono: tra balli, chiacchiere, qualche parola di troppo, vecchie rivalità e tanti bicchieri di alcolici giunsero le 23, che scandivano il termine della festa. Tutte quante si salutarono tra calorosi abbracci e strette di mano salde, augurando alla rossa ancora dei sentiti auguri e andando ognuna verso le proprie abitazioni. Alla fine anche la festeggiata e la sua accompagnatrice si ritirarono, andando in direzione della casa della mora.
Minna iniziava a sentirsi nervosa, si stava avvicinando alla tana del lupo che l'avrebbe mangiata e questo la metteva in agitazione: Mio al contrario suo sembrava tranquilla, sebbene in cuor suo si sentisse tanto scossa quanto l'altra, visto che avrebbero trascorso la notte assieme.
Appena arrivate, la mora fece scendere la donna e salirono a casa nel più totale dei silenzi. Mio le mostrò tutte le stanze e poi le indicò il bagno così che potesse utilizzarlo: l'altra accettò senza troppe storie e la ringraziò, quando le diede un yukata bianco con cui si supponeva avrebbe dormito.
La rossa si avviò in bagno, mentre l'altra iniziava a preparare la stanza dove avrebbero riposato entrambe: mise un altro futon per terra vicino al suo, andando poi ad aprire la finestra scorrevole per via del caldo che, seppur non fosse estate, si faceva sentire fin troppo chiaramente. Minna si sistemò e poi andò in camera, aspettando la padrona di casa che andava a pulirsi e osservò la stanza in cui si trovava: era perfettamente in ordine, e poté scorgere sopra un sostegno Reppumaru, la spada che Mio era solita portare con sé.
“Vedo che l'hai notata.” La voce della mora la fece trasalire, portandola a girarsi dalla sua parte.
“M-Mio, io …”
“Tranquilla, oramai è solo un cimelio, non la posso più utilizzare. Ho perso completamente i miei poteri, come poi constatare tu stessa vedendo il mio occhio destro.” E lo indicò con il pollice, l'iride era grigia come il gemello e Minna poté notare una leggera nota di tristezza nelle sue parole. Non ci pensò troppo e l'abbracciò forte a sé, lasciando il Tenente Colonnello sorpreso.
“M-Minna!?”
“Mi dispiace, Mio. Non ti sono stata accanto quando tu eri sola. Mi dispiace tanto.”
“Non devi, adesso sei qui con me.” Le disse prendendole il viso tra le mani e fissando i suoi occhi con i propri; Minna voleva dire altro, far sapere alla donna che era vero e che fosse lì, ma non ne ebbe il tempo di pronunciare parola che le labbra della donna si incatenarono nelle sue.
Le si fermò il cuore, sgranando gli occhi dalla sorpresa: Mio invece li aveva chiusi, tenendo il viso di lei saldamente tra le mani e percependo il cuore aumentare con il battito. La rossa si aggrappò alla più alta, andando a fondo con quel bacio e facendo incontrare e scontrare la lingua con quella della donna, creando una danza disperata, bisognosa di quelle attenzioni: entrambe prese dall'eccitamento avevano lasciato che la coda e le orecchie dei loro famigli sbucassero.
La padrona di casa fece sdraiare l’ospite, che con il volto sempre più paonazzo si aggrappava alla sovrastante, incatenando le gambe sui suoi fianchi e sentendo nel frattempo le mani di lei sulla schiena, mentre l’effusione diveniva sempre e sempre più appassionata.
“F-Fermati …” Gemette appena la rossa, quando l'altra le lasciò una scia di baci umidi sul collo che scendevano verso il decolleté. Mio le scostò lo yukata fino a farglielo scivolare all’altezza della vita, esponendo i suoi seni abbondanti: non riuscì a resistere a tale visione, non esitando dunque a passare con le labbra e la lingua sopra i capezzoli di lei ormai turgidi.
“Non posso …” Continuò a darle quelle effusioni mentre la rossa stringeva alcune ciocche dei suoi capelli e respirava con affanno, continuando a sentire le mani e le labbra della mora su di sé. Mio sfiorava la pelle rovente della donna che, gemendo, si stringeva e appoggiava a lei con forza, causandole tremiti e ansiti ancor più accentuati non appena decise di sfiorare con le dita la superficie del suo intimo.
La mora alzò lo sguardo verso il viso rosso dell'altra e sprofondò il proprio nel collo di lei, baciandoglielo. Nel fare ciò sentì la ragazza contrarsi e sussurrare il suo nome: inebriata da questo e dalla sua voce distorta dall’affanno decise quindi di scivolare in mezzo alle sue gambe, aprendole la vestaglia e divaricandogliele appena una volta tolto anche l'intimo, fermandosi a osservarla intensamente.
“M-Mio… non fissarmi così… è i-imbarazzante per me …” Sussurrò appena la passiva, mordendosi le labbra e portandosi una mano sopra la bocca, tappandola. Mio, senza darle alcuna risposta, la guardò ancora per un attimo decidendo poi di dedicarsi completamente a lei, carezzando in umide e delicate coccole con la lingua il punto più sensibile delle sue femminilità. A tali attenzioni il Maggiore inarcò la schiena pervasa da un intenso piacere, riprendendo ad ansimare rumorosamente e lasciandosi scappare più di qualche gemito.
L’attiva proseguì in tali modalità per un po’, finché non riportò il viso davanti quello di lei e le sfiorò con le dita l'intimità, facendola sussultare: Minna dapprima volse imbarazzata lo sguardo di lato, per poi incrociare languidamente lo sguardo della sovrastante, con la bocca schiusa e le mani che si stringevano alle maniche del suo yukata.
La rossa gemette più forte, quando sentì un dito dell’altra iniziare a sprofondare dentro sé: Mio la guardò semplicemente, constatando quanto fosse umida l'altra e perdendosi nello sguardo smarrito dell'altra. La voce di cui Mio stava beandosi in quei momenti, così alterata e distorta dal piacere, le pareva quasi non potesse davvero appartenere alla sua amata, per quanto fosse piacevolmente irriconoscibile: tale cambiamento, inaspettato e sorprendente, stupì allo stesso modo l’attiva e la passiva della situazione, portando la prima ad aumentare il ritmo delle spinte e la seconda a perdere quel poco di lucidità rimastale. Il cuore di entrambe palpitava all’unisono e con impellente forza, dando alle donne la sensazione che potesse esplodere loro dal petto da un momento all’altro.
“M-Mio… ti… ti amo…” Riuscì a dire in un disperato ansito la rossa prima di inarcare la schiena e abbandonare la testa all'indietro, stringendosi alla persona che la sovrastava mentre, man mano, si lasciava andare al bruciante piacere perfetto cui l’altra era riuscita a portarla.
Minna dunque si strinse per quanto poté al corpo della mora, ormai stanca e senza forze: dall’altra parte Mio si appoggiò a lei la strinse a sé, circondando le braccia attorno alla sua vita e baciandole la fronte, notando che la donna fosse in procinto di addormentarsi.
“Anche io ti amo, Minna. Resta al mio fianco.” Le sussurrò prima che l'altra non potesse più sentirla e in risposta la rossa annuì appena, sprofondando subito dopo in un sonno imperturbabile. La padrona di casa sospirò e poi la tenne ancor più salda a sé, calando anche lei le palpebre e raggiungendola nel mondo dei sogni, soddisfatta.
Aveva goduto appieno di quel calore, di quel sapore e di quell'odore che caratterizzavano Minna, la sua compagna di guerra e amica fidata, augurandosi che in un futuro il loro legame potesse tramutarsi in un qualcosa di più importante, profondo.
Il mattino dopo, quando Mio si alzò non vide più la ragazza accanto a lei, scorgendo al suo posto soltanto una lettera: la prese in mano e dunque la lesse.
"Mi dispiace, Mio;
Sono dovuta andare via senza dirti nulla, giuro che tornerò.
Ti scriverò ogni giorno, promesso.
Mi mancherai.
Tua Minna."
La mora sorrise nel leggere quella lettera e l'appoggiò vicino a Reppumaru, prendendo i suoi vestiti e andando in bagno, per sistemarsi per un nuovo e stancante giorno di lavoro.