"L'amore non è morale o immorale;
è amore e basta."
–Cassandra Clare
 

Prologo

Il tramonto aveva appena cominciato a tingere il cielo delle più delicate tinte di rosa. Due bambini se ne stavano seduti su una coperta di pile in mezzo al praticello ben curato di una delle tante ordinate casette a schiera del quartiere.

"Dylan?" chiese la bambina, attorcigliandosi una ciocca di capelli rossi attorno ad un dito. Se la ricordava bene, quella voce. "Sì?" il bambino la osservava di sottecchi, fingendosi impegnato nella lettura di un fumetto, che in realtà aveva già letto. Dylan non riusciva a ricordare il suo volto. Più ci pensava, e più diventava una macchia indistinta, lontana…."Dovrei dirti una cosa importante.. sto per partire." Com'era, che si chiamava? Dylan alzò di scatto la testolina spettinata dal libro, che lasciò cadere sulla coperta. "Come…? Perchè?" La fissava allibito, senza capire, mentre sentiva uno strano bruciore pungergli gli occhi. "Devo tornare a casa dalla mia mamma. Anche il papà lo dice. Ha finito il lavoro qui… devo andarmene." Dylan scosse la testa. "No! Puoi restare ancora un po'…" La bambina fece un sorriso triste, appena accennato. "No, non posso proprio. Ma vedi, ho qualcosa per te." Come in un numero di magia, la bambina tirò fuori da dietro la schiena qualcosa… un medaglione. Perchè non riusciva ad associare un nome a quel ricordo? Perchè? "Cos'è?" La bambina sorrise, un sorriso sdentato eppure così incredibilmente bello. "E' un medaglione. Vedi la serratura? Io avrò la chiave. Terremo questi oggetti sempre con noi e quando un giorno, tra tanti anni, ci rivedremo, tireremo fuori il contenuto del medaglione e…" "Ci sposeremo!" terminò Dylan per lei. Aveva bisogno di ricordare. Ma nei sogni non la vedeva mai in viso, oppure la dimenticava. E questo lo faceva diventare pazzo. Una lacrima gli sfuggi, ma si affrettò a nasconderla, attento che la bambina non se ne accorgesse. Prese delicatamente fra le mani il medaglione. Era lavorato nell'argento, eppure quando se lo passò attorno al collo si stupì di quanto fosse straordinariamente leggero. I due bambini si guardarono, nella luce sempre più fioca del tramonto, e si abbracciarono, i capelli soffici di lei che gli solleticavano le guance e quel profumo che sarebbe sempre stato casa. Sciolsero l'abbraccio e la bambina lo scrutò attentamente negli occhi, come a cercarvi una risposta. Ma a quale domanda? "Mi prometti una cosa?" chiese, esitante. Dylan annuì. "Certo." "Mi prometti…mi pometti che non amerai mai nessun altra ragazza?" E poi il sogno finiva. Si dissolveva, lasciando a Dylan il dubbio che ogni cosa, che quella ragazzina fosse realmente esistita. A rammentargliela rimaneva il medaglione, una presenza costante e rassicurante nella sua vita, da quattordici anni. Quattordici anni. Dylanc sapeva qual'era stata la sua risposta. Non lo ricordava con precisione, ma lo sentiva. E Dylan sapeva che non avrebbe dimenticato, nè ora nè mai, quella promessa, fatta quattordici anni prima, su un prato, al tramonto, ad una bambina senza nome e senza volto.