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Autore: La Nuit du Chasseur    26/07/2014    1 recensioni
[Michael Fassbender]
"Mi sposo", disse lei.
"Vieni a cena con me", disse lui.
Così diversi ma così vicini. La loro storia creerà problemi, danni, guai, passione e felicità. Non sapranno resistere all'avvicinarsi l'uno all'altra, anche se sanno che dovrebbero.
In una Londra complice e romantica, galeotta fu una caffetteria...
Genere: Erotico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cari lettori, 
eccoci all'ultimo capitolo! Siete tristi? 
Io un pò, perchè mi mancherà la routine settimanale e mi mancheranno Julia e Michael! 
Però credo che ogni storia degna di questo nome debba avere una fine, 
bella o brutta che sia!  
Vi avviso fin da ora che ci sarà un epilogo,
che chiarirà qualcosa rimasta in sospeso e metterà la parola fine definitivamente.

Voglio salutarvi ora: 
siete stati tantissimi e la cosa mi lusinga. 
Era la mia prima storia pubblicata e non credevo ad un tale successo! 
GRAZIE di cuore! 
Sto lavorando ad altro (ho già pubblicato una seconda storia, sui Mars)
e spero che continuiate a seguirmi, dandomi suggerimenti o consigli,
sempre ben accetti! 

E' stato un piacere scrivere per voi, davvero! 

A presto, buona lettura, 
Bibi! 

 

Il 31 dicembre era alle porte, il paese preparava i festeggiamenti di Capodanno, e ormai quando Julia passava sulla via principale tutti le sorridevano: sapevano chi fosse. Lei era intenta a fare provviste per la sua serata in solitaria. Affittò un film, e comprò solo cose iper caloriche, seguendo un criterio tutto suo: salsicce da fare alla brace, pop corn, patatine, patate, dolci di vario genere, vino rosso, formaggi e qualche scatola di biscotti croccanti. Sarebbe stato il primo San Silvestro da sola. Nei programmi c’era un party a casa di un collega di Robert, per il quale avrebbe dovuto indossare un abito elegante, tacchi a spillo, e rimanere tutta la serata a sorridere a sconosciuti: molto meglio il suo party privato a base di cibo spazzatura, divano, film e felpa pensante.

Non aveva avuto più contatti con la sua famiglia da quando era stata cacciata dalla casa dei Wilson e la cosa la rendeva inquieta: come potevano aver chiuso con lei? Nonostante tutto, anche ammesso che lei avesse sbagliato o che loro non approvassero le sue scelte, rimaneva una figlia, e una sorella. O forse no, iniziò a pensare in quei giorni. 
Aveva spesso preso il cellulare in mano e aperto la rubrica, trovandosi davanti il numero di Judith: aveva indugiato a lungo su quel contatto, sfiorando piano il display, sperando quasi di avviare la chiamata per errore, per essere costretta poi a rispondere. Non aveva il coraggio volontariamente di chiamare, ma più di qualsiasi altra cosa avrebbe voluto sentire la sua voce e forse anche chiederle scusa. Non perchè si fosse pentita delle sue scelte, ma perchè sentiva di essersi comportata male con lei, e con gli altri. Era vero, voleva cambiare le cose, voleva lasciare Robert, con il quale non stava più bene da tempo ed era vero, si era innamorata di un'altra persona, ma avrebbe dovuto essere più attenta, non farsi sbattere in prima pagina, non farlo venire fuori in quel modo, il giorno di Natale. Tuttavia, non trovava mai davvero il coraggio per chiamarla, e finiva sempre per spegnere il cellulare e lasciarlo da qualche parte, convinta che non le sarebbe servito a molto: tolto Michael, e qualche amico che mandava sms di auguri, nessuno aveva pensato di chiamarla, cosa che le faceva ribollire comunque il sangue.

Con Michael tutto proceva a gonfie vele: aveva parlato moltissimo in quei giorni e a Julia sembrava davvero di essergli accanto da una vita intera, era convinta di essersi rifugiata in Irlanda da secoli e non solo da una manciata di giorni. Era sempre più convinta di voler stare con lui per sempre, anche se a volte aveva una paura folle che tutto andasse storto e che Michael si rendesse conto che lei non era la donna adatta a lui. Erano momenti di irrazionalità che cercava di scacciare in tutti i modi, in primis chiamandolo. E fu così che fece quella sera, la penultima dell'anno, rannicchiata sul divano, mentre nel cielo d'Irlanda imperversava la tempesta. 

"Ehi, disturbo?" disse non appena vide apparire il sorriso di Michael sul display dello smartphone. 
"Piccola, come stai?"
"Bene, molto bene. Qui fa un freddo cane, ma ci si difende. E tu?"
"Io lavoro, stiamo cercando di chiudere la promozione qui in America, ma è molto più complicato del previsto"
"Mi dispiace, vuoi raccontarmi?"
"Abbiamo dovuto fare più interviste di quelle che credevamo, l'organizzazione statunitense ha fatto acqua da tutte le parti e abbiamo dovuto arrabbattarci in qualche modo, un caos infinito! Fortunatamente sono in ottima compagnia e lo stress vola via fra risate e cene" 
"Ehi, Fassebender, ti stronco la carriera sfavillante che hai!" 
"Avresti potuto dirmelo prima, almeno mi sarei evitato questo tour de force"
"Simpatico, davvero molto simpatico. Senti, nevica? Fa freddo? Ti copri abbastanza?"
"Si mamma, si mamma, e si mamma" 
"La smetti di prendermi in giro? Mi preoccupo per te!"
"Ed è una cosa bellissima, amore". Il suo tono si era addolcito, come se fosse stato cosparso di miele caldo e Julia si sentì immensamente fortunata e incredibilmente felice. 
"Lo farò per il resto dei tuoi giorni, quindi inizia ad abituarti" gli rispose ridendo. 
"Julia, senti volevo dirti una cosa" iniziò grave, tanto che Julia tornò seria e si chiese cosa mai fosse successo, nel vederlo con quell'espressione poco rassicurante sul viso. Poi continuò: "Proprio a causa di questi problemi, non ce la faccio a tornare in Europa entro domani sera, mi dispiace" 
"Oh..." disse solamente Julia, sentendosi stranamente delusa. In realtà non avevano parlato di stare insieme la notte del 31 Dicembre, perchè lei sapeva benissimo che Michael sarebbe stato ancora negli States, ma inconsciamente ci aveva sperato. Si costrinse a non sembrare tanto triste, perchè lo amava e doveva aver rispetto del suo lavoro e gli disse: "Non fa niente, Michael, festeggeremo insieme quando tornerai". Sorrise dolcemente, sperando che lui la sentisse vicina. 
"Davvero sei così buona con me? Qualsiasi donna avrebbe fatto una guerra a questa affermazione!"
"Io non sono qualsiasi donna... io ti amo e capisco che il tuo lavoro ha dei ritmi strani e che non conosce festività comandante e non"
"Ti amo" 
"Non approfittartene. Senti, volevo chiederti una cosa..."
"Dimmi..."
"Le foto... insomma, quelle foto, hai capito no!? Come le stai gestendo? Come va?"
"Mi hanno fatto parecchie domande, sono sincero, ma ho sorriso e cambiato argomento" 
"Ah..."
"Julia, ascoltami: ci sono delle regole da rispettare, non ne parlo perchè non posso e non voglio darti in pasto alla stampa, non perchè io non sia convinto di noi, intesi?"
"Devi smetterla..."
"Non ti sto prendendo in giro!"
"Devi smetterla di leggermi dentro e capire i miei pensieri con un solo sguardo"
"Non credo smetterò mai"
"Stiamo apposto, non avrò più una privacy" 
"Senti, devo scappare, mi chiamano. Ti chiamo non appena torno in stanza, ok?"
"Ok, buon lavoro... Michael?!"
"Si?!"
"Mi manchi"
"Anche tu, piccola, tanto. Torno presto, promesso". Julia lo guardò farle ciao con la mano e sorriderle come solo lui sapeva fare, poi Michael chiuse la chiamata e lo schermo diventò nero in un attimo. Rimase ancora un pò lì, a farsi cullare dai tuoni e dal mare in tempesta, sentendo una profonda pace impossersi di lei: se la felicità si sarebbe potuta sentire nella pancia, nelle viscere, nel cuore e nell'anima, lei era sicura di averla ovunque. 
Si prese una coperta e un libro e si mise a leggere, sorseggiando una cioccolata calda e sperando che non smettesse di piovere. 

La mattina dopo, l'Irlanda si svegliò con un leggero sole, che scaldava molto poco, ma stava asciugando l'aria umida dal temporale del giorno prima. Era finalmente il 31 dicembre. Julia si stiracchiò nel letto, sotto le pesanti coperte che amava sentire addosso e guardò l'orologio: le otto del mattino. Era prestissimo e fu felice di constatare che avrebbe potuto rimanere a letto ancora per molto. Il programma del giorno era semplicemente di fare due passi come al solito, e poi tornare in casa a leggere e preparare la sua cena. Non aveva bisogno di fare la spesa, perchè ci aveva pensato il giorno prima, rimpinzando la dispensa di cibi assolutamente poco salutari, ma sicuramente molto soddisfacenti: non avrebbe avuto un cenone pieno di organizzazione, ma avrebbe mangiato senza un vero senso logico le cose che preferiva. Ed era felice così. 

La giornata passò lenta, tranquilla e placida come qualsiasi giorno in quel pezzetto verde d'Irlanda. Si attardò alla sala da thè del paesino, dove prese una bevanda calda e si tuffò nel suo libro, quando alzò gli occhi, rapita da un tuono, l'ennesimo, si accorse che era abbastanza tardi e decise di tornare verso casa. 
Rientrò che era già buio da un pezzo e fu grata al calore che sentì non appena si chiuse la porta alle spalle. Andò verso la cucina, per accendere il forno e pensò di fare una doccia calda nel frattempo, ma mentre iniziava a salre le scale che portavano al piano superiore, sentì bussare: pensò che fosse qualche paesano e ridiscese le scale. 
In effetti, nei giorni precedenti era capitato più di qualche volte che le bussassero per portarle doni o solo per curiosare. Erano una comunità molto cordiale, e nonostante qualcuno volesse solamente sapere cose che non rientravano effettivamente nella sfera della propria competenza, Julia si sentiva accettata e non faceva fatica ad essere sorridente e gentile con tutti. 

Con il sorriso sulle labbra, arrivò all'ingresso, ma quando la porta si spalancò, per poco le venne un colpo: Michael era lì. Era tornato.

Gli saltò al collo e iniziò a baciarlo, scoppiando in lacrime.
“Ehi, sta buona! Mi fai male, Julia!”
“Ma cosa ci fai qui?!” scese e lo fece entrare in casa, con la sua pesante valigia al seguito.
“Sono tornato. E’ stata un’impresa incastrare tutto, ma volevo vederti.”
“Non avresti dovuto, io sto bene.”
“Nessuno può stare male da queste parti, ma volevo accertarmi che tu fossi riuscita ad accendere il camino!” scherzò lui, prendendola fra le braccia.
“Ah se è per questo puoi stare tranquillo: il paese mi adora e tutti sarebbero disposti a venirmi a dare una mano anche in piena notte!”
“La smetti di infrangere cuori, Leighton?!”
“Spiritoso… senti io stavo preparando una cena a base di schifezze, ma se vuoi mi metto ai fornelli davvero? Hai fame?”
“Stai scherzando? Io adoro le schifezze! Ti aiuto”. E si diressero in cucina, punzecchiandosi e ridendo. Quell’atmosfera era bellissima ed era tutto quello che voleva riuscire a spiegare a sua mamma e sua sorella quando parlava della sua vita con Robert. Ma smise di pensarci: non era più importante.

Passarono la serata a ridere come due bambini davanti ad un programma di discutibile gusto alla tv. Mangiarono il più possibile, bevvero molto vino, tanto che a mezzanotte, brindando al nuovo anno, erano entrambi brilli. Uscirono dalla casa per guardare i fuochi d’artificio del paese e Michael le disse: “Avrei dovuto passare il Capodanno ad un noiosa riunione di lavoro, con un party a seguire. Caviale, salmone e papillon. Sono scappato con una scusa discutibile e ho promesso che tornerò lì entro ventiquattro ore, il che vuol dire che domani pomeriggio ho di nuovo l'aereo per New York. Mi verranno le rughe e le occhiaie: venti ore di aereo in poco più di due giorni, ma tutto sommato... Sto decisamente meglio qui con te.”
Julia rise a quel discorso: lui era visibilmente brillo, almeno quanto lei che non riusciva a smettere di ridere.
“Anche io Michael. E per le rughe e le occhiaie troveremo un rimedio" gli rispose. Poi riuscì a tornare seria, e lo guardò negli occhi sentendo di amarlo come non mai. 

"Passeremo la nostra vita ad abbrutirci così in Irlanda?” gli chiese emozionata, con la paura finalmente volata via.
Lui la strinse a sé e le rispose: “Magari si… questi giorni di abbrutimento ti hanno fatto bene!”. 
  
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