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Autore: PenRAAAINBOW    28/07/2014    2 recensioni
Teenlock with genderfluid!Sherlock.
E' estate. La scuola è finita e Sherlock è a casa ad annoiarsi, finché John non lo invita a casa sua approfittando dell'assenza della madre e di Harry.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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RAITING: Giallo
GENERE: Fluff, slice of life
TIPO DI COPPIA: slash (teenlock with genderfluid!Sherlock)
PERSONAGGI: Sherlock Holmes, John Watson.
BETA: ggggg (ancora grazie!)

How do I look?
15.34
John, mi annoio. SH
15.35
Vuoi venire da me? Sono tutti via ora. JW
 
Sherlock sorrise di riflesso, poi bloccò il cellulare e lo mise in tasca, prese il suo solito cappotto nero – ancora troppo grande per lui, probabilmente avrebbe dovuto aspettare ancora un paio d’anni prima di riuscire ad indossarlo perfettamente – ed uscì di casa.
Due giorni prima era finita la scuola e i ragazzi avevano lasciato il dormitorio e la stanza che condividevano per tornare nelle rispettive case.
John ovviamente era felicissimo: niente più lezioni e professori e soprattutto poteva finalmente stare un po’ con la madre e la sorella. Voleva molto bene alla sua famiglia e loro ricambiavano; certo c’erano sempre delle discussioni con Harry, ma cose di poco conto che finivano sempre con un sorriso o un abbraccio.
Completamente diverso dalla situazione di Sherlock.
Il moro odiava l’estate per due motivi: il primo era il caldo. Lo rallentava e per via delle temperature elevate spesso era costretto a lasciare a casa il suo amato cappotto, facendolo sentire a disagio. Il secondo motivo era che avrebbe dovuto passare ben due mesi a casa con la famiglia. Voleva bene ai suoi genitori – anche se lo nascondeva con tutto se stesso – ma proprio non poteva sopportare le battute di suo padre mentre gli chiedeva se avesse trovato una fidanzata o le cure fin troppo oppressive – secondo il suo parere – della madre.
E poi c’era Mycroft. Suo fratello maggiore non perdeva occasione per farlo arrabbiare, anche se a dirla tutta bastava un nonnulla per innervosirlo. Soprattutto quando cominciava a parlare di John – del suo John – facendogli sentire ancora di più la sua mancanza.
In realtà i due si vedevano spesso anche in estate, ma niente era meglio dei mesi passati nel dormitorio.
Si erano conosciuti al secondo anno: il compagno di stanza di John si era diplomato l’anno prima e Sherlock, appena arrivato nella nuova scuola, era stato assegnato alla sua stanza.
Inizialmente il più piccolo parlava raramente con John, se non per chiedere informazioni precise sulla scuola, ed evitava anche di rispondere alle domande del biondino. Solo mesi dopo gli rivelò che agiva così perché non voleva farsi sfuggire qualcosa per cui il più grande l’avrebbe considerato strano, anche se il suo silenzio otteneva comunque lo stesso effetto.
Solo dopo due settimane il mutismo di Sherlock cessò: era l’ora di pranzo e tutti gli studenti si trovavano in mensa. Il riccioluto stava ricopiando nel suo quaderno degli appunti alcune note che aveva preso il giorno prima durante un esperimento, quando passarono accanto a lui un paio di bulletti che, con il vassoio del pranzo ancora in mano, avevano iniziato a prenderlo in giro. Lentamente Sherlock aveva alzato gli occhi e con sguardo disinteressato aveva iniziato a dedurre fatti interessanti sui due – come il fatto che uno di loro tradisse la fidanzata mentre l’altro fosse segretamente innamorato di una ragazza del gruppo dei “nerd” -: pochi secondi e un primo pugno gli colpì il viso, mancando di poco il naso, mentre un secondo gli arrivava sul labbro. John era appena entrato nella stanza quando vide la zuffa nel bel mezzo della sala e, una volta riconosciuta la vittima, corse preoccupato verso di lui. Inutile dire che i bulli, dopo aver ricevuto un occhio nero e un pranzo in testa, se ne andarono maledicendoli.
Dopo quell’episodio, Sherlock non solo cominciò a parlare al biondino ma diventò proprio la sua ombra, seguendolo ovunque, a volte anche agli allenamenti di rugby: si sedeva sugli spalti, si portava i compiti, e sbirciava da dietro i libri il ragazzo correre su e giù per il campo.
Passò più di un anno prima che i due si accorsero di provare l’un per l’altro qualcosa di più di una semplice amicizia.
Era un freddo venerdì di ottobre del loro secondo anno di scuola, avevano da poco finito di cenare e John aveva acceso la tv per guardare un film, dato che il giorno successivo non ci sarebbero state lezioni. Alla seconda scena sentì uno strano rumore provenire dal tavolo dove Sherlock stava lavorando ad un esperimento e poco dopo arrivarono anche le imprecazioni del moro, seguite infine dallo scienziato che sbuffò, camminò fino al letto dove John era seduto, alzò la coperta che gli copriva le gambe e si strinse vicino a lui, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Cos’è andato storto?” gli chiese.
“John questo film è stupido, i draghi non sono veri, e se anche esistessero sono certo che nessuno farebbe amicizia con un ragazzino come quello.”
Alla fine del programma, il biondo propose a Sherlock di andare a dormire, ma lui in risposta mise il broncio e si rannicchiò meglio fra le coperte. L’amico quindi alzò gli occhi al cielo e sospirò, invitandolo quindi con un sorriso a dormire con lui.
Si spostarono sul cuscino e allungarono le gambe, sembravano due pezzi di puzzle perfettamente incastrati: John, che era più basso, appoggiò la testa nell’incavo del collo del compagno, mentre l’altro si metteva comodo sulla sua testa. Cominciarono a parlare del più e del meno, di ciò che era successo quella mattina arrivando fino alle lamentele del moro per la scarsità di misteri nell’istituto. Fu la prima volta che rivelò all’amico il suo sogno di diventare detective, ma non per la polizia, voleva poter decidere lui i casi da prendere.
“Ok, mentre di ragazze che mi dici?” disse John alzando gli occhi per guardarlo in faccia senza spostarsi.
“Mh?”
“Sì, hai mai avuto una fidanzata? O… un fidanzato, non so.”
“Ah, no, non sono interessato…”
“Vuoi dire che non hai mai baciato nessuno?”
La domanda imbarazzò il moro che non rispose. Non gli era mai sembrato importante, ma ora sentiva come se John lo stesse giudicando e sentì un dolore al petto.
In risposta il biondino sorrise e, con il cuore che batteva forte, gli propose di provare a rimediare.
Sherlock lo guardò confuso, finché il compagno non alzò il volto e premette le labbra su quelle dell’amico. Era iniziato così, un timido bacio nel buio della loro camera che era riuscito a far capire loro ciò che ormai era palese per tutti i loro compagni di classe. Da quella notte diventarono ancora più inseparabili di prima, cominciando anche a saltare un paio di lezioni per il loro vizio di rifugiarsi nella loro stanza o in classi vuote per baciarsi, dimenticandosi del tempo che passava.
 
***
 
Sherlock arrivò a casa di John alle quattro passate. Suonò il campanello dell’appartamento in cui viveva e pochi secondi dopo il suo ragazzo gli si presentò davanti raggiante.
“Ben arrivato!” lo attirò a sé dentro casa e lo baciò, senza riuscire a contenere un sorriso. Sherlock ricambiò il gesto e poi i due si spostarono in cucina.
“Vuoi del tè?” chiese il biondino.
“Con questo caldo John, davvero?”
“Oh-oh, senti chi parla, mr “non-mi-separo-dal-mio-cappotto-neanche-con-40-gradi- all’ombra!”
Ridendo, aprì il frigorifero e servì due bicchieri di tè freddo. Poi si sedette al tavolo ed allungò una mano verso quella di Sherlock, cominciando a giocare con le dita mentre con l’altra mano controllava i nuovi messaggi al cellulare.
“Ugh, mamma dice che farà anche il turno serale, mentre Harry credo resti da una sua amica… Vuoi restare per cena?”
Il moro sorrise e accettò, chiedendo al ragazzo cosa prevedesse il menù. John si alzò per guardare nel frigo e nella dispensa cosa c’era, ma trovandoli quasi vuoti disse che sarebbe andato a fare la spesa.
“A dopo allora.”
“Non vuoi venire con me?” chiese speranzoso.
“John, davvero? Mi stai proponendo di andare in un supermercato pieno di madri con figli urlanti e commesse impiccione? Grazie ma rifiuto, resterò qui a casa ad aspettarti.”
Il biondino alzò gli occhi e gli lasciò un bacio sulle labbra prima di uscire. Sherlock cominciò a guardarsi attorno cercando qualcosa da fare nel frattempo. Si diresse verso la camera del fidanzato, intenzionato ad ispezionare i suoi cassetti per dedurre cosa avesse fatto il giorno prima, giusto per tenersi impegnato, ma a metà corridoio si ritrovò davanti alla stanza di Harry.
La porta era aperta e il letto era ricoperto di vestiti, lasciati in disordine dopo aver scelto cosa indossare per andare dalla sua ragazza; sul mobiletto vicino la finestra, una valanga di trucchi era stata riposta in un astuccio alla rinfusa, mentre accanto regnavano spazzole, pettini e prodotti per i capelli.
Sherlock rimase davanti alla porta qualche secondo, per poi decidere di entrare.
John sarebbe tornato solo una ventina di minuti dopo più o meno, quindi il moro si prese tutto il tempo per osservare per bene tutti gli abiti.
D’un tratto gli venne un’idea: prese un paio di shorts in jeans a vita alta e un top a fiori e li indossò al posto della sua solita camicia.
Si guardò dunque allo specchio e per la prima volta in vita sua rimase senza parole: si trovava… bello. A lui non era mai interessato vestirsi bene o essere anche solo presentabile in realtà, cercava solo di attenersi al codice della scuola il più delle volte, ma ora vedendosi così si sentiva bene.
Si guardò intorno e il suo sguardo si posò sull’astuccio dei trucchi, e prese in considerazione l’idea di applicare anche qualche prodotto, ma d’un tratto sentì delle chiavi aprire la porta d’ingresso.
“Sherlock! Sono io, avevo dimenticato il portafogli e sono tornato a pr-“ dirigendosi verso la sua stanza, John passò davanti quella di Harry, e come vide Sherlock si ammutolì.
“I-Io…” cercò di difendersi il moro non sapendo bene cosa dire “…E’ un esperimento!” e imbarazzato, distolse lo sguardo.
Normalmente il biondino avrebbe riso vedendolo conciato in quel modo, ma notando come gli shorts lo fasciavano alla perfezione, non riuscì a non sentirsi attratto da lui.
“Beh, stai… stai molto bene vestito così… Dico davvero” sorrise dolcemente avvicinandosi e mettendogli quindi le mani sui fianchi, lasciati scoperti dal top. Gli accarezzò la pelle e gli baciò le labbra, scendendo poi sul collo dove gli lasciò un segno rosso, alzò lo sguardo e ghignò passandosi la lingua sul labbro inferiore.
Si spostarono dalla camera di Harry alla camera di John continuando a baciarsi e accarezzandosi, consumando infine il rapporto sul letto del biondino.
 
 ***
 
 “…John?” chiese il moro accarezzando la testa del compagno che era poggiata sul suo petto.
“No Sherlock, non ti lascerò andare sul balcone a fumare...” rispose con gli occhi chiusi.
“No, non intendevo questo…”
John aprì gli occhi e li posò sul suo sguardo, interessato.
“Prima hai detto… che, ehm, stavo bene vestito da donna… non… non ti dà davvero fastidio?”
Il ragazzo più grande sorrise e gli lasciò un bacio sullo zigomo.
“Certo che non mi dà fastidio Sherlock, sei splendido sempre, sia in abiti maschili che in abiti femminili, non devi vergognarti di ciò che ti piace, non con me.”
“Io… Grazie. Non so se mi vestirò spesso così, magari non lo farò neanche mai più, ma… si stava bene, ero a mio agio…”
“E allora non farti tanti problemi tesoro, sii solo chi vuoi essere, anche se dovessi cambiare idea da un giorno all’altro, ok?”
Sherlock sorrise, baciandogli la fronte.
“Ok.”
 
***
(mesi più tardi)
“Sto arriv-“
“SHERLOCK PORCA MISERIA TI STO ASPETTANDO DA MEZZ’ORA! DATTI UNA MOSSA O GIURO CHE VENGO Lì E TI FACCIO SCENDERE A CALCI NEL SEDERE!”
“E rischiare di rovinare la parte che ti piace di più di me? Non lo faresti mai. E comunque…” chiuse la chiamata, scese dal taxi e si diresse verso l’ingresso dove un ragazzo biondo fissava il cellulare confuso “…sono arrivato John.”
Il ragazzo sospirò e sorrise, scrollando la testa.
“Non cambi proprio mai, eh?” lo baciò teneramente, per poi entrare nel ristorante dove avevano prenotato due posti.
“Giornata femminile oggi?”
“Esatto. Ma niente trucco, non fa per me.”
“Sei già bellissimo così, tesoro.”
Sorrisero mentre John chiamava il cameriere, già sapendo che anche quella sera sarebbe stato l’unico a mangiare.

 
 
***

 
E' la prima volta che pubblico una fanfiction Johnlock e che scrivo qualcosa sul genderfluid, quindi perdonatemi se non l'ho descritto bene, ma ho scoperto da poco questa "versione" di Sherlock e l'ho subito trovata adorabile, e unendola alla teen!lock - che personalmente amo - è venuta fuori questa cosa.
Spero vi piaccia e non vi disgusti troppo, scrivetemi pure come poter migliorare :)

A presto,
Pen :*
   
 
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