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Autore: Shainareth    28/07/2014    2 recensioni
[Gundam SEED Destiny] Concedendosi un sorriso intenerito, il suo fido braccio destro si piegò in due, se non in quattro, e si intrufolò sotto la scrivania con lei, intrecciando scomodamente le gambe alle sue al solo fine di fronteggiarla e capire cosa stesse accadendo. Dal momento che Cagalli non protestò, ad Athrun parve ovvio che ci fosse qualcosa che la metteva a disagio ben più di quell’assurda posizione.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Athrun Zala, Cagalli Yula Athha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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SCRIVANIA




Quando, per puro istinto, s’inginocchiò e la vide nascosta lì sotto, Athrun sollevò un sopracciglio. «Dovrei fare la spia, sai?»
   Il Delegato Athha sfoderò un broncio, infantile quanto il suo comportamento. «Se la fai davvero, ti licenzio.»
   Concedendosi un sorriso intenerito, il suo fido braccio destro si piegò in due, se non in quattro, e si intrufolò sotto la scrivania con lei, intrecciando scomodamente le gambe alle sue al solo fine di fronteggiarla e capire cosa stesse accadendo. Dal momento che Cagalli non protestò, ad Athrun parve ovvio che ci fosse qualcosa che la metteva a disagio ben più di quell’assurda posizione.
   «Si sta strettini, qua sotto…»
   «Prima c’era più spazio.»
   «Credo che l’ultima volta che ho fatto una cosa del genere sia stata all’asilo.»
   «Bugiardo», lo contraddisse la giovane, nascondendo il viso fra le braccia che aveva posate sulle ginocchia, tirate su al petto. Athrun la fissò per qualche istante con aria perplessa, ma nel momento in cui Cagalli tornò a sbirciare timidamente nella sua direzione, la memoria tornò a funzionargli a dovere e non poté impedirsi di arrossire quanto lei.
   Si schiarì la voce, avvertendo un caldo improvviso – al punto da cercare di allentare inutilmente il collo della maglia verde che indossava sotto l’uniforme. «Beh», prese a balbettare poi, sperando di accantonare quell’imbarazzante ricordo che li aveva visti protagonisti meno di due anni prima. «Cos’è che ti ha spinta a tornare bambina?»
   Senza che potesse farne a meno, Cagalli tornò a nascondere il viso fra le braccia e iniziò a ridacchiare. «Non fu così che mi definisti, quella volta…»
   L’Ammiraglio Zala si coprì gli occhi con una mano, sforzandosi di non ridere con lei. «Accidenti a te…» farfugliò mestamente, rivolgendole poi un nuovo sguardo, questa volta pieno di nostalgica tenerezza. «Non farmi ricordare certe cose, altrimenti potrebbe finire male.»
   «O bene», lo corresse lei, sempre più divertita – e al contempo imbarazzata. «Dipende dai punti di vista.»
   «Giusto», dovette ammettere Athrun con un sospiro.
   «Mi chiedo solo come diamine facemmo, visto che è strettissimo, qua sotto.»
   «Credimi, sai essere molto elastica, in certe situazioni.»
   Come a volerlo contraddire, Cagalli s’irrigidì tutta, portandosi le braccia sulla testa per sfuggire maggiormente al suo sguardo. «Oh, piantala!»
   Il giovane allungò una mano nella sua direzione, afferrandole una ciocca di capelli biondi fra le dita e tirandola con dispetto. «Cos’è successo?»
   Grata per quel cambio di argomento, il Delegato si lasciò andare ad uno sbuffo. «È colpa degli altri Emiri.»
   «Ti riferisci a quell’accordo cui mi hai accennato ieri? A me non pare tanto male.»
   «Ma no, quello non c’entra niente, l’ho già firmato.»
   «E allora?»
   A quella domanda seguirono alcuni, lunghi attimi di silenzio; e poiché sentiva che una gamba stava per addormentarglisi, Athrun cercò una posizione più comoda. Cagalli si spostò per facilitargli l’impresa.
   «Sembriamo due pezzi da incastro… Sai, come le costruzioni giocattolo.»
   «Lo sembrammo anche quella volta.»
   «Athrun!»
   «Scusa…» disse l’Ammiraglio, pur continuando a ridere.
   «Merda…» si lasciò scappare il Delegato, sbuffando ancora. Alzò il capo e lo reclinò all’indietro, poggiando la nuca contro il legno della scrivania, gli occhi in quelli dell’altro. «Non volevo dirtelo così, ma… mi hanno consigliato di contrarre matrimonio.»
   «Lo so», la sorprese Athrun, apparendo fin troppo calmo e rilassato, per i suoi gusti.
   Cagalli corrucciò la fronte, infastidita da quell’apparente disinteresse. «La cosa non ti crea problemi?»
   «Perché mai dovrebbe?» replicò serafico il soldato. «Sono stato io a dar loro l’idea.» Lei credette di aver capito male e pertanto non rispose. «Sul serio», le garantì allora l’altro.
   «Stai scherzando», concluse il Delegato, non riuscendo più a capire cosa si agitasse nel proprio animo – semmai qualcosa vi si agitasse ancora, perché non le riusciva di capire neanche più questo, a causa di quella rivelazione.
    Athrun si portò una mano sulla nuca, massaggiandola con fare impacciato e colpevole. «Vedi, l’ultima volta che sono stato ad Aprilius City è successa una cosa…» Il piede di Cagalli scattò come un riflesso incondizionato e il povero Ammiraglio soffocò un’imprecazione con le lacrime agli occhi. «Lasciami finire di parlare!» protestò con voce sofferta, portandosi entrambe le mani alla parte lesa, quasi quel gesto servisse a contenere il dolore.
   «Quel che hai detto basta e avanza!» ruggì Cagalli, furiosa sia per quella confessione, sia soprattutto perché era tristemente consapevole di non potergliene fare una colpa, dal momento che non avevano ufficialmente più alcun legame di tipo sentimentale ad unirli. Col cuore in pezzi, cercò di divincolarsi da quell’ammasso di arti per poter guadagnare la fuga, ma Athrun la placcò in tempo e la costrinse a rimanere dov’era, pur guadagnandosi una gomitata sul naso e una lunga lista di insulti più o meno fantasiosi.
   «Stammi a sentire, una buona volta!»
   La porta si spalancò con un sonoro schianto. «Che diavolo sta succedendo, qui?!» tuonò una voce forte e minacciosa. I due giovani si immobilizzarono per la sorpresa e l’imbarazzo di farsi trovare in quell’assurda situazione. «Ma che…?» mormorò il nuovo arrivato, non riuscendo a vedere nessuno. Eppure gli era proprio sembrato di sentire le voci di Athrun e Cagalli…
   Scorse la giacca di lei abbandonata sullo schienale della poltroncina che si trovava dietro alla scrivania e credendo che lei l’avesse dimenticata lì, prima di andar via dall’ufficio, l’uomo si avvicinò col proposito di prenderla e portargliela fino a casa.
   Avvertendo il rumore dei suoi passi avvicinarsi al loro nascondiglio, i due ragazzi si strinsero l’uno all’altra, rintanandosi sempre più verso il fondo della scrivania con la speranza di non esser visti. Nel momento in cui l’uomo si chinò sulla giacca di Cagalli, tuttavia, la sua attenzione fu attirata dal cappello dell’uniforme che Athrun aveva poggiato sulla seduta della poltroncina quando si era inginocchiato per parlare con il Delegato. Non sapendo se ridere o indignarsi, l’uomo lasciò ricadere il braccio lungo il fianco senza aver recuperato alcunché.
   «Non fate troppo tardi…» si limitò a sospirare, tornando ad allontanarsi da lì con un sorriso paziente sulle labbra. «Vi aspetto a casa.»
   «Ehm… va bene…» fu costretto a balbettare Athrun in risposta, pur rimanendo celato alla sua vista. Cagalli stretta al suo petto, nascondeva il viso contro il bavero della sua giacca. «Grazie, Kisaka…»
   Il rumore della porta che veniva richiusa li indusse a tirare un sospiro di sollievo. «Per evitare che qualcun altro irrompa nella stanza, magari fraintendendo, mi starai ad ascoltare senza saltare a conclusioni affrettate, adesso?»
   Pur a malincuore, Cagalli dovette prometterglielo, ma non si mosse: forse quella sarebbe stata l’ultima occasione che avrebbe avuto per poter abbracciare Athrun così impunemente e lei non era così stupida da lasciarsela scappare.
   «Lacus mi ha chiesto di te», iniziò allora a raccontarle con calma il giovane, carezzandole istintivamente la schiena. «Non come potrebbe fare il Presidente dei PLANT per sapere come sta l’Emiro Delegato dell’Unione di Orb, ma come farebbe un’amica», ci tenne a precisare. «Durante l’ultimo incontro ufficiale le era apparso che tu fossi stanca e triste, e così ha voluto accertarsene chiedendomi tue notizie.»
   Se non gli avesse appena promesso di stare zitta ad ascoltarlo, Cagalli avrebbe sicuramente mosso le prime proteste al riguardo: anzitutto, non era affatto vero che era triste! In più, che poteva saperne, Athrun, di quello che la rendeva triste? No, cioè, malinconica? Ma nemmeno, forse… Oh, diamine! Andassero tutti a quel paese! Come si sentiva era solo affar suo!
   «Anche Kira è molto preoccupato, sai?»
   Quell’affermazione calmò immediatamente il suo animo irrequieto e lei comprese che la sua stizza era dovuta soltanto al fatto che avessero tutti colpito nel segno. Detestava essere un libro aperto.
   «Sinceramente, non mi aspettavo che Lacus facesse cenno della cosa nel rapporto che ho consegnato agli altri Emiri.»
   «Su quello che hai dato a me non c’era niente di tutto questo», non si astenne dal commentare, non sapendo se essere infastidita dalla cosa. Capiva l’affetto dell’amica e di suo fratello, ma le pareva quasi di essere stata presa in giro. «Che aveva scritto, quell’imbrogliona?»
   Athrun le passò una carezza gentile fra i capelli biondi. «Che, sotto la guida del Delegato Athha, Orb splende su tutte le altre nazioni della Terra e che, se si seguirà il suo esempio anche in futuro, i rapporti con i PLANT non potranno mai essere compromessi.»
   Impacciata e lusingata a un tempo per quelle parole, Cagalli bofonchiò: «Con tutte queste belle chiacchiere, saresti un politico migliore di me.»
   Lo sentì ridere divertito. «Sono parole di Lacus, non mie.»
   «Sei stato tu a riferirle quello che succede qui, però.»
   «Molte cose le sapeva già, sono sotto gli occhi di tutti», le fece notare il giovane. «Hai una vaga idea di quanto tu e Lacus stiate facendo per l’intera umanità? Se anche l’Alleanza Terrestre potesse vantare di un Presidente come voi due, molti dei maggiori problemi che hanno devastato la nostra generazione sarebbero facilmente superabili.»
   Una breve pausa permise a Cagalli di riordinare le idee e, quindi, di domandare: «Ma che c’entra tutto questo col fatto che dovrei sposarmi?»
   «Pare che Lacus abbia raccontato che ad Orb vi è una principessa malinconica», la vezzeggiò il soldato, ridendo divertito quando il Delegato grugnì un’imprecazione poco comprensibile. «Gli Emiri me ne hanno subito messo a parte e così ne è nato un dibattito piuttosto interessante.»
   Divincolandosi dal suo abbraccio, Cagalli piantò due occhi stizziti in quelli più calmi del suo braccio destro. «E perché io non ne sapevo niente?!»
   «Sei troppo coinvolta nella faccenda per ragionare con lucidità», fu la semplice risposta che, se da un lato la spiazzò, dall’altro la innervosì più di prima. Fece per protestare, tuttavia Athrun l’anticipò con voce ferma ma gentile. «Stai dando anima e corpo in ciò che credi ed io sono il primo, e non il solo, ad ammirarti e a sostenerti. Tuttavia, per quanto tu sia forte e risoluta, rimani un semplice essere umano, come tanti. Neanche un coordinator reggerebbe a lungo una situazione come questa. Stai arrivando al limite, ce ne siamo accorti tutti.»
   Cagalli abbassò lo sguardo. «Non è vero, posso farcela», ribatté risentita.
   «Nessuno lo mette in dubbio», le garantì Athrun, scostandole con tenerezza una ciocca di capelli dalla fronte. «Anzi, nutriamo grandi aspettative: sei la forza motrice di questa Nazione e siamo più che sicuri che tu possa lottare fino alla fine per i nostri ideali. È una grossa responsabilità, perciò tutti ci rendiamo conto di quanto tu possa inconsciamente sentirti sotto pressione.»
   Il Delegato prese a mordicchiarsi nervosamente il labbro inferiore, ma questa volta non parlò, rendendosi conto che le parole di Athrun erano veritiere.
   «Per questa ragione gli altri Emiri vorrebbero che, dopo tutti questi mesi in cui hai lavorato tanto per la ricostruzione di Orb, tu possa riprendere fiato», continuava frattanto il giovane. «La situazione ormai è stabile e ti lascia la piena libertà di staccare la spina e ricaricare le energie. Ha senso, non trovi?»
   Tirando su col naso, Cagalli occhieggiò nella sua direzione. «Sì, ma non mi hai ancora detto che c’entra il matrimonio… A me, quei deficienti degli altri Emiri non hanno detto niente di tutto questo. Si sono limitati ad affermare che è ora che io garantisca una stabilità anche da un punto di vista dinastico», spiegò dubbiosa. «Se ci pensi, non ha neanche tanto senso: non sono mai stata la vera erede degli Athha, eppure sono sempre stata trattata come se lo fossi.»
   «Forse Uzumi-sama non era il tuo padre biologico, ma è stato una guida impeccabile», la contraddisse Athrun. Un mesto sorriso gli incurvò le labbra. «Se lo si mette a paragone col mio, non si può fare a meno di pensare che abbia svolto un lavoro di gran lunga migliore di un padre vero.»
   «Scusa…» mormorò Cagalli, abbassando nuovamente lo sguardo con aria mortificata. «Hai ragione.» L’Ammiraglio le passò un’altra carezza fra i capelli, rincuorandola con un sorriso più onesto. «È solo che continua a non avere senso», riprese a parlare la giovane donna, tornando a guardarlo. «Non sono stata messa a capo del Governo perché sono l’erede degli Athha, ma perché il popolo mi ha eletta tale.»
   «A maggior ragione», insistette Athrun. «Il popolo sapeva di poter contare sull’eredità che Uzumi-sama aveva lasciato, e non è stato deluso.»
   «Dimentichi che per colpa mia Orb è entrata nuovamente in guerra.»
   «Dimentichi che è stata soprattutto opera dei Seiran.» La prese gentilmente per le spalle. «Smettila di colpevolizzarti: hai fatto tutto ciò che potevi, anche l’impensabile, per recuperare la situazione e, come afferma anche Lacus, hai svolto un lavoro encomiabile. Ora, però, pensa anche a te stessa. Non credere che sia un atto di egoismo, perché soltanto ritrovando la serenità personale sarai in grado di ragionare a mente più lucida e di affrontare con maggior vigore il futuro.»
   Per diversi, silenziosi istanti, Cagalli continuò a rimuginare su quelle parole, gli occhi ambrati in quelli verdi dell’Ammiraglio. Tutto finalmente le parve avere senso, anche l’assurda richiesta degli Emiri: non era affatto necessario ricorrere ad un matrimonio per ritrovare la serenità personale; ma probabilmente, si disse, quei disgraziati avevano voluto pungolarla nel suo punto debole col proposito di scuoterla e di indurla a rifletterci su seriamente.
   Sorrise. «Quindi sei stato tu a lanciare l’idea di trovarmi un marito?»
   «Indirettamente, grazie al rapporto di Lacus», annuì il giovane, sentendosi adesso quasi mortificato, benché l’espressione del suo volto apparisse divertita.
   «E se io non volessi sposarmi?»
   «Nessuno ti obbliga a farlo, ma…» Esitò un attimo, poi lo sguardo insistente di Cagalli gli diede il coraggio di proseguire. «Avere accanto una persona che ti aiuta e ti sostiene, che è pronta a condividere tutto con te, che sa esattamente ciò che provi, che non ti lascia mai solo a piangerti addosso ed è pronta ad alleviarti il peso delle responsabilità… So cosa significa. Me l’hai insegnato tu, anni fa.» Il cuore di Cagalli batté con più forza e lei avvertì gli occhi farsi lucidi per l’emozione che quella confessione le aveva provocato. Sorridendo, Athrun le sfiorò uno zigomo con la nocca di un dito. «Abbiamo avuto dei momenti di confusione e incomprensione, abbiamo rischiato di perderci», proseguì in tono più morbido. «Eppure siamo ancora qui. Insieme. Ci saremo sempre l’uno per l’altra, ne sono sicuro.»
   Gli occhi di Cagalli si rifiutarono di trattenere ancora le lacrime e una di esse andò a bagnare la mano del giovane, che, avvicinandosi, ne catturò un’altra con un bacio. «Abbiamo tutto il tempo che vogliamo, non c’è fretta», la rassicurò con un sussurro. «Promettimi solo che, d’ora in poi, terrai a mente che non sei mai stata sola e che sono pronto anche a sostenere il peso di questa Nazione insieme a te.»
   Annuendo, la giovane tornò a poggiare la fronte contro la spalla dell’amato, che subito l’avvolse in un caloroso abbraccio. «Tu però promettimi che continuerai ad occuparti dei rapporti esteri: come al solito, sai analizzare bene le situazioni e, soprattutto, hai la parlantina da avvocato. In più, con quel faccino che ti ritrovi, farai breccia nel cuore di tutti.» Athrun rise di nuovo, mentre Cagalli si accoccolava meglio contro di lui. «E, dopotutto, non si sta poi così stretti, qui sotto.»
   Guardandosi attorno, in quell’angusto spazio in cui si erano rintanati, l’Ammiraglio non poté fare a meno di sospirare con aria soddisfatta. «Anche se è passato parecchio tempo, da quella volta, sarei curioso di scoprire se sei ancora così snodabile…» la prese in giro.
   Pur imbarazzata, Cagalli soffocò una risata contro la sua spalla.












Rassegnatevi, sono una fangirl AsuCaga.
Buona estate a tutti!
Shainareth





  
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